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Autore: _LilianRiddle_    05/10/2013    4 recensioni
Eccomi tornata con una nuova storia, dopo tanto tempo. Questa volta mi sono dedicata ad una Dramione, un genere che io amo da morire. E' la prima, siate clementi ^^.
Dal testo:
"- Maledizione! – esclamò, preoccupandosi ancora di più vedendo Luna poco lontano da lui, priva di sensi.
S’inginocchiò accanto al ragazzo, che stava tentando, invano, di alzarsi.
- Fermo Malfoy, fermo. – cercò di trattenerlo Hermione, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi, troppo preda delle sue emozioni per riuscire a formulare anche il più semplice degli incantesimi di cura.
Il ragazzo la scacciò malamente, tentando ancora una volta di alzarsi.
- Non ho bisogno del tuo aiuto, Mezzosangue. Ce la faccio da solo. – disse tentando di suonare cattivo e minaccioso, respingendo le sue mani.
- Zitto, Draco, zitto. – sussurrò Hermione. Il ragazzo sussultò sentendo il suo nome pronunciato proprio da lei, proprio da quella che avrebbe dovuto insultarlo e picchiarlo come avevano fatto quei ragazzi. E ne avrebbe avuto tutto il diritto, di questo era sicuro.
- Io non mi sono difeso, Hermione. – bisbigliò lui, prima di svenirle tra le braccia. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, James/Lily, Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saving each other - How to save a life'
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Capitolo VIII.
 
Alla fine quella piccola battaglia la spuntò Hermione. Draco accettò di andare con lei, Harry e gli Weasley a prendere l’abete di Natale, non senza brontolare per tutto il tragitto e disdegnare l’abete che alla fine avevano scelto, avanzando storie assurde sulla piccolezza dell’albero. Peccato che Malfoy non avesse capito che se lo dovevano portare a casa da soli e senza magia, perché erano in mezzo ai Babbani. Quando il giovane Malfoy apprese della cosa non ne fu per niente contento anche se, ricordandosi delle parole minacciose della signora Weasley, non si arrischiò a tirar fuori ancora la bacchetta come quella mattina. Fu ancora più irritato quando scoprì che quelle tre arpie della Granger, della Weasley e di Ashling, che avevano fatto comunella a suo discapito, non li avrebbero aiutati a portare quel maledettissimo abete perché, come avevano esclamato in coro: “Noi siamo ragazze!”. Sembrava, però, che anche agli altri ragazzi questa cosa non andasse a genio. La cosa degenerò quando, arrivati davanti a Grimmauld Place, l’abete scivolò accidentalmente dalle mani dei ragazzi e travolse le ragazze che, troppo impegnate a chiacchierare, non si erano accorte dello scherzo che i cinque avevano ideato per loro. Ci fu un attimo di stordimento generale, dettato dal prorompere della risata cristallina di Draco, seguita poi dalle risate di tutti gli altri. Non c’era cattiveria, né malizia, in quelle risa. Draco Malfoy stava tranquillamente ridendo con i ragazzi che aveva sempre odiato. Inaspettatamente una palla di neve lo colpì. Guardò alternativamente tutti gli altri, che si erano zittiti aspettando la sua reazione. Hermione, però, non trattenendosi scoppiò di nuovo a ridere, tirando un’altra palla di neve a Harry. Il biondo Serpeverde e il moro Grifondoro non ebbero neanche bisogno di guardarsi, che un ghigno divertito quasi identico gli si formò sulle labbra, e iniziarono a lanciare palle di neve alle ragazze, seguiti dagli altri Weasley. Inutile dire che gli uomini erano nettamente in vantaggio sulle donne, ma queste, dalla loro, avevano una grande fantasia e un’intelligenza enorme, senza parlare dell’orgoglio femminile che in quel momento diceva loro soltanto di continuare a sommergere i ragazzi di neve. Hermione, tentando un’imboscata ad Harry, mentre Ashling la tentava ai gemelli e Ginny a Draco e Ron, fu atterrata da Draco che le saltò addosso prendendola alle spalle e la buttò a terra. Allo stesso modo, i ragazzi si buttarono sulle ragazze, sopraffacendole con la semplice forza bruta.
Rideva, Hermione, intrappolata tra la neve e Draco Malfoy in una posizione tutt’altro che piacevole. Ma non poteva fare a meno di ridere. Ridere liberamente, come non faceva da troppi mesi. Ridere serena, come prima della guerra, come tanti anni prima. Ridere tra le braccia di quello che era sempre stato un suo nemico, ma che adesso la guerra aveva trasformato in una persona diversa, quasi amica. E ridere con lui la faceva ridere ancora di più, perché la risata di Draco, che Hermione non aveva mai sentito, era davvero meravigliosa. Si appuntò mentalmente di farlo ridere più spesso, perché veniva fuori quella parte umana che lui nascondeva così strenuamente. Ancora scossa dai singhiozzi tentò di alzarsi, ma facendolo lanciò ancora altra neve a Malfoy, che la sommerse ancora una volta di quella magica essenza candida.
- Ragazzi! – esclamò la signora Weasley con una nota di panico nella voce, - Vi congelerete se rimarrete là fuori ancora un po’. Tornate dentro, forza. Dov’è l’abete? Oh, andiamo, muovetevi! –
Ridendo convulsamente e alzandosi a fatica, i ragazzi ripresero l’abete sulle spalle ed entrarono in casa, facendo il più in fretta possibile per appropriarsi del bagno per fare una bella doccia calda. Inutile dire che le tre docce disponibili furono occupate in fretta e furia da Ashling, Ginny ed Hermione, che ancora ridevano come bambine. Ed inutile dire che i ragazzi si adoperarono in tutti i modi per rendere la loro doccia, se non veloce, almeno divertente per loro.
La signora Weasley guardava il tutto esterrefatta, più per il repentino cambiamento che i suoi figli ed Harry avevano avuto nei confronti di Draco che per quello che effettivamente stava succedendo. Solo la mattina erano in cucina a tentare di farsi male a vicenda e, dopo un paio d’ore, erano tutti uniti per trovare un modo di far uscire le ragazze dal bagno. E si stupiva anche di Draco stesso, così sereno, così tranquillo. Da quando era arrivato non aveva mai avuto un’aria così rilassata e serena. Non erano di certo diventati migliori amici tutto di un colpo. Le battute taglienti volavano sempre e Ron provava una profonda antipatia per il Serpeverde, ma vedere che ridevano per le sue battute o accettavano i consigli che il ragazzo dava loro per fare uno scherzo alle ragazze, le riempiva il cuore di gioia. Sapeva che Draco non era un ragazzo espansivo né tanto meno socievole, Narcissa glielo aveva detto. Era sempre stato chiuso, non soltanto con loro che, fino a questo momento, aveva sempre odiato, ma anche con quelli che riteneva suoi amici. Non si era mai aperto con nessuno e quello che Narcissa sapeva di suo figlio lo veniva a sapere da Ashling, che lo scopriva chissà come. Narcissa le aveva anche raccontato perché Ashling non mangiava e perché sembrava così triste, in quel periodo dell’anno. Perché aveva fatto una smorfia quando parlavano di decorare l’albero e perché era sbiancata sapendo che avrebbero messo i regali sotto di esso, in attesa della notte della vigilia. Sapeva che quei due ragazzi, Draco ed Ashling, non erano soliti fare dimostrazioni di affetto in pubblico, né giocare liberamente come tutti i giovani della loro età. Per questo era così contenta di vederli quasi felici, l’uno che chiudeva l’acqua calda che arrivava alle docce e l’altra che urlava a squarcia gola minacciando tutti e imprecando come uno scaricatore di porto. Rise anche lei, preda dell’euforia generale, tornando in cucina e mettendo in riga i cinque ragazzi che progettavano qualche incantesimo contro sua figlia, appena uscita dalla doccia.
Canticchiando, Molly Weasley si mise a cucinare, più abbondantemente e con più amore del solito, perché doveva sfamare anche quei due ragazzi che continuavano a non voler mangiare.
 
***
 
Hermione, sotto la doccia, pensava a quello che era appena successo. E, improvvisamente, le venne in mente quello che aveva letto nel diario di Lily, qualche settimana prima.
 
Caro diario,
Nevica. È la fine di dicembre e nevica. È arrivato il Natale e non me ne sono neanche accorta. Mi piace stare appoggiata alla finestra della mia stanza e osservare la campagna colorarsi di bianco. In lontananza vedo il campo di Quidditch. Nessuno vola sulle scope, da qui si vede bene che è vuoto, eppure Severus non è a vedere gli allenamenti con i Serpeverde, come mi aveva detto questa mattina, salutandomi. A lui non è mai importato di sport, tanto meno di Quidditch.
So dov’è. Come potrei non saperlo? Lo so che è in qualche affranto buio a tramare e studiare incantesimi proibiti insieme ai suoi amici Mangiamorte. Lo so che lo sto perdendo, ma cosa posso fare? Più che donargli me stessa, che cos’altro posso fare? Ieri sera abbiamo fatto l’amore. Dopo tanto tempo, finalmente. Mi sento sempre completa quando sono con lui, perché non lo capisce? Perché non gli basto? Mi ha detto che mi ama, me lo dice tutte le volte, eppure ritorna sempre da quei suoi amici Serpeverde. Mi fa male, questo. Così tanto che a volte penso di andare a prenderlo e lasciarlo. Dirgli chiaro e tondo che mi fa troppo male rimanere con lui, che l’attesa è troppa, che mi mette sempre in secondo piano. Che lo amo, ma ci stiamo allontanando e arrivo addirittura ad aprirmi con Potter, odiato fin dalla prima occhiata, da quanto sono sola. Così sola che quando il professor Lumacorno ci ha spiegato l’Amortentia, settimana scorsa, mi sono sentita morire. E ancora di più quando ha detto che oggi dovremo prepararla.
Ma tu che cosa hai sentito quando ti sei avvicinato a quel pentolone colmo di pozione, l’altra volta? Io ho sentito te. Ho sentito l’odore dei tuoi libri di pozione, di muschio e di neve. E tu? Hai sentito il mio profumo? Non posso credere che tu abbia sentito l’odore di un’altra, l’ho visto come ti sei irrigidito quando il professore ti ha chiesto di avvicinarti di più al pentolone. Lo so che tu cercavi di starci a distanza, come stavo cercando di farlo io. Poi, improvvisamente, ho sentito gli occhi di Potter sulla mia schiena, mi sono girata verso di lui e ho sentito anche un altro odore: quello dei ciocchi di legno che bruciano nel camino della sala comune ogni sera, emanando il loro profumo di legna, bosco e caldo. Sapevo a chi si riferiva quell’odore. Era lo stesso che avevo sentito quella sera di tante settimane prima, parlando con James davanti alla finestra di quel corridoio abbandonato al sesto piano. E l’ho visto il tuo sguardo, Sev, l’ho visto. L’ho visto il dolore e le lacrime che cercavi di trattenere, capendo quello che stavo capendo io: ci stiamo perdendo e non sappiamo come evitare di uscire indenni da questa situazione. Ma non si può uscire integri da storie del genere. Non sono neanche sicura che ci stiamo uscendo. Esco dalla classe appena la campanella suona, non potrei resistere un momento di più. Tu cerchi di fermarmi, mi dici che mi vuoi parlare, che hai bisogno di me. Adesso siamo fermi in mezzo al corridoio, e le lacrime ti escono dagli occhi, traditrici, come quando ti sei scusato per quella frase cattiva che mi urlasti al quinto anno. Nessun suono si sente nell’aria, solo i nostri cuori impazziti e il dolore, quello lo posso sentire perfettamente, perché so che è uguale a quello che sento io dentro al petto e, credimi, preferirei mille volte ricevere una maledizione senza perdono che continuare a sentire il mio cuore dilaniato dall’amore – sbagliato? – che provo per te. Tu ti avvicini, mi sfiori una guancia, catturi una mia lacrima tra le tue dita sottili, macchiate d’inchiostro. Sposti i miei capelli dietro l’orecchio, ti sono sempre piaciuti i miei capelli rossi e mi hai aiutata ad accettarli quando, da piccola, tutti mi prendevano in giro per quell’assurdo colore.
Mi hai superato in altezza, ormai mi stacchi di almeno dieci centimetri, mi sovrasti completamente. Mi sfiori le labbra con una bacio, casto, dolce e malinconico. Sembra un addio, un addio di quelli terribili, di quelli che dai quando sai che non tornerai mai dal posto in cui stai andando. Non tornerai, Severus? Mi abbandonerai, proprio ora che ne ho più bisogno? Lo sai cosa penso di questa guerra imminente. Se ci sarà da combattere io combatterò. Dalla parte dei buoni, dalla parte giusta. E tu? Come posso pensare di combattere una guerra quando so che la persona che amo è nell’altro schieramento? E se ci dovessimo scontrare? Come potremmo lanciarci contro qualche incantesimo mortale dopo tutto quello che è successo? Dopo tutto quello che siamo stati? E che siamo e che saremo ancora, se tu resterai con me.
Con questi pensieri, mi trascino a Pozioni. L’amore per questa materia m’impedisce di trovare una scusa per rimanermene in infermeria e saltare la lezione.
“Forza, Lily”, penso. “Ce la puoi fare”.
Non ne sono tanto sicura. Non sono sicura di riuscire a preparare quella pozione con te in classe. Ma devo andare, Lumacorno si offenderebbe se non andassi alla sua lezione e io non posso perdermi una pozione così importante come l’Amortentia per i miei problemi da adolescente innamorata. Arrivare nei sotterranei si rivela più lungo del previsto, sono in ritardo e questo non è mai successo. Appena entro mi accorgo che l’unico posto libero è quello accanto a Severus. Sono tentata di far finta di star male – tanto male ci sto comunque – e di andare via. Ma non posso, devo avvicinarmi a lui, devo fare questa pozione con lui. Non posso evitarlo e devo dimostrarmi di essere forte. Appoggio la cartella di fianco alla sedia e ascolto il professore  elencare gli elementi e i procedimenti per preparare al meglio la pozione. Tra me e Severus non so chi sia il più bravo in pozioni. Io sono la preferita di Lumacorno, non c’è dubbio, ma lui ha una propensione tutta particolare nel creare nuove pozioni. Ha fantasia, non ha paura di rischiare. Ci mettiamo al lavoro, stando ben attenti a non sfiorarci. Per fortuna la pozione è così complicata che ci assorbe completamente, ma io lo noto lo stesso che siamo così perfettamente coordinati che non abbiamo neanche bisogno di parlare per passarci gli ingredienti o per aggiungerne di altri. Se questo non è amore, Severus, che cos’è? Vorrei tanto saperlo. Finiamo prima degli altri, il risultato è perfetto. E lo sento ancora. Il tuo odore, ma più debole. Il tuo odore di muschio viene sopraffatto da quello di legna di James. E capisco che ci stiamo imbarcando in una cosa che non ha futuro. Sono stremata. Voglio solo tornare nella mia stanza e non uscire mai più. Consegno la pozione, poi chiedo al professore se posso tornare nella mia camera di Prefetto, perché non mi sento bene e mi reggo a stento in piedi. Lui annuisce, preoccupato, e mi assicura che parlerà lui con la professoressa McGranitt. Finalmente esco da quella classe che mi crea solo problemi e mi fiondo alla torre. Entro in camera e chiudo la porta, ringraziando il cielo di essere un Prefetto e di poter avere una camera singola. Mi sdraio sul letto e rimango ferma a guardare il soffitto, senza pensare a niente. Solo a quello che sento, solo quello conta. Peccato che io non riesca a decifrare quello che il mio cuore vuole dirmi. E la mia mente non mi aiuta affatto. Passano minuti, ore, non ricordo. Non m’importa. Forse mi addormento, chissà. Ad un certo punto sento dei rumori. Ci metto un po’ per capire che qualcuno sta bussando alla porta. Mi alzo, sentendo un groppo in gola. Apro e mi ritrovo davanti James, con dei quaderni in mano.
“ Ti ho portato gli appunti, Evans.” – mi dice indicando i quaderni.
Lo guardo e mi sento morire. Qualcosa si rompe dentro di me, sale fino agli occhi ed esce sotto forma di lacrime. Lacrime traditrici, che avrebbero dovuto scendere prima quando ero da sola, o in presenza di qualcun altro. Non di certo davanti a Potter. Ma non posso fermarle, non posso proprio bloccarle, ne morirei. James non dice nulla, entra e fa scattare la serratura con un colpo di bacchetta. Appoggia i libri sul comodino, in bilico in un angolo, e mi abbraccia. Senza parlare, senza fare domande. Mi abbraccia cercando di donarmi tutto il suo calore. Io mi faccio cullare, e piango. Mi solleva come se non pesassi nulla e mi sdraia sul letto.
“Evans… Lily… sono Potter. Tu mi odi.” – mi dice, fermo sul bordo del letto, io che piango ancora e che gli stringo la mano.
“Non… non abbandonarmi.” – gli sussurro.
Lui mi guarda, mi asciuga una lacrima e si sdraia di fianco a me, stringendomi forte. Quasi mi soffoca, ma va bene così, sto bene così. Rimaniamo abbracciati per ore, e alla fine mi addormento.
Per la prima volta tranquilla. Per la prima volta al caldo. Per la prima volta amata.
 
Lily.
 
Ricordava che le pagine erano tutte rovinate, aloni gialli macchiavano la carta in più punti, come se Lily avesse pianto mentre scriveva quello che era successo. E come darle torto, doveva essere stato terribile ritrovarsi in una situazione del genere. Chissà come mai le era venuta in mente proprio quella pagina. Forse perché si rivedeva in James, quando stava con Draco. Preoccupata, sempre attenta a quello da dire e da fare in sua presenza, ma pronta ad aiutarlo in qualsiasi momento, per qualsiasi cosa. Chissà perché. Hermione non capiva quel senso di protezione che provava nei confronti di quel ragazzo chiuso. Il suo spirito da crocerossina si risvegliava sempre quando lo vedeva allontanarsi di corsa dalla Sala Grande, cercando di evitare ragazzi che l’avrebbero picchiato comunque. Aveva saputo dalla McGranitt che una sera una sortita era riuscita ad entrare nei dormitori Serpeverde, aiutati da alcuni ragazzi del quinto anno, per sorprenderlo nella sua stanza. E così avevano fatto, lui cercava di dormire e loro lo avevano picchiato nel suo letto. Per neanche due minuti, ma era bastato per creare un casino. Ashling era così arrabbiata che l’avevano sentita urlare perfino dalla Torre di Grifondoro. All’arrivo degli insegnanti, Blaise stava pestando a sangue il capo della spedizione ed Ashling aveva imprigionato tutti gli altri al soffitto, con una particolarissima magia che toglieva l’ossigeno intorno ad una persona e che aveva imparato anche Hermione nella sezione proibita della Biblioteca. Insomma, la mattina dopo, dopo aver passato la notte in infermeria, tutti i ragazzi che avevano sorpreso Malfoy, adesso in infermeria con un attacco di panico che si poteva paragonare solo a quelli che Harry aveva al terzo anno con i Dissennatori, nella sua stanza erano finiti nell’ufficio della McGranitt, e poi, usciti i ragazzi dopo una paternale degna della McGranitt e con una punizione probabilmente a vita con Gazza e il professor Piton, erano entrati Ashling e Blaise, che avevano tolto così tanti punti alle case, anche alla propria, che adesso tutte le case avevano la bellezza di dieci punti a testa. La McGranitt, glielo aveva confessato, non avrebbe dato nessuna punizione ai due Prefetti di Serpeverde, in fondo avevano ragione. La loro sarebbe stata dichiarata “legittima difesa” da un avvocato Babbano. Forse un po’ troppo violenta, ecco, ma avevano agito pur sempre per difendere Malfoy, che non aveva fatto proprio niente per meritarsi quello che era successo. Dopo una paternale lunghissima da parte della professoressa, i due ragazzi sembravano pronti a ritornarsene in dormitorio, ma quella non aveva ancora finito: voleva che si scusassero con la famiglia di un certo Wayne Hopkins, il ragazzo che per colpa di Blaise era finito in Infermeria. Era scoppiato il caos. Blaise aveva iniziato ad urlare, gridando che quello spregevole ragazzo non si meritava neanche le botte che gli aveva dato e che non gli importava un accidente delle sue nobili origini, che nel mondo Babbano era un conte, e ad altre stronzate del genere. Minerva non poteva che dare ragione al signor Zabini, ma sia lui che la signorina Lloyd, Ashling, avevano sbagliato a reagire così. Anche se il ragazzo si era ripreso quasi del tutto, grazie a Madama Chips.
- Sono già qui? – aveva chiesto Blaise, fermandosi di scatto ad osservare la sua professoressa.
La donna annuì e lui imprecò a fior di labbra.
- Professoressa. – sussurrò Ashling.
- Signorina Lloyd, lo so che è chiedervi troppo, ma vi prego di mantenere un atteggiamento adeguato alla situazione. –
La ragazza distolse lo sguardo e Blaise si sedette di schianto sulla poltrona. In quel momento, accompagnati dalla professoressa Sprite, rappresentante della casa di Tassorosso, entrarono due Babbani che somigliavano in modo incredibile a qualunque coppia di coniugi Purosangue che si erano presentati alla sua cattedra nei tanti anni di insegnamento. Minerva McGranitt tentò di reprimere la stizza di fronte ai due che arricciavano il naso in quel posto così pacchiano, e gli porse la mano.
- Buongiorno, signori Hopkins. –
- Non penso proprio che sia un buongiorno, professoressa. Voglio delle spiegazioni per quello che è successo al mio povero angioletto. – Ashling dovette trattenere Blaise dal tirare un pugno anche alla madre del tenero angioletto che solo poche ore prima aveva cercato di torturare il suo – migliore? - amico.
La professoressa McGranitt li fece accomodare, facendo apparire due poltrone anche per loro, con uno svogliato movimento della bacchetta.
- Vostro figlio, - cominciò, - è stato malmenato dal qui presente signor Zabini… - non fece in tempo a finire che il padre prese la parola.
- Spero che verrà espulso per quello che ha fatto. – disse con aria superiore, squadrando i due e riconoscendo Ashling. – Signorina Lloyd! Ma lei è la figlia dei coniugi Lloyd? I due famosi astronauti? Quelli che hanno ucciso sei anni fa? Spero che lei non c’entri con tutta questa storia! – disse porgendole la mano.
La ragazza alzò gli occhi scuri su di lui, squadrando schifata la mano che l’uomo le porgeva, in un’ottima imitazione dei modi dei Malfoy. Quello, imbarazzato, abbassò il braccio, ritornando seduto.
- Come stavo dicendo, - riprese la professoressa, con una punta di stizza nella voce, - vostro figlio è stato malmenato dal signor Zabini dopo che lui stesso ha infranto le regole della scuola ed è entrato nel dormitorio di un’altra casa con l’esplicita intenzione di picchiare un altro ragazzo. Non solo questo fatto lo mette nella posizione di ricevere una punizione per i restanti anni in cui dovrebbe frequentare la scuola, ma è anche uscito dal suo dormitorio dopo il coprifuoco, ha messo in giro voci che non sono per niente vere sul ragazzo che ha picchiato e ha tirato altri suoi compagni, per la maggior parte più piccoli, in questa vera e propria retata. Senza contare che questa non è la prima volta che organizza cose del genere. È già finito nel mio ufficio parecchie volte, in questi mesi. –
Silenzio. Le parole della McGranitt avevano fatto centro, forse il figlio non aveva detto ai genitori tutto quello che era successo.
- C-come? – balbettò la madre.
- È così, signora Hopkins. Ci sarebbe tutto il motivo di espellere vostro figlio, non il signor Zabini, che comunque riceverà una punizione adeguata alle sue azioni. –
- Chi era, questo ragazzo di cui parla? – chiese il signor Hopkins.
- Draco Malfoy. – rispose al suo posto Ashling, guardando dritta negli occhi l’uomo, che sospirò, sollevato.
- Quel Mangiamorte, dici, cara Ashling? Ma allora non c’è problema. Insomma, ha fatto bene, no? Non capisco proprio come possa accettare che frequenti ancora questa scuola, professoressa, ma comprendo che deve averla minacciata o comprata con i soldi che gli rimangono. – disse.
Se solo quei due Babbani avessero conosciuto la professoressa McGranitt, avrebbero saputo che quello era tempo di levare baracca e burattini e darsela a gambe. Peccato che rimanessero lì a gongolare come se avessero appena vinto al “Supergaleone”. Blaise ghignò guardando la professoressa irrigidirsi e raddrizzare la schiena, il volto impassibile e gli occhi che lanciavano lampi.
- Signori Hopkins. – disse, gelida. – Vi prego di lasciare la scuola insieme a vostro figlio, espulso in maniera improrogabile dalla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Vi prego di lasciare i vostri pregiudizi stupidi fuori da questa scuola, che è votata alla comprensione reciproca. Non abbiamo bisogno di persone come voi, qui. E so già cosa vuole dirmi. – aggiunse, alzando la mano per bloccare il signor Hopkins, che stava per parlare. – so benissimo cosa vuole dirmi, signor Hopkins, e mi lasci dire che non m’importa se la sua famiglia è ricchissima e potentissima, che ha agganci di persone illustri sia nel mondo Magico che in quello Babbano. Non m’importa. Piuttosto, m’importa molto di più del ragazzo che adesso è in infermeria a causa di vostro figlio, che è stato svegliato nel cuore della notte per essere picchiato per cose che non ha commesso e che è molto migliore di gente come voi. Quindi, vi prego di lasciare questa scuola per la salvaguardia di tutti i miei studenti. Mi hanno informata che il signor Hopkins può già camminare, disporrò che sia subito preparata una passaporta per voi e vostro figlio. – e con un gesto, li congedò.
I due si alzarono, impettiti, e il padre minacciò la professoressa che “non sarebbe finita qui”, molto stile gangster. La donna annuì, senza dargli credito, e congedò anche Blaise ed Ashling, che si fiondarono in Infermeria. Senza alcuna punizione.
Hermione fremette ricordando la rabbia che ancora pervadeva la professoressa quando le aveva raccontato per filo e per segno dell’episodio, qualche giorno dopo. Se lo avesse saputo prima, avrebbe provveduto lei stessa a portare il ragazzo dalla Preside. E neanche troppo delicatamente. Delle grida la svegliarono dai suoi pensieri e si accorse che qualcuno bussava alla porta.
- HERMIONE! – esclamò adirato il Bambino Sopravvissuto, rivolgendosi puoi ad un’altra persona. – No, Malfoy, non rompere i coglioni, ci vado io in doccia, adesso. –
- Assolutamente no, Potter! Se la Mezzosangue si MUOVESSE, - ad Hermione scappò una risata, mentre usciva dalla doccia, - ci andrei io a fare la doccia! Io ho la precedenza! –
- La precedenza?! E in base a cosa, di grazia? –
- Sono più bello! –
Hermione sentì chiaramente le parolacce che Harry stava dicendo a Malfoy e decise che avrebbe risparmiato altri minuti di agonia ai due ragazzi. Così si asciugò i capelli con un colpo di bacchetta e si mise l’accappatoio, uscendo dal bagno. Non fece in tempo ad aprire la porta, che Harry ci si fiondò dentro e la lanciò fuori veramente poco garbatamente, chiudendosi dentro con un colpo di bacchetta e lasciando Malfoy a bussare alla porta e ad insultare il Bambino-Sopravvissuto-ancora-per-poco.
- Io ho freddo! – esclamò alla fine di tutti gli insulti indirizzati ad Harry, e mise il broncio, incrociando le braccia al petto.
Hermione non poté evitare di scoppiare a ridere, trovando la sua espressione incredibilmente simile a quella di Teddy quando Andromeda gli toglieva un giocattolo dalle mani.
- Che c’è? – esclamò il ragazzo stupito.
- Niente, niente. – biascicò Hermione dirigendosi nella sua stanza.
Draco Malfoy la guardò come si guarda un gorgosprizzo e poi alzò le spalle. Non avrebbe mai capito quella ragazza. Più confuso di quanto avesse voluto, ricominciò a tirare pugni alla porta del bagno, insultando Potter e tutti quelli che gli venivano in mente, lui compreso.





Angolo dell'Autrice:
Altro sabato, altro capitolo!
Buon pomeriggio e buon natale a tutti :33 (?)
Ho pochissimo tempo, come sempre, e spero che apprezziate questo capitolo di cui non sono molto convinta.
Una bacio a tutte,
Lilian <3
  
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