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Autore: Saerith    02/04/2008    7 recensioni
Sanae sta cercando di dimenticare Tsubasa, ma sarà poi così facile? E che cosa succederebbe se si ritrovasse di fronte il suo unico grande amore? Intanto la famiglia Hiyuga si ritroverà riunita dopo tanti anni. Incontri e separazioni che aiuteranno i cuori dei nostri amici a sbocciare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16

Fiori di primavera

Erano già passate le 11, quando Sanae si svegliò. Non si era più fatta vedere in giro e non si era più messa in contatto con nessuno, tranne che con Taro o Elena, cui telefonava per sapere dei progressi che stava facendo con la terapia. Non aveva voglia o, semplicemente, non aveva il coraggio di affrontare Yosuke, dopo l’ennesimo rifiuto ad un suo appuntamento e pomeriggi interi in cui si era negata al telefono. Credeva di volergli bene, ma allora perchè sapere che Tsubasa l’aveva sempre amata la turbava tanto?

Aprì il cassetto, era pieno di stampe d’e-mail recanti il medesimo mittente: TSUBASA OZORA. Alla fine aveva ceduto e aveva chiesto a Taro una copia dei messaggi che gli aveva inviato dal Brasile.

Sanae aveva passato l’intera settimana a leggerle e rileggerle. “Sanae come sta?[...]Mi manca tantissimo[...]vorrei che lei fosse qui a sostenermi come fa sempre[...]non pensavo di poter stare così male senza di lei[...]vorrei non essermene andato senza dirle quello che provo” erano le frasi principali che continuava a scorrere in quelle lettere. “Grazie per le foto che mi hai inviato...”: aveva richiesto anche delle foto sue e adesso capiva perché, ogni volta che andavano da qualche parte, Misaki occupava quasi un’intera scheda di memoria per fotografare lei, anziché la sua ragazza. Non riusciva a darsi pace. Come avevano potuto i suoi amici, compagni di scuola e di tanti momenti felici averle nascosto una cosa così importante, come avevano potuto lasciare che lei facesse uno sbaglio enorme come quello di cercare di sostituire Tsubasa? Ripensò a Elena e ai suoi tentativi di distoglierla dal mettersi con Yosuke: lei sapeva, ma non le aveva confidato nulla. Rilesse quelle semplici frasi e si accorse che ciò che aveva sempre cercato era lì, in quelle poche, ma ricche parole. Tsubasa teneva a lei, era innamorato di lei. Non era un inizio? Cos’era a tormentarla? Il legame con Yosuke? Che cos’era paragonato al suo primo amore: una lieve brezza estiva. Ad un tratto le vennero in mente le parole di un celebre romanzo, il mio amore per Linton è come le foglie d’autunno nel bosco […] il mio amore per Heatcliff è come le rocce eterne*. Ripensando a quella frase sorrise, poi si guardò allo specchio e cambiò espressione. “Non posso, devo rimanere con i piedi per terra, ho sofferto troppo a causa sua! Se teneva a me avrebbe dovuto dirmelo!”.

Si guardò attorno, afferrò il suo accappatoio e corse in bagno a farsi una doccia. Il contatto con l’acqua la rilassò, quella situazione l’aveva resa un fascio di nervi, ma ormai era decisa, Tsubasa Ozora non faceva più parte della sua vita, lo avrebbe lasciato alle spalle come un ricordo dell’adolescenza.

Uscì dal bagno con indosso l’accappatoio e i capelli già asciutti, scese in cucina e alzò il coperchio che nascondeva una fetta di torta, un succo di frutta e un biglietto con scritto “Sono andata a fare la spesa. Spero che tu stia meglio. Un bacio Mamma”. Ai suoi genitori aveva detto di avere la febbre. Quante scuse aveva inventato quella settimana, ma era l’ora di smetterla con tutte quelle sciocchezze, ne aveva già fatte troppe.

Fece colazione e risalì a vestirsi. Aprì l’armadio e prese con decisione il vestitino color acquamarina che le aveva regalato Yoshiko. Per un attimo la mente andò alla sua cara amica. Yoshiko era tornata dagli USA da sola, decisa a restare in Giappone con i suoi amici e con Hikaru, lavorava part-time e conviveva col suo ragazzo a Sapporo. Yoshi e Yayoi avevano tentato di farle capire che idea assurda fosse sostituire Tsubasa, ma non aveva dato loro retta. Scosse la testa, decisa a non pensare più a niente. Si mise in spalla lo zainetto ed uscì.

La città era quasi deserta, a quell’ora le persone erano impegnate al lavoro o semplicemente si stavano godendo le vacanze altrove. Iniziò a girovagare senza una meta precisa e inconsciamente si ritrovò nei pressi del campetto da calcio, in cui tempo fa si tenne la sfida tra la Nankatsu e la Shutetsu.

Era lì che si erano visti la prima volta: lei lo scatenato capo dei tifosi di quella scalcinata squadretta, lui il nuovo venuto che si portava la palla sempre appresso e che aveva sbalordito tutti per la tecnica così precisa e la potenza di gambe che possedeva. Lo ammirava da sempre e quando avevano raggiunto l’adolescenza, aveva capito che i sentimenti che la legavano a lui potevano solo chiamarsi amore.

- Sanae?-

La ragazza rimase senza fiato, riconoscendo la voce di chi l’aveva chiamata. Aveva quasi paura, ma l’istinto la guidò e si girò per incontrare quello sguardo mai dimenticato. Di fronte a sé c’era un ragazzo dai meravigliosi occhi neri, scapigliati capelli corvini che stringeva nella sua mano destra un borsone da calcio recante la scritta SAO PAULO.

- Tsu...Tsubasa...- fu l’unica parola che riuscì a proferire. Non ebbe tempo di mettere a fuoco ciò che stava succedendo, si sentì mancare il respiro e le gambe tremare.

Tsubasa si avvicinò come ipnotizzato, incatenato dalla gioia di averla davanti a sé, di poter stendere la mano e sfiorare quel viso bellissimo che tanto aveva sognato.

- Sanae sei proprio tu?- domandò come in trance, credendo che il desiderio bruciante di vederla gli stesse provocando le allucinazioni.

Lei non riusciva neanche a parlare, voleva gridargli contro tutto il suo rancore, tutta la sofferenza che aveva provato a causa sua, ma non poteva, non voleva rovinare quel momento. Il sorriso amorevole di lui le scaldò il cuore. Le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi. Tsubasa se ne accorse, ma prima che potesse parlare, lei iniziò a porgli quelle domande che da tempo la tormentavano.

- Perchè Tsubasa? Perchè sei andato via in quel modo? Perchè non mi hai neanche telefonato una volta per sentire come stavo? Io...io...- ma le parole le morirono sulla bocca.

Non riuscendo più a contenere le emozioni, Tsubasa si slanciò ad abbracciarla.

- Perchè sono un vigliacco Sanae, perchè non ho avuto il coraggio né di condividere i miei sogni con te, né di chiederti di aspettarmi.-

Aspettarlo? Sanae non lo aveva aspettato, stava con Yosuke, ma in quel momento, non stava pensando minimamente a lui, l’unica cosa che sentiva era il cuore che le batteva fin quasi a farle male.

Tsubasa la guardò negli occhi, era uno sguardo dolce e pieno d’affetto.

-Perdonami- le disse semplicemente, pur sapendo che quelle parole erano ben poca cosa.

Sanae distolse lo sguardo, avrebbe desiderato di avere la forza per voltargli le spalle e andarsene, così come lui aveva fatto con lei, ma qualcosa la inibiva. Cercò di rompere l’atmosfera, cambiando discorso con la prima frase banale che le venne in mente.

- Credevo che fossi al ritiro-

- Prima dovevo venire a Nankatsu.- la interruppe Tsubasa – Ho qualcosa di più importante qui- disse raccogliendo tutto il coraggio che aveva maturato durante la lontananza.

Quella frase la trapassò come un fulmine, si stava riferendo a lei? Lei più importante del calcio? Non era lo stesso Tsubasa che conosceva, non era più il ragazzino che correva per la città con un pallone ai piedi e che ignorava deliberatamente i suoi sentimenti, era diventato un uomo. Sanae sentì le guance bruciare, quando si ritrovò ad osservare i cambiamenti che il fisico del ragazzo aveva subito. Era diventato più alto e le spalle si erano allargate, il suo viso aveva i tratti più decisi, ma i suoi occhi avevano conservato la dolcezza dell’adolescente che aveva imparato ad amare. Le mani di lui la stavano ancora stringendo per i fianchi e lei avvertì che quel contatto la stava mandando in confusione. Si allontanò con garbo, tentando di celare l’imbarazzo e asciugando le lacrime.

- Io vorrei parlarti, Sanae.- le disse.

Il suo cuore iniziò a battere forte, intuendo di cosa avrebbero dovuto parlare. Sorrise e improvvisamente si ricordò che non lo aveva nemmeno accolto come si deve.

- Scusami Tsubasa, sono stata scortese.-

Lui le posò un dito sulle labbra scuotendo la testa.

- Sei stata sincera, cosa che io non sono stato in grado di fare, spero solo di essere in tempo.-

I loro occhi s’incontrarono e, per un attimo si dimenticò che era troppo tardi, e gli sorrise.

Lui l’attirò a sé e, stringendole la mano, la invitò a seguirlo per andare a fare una passeggiata.

A casa Nakazawa il telefono squillava insistentemente, ma dato che nessuno era in casa, l’apparecchio suonò a vuoto. “Forse Sanae starà dormendo”, pensò Yosuke, mentre riappendeva la cornetta al telefono. Si buttò sul letto della sua stanza sbuffando. Doveva parlarle: era proprio seccato dal suo comportamento. Non la vedeva e non la sentiva da più di una settimana e da un po’ di tempo era strana, ma chi si credeva di essere? Sebbene fosse una ragazza ricca di qualità, lui non era certo il tipo da farsi trattare a quel modo, soprattutto visto lo stuolo di tifose che, nonostante l’estromissione dalla squadra, continuavano a sostenerlo e a chiedergli appuntamenti. Ripensò al momento in cui quell’idiota di allenatore lo aveva messo fuori squadra, ai volti soddisfatti degli odiati compagni di squadra, “gli adepti del dio Ozora” era solito chiamarli, alla calma irritante di Misaki…se c’era qualcuno che non sopportava era proprio quel patetico “bravo ragazzo”. Era anche colpa sua se Sanae era così fredda con lui, sua e dei suoi problemi con quella psicotica della sua ex. Quante volte aveva disturbato i suoi tentativi di approccio con Sanae con i suoi stupidi messaggi sul pocket bell e quando aveva accusato la ragazza di trascurarlo per lui, lei si era arrabbiata. “Che diavolo blateri, Yosuke! Taro è come un fratello per me.” . Rise spavaldamente, certo che Misaki non poteva essere altro, quel finocchietto aveva perso la sua donna perché aveva la virilità di un surgelato, figuriamoci se poteva competere con un uomo vero come lui.

Sanae e Tsubasa passeggiavano mano nella mano per il centro, come una perfetta coppia di fidanzatini. La ragazza cercava di bearsi di quei momenti che aveva potuto vivere solo nei suoi sogni, ma la vocina della sua coscienza continuava ad assillarla.

Che diavolo fai Sanae?! Non è assolutamente da te un comportamento simile! Devi dire a Tsubasa di Yosuke, devi farlo, non esitare.

Il suo cuore era diviso a metà, non voleva rovinare quella giornata che stava diventando sempre più meravigliosa, ma doveva sforzarsi di essere reale. Prima o poi avrebbe dovuto raccontare di lei e Yosuke e quei bei momenti che ora stava vivendo con Tsubasa si sarebbero tramutati in una farsa colossale. Come avrebbe reagito lui?

Mentre era persa nei suoi ragionamenti, lui le sfoderò un altro dei suoi ipnotizzanti sorrisi.

- Posso offrirti qualcosa?- disse indicando una caffetteria. Ad un tratto i ricordi la assalirono; quel posto: quante volte era entrata lì da sola, sognando un giorno di potervi andare accompagnata da lui.

Gli rispose con un sorriso ed entrarono.

Al diavolo tutto! Questo è quello che ho sempre desiderato, adesso non voglio pensare a nulla, voglio solo stargli accanto, anche se fosse solo per un pomeriggio.

Yosuke, sdraiato sul divano, faceva zapping senza trovare niente che attirasse la sua attenzione e ad un tratto notò che iniziava lo spazio del telegiornale dedicato allo sport. Il primo servizio lo fece alzare in piedi, quando inquadrarono Tsubasa Ozora che attorniato dai giornalisti cercava di farsi largo per arrivare all’uscita dell’aeroporto di Narita. Yosuke tremava per il nervoso, quel giocatore aveva tutto quello che lui voleva da sempre e che non aveva mai ottenuto, nonostante non gli si sentisse inferiore. Afferrò un cuscino e lo scagliò con violenza contro l’immagine sorridente di Tsubasa che prometteva di portare il Giappone alla vittoria.

- Ti sei preso il mio posto in squadra Ozora, ma la cosa più importante ora è mia.- ghignò e prese il cordless per chiamare qualcuno che non gli avrebbe fatto sentire la mancanza di Sanae.

La ragazza nel frattempo stava passando la giornata più bella della sua vita, Tsubasa le stava raccontando dell’arrivo in Brasile, di come aveva dovuto fare i conti col fatto di essere solo uno tra i tanti e non il giocatore migliore del paese. Sanae lo ascoltava estasiata, come se la sua voce fosse una dolce melodia. Rivederlo così all’improvviso, essere avvolta dalla dolcezza del suo abbraccio, sentire la sua voce, osservare i gesti e le espressioni che accompagnavano le sue parole le scaldava il cuore.

- Sai cosa mi ha reso tutto molto più difficile?- le domandò all’improvviso.

Sanae scosse il capo non sapendo cosa rispondere. Istintivamente le prese la mano e l’accarezzò dolcemente, mentre con gli occhi brillanti d’amore la guardava.

- Che tu non fossi lì-

Lo sentì di nuovo: il cuore che pulsava velocemente e quella speciale sensazione di sfarfallio allo stomaco. Era come se tutto il mondo non esistesse più, solo lui e lei in quel casto ma intenso contatto, come se le loro anime si fossero toccate. Se solo avesse saputo che la felicità era lì ad attenderla, quanta sofferenza si sarebbe risparmiata.

Tsubasa la guardava adorante, felice perché in cuor suo aveva sperato di non aver perso il suo angelo. Era diventata ancora più bella e femminile e il vestito che portava poi, risaltava i suoi luminosi capelli che ricadevano sulle spalle seminude. Indugiò per un attimo sulla scollatura, distogliendo lo sguardo immediatamente, mentre avvertiva una sorta di agitazione.

Yosuke intanto passeggiava al fianco di una brunetta piena di lentiggini, bassa di statura, ma ben proporzionata. Lui non aveva esitato a offrirle il braccio e ora quell’ochetta se ne stava appesa al suo fianco con un sorriso ebete stampato sul volto. Kaori non aveva creduto alle sue orecchie, quando le aveva proposto di uscire per fare una passeggiata ed ora se ne stava lì beata a strusciarsi contro di lui, sperando che i suoi patetici tentativi di seduzione andassero a buon fine. Yosuke procedeva, soddisfatto di se stesso, in quella infantile “vendetta” nei confronti di Sanae, ignaro di dove fosse la sua ragazza in quel momento.

Tsubasa non aveva mai lasciato andare la sua mano e mentre camminavano per i sentieri del Parco Hikarigaoka, Sanae fissò le loro dita intrecciate commuovendosi di come quel gesto così semplice, racchiudesse tutto un mondo di emozioni, ma probabilmente perché era Tsubasa a ispirargliele. Il sole era ancora alto, le giornate si stavano allungando, segno che la stagione estiva era alle porte.

C’era un sentiero un po’ più sterrato che Tsubasa non ricordava di aver mai percorso e, sorridendole, la invitò a dirigersi da quella parte.

La via percorreva un prato costellato di anemoni fioriti di tutte le tonalità dal bianco al rosa intenso, che danzavano alla brezza primaverile, e conduceva ad un ruscello costeggiato da splendidi ciliegi in fiore. La vista che offriva quell’angolo nascosto del parco sembrava tratta da un quadro pointilliste.

Sanae lasciò la mano di Tsubasa e corse sotto le nubi rosa che rilasciavano la loro magica pioggia fiorita. Tese le mani in avanti per raccogliere quei piccoli petali e gli sorrise.

Il petto cominciò a battergli come un tamburo e rivide nella sua mente l’immagine di quella ragazzina al parco Inokashira, quella creatura meravigliosa che con la sua dolcezza aveva preso possesso del suo cuore. Di fronte a sé ora stava una giovane donna, un fiore sbocciato che desiderava solo essere colto. Si avvicinò deciso a non esitare, ma Sanae lo prese alla sprovvista, prendendolo per mano, perché la seguisse.

- Andiamo a vedere da dove parte questo ruscello.- ormai aveva scacciato ogni timore, tanta era la gioia di poter condividere quegli attimi con lui.

Tsubasa trascinato dal suo entusiasmo si arrampicò con lei attraverso i cespugli d’acero, fino a che non arrivarono ad una radura da dove si poteva udire il rumore di una cascata. Vi era una specie di scalino naturale, che Tsubasa saltò senza problemi, poi si voltò e tese le braccia verso di lei per aiutarla. Sanae si slanciò in avanti e sentì le sue mani che l’afferravano per la vita. I loro occhi s’incontrarono ora che i loro volti erano così vicini e lei sentì il cuore battere tanto forte da farle pulsare tutto il torace. Tsubasa deglutì nervosamente, mentre il profumo penetrante di lei lo inebriava. Rimasero a fissarsi per alcuni istanti, persi in quell’abbraccio involontario.

Sanae distolse lo sguardo imbarazzata e la vista oltre le spalle di Tsubasa era talmente bella da lasciarla incantata: una grande cascata scendeva dal pendio di un colle inverdito dalla natura rigogliosa e andava a formare un laghetto dal quale sgorgava il ruscello che avevano risalito.

- Ma è stupendo!- esclamò. In tutta la sua vita non aveva mai visto un simile spettacolo, eppure erano anni che viveva a Nankatsu, ma forse era la presenza di Tsubasa che riusciva a rendere tutto magico e perfetto.

Trasalì, quando avvertì il suo tocco sfiorarle il polso e voltandosi per sorridergli notò una luce nel suo sguardo serio che la fece tremare dall’emozione e la costrinse nuovamente a posare gli occhi altrove. Due dita le sfiorarono il mento e la riportarono a guardarlo in quelle iridi scure come la pece, che sembravano leggerle nel cuore. Le loro labbra s’incontrarono per la prima volta, aprendosi come dei timidi fiori in boccio per assaporare il gusto delle loro bocche, desiderose l’una dell’altra. Tsubasa la strinse a sé, mentre lei, arrendendosi all’amore che aveva cercato di ricacciare nell’angolo più remoto del cuore, si aggrappò al suo collo affondando le dita affusolate nei ribelli ciuffi corvini. Lo scroscio dell’acqua, il fruscio delle foglie e il canto degli uccelli nascosti tra i rami si acquietarono e i loro sensi si limitarono al gusto delle loro bocche, impadronitesi l’una dell’altra, e il tatto delle loro mani che percorrevano i corpi in sempre più ardite carezze.

* Citazione da “Cime Tempestose” di Emily Brontë.

Eccolo finalmente! So che alcune di voi aspettavano con ansia la comparsa di Tsubasa e devo dire che gli ho riservato un ritorno di tutto rispetto.

Ringrazio tutti i lettori/lettrici che hanno la pazienza di seguirmi in questo delirio.

Un saluto speciale alle mie care: Rossy, Dolcebarbara e Onlyhope cui è dedicato il capitolo ed Eos75 che avrebbe preferito leggere di Tsubasa investito da un carro armato (schiviamo le saettate di cippetta). Un grazie a tutte, perché siete quanto di meglio mi potesse capitare.

Un caro abbraccio a tutti!

  
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