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Autore: CinziaPV    07/10/2013    19 recensioni
C'era una volta... era così che un tempo iniziavano le favole, prima che fossero obliate, prima che la tecnologia, internet o altro ponessero fine alla magia.
C'era una volta una bellissima bambina, destinata come tutte le principesse delle fiabe a diventare una bellissima donna e sposare un uomo ricco e potente...
Anno 1400. In un universo alternativo, Niklaus Mikaelson è un vampiro erede al trono, mentre Caroline è la sua promessa sposa.
Fra i due non corre buon sangue. Riusciranno a convolare a nozze?
Storia in fase di revisione. Revisionato il prologo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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– Del vino – la voce rauca del vampiro ridestò l’attenzione dell’oste, che data l’ora tarda si era appisolato.
Non era una bettola di buon costume quella. Si trovava lontano dalla giurisdizione di Fell’s Church, e non era raccomandabile pernottarvi.
Se l’oste fosse stato destabilizzato dalla presenza del vampiro, non lo diede a vedere, e senza batter ciglio versò una buona dose di liquido nel calice, e glielo porse.
In realtà l’oste era solo un giovincello, mandato dal proprio padre fannullone a lavorare al suo posto, ma non ci teneva a morire, non così giovane. Per questo motivo alla vista di Nikalus Mikaelson, nonostante questo non mostrasse un bel vedere, con le nocche insanguinate, i vestiti sgualciti e la barba incolta, ubbidì senza batter ciglio.
Nella locanda erano rimasti pochi clienti, ubriachi fino all’osso, ma il giovane non li guardò nella speranza che lo soccorressero, batté il pugno sul banco, per richiedere il pagamento che gli dovevano: due penny per l’esattezza.
Perry, così si chiamava il giovane, aveva imparato anzitempo a destreggiarsi in quell’ambiente, e l’ultima cosa cui anelava era che suo padre lo battesse con la verga.
I clienti, assidui frequentatori di quella bettola, adibita anche a postribolo lo conoscevano dabbene, e nessuno fino a quel giorno era mai venuto meno a un pagamento, neanche di un solo misero centesimo.
Niklaus alzò lo sguardo su di lui per richiedere altro vino, con una smorfia amara sul viso, facendogli segno che gli porgesse la bottiglia.
Lo reggeva bene l’alcol, in realtà non si era mai ubriacato in tutta la sua vita, neanche nelle notti brave. Per questo riteneva bere una gran perdita di tempo, ma non quella notte. Non da una settimana a quella parte.
Con la mente annebbiata cercò di non pensare più a Caroline, per dedicarsi a passatempo migliore.
L’aveva intravista da diversi minuti ormai, e nonostante la ragione le imponesse di non farlo, c’era un istinto primordiale in lui, che non riusciva più a domare. Non dopo quello che Caroline, sua moglie gli aveva fatto.
– Come ti chiami? – la donna si avvicinò sinuosa. Indossava una sottoveste davvero poco casta, che lasciava ben poco all’immaginazione e come da manuale sfiorò il suo petto e allentò il primo bottone.
Nikalus sogghignò, ma sul suo viso non passò alcuna ombra di compiacimento.
La testa le girava, ma non barcollava purtroppo, e questo lo mandava su tutte le furie: non avrebbe potuto fingere che andasse tutto bene.
Quella donna per quanto bella, non era Caroline, non ne possedeva il candore, e neanche le forme. Soltanto il colore degli occhi era simile, ed era stato questo ad attrarlo.
I capelli invece erano neri, le labbra troppo sottili, i vestiti troppo sgargianti.
– Non sono mai stata con un vampiro – mentì la donna.
A Niklaus quelle parole scivolavano addosso. Non voleva sentire quella voce, né quel profumo decisamente troppo forte. Voleva solo il suo corpo, e il suo sangue.
Il secondo bottone fu slacciato, e l’unica cosa cui pensava Nikalus, era che voleva bere, fino a vomitare, fino a non ricordare più chi fosse, perché il dolore che sentiva al petto era decisamente troppo forte e non era sicuro di riuscire a sopportarlo.
Batté il pugno sul banco, richiamando nuovamente l’attenzione dell’oste.
– Altro vino – borbottò alzandosi e attirando a sé la donna – e una stanza – aggiunse incolore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 


 
 Ma come siamo mattiniere... – Caroline s’irrigidì, portando le braccia al petto per coprirsi alla meglio e acuendo lo sguardo in direzione della voce.
Adesso lo sapeva, il sibilo udito non apparteneva a un gufo, ma era un segnale, e non era stata una buona idea lasciare la propria tenda per immergersi nelle acque gelide di un torrente.
 Per i bagni al chiaro di luna ci sono le tinozze, – la voce baldanzosa di Tyler la raggiunse per la seconda volta procurandole non poco disagio – e poi in tal modo non hai dato occasione a nessun baldo giovanotto di ammirarti.
Caroline arrossì più del lecito, ma non si lasciò intimidire. Se c’era una cosa di cui era assolutamente certa era la fiducia che potesse riporre in Tyler, e sapeva che non le avrebbe fatto del male, non fisicamente almeno.
– È per questo che ho preferito il torrente – si difese.
 Tyler si grattò pensieroso il mento. – E come pensi di uscire? Dubito che non approfitterò dell’occasione.
– È buio pesto – specificò.
– Lo so, ma io sono un licantropo... – fece una pausa – te lo dico per puro spirito cavalleresco.
– Non peggiorare la situazione, non dovrei neanche rivolgerti la parola. – Chiuse gli occhi e si turò le orecchie cercando di prendere dei lunghi sospiri.
Ogni volta che lo vedeva, che sentiva soltanto il suono della sua voce, era come se la sua volontà si annullasse, e poco importava se fosse cosciente o meno.
Sapeva che Tyler aveva stipulato un patto subdolo con Kol, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a far prevalere la rabbia, né l’odio.
 Se speri di vedermi sparire da un momento all’altro, ti sbagli perché non lo farò. È inutile che t’illustri i pericoli cui vai incontro restando qui – continuò Tyler.
– Non sono un incosciente, sarei uscita da un momento all’altro. 
Adesso che si era abituata all’oscurità riusciva a intravederne i tratti, e questo non era un bene, perché lo trovava attraente oltremodo.
Una settimana. Era trascorsa una settimana da quando Kol l’aveva soggiogata e controvoglia aveva seguito Tyler.
Caroline avrebbe voluto gridare, ma ogni volta che ci provava, la voce diventava un sibilo appena udibile, le orecchie le ronzavano e si sentiva sul punto di svenire.
 Molti non ti vedono di buon occhio – chiarì Tyler.
Caroline sobbalzò, ma continuò a restare immobile, nonostante faticasse a sentire  le articolazioni.
Non le era difficile immaginare che qualcuno le volesse fare del male, ma sentirlo con le proprie orecchie era tutt’altra cosa. Non le era sfuggito l’atteggiamento indisponente e la freddezza che taluni usavano nei suoi confronti.
Del resto lei aveva sposato un Mikaelson, e mischiato il suo sangue col proprio.
Gli occhi le divennero lucidi, ma le lacrime quelle, nonostante ne avesse un gran bisogno, non riusciva a farle venir fuori.
 Se hai in cuore la mia salute, ti conviene girarti.
Tyler sorrise leggero. In momenti come quello sentiva come se il tempo non fosse mai trascorso, e desiderava come non mai avere Caroline, ma averla per davvero.
Per questo motivo articolò le uniche parole capaci di realizzare quel proposito. – Ti aiuto a uscire – disse serio. – Non ti sfiorerò – stai tranquilla... – prese un respiro profondo – conosco il modo per liberarti dal soggiogamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 


 
Mikael alla vista del figlio sgranò gli occhi, ma nessuna parola fuoriuscì dalla sua bocca.
Da diversi giorni si rifiutava di palesare la propria presenza, e solo adesso ne capiva il motivo: lo sguardo di Nikalus era... perso.
Mikael scosse ripetutamente il capo, come a voler scacciare quella verità dalla propria mente.
Aveva capito nello stesso istante in cui aveva posato gli occhi sul figlio, appena questo aveva varcato il portone, ma si rifiutava di ammetterlo con tutte le sue forze.
– Dimmi che non è vero – mormorò affranto. La sua non era una domanda, solo la blanda speranza che non confermasse i suoi dubbi.
Lo conosceva più di chiunque altro. Più di Esther che lo aveva messo al mondo, e alla sua vista si era sentito mancare. – Non può essere... – disse ancora avvicinandosi con più circospezione, senza aver cura dei servi e degli schiavi che stavano assistendo alla scena, e che fingevano di continuare a svolgere le proprie mansioni.
– Che cosa? – Niklaus lo guardò con insofferenza, incrociando appena le braccia e divaricando le gambe.
– Lo sai.
Niklaus accennò un lieve sorriso, e poi voltandogli le spalle, pronunciò un’unica parola, capace di farlo rabbrividire: – La distruggerò.  
Non ci fu bisogno per Mikael di domandarsi a chi si stesse rivolgendo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Perché mi stai facendo questo? – Caroline cercava di liberarsi dalla presa di Tyler con scarsi risultati. I capelli erano ancora umidi, e anche se aveva indossato frettolosamente i vestiti, questi non erano riusciti a scaldarla.
Subito dopo averla trascinata fuori dal torrente, Tyler l’aveva costretta a seguirlo verso la parte orientale dell’accampamento, dove secondo il suo parere c’era qualcosa cui doveva assistere.
La giovane sapeva, intuiva, che non sarebbe stato un bello spettacolo, per questo si dibatteva con tutte le sue forze. – Lasciami! – gridò all’ennesimo strattone.
Tyler scosse il capo, e una volta giunto a destinazione, la tenne salda per le spalle, costringendola a entrare in una delle tante tende.
La sua stretta non era violenta, ma dolorosa sì, e per quanto Caroline si sforzasse non riusciva a muoversi.
La prima cosa che la colpì fu l’odore di carne bruciata e sangue rappreso.
Cercò di indietreggiare, ma ancora una volta, le braccia di Tyler furono una roccaforte inespugnabile. – Guardala bene – soffiò contro il suo orecchio, da dietro le sue spalle.
Caroline tremò, e portò una mano alla bocca, nel vano tentativo di non urlare.
C’era una donna accasciata al suolo, probabilmente febbricitante. Sulla pelle della schiena, in bella mostra, vi era incisa un’unica parola “slave”.
– Ti aiuterò a sottrarti al soggiogamento – soffiò ancora Tyler – ma ciò non toglie che voglio tu sappia a cosa stai andando incontro. Questa è una guerra Caroline, e Nikalus miete le sue vittime – disse indicando la donna.
 
Finalmente Caroline fu libera, ma a differenza della lotta sostenuta poco prima, non si ribellò.
Le gambe le cedettero improvvisamente, il respiro le si fece affannoso, il sudore le imbrattò la fronte.
Sapeva che stava per svenire, ma non riusciva a muoversi, perché aveva compreso che le parole del licantropo corrispondevano a verità. – Non importa – soffiò – è mio marito e so quello che faccio.
Tyler la afferrò nuovamente per le spalle, e cercò di farla rialzare. – Ti farà del male.
La giovane donna riversa a terra, continuava a lamentarsi, ma Caroline non la ascoltò più. – È colpa mia – ribadì flebile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Aggiornamento lampo. Non ho molto da dire le cose a questo punto sembrano essere abbastanza chiare.
Niklaus ha spento le emozioni, Caroline è venuta a saperlo, ma è ancora intrappolata dal soggiogamento.
Volevo dire che diversamente da quanto accadeva nel tdv, il soggiogamento non prevede un annullamento totale della volontà.
Caroline è cosciente di quanto le sta accadendo, solo non riesce a opporsi. Non ancora almeno.
Per quanti non lo sanno, la storia è in fase di revisione.
Non preoccupatevi, cercherò solo di migliorare i capitoli, non la stravolgerò.
A tal riguardo volevo dire, che ho riscritto il prologo, in maniera totalmente diversa, e sarebbe utile se lo leggeste, visto che contiene spoiler che riguardano i prossimi capitoli.
Ormai siamo agli sgoccioli, credo l’abbiate capito, e spero continuerete a seguirmi in tanti.
 
Note tecniche:
 
La parola “slave” in inglese, significa schiavo.
Un bacio
Tess
 
 
Per quanti sono interessati alle vicende di Anne e Victor, che purtroppo sono assenti anche in questo capitolo, vi ricordo l’originale che ho scritto a loro riguardo:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2072339&i=1
 
 
Mi è dispiaciuto non inserirli, ma proprio non potevo: il capitolo sarebbe apparso frammentato.
  
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