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Autore: Lien    02/04/2008    10 recensioni
“Sciocchi, l’amore è un sentimento senza alcun valore. L’amore è una debolezza, un virus che trasforma anche l’uomo migliore in uno straccio senza volontà propria. Non vale la pena rovinarsi per amore. Non vale la pena amare.” – 11 Ottobre, 1947
Harry Potter scopre che distruggere l'ultimo Horcrux è molto più complicato di quanto pensasse e si trova così catapultato dall’ultima persona che avrebbe mai immaginato di conoscere. Ma se la linea tra odio e amore è tanto sottile, può chi nella sua vita ha solo odiato, imparare cosa vuol dire amare? Tom/Harry
Genere: Romantico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Serpeverde, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 23/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 23.  Potere e Non Potere

 

 

 

Tom poteva sentire un ghigno distorto affiorargli sulle labbra, mentre ascoltava avido le suppliche del ragazzo incatenato al muro. Lo osservava distaccato e vagamente divertito, dall’espressione implorante negli occhi verde acqua al principio di pianto che si poteva vedere ancorato alle ciglia, sul punto di cadere e scorrere sulle guance.

 

Tom era furioso. Oh si, era indiscutibilmente furioso. Ma la sua non era una rabbia che si manifestava in scatti d’ira, pugni alzati e facce rosse. No, la sua era un veleno gelido: scorreva lento, ma arrivava sempre a colpire la sua vittima infine. In quel momento aveva precisamente in mente quello che avrebbe soddisfatto la sua rabbia, e ne avrebbe amato ogni singolo secondo.

 

Il ghigno si allargò. Si sentiva… libero: il ragazzo davanti a lui era completamente alla sua mercé, incapace di muovere un solo muscolo fino a che Tom non glielo avesse permesso, costretto all’unica possibilità di piangere e supplicare.

 

Quello era ciò che Tom era nato per fare.

 

Quello era potere.

 

Lo poteva sentire scorrergli lentamente nelle vene come una colata di dolcissimo miele, lasciandogli un formicolio lungo ogni arto, dalla punta dei capelli ai polpastrelli. La bacchetta che stringeva tra le dita stava fremendo per essere utilizzata.

 

Quanto tempo era che non si sentiva così? Troppo, maledizione… ma non aveva nemmeno importanza, non quando era lì, bacchetta in mano e vittima appositamente immobilizzata ai suoi piedi.

 

Una piccola vocina nel retro della sua mente, però, era qualche tempo che stava provando insistentemente a dirgli qualcosa: ma perché vuoi tanto fare del male ad Alden? Per vendetta, certo, ma… beh, il motivo particolare non riusciva più a ricordarselo bene, ma non aveva poi così tanta importanza. Si sentiva inebriato, sensazioni travolgenti di supremazia e potere si rincorrevano per tutto il suo corpo e non riusciva a pensare a nulla di più importante.

 

Scrollò mentalmente le spalle, tornando ad ascoltare quasi rapito i lamenti e le preghiere del Corvonero. Mmh, per cominciare cosa avrebbe usato? Una fattura? No, troppo poco teatrale. Direttamente un Cruciatus? Mmh, le urla avrebbero attirato troppa attenzione…

 

La vocina di prima tornò a di farsi sentire, più veemente di prima: questo suo comportamento non era normale, aveva cercato quel ragazzo per un preciso motivo, certamente non pacifico ma di sicuro importante. Che senso aveva torturarlo senza nemmeno tenere il conto del perché?

 

Infastidito Tom, ricacciò quella piccola coscienza – e da quando poi se n’era creata una? – nel fondo della mente, tornando a concentrarsi sull’incantesimo che avrebbe avuto il piacere di usare per primo. Gli occhi scarlatti scintillarono di una luce crudele.

 

Ah si, questo è perfetto…

 

Avendo già le parole sulla punta della lingua, alzò la bacchetta sul ragazzo immobilizzato, per un attimo gustandosi l’espressione disperata che si riflesse sul volto dell’altro.

 

E fu proprio in quel momento che se la sentì volare via dalle mani all’urlo di un “Expelliarmus!

 

Per un attimo Tom rimase immobile, ma dallo sguardo di rinnovata paura che gli stava rivolgendo Principe poteva immaginare come la sua espressione dovesse essere niente meno che terrificante.

 

Con movimenti lenti, studiati, fece un passo indietro e, finalmente, si voltò a vedere chi aveva osato interromperlo.

 

Harry.

 

Il ragazzo era a pochi metri di distanza, la propria bacchetta sguainata in una mano e quella di Tom fermamente stretta nell’altra, le gambe divaricate e leggermente piegate in posizione di difesa.

 

E uno sguardo come implorante sul volto, tanto che gli sembrava quasi di sentire le parole che stava cercando di comunicargli: “Ti prego, non farlo”. Sebbene il Corvonero immobilizzato al muro avesse già espresso ad alta voce parecchie preghiere di quel genere, non poteva esserci nulla di più diametralmente opposto tra le due suppliche.

 

La vocina che tanto aveva cercato di farsi sentire negli ultimi minuti lanciò un grido – osava ammetterlo? - sollevato: Harry!

 

Harry. Era per Harry che era andato a cercare Alden, era per Harry che lo aveva incatenato al muro, era per Harry che voleva fargliela pagare tanto. Lo stava facendo per Harry. Per Harry.

Come tutto quello che faceva da un mese a quella parte.

 

Le dita delle mani di Tom si strinsero in due pugni ai lati del corpo. Tutto faceva sempre capo ad Harry: da quando lo aveva incontrato ogni sua giornata iniziava pensando a Harry, ogni sua azione teneva sempre in conto di Harry, sempre Harry Harry Harry

 

Anche una cosa così semplice, così banale come vendicarsi su uno dei tanti studenti della scuola, una cosa che aveva già fatto innumerevoli volte, doveva essere per forza incentrata su Harry.

 

Chi mai, quindi, avrebbe tentato di fermarlo se non Harry?

 

Perché anche a fermarlo era sempre Harry.

 

Rabbia – bollente, consumante rabbia – gli ribollì nello stomaco, salendogli velocemente nel petto, gonfiandogli i polmoni e infiammandogli il cuore.

 

Con uno sguardo gelido tornò a fissare la figura in piedi a qualche metro di distanza, registrando appena il fatto che il ragazzo fosse improvvisamente caduto in ginocchio portandosi una mano alla fronte con una smorfia di dolore.

 

Così era ridotto Tom Riddle? Dov’erano finiti tutti i suoi piani, i suoi progetti? Come aveva potuto un semplice ragazzino fermare l’erede di Serpeverde?

 

Tutte le sue ambizioni… perché gli suonavano così lontane ora, come se fosse stato tantissimo tempo che non ci pensava più? Il suo sogno più grande, quello di abbandonare il disgustoso nome babbano che si ritrovava e ricomparire al Mondo Magico sotto le spoglie del più potente mago che avesse mai messo piede sulla terra, con un nome di cui la gente avrebbe avuto il terrore solo a nominare, un anagramma così perfetto che faceva quasi pensare fosse opera del destino…

 

Quell’assaggio di potere per il quale aveva appena avuto il tempo di gustare, prima che Evans fosse venuto a interromperlo, gli aveva ricordato quali fossero i suoi veri obbiettivi.

 

E un insulso ragazzetto non ne faceva parte.

 

Accio bacchetta!

 

Per la seconda volta nel giro di qualche minuto, la bacchetta di Tom compì un ampio arco e sfrecciò nel palmo aperto del Serpeverde.

 

Tom osservò con occhi assottigliati Harry alzarsi nuovamente in piedi, lasciando l’appoggio del muro e riuscendo a rimanere stabile, nonostante il lieve tremore alle gambe. Per la prima volta non gliene fregava niente di sapere il motivo di tanto sforzo.

 

Harry, a quanto pareva invece, era assolutamente convinto che ci fosse bisogno di chiarire qualcosa.

 

“Tom, ascolt–

 

Reducto!

 

Evidentemente preso alla sprovvista, l’altro ragazzo fece appena in tempo a rotolare da un lato per non farsi prendere in pieno dall’incantesimo. Tom lo vide issarsi in ginocchio e alzare la testa verso di lui, uno sguardo incredulo e vagamente impaurito dipinto a chiare lettere sul volto.

 

“Tom! Che cosa stai face

 

Confringo!

 

Questa volta, grazie agli istinti probabilmente messi all’erta dall’ultimo attacco, uno scudo magico si materializzò immediatamente di fronte a Harry, facendo rimbalzare la maledizione contro il muro sinistro del corridoio, facendo sfrecciare frammenti di pietra ovunque.

 

I loro occhi si incontrarono per un interminabile istante, rosso cremisi contro nocciola fasullo.

 

Poi scattarono all’unisono.

 

Impedimenta!

 

Lacero!

 

Tom deviò con facilità l’attacco dell’altro e vide Harry schivare il suo perché – al contrario di quel patetico incantesimo del quarto anno – la sua maledizione non poteva essere respinta da alcuno scudo. In pochissimi istanti però, il ragazzo era di nuovo pronto in posizione di difesa. “Petrificus totalus!

 

Deprimo!” urlò lui di risposta, bloccando con un Protego non verbale l’incanto della pastoia. Tom vide l’altro ragazzo materializzare uno scudo dal colore rossastro che non aveva mai visto prima con un semplice movimento del polso, e dovette ricordarsi di quanto fosse davvero potente il suo avversario. Era piuttosto facile dimenticare, con l’aria riservata che mostrava tutti i giorni, che il ragazzo avrebbe potuto fare concorrenza ad un Auror.

 

Ma allora perché stava usando solo incantesimi innocui?

 

Incendio!” la voce di Harry lo distolse da quell’attimo di distrazione che gli costò caro. Un lembo della divisa del Prefetto andò in fiamme, e nel tempo che ci volle per pronunciare l’incantesimo per spegnerla, l’altro ragazzo si era già mosso.

 

Stupeficium!

 

Tom riuscì all’ultimo momento a deviare l’incantesimo, facendolo schiantare contro il muro, involontariamente ad appena qualche centimetro dal viso di Alden, facendogli cadere in faccia una pioggia di detriti. Fu con immenso piacere che il Serpeverde osservò l’espressione inorridita di Harry al lamento di dolore del ragazzo incatenato: la sua prossima mossa era fin troppo ovvia…

 

E infatti Harry indirizzò immediatamente la bacchetta contro Principe: “Protego!” urlò, e uno scudo azzurrino avvolse completamente il ragazzo.

 

Quell’azione però, l’aveva appena lasciato completamente scoperto.

 

Tom non perse tempo, puntò la bacchetta verso i frammenti di pietra che giacevano per terra a causa dei loro incantesimi e gridò: “Oppungo!

 

Le pietre levitarono e sfrecciarono in direzione di Harry che, preso alla sprovvista, dovette accucciarsi per schivare i primi proiettili. Ma altri ne arrivavano e il ragazzo fu costretto a rotolare da un lato e nascondersi dietro un’armatura.

 

Fu a quel punto che Tom si mosse: si lanciò in avanti, trovando l’angolazione giusta per non avere l’armatura davanti al suo bersaglio e puntò la bacchetta:

 

Diffindo!

 

Vide il getto di luce rossa lampeggiare verso Harry e gli occhi del giovane spalancarsi per una frazione di secondo prima che si decidesse a spostarsi.

 

Ma non abbastanza velocemente.

 

Un sibilo di dolore si fece strada tra i denti del ragazzo, mentre si portava una mano alla spalla colpita dove, nel punto in cui la maledizione aveva lacerato la manica della divisa, si poteva vedere un profondo taglio cominciare a sanguinare abbondantemente.

 

A quella vista Tom scoppiò a ridere.

 

Una risata malsana, senza alcuna spiegazione se non la gioia perversa di essere riuscito a ferire il proprio avversario. Una risata che anche alle sue orecchie stonava in maniera orrenda, ma che il petto non riusciva a frenare in alcun modo.

 

Un altro sibilo di dolore lo riportò a guardare il ragazzo davanti a sé, che ora si era lasciato la spalla per tenersi la fronte con una mano, dove cominciava ad intravedersi la forma di una cicatrice a saetta. Tom osservò l’illusione che sapeva coprire sempre il vero aspetto di Harry svanire lentamente, scoprendo al suo posto una zazzera di capelli nero inchiostro.

 

Se l’illusione stava svanendo, voleva dire che le riserve del ragazzo stavano lentamente venendo meno. Il ché voleva dire che Tom stava vincendo, era solo una questione di tempo ormai.

 

Con somma delusione del Prefetto però, Harry si rizzò un’altra volta in piedi e, senza alcuna esitazione, sguainò nuovamente la bacchetta. “Confundo!

 

Tom dovette rotolare da un lato per schivare l’attacco, maledicendo la sua distrazione. Stava anche velocemente perdendo la pazienza: per uno che sapeva lanciare solo incantesimi del quinto anno in giù, il suo avversario stava durando fin troppo sotto i suoi colpi.

 

Il Serpeverde vide un’altra sua maledizione rimbalzare sullo scudo dell’altro, mentre pensava ad un modo per finire in fretta il combattimento: davvero, aveva cose più importanti da fare. Primo fra tutte un certo Principe ancora incatenato, pronto a ricevere qualunque tortura.

 

Fu preso di sorpresa però, quando vide Harry lanciarsi in avanti con uno scatto. Per un attimo fu sicuro che avesse intenzione di ingaggiare un corpo a corpo, ma quando lo vide alzare la bacchetta, ormai si era accorto troppo tardi della finta.

 

Repello!

 

L’incantesimo colpì Tom in pieno petto, scaraventandolo contro il muro in fondo al corridoio. L’impatto con la dura parete di pietra gli tolse tutto il fiato dai polmoni, lasciandolo per un paio di secondi a boccheggiare sul pavimento.

 

Quando si riprese però, fu con una nuova ondata di furia che fissò le sue iridi vermiglie sulla figura del suo avversario.

 

Adesso basta.

 

Non si rese nemmeno conto che l’altro ragazzo si era accasciato nuovamente a terra tenendosi la testa tra le mani, cercando di soffocare i gemiti di dolore. Il Serpeverde si alzò nuovamente in piedi, ignorando le fitte alla schiena, e si avvicinò con fredda risoluzione alla figura del suo compagno di stanza.

 

Furono occhi scarlatti e voce gelida a pronunciare l’incantesimo seguente.

 

Imperio.

 

Per Harry ci fu appena in tempo di alzare la testa in un singulto sorpreso, che la maledizione senza perdono lo colpì.

 

Sul volto di Tom si aprì un ghigno soddisfatto: quella era la fine dei giochi, ora non avrebbe dovuto fare altro che dare un semplice comando e l’altro ragazzo avrebbe fatto qualunq

 

Tom… che cosa hai fatto?

 

Per la prima volta la vocina nella sua testa aveva usato un tono di voce bassissimo, ma Tom non l’aveva mai sentita tanto chiaramente.

 

E vedere quegli occhi di un verde tanto acceso velati e appannati, come se tutta la vitalità, l’energia, la vita, gli fosse stata strappata via, lo colpì più forte di qualunque schiantesimo.

 

Fece un passo indietro e fu come aprire gli occhi dopo un lungo sogno. Dio santo, cosa stava facendo? Cosa aveva fatto? Era… non riusciva nemmeno a spiegarselo, cosa gli era preso?

 

Quando aveva saputo che Alden aveva osato attaccare Harry era andato su tutte le furie, lo aveva subito cercato e scovato, lo aveva portato in quel corridoio deserto con un pretesto idiota, l’aveva immobilizzato e poi… poi…

 

Poi si era lasciato inebriare da quella sensazione di potere, avere il controllo completo della situazione e un altro essere umano senza alcuna difesa totalmente in suo dominio, essere libero di farci tutto quello che avesse voluto. Un brivido gli percorse la schiena al ricordo di quelle sensazioni, ma se fosse stato uno di piacere o di disgusto non era più in grado di definirlo.

 

Come aveva potuto dimenticare persino il motivo dietro a quello che stava facendo? E anche quella sua risata, una risata da folle, che aveva lo inorridito già dal momento in cui gli era uscita dal petto… che cosa gli era successo?

 

Quando era arrivato Harry…

 

Harry!

 

Tornò a guardare con occhi orripilati il profondo squarcio sulla spalla del ragazzo, da cui il sangue stava ancora scendendo a inzuppare la divisa, arrivando fino alla mano in due rigagnoli rossi e gocciolando per terra dalla punta delle dita.

 

Sono stato io… Sono stato io a causargli quella ferita…

 

Sono io ad averlo messo sotto Imperius.

 

Che cosa aveva fatto?

 

Una risata accennata lo riportò alla realtà. Si voltò alla ricerca del suono, verso il muro dove Alden era ancora immobilizzato, ma l’unica cosa che poteva vedere sul suo volto era un’espressione di shock, paura e un rivolo di sangue che gli scendeva da una tempia. Sicuramente, non stava ridendo.

 

Tom voltò lentamente la testa verso la figura ancora accucciata di Harry da dove – ora lo vedeva – proveniva la risata.

 

Il ragazzo aveva la testa abbassata, lo sguardo celato dietro ciuffi di capelli color inchiostro, e le sue spalle venivano scosse da quel quieto eccesso di risa che piano piano si stava facendo sempre più forte.

 

Una risata senza la minima ombra di allegria, una risata vuota, con una nota appena accennata di sconforto e… tristezza.

 

Tom fece appena in tempo a chiedersi come fosse possibile che Harry si potesse muovere anche sotto Imperio, quando improvvisamente la testa dell’altro si alzò.

 

Gli occhi smeraldo si fissarono direttamente nei suoi, inchiodandolo sul posto: per la prima volta, gli occhi che aveva tanto amato erano più gelidi dei suoi.

 

“Questo non avresti dovuto farlo… Voldemort.”

 

 

*** *** ***

 

 

Harry si fiondò dietro un’armatura alla sua sinistra, cercando di schivare la pioggia di proiettili che gli venivano scagliati addosso. Appiattito al muro, si concesse un secondo per riprendere fiato: tra il tintinnio di roccia contro metallo e il battito frenetico del suo cuore non sapeva cos’era che gli rimbombava più nelle orecchie.

 

Dio, come erano finiti a quel punto? Tom… Tom lo stava attaccando! Cosa…? Come era successo?

E perché ne sei tanto sorpreso poi? Una vocina gli sussurrò, È Tom Riddle, avresti dovuto tenerla in conto come possibilità, no?

 

Ed aveva perfettamente ragione, ma Harry dovette ammettere che non c’era cosa che si sarebbe aspettato meno di quella: solo ora si rendeva conto di quanto avesse davvero diviso Tom Riddle da Voldemort.

 

Invece adesso quegli occhi…

 

Il dolore alla cicatrice era ancora lancinante, un continuo promemoria di ciò che stava accadendo. Era tantissimo tempo che non sperimentava quella familiare tortura, tanto che da quando era arrivato, si era talmente abituato alla pace del passato da dimenticarsi quanto la sua cicatrice potesse bruciare.

 

Distratto dai suoi pensieri, non notò Tom cambiare posizione fino a che non vide il fascio di luce rossa della maledizione puntare dritto verso di lui. Sgranò gli occhi sorpreso, prima che l’istinto scattò e lo portò a rotolare da un lato.

 

Un secondo troppo tardi.

 

Soffocò l’urlo che minacciò di uscirgli dalla gola quando sentì la maledizione lacerargli la carne del braccio, lasciandosi andare solo ad un sibilo di dolore. Si portò una mano alla spalla, sentendo il sangue uscire dal profondo taglio e sgorgare attraverso le sue dita, imbrattando la manica strappata della divisa.

 

Stranamente, il primo pensiero che gli venne alla mente fu cosa avrebbe detto Moody se l’avesse visto in quel momento: se fosse stata una vera battaglia e quell’incantesimo un Avada Kedavra, sarebbe già morto.

 

Come aveva fatto a rammollirsi tanto?

 

No, è che da Tom non te lo saresti mai aspettato. Non avresti mai pensato che ti avrebbe ferito veramente.

 

Per quanto assurde quelle parole gli suonavano, si accorse che erano la pura verità: non aveva alcun senso, ma Harry realizzò di essere arrivato a dare talmente tanta fiducia a quel ragazzo, da non credere che Tom l’avrebbe mai ferito volontariamente.

 

Una risata improvvisa lo distolse dai suoi pensieri. Un suono che gli fece correre brividi lungo la schiena e gli ghiacciò le ossa, prima che il dolore alla cicatrice raddoppiasse d’intensità, sovrastando qualunque altra sensazione.

 

Harry cadde in ginocchio, lasciandosi la spalla per tenersi la testa tra le mani, pregando che il bruciore si spegnesse e quell’orribile risata svanisse.

 

Tom non era in sé e lui doveva fare qualunque cosa per fermarlo, per impedirgli di compiere una sciocchezza e farlo tornare normale. Ma come fare senza rischiare di ferirlo? Fino ad ora Harry aveva usato solo incantesimi fondamentalmente innocui, con pochissimi risultati.

 

Ma l’idea di quegli occhi rossi non tornare mai più al loro profondissimo nero, l’idea di perderlo a quella follia che sarebbe stata sempre presente da lì a cinquant’anni…

 

Harry si rizzò nuovamente in piedi nonostante il dolore e, puntando nuovamente la bacchetta verso Tom, tornò a contrattaccare.

 

Confundo!

 

L’altro ragazzo, probabilmente preso alla sprovvista, fu costretto a rotolare da un lato per evitare l’incantesimo. Fu subito pronto a scagliare un’altra maledizione, che Harry riuscì facilmente a bloccare in tempo.

 

I movimenti dell’altro avevano cominciato a farsi meno studiati e più immediati, tanto più il Prefetto andava a corto di pazienza. Vedendo una possibile breccia in questo, Harry cercò un diversivo, lanciandosi a testa bassa verso il ragazzo come se lo avesse voluto caricare di peso.

 

Vide gli occhi di Tom spalancarsi sorpresi, prima che, finta riuscita, la maledizione di Harry scaraventasse il Serpeverde contro il muro opposto del corridoio, facendogli colpire la dura pietra con un tonfo sordo.

 

Fu con una punta di preoccupazione che il ragazzo vide il Prefetto accasciarsi per terra, cercando di far tornare in funzione i polmoni. Quando però Tom si fu ripreso, furono due furiose iridi scarlatte a incatenargli lo sguardo, lampeggiando di rabbia.

 

La sua cicatrice tornò ad infiammarsi, più straziante di prima. Harry cadde nuovamente in ginocchio, non riuscendo a trattenere un gemito mentre si teneva la testa tra le mani. Nel dolore, riuscì a registrare i movimenti di Tom, che si era alzato e gli si stava avvicinando a passi lenti. Avrebbe dovuto alzarsi, muoversi, cercare di difendersi, ma gli spasimi di dolore provenienti dalla fronte erano tutto quello che il suo cervello riusciva a concepire.

 

Vide attraverso le dita delle sue mani Tom fermarsi ad appena due passi di distanza e sollevare la bacchetta.

 

Quando lo sentì pronunciare l’incantesimo, però, non fu dolore ma shock a impedirgli di muoversi.

 

Imperio.

 

La sensazione di vuotò lo colpì, e tutto svanì – letteralmente – per incanto: niente più dolore alla spalla, niente più dolore alla cicatrice, niente più stanchezza, niente più preoccupazione, nulla.

 

E per qualche secondo Harry si abbandonò al più totale sollievo del non dover più sentire tutti i nervi del  suo corpo in fiamme. Non avrebbe voluto fare altro che abbandonarsi a quella sensazione di vuoto che gli avrebbe tolto dalle spalle qualunque problema.

 

In quel momento, avrebbe dato qualunque cosa per non essere in grado di scrollarsi di dosso l’Imperio come se fosse acqua.

 

Con un ultimo sospiro, si concentrò sulle sue vere sensazioni e in pochi secondi sentì la maledizione scivolargli via dalla pelle.

 

E tutto quanto ritornò.

 

Ancora in ginocchio, si lasciò cadere la testa in avanti, qualche ciocca nera a coprirgli lo sguardo.

 

Tom lo aveva colpito con la maledizione Imperio. Una maledizione senza perdono.

 

Come una pioggia gelata, Harry capì improvvisamente che non era più questione di impedire a Tom di commettere la sciocchezza di vendicarsi su Alden. Quello che aveva davanti non era più Tom: adesso, si trattava di proteggere un innocente da Voldemort.

 

E per quello scopo, Harry era stato addestrato da una tutta una vita.

 

Il verso che si sentì affiorare dalla gola assomigliava talmente tanto ad un singhiozzo, che per un attimo fu convinto di esser sul punto di scoppiare in lacrime. Ma invece del pianto fu una risata vuota e disperata a fuoriuscire dal suo petto, rimbombando tra le pareti del corridoio. Alzando gli occhi sulla figura in piedi di fronte a sé, non si accorse nemmeno che il dolore alla cicatrice era completamente svanito.

 

L’unica cosa che vedeva, ora, era un nemico.

 

“Questo non avresti dovuto farlo… Voldemort.”

 

L’ultima cosa che registrò, prima che il corridoio venisse illuminato dalle luci degli incantesimi, fu lo sguardo shockato di Tom.

 

Un lampo di luce blu e il Prefetto si ritrovò nuovamente scaraventato contro la parete. Accusando per due volte di fila il colpo nello stesso punto, ci mise un po’ a tirarsi su in ginocchio, posizione dalla quale dovette immediatamente rotolare di lato per evitare altre due maledizioni. Uno dei due fiotti di luce rossa, una volta colpito il pavimento, cominciò a corrodere la pietra come un acido, lasciando una piccola fossa a testimone.

 

Se Harry notò lo sguardo orripilato che gli lanciò Tom, non vi dette peso.

 

Non c’era alcun pensiero nella sua testa se non quello del combattimento, e poteva solo immaginare come dovesse sembrare la sua espressione dall’esterno. Come una statua greca: impassibile e fredda nella sua potenza.

 

Tom intanto era riuscito ad alzarsi e, puntando la bacchetta contro alcuni dei detriti lasciati per terra dalle loro esplosioni, aveva trasfigurato i pezzi di pietra in un muro eretto come protezione, frapposto tra lui e Harry.

 

Harry però non si scompose: un’occhiata, un movimento della mano, e la parete andò subito in mille pezzi, facendo schizzare frammenti di granito ovunque. L’espediente del muro aveva però dato a Tom il tempo necessario per prepararsi: appena la parete si fu sgretolata, già aveva puntato la bacchetta.

 

Impedimenta!

 

Distrattamente, mentre bloccava anche quell’ultima mossa, Harry notò come le parti sembravano essersi invertite, Tom ad usare incantesimi innocenti e lui a contrattaccare. E forse quella scintilla di preghiera, negli occhi dell’altro, poteva anche essere stata autentica, ma non era a fidarsi di Voldemort che era stato addestrato.

 

Con un movimento lento e calcolato alzò la bacchetta e un getto di luce bianca scaturì dalla punta diretto verso l’altro, tagliando nel Protego del ragazzo come un coltello nel burro tiepido. Tom fece in tempo a sgranare gli occhi e cercare di togliersi dalla traiettoria prima che l’incantesimo arrivasse a destinazione e gli avvolgesse l’intero braccio sinistro.

 

Harry osservò il Serpeverde stringersi l’arto appena colpito, ricordando – al sibilo di dolore dell’altro – quale fosse l’esatto effetto di quella particolare fattura: centinaia di spilli che perforano la carne, che si sarebbe creduto arrivassero fino all’osso, se non fosse che la pelle rimaneva assolutamente immacolata.

 

Una comoda maledizione che il Ministero aveva accuratamente evitato di catalogare tra le Arti Oscure, giusto perché – se la Cruciatus era illegale – durante gli interrogatori avevano bisogno di un qualche mezzo per far parlare gli imputati.

 

Non c’era tempo però di farsi scrupoli in battaglia: l’obbiettivo era di rendere il nemico inerme il più in fretta e il più efficacemente possibile, e quell’incantesimo era solito funzionare bene per tutte e due le necessità, soprattutto perché qualunque parte del corpo dell’avversario fosse stata colpita, sarebbe stata resa inutilizzabile.

 

Purtroppo il braccio centrato non era quello con cui Tom usava la bacchetta, e Harry non poteva permettersi di correre rischi.

 

Mentre l’altro ancora cercava di ignorare il dolore e ricomporsi, Harry tornò nuovamente all’attacco e, cominciando a camminare verso il ragazzo, urlò: “Repello!

 

Per la terza volta la forza dell’incantesimo scaraventò Tom contro il muro, ma al contrario delle volte precedenti il Prefetto non si rialzò in piedi. Harry lo vide accasciarsi per terra dopo l’impatto, la schiena appoggiata alla pietra come se fosse stata l’unica cosa a tenerlo eretto e il petto che si alzava e abbassava con sforzo, come se l’ossigeno che vi entrava non fosse stato mai abbastanza.

 

Accertatosi che il Serpeverde non si sarebbe mosso tanto in fretta, Harry percorse la distanza che lo separava dall’altro ragazzo a passo deciso, oltrepassando Alden ancora ancorato al muro e ignorando i suoi lamenti. Arrivato ad un passo di distanza si fermò: il respiro di Tom era ritornato normale, sebbene non stesse dando alcun segno di volersi rialzare; teneva la testa voltata da un lato, il braccio sinistro giaceva accasciato accanto al suo fianco, mentre quello destro – sebbene anch’esso inerte – stringeva ancora la bacchetta nella mano.

 

Finché ci fosse stato anche il minimo rischio di un attacco, Harry non poteva lasciare andare il proprio avversario: regole standard da primo livello per Auror.

 

Guardò la figura a terra davanti a sé e sollevò la bacchetta. Un semplice schiantesimo a quel punto sarebbe bastato, non serviva nulla di più complicato.

 

Fu quando aveva già le prime sillabe sulla punta della lingua che Tom alzò la testa, e un flebile sussurrò risuonò nel corridoio.

 

“Harry…”

 

Harry si fermò, l’incanto morto in gola, mentre lo sguardo si posava sugli occhi dell’altro. Benché una parte di lui lo stesse incitando a finirla in fretta e a schiantare il nemico una buona volta per tutte, un’altra aveva riconosciuto quel tono di voce e fissava il viso del ragazzo con un’intensità frenetica, per cercare una minima prova in quelle iridi rosse che –

 

che non erano più rosse.

 

Verde e nero si incontrarono, e con loro la realtà tornò a farsi sentire in tutto il suo peso.

 

Tom.

 

Fu un sollievo amaro che quella parola sussurrata nella mente di Harry portò: sollievo nel tornare a vedere il Prefetto in sé e una schiacciante disperazione che gli bloccava l’aria nei polmoni nel dover ammettere che nell’essere che gli aveva lanciato una maledizione senza perdono c’era qualcosa del suo Tom.

 

Qualcosa a metà tra un gemito e un sospiro si fece strada tra le sue labbra, impossibile da trattenere. Tom aprì nuovamente la bocca per parlare, ma la richiuse di scatto quando vide la bacchetta di Harry sollevarsi per l’ennesima volta contro di lui.

 

Ma sebbene fosse il Prefetto quello a terra, tra i due non era lui il più stanco di combattere.

 

Finite Incantatum.

 

Tom si portò una mano al braccio sinistro, ora completamente sollevato dalla sensazione di essere infilzato da centinaia di spilli. Aprì la bocca, non ne uscì nulla, la richiuse.

 

La tentazione di Harry era quella di lasciarsi cadere sulle ginocchia, abbandonare la bacchetta, allungare le braccia, prendere tra le mani il viso di Tom, guardarlo in quelle torbide iridi nere e sussurrare…

 

E adesso cosa facciamo, Tom?

 

E l’avrebbe fatto, se solo non fosse stato così spaventato dalla risposta.

 

Si voltò invece, e cominciò a camminare verso il punto dove Alden era ancora immobilizzato alla parete; in un batter d’occhio ripeté l’ultimo incantesimo e il Corvonero cadde a terra con un tonfo, non più sostenuto dalle corde invisibili.

 

Concentrò tutta la sua attenzione su di lui, osservandolo tirarsi su a gattoni e poi seduto massaggiandosi i polsi, perché qualunque cosa era meglio che pensare ad un altro ragazzo, seduto in una posizione del tutto simile, ad appena qualche metro di distanza. Ma se si era aspettato clemenza o – che Dio volesse – addirittura riconoscenza da parte di Principe, rimase decisamente deluso.

 

“Tu…” lo sentì sussurrare dalla sua posizione, e non c’era modo di scambiare quell’emozione con nient’altro che rabbia, “chi diavolo sei?!” esclamò, alzando il viso per poter guardare dritto in faccia Harry. “Chi…? Chi diavolo sei per poter entrare così nelle nostre vite?!” finì con l’urlare, mentre si alzava in piedi appoggiandosi al muro, “Arrivi dal nulla e sconvolgi qualunque cosa! E nessuno sa né da dove vieni, né perché sei venuto qua! chi diavolo sei!”

 

Harry poteva solo guardarlo, la mente vuota o troppo piena, non ancora venuta a patti con tutto quello che era accaduto nell’ultima ora.

 

Perché hai voluto rovinare tutto? Cosa… cosa vuoi da noi?” continuò abbandonando il tono rabbioso, sostituendolo con qualcosa di gran lunga peggiore, “Vorrei solo che mi lasciassi in pace… Vorrei solo che ci lasciassi in pace…”

 

Guardando il suo viso, dove le deboli ciglia non erano riuscite, infine, a trattenere del tutto le lacrime, Harry capì esattamente perché anche dopo tutto quello che gli aveva fatto, dopo il pugno e le minacce, non era mai riuscito realmente ad odiare Alden Principe: era solo un ragazzo innamorato.

 

Glielo si leggeva negli occhi, nel tono della voce, nei pugni stretti ai fianchi. Glielo si leggeva nella postura delle spalle, nel modo in cui si era girato per poter tenere d’occhio sia lui che Tom, nel modo in cui i suoi occhi continuavano a saettare verso il Prefetto, nonostante lui non stesse facendo niente.

 

Glielo avevano detto, gliel’aveva detto Orion, gliel’aveva detto praticamente lo stesso Alden, ma era una cosa completamente diversa vederlo lì, con i propri occhi.

 

E chi era lui per mettersi in mezzo? Principe… Principe aveva ragione, non aveva alcun diritto di sottrargli qualcosa di così prezioso. Amore: era esattamente ciò di cui Tom aveva bisogno, ciò che avrebbe potuto salvarlo, e Alden era disposto a donarglielo incondizionatamente. Voleva davvero rovinare tutto? Doveva farsi da parte, doveva fare come gli aveva detto il Corvonero, lasciarli in pace, doveva–

 

“Non posso.”

 

Alden alzò la testa verso di lui e Harry rispose allo sguardo sgranando gli occhi, sorpreso dalle parole uscite da sole dalla sua stessa bocca, completamente opposte a ciò che stava pensando.

 

E le mani gli tremavano, perché Dio, non c’era nulla di più vero di quelle parole.

 

Si voltò verso Tom, ancora seduto contro il muro, il cui sguardo non lo aveva mai lasciato e si trovò a ripetere:

 

“Non posso.”, questa volta quasi in un sussurro.

 

Non poteva. Non gli serviva nemmeno guardare Tom per rendersene conto, lo sapeva anche inconsciamente, se lo sentiva in ogni arteria, in ogni organo, in ogni respiro. Non gli serviva guardare Tom per saperlo, ma ora che i suoi occhi erano ancorati alla sua figura gli era impossibile convincersi del contrario.

 

Non avrebbe mai potuto farsi da parte, non avrebbe mai potuto allontanarsi da Tom, non avrebbe mai potuto lasciare –

 

Il ragazzo di cui si era innamorato.

 

Un respiro gli si smorzò in gola. Il ragazzo di cui si era innamorato… Non staccò gli occhi da quel viso, così bello anche in quel momento che era ricoperto di polvere e un rivolo di sangue gli colava da una tempia. Non staccò gli occhi da quegli occhi, così neri adesso in confronto al vermiglio che avevano indossato pochi minuti prima, che aveva visto impassibili, ridenti, furiosi, preoccupati…

 

E diavolo, doveva essere stato proprio stupido ad averlo afferrato solo ora, ora che era tutto un casino, ora che non sapeva più cosa fare. Ma almeno aveva capito, adesso. E non poteva più tornare indietro.

 

Con un verso strano, a metà tra una risata e un singhiozzo, gli ritornarono alle labbra le stesse parole:

 

“Non posso.”

 

Con le mani ferme, adesso non più tremanti, si girò verso Alden, che lo fissava spaesato e furioso. “Mi dispiace. gli disse, con sguardo ammorbidito, di qualcuno che aveva realizzato di condividere la stessa dolce tortura.

 

Poi girò su se stesso e iniziò a correre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: ok, sono pronta per la gogna pubblica adesso. Si, non c’è alcuna scusa per il ritardo mostruoso. No, non ho alcuna intenzione di abbandonare la fic.

 

Mi dispiace davvero, davvero, se vi ho fatto un po’ penare. Sorry.

 

Vabbeh, tornando a parlare del contenuto, non avevo davvero idea di quanto fosse faticoso scrivere una scena d’azione: non sei mai sicuro che sia venuta fuori nel modo giusto, vorresti descrivere tutto nel modo più perfetto, ma non puoi soffermarti nelle descrizioni o spezzeresti il ritmo veloce necessario. Frustrante.

A parte questi problemi tecnici, la Svolta – come avevo già detto – è prossima. E all’alba del 24° capitolo sarebbe anche l’ora XD

 

Le risposte alle recensioni saranno, come al solito, sul mio blog. Appena le posterò.

 

Baci e alla prossima,

Lien.

  
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