Angolo dell’autrice
Febbre, letto, pioggia, non si va a scuola, quindi quale momento migliore per scrivere?
Siamo giunti alla fine di questa storia, in basso posterò la foto dalla quale e per la quale è stata scritta, vi consiglio di leggere prima di vederla, ma ad essere sincera, se fossi una lettrice, io non lo farei e andrei dritta in fondo al capitolo : )
Ringrazio di cuore Synapsis e Scintilla 19, ogni recensione è stata stupenda e mi ha lasciata senza parole, entrambe mi avete dato preziosissimi consigli che di certo continuerò a seguire anche nei miei prossimi scritti.
Spero che questo capitolo sia una degna conclusione.
Buona
Lettura!
A very
Christmas Carol
Di tessere
scomparse,
di mori sorprendenti e di luoghi mai visitati
La
segretaria sorrise quando vide l’uomo entrare con passo
frettoloso e
avvicinarsi a lei con non poca inquietudine.
“Com’è?”
Chiese agitato, guardandosi attorno e tenendo stretti a se dei
documenti che,
da come se ne prendeva cura, sembravano importanti quanto la sua stessa
vita.
Naomi Misora
non riuscì a trattenere un risolino e scribacchiò
velocemente qualcosa su un
foglio. “Per ora è tranquillo, mi ha persino
chiesto d’organizzare la cena con
la sua famiglia venerdì prossimo. Ti consiglio
d’approfittarne”. Detto questo,
gli fece l’occhiolino e indicò con un cenno del
capo la porta socchiusa alla
sua destra. “Fa’ in fretta, oggi torna a casa in
anticipo”.
Matsuda
restò
in punta di piedi sulla soglia ancora un po’, fino a quando
non ebbe il
coraggio di metter piede nell'ufficio del capo: da quando era stato
licenziato
e poi riassunto, ragionava due volte prima di fare una qualsiasi mossa
e in
quel momento, col suo fascicolo tra le mani, aspettava che l'imperatore
gli
concedesse la possibilità di prender parola.
Infatti, con
la fine delle sue tre notti di terrore, Light pareva aver acquisito un
nuovo
vigore.
Tutti i suoi
stanchi subordinati avevano notato quel cambiamento, ma se fosse in
bene o in
male, nessuno lo sapeva, o meglio, nessuno osava farne commento.
Il signorino
governava col pugno di ferro il suo vasto impero, con una grinta e una
volontà
che persino il diligente Aizawa non riusciva più a
giustificarne le assurdità:
erano aumentate le ore nelle quali svolgere il proprio dovere,
dimezzate le
vacanze e diminuito al minimo indispensabile dei dipendenti il salario.
A Light
ancora rodevano le critiche dei tre diavoli, anche se, solo di tanto in
tanto
però, lanciava uno sguardo furtivo alla finestra e la sua
mente iniziava a
vagare mesta.
Chissà,
e se fossero stati
proprio quei pensieri
ad averlo persuaso ad assumere, nuovamente, quell’idiota di
Matsuda?
Tutte
sciocchezze.
Erano
passati i minuti dall’ultima apparizione, erano passavate le
ore, erano passati
i giorni! Nessuna traccia di pericolo vigeva nei dintorni!
Che gli
spettri gli avessero mentito?
E se invece
fosse stato tutto frutto del suo inconscio stressato?
Doveva
considerarsi matto?
Che avesse
bisogno di un dottore?
Lesto si
riscosse da quelle elucubrazioni e - come faceva da un paio di giorni a
quella
parte - aprì il cassetto della propria scrivania, poi fece
un guizzo con lo
sguardo verso il proprio dipendente e con un cenno del capo lo
invitò ad
avvicinarsi.
"Mi
ritrovo, contro la mia volontà, a doverti fare i miei
complimenti per i
documenti riguardanti la nostra diretta concorrente, la Lawliet
Corporation". Light
si alzò e prese
il proprio cappotto. "E mi saresti d'enorme aiuto se fino alle sette
potessi stare qui e controllare che i lavoratori rispettino i loro
turni".
A nulla
valsero i tentavi d'opporsi del giovane uomo; tantomeno
giovarono frasi come "ma sono
qui dalle sei del mattino", oppure "devo tornare a casa in
anticipo".
La richiesta
del signorino era un ordine e, di certo, quest'ultimo non si
premurò
d'ascoltare i suoi lamenti.
"Un’ultima
cosa, signor Tota," disse con non-chalance, portando la mano al pomello
della porta, "in quel cassetto ci dovrebbe essere una tessera di un
puzzle," indicò la propria scrivania e aggiunse
un'espressione lievemente
più dolce, "ve ne prego, me la potreste porgere?"
Matsuda
osservò un momento il giovane, come se non avesse ben
compreso le sue parole,
poi si lanciò alla ricerca dell'oggetto con foga - per non
far irritare il capo
più di quanto già non fosse naturalmente
predisposto - trovò quanto richiesto e
glielo porse.
Il ragazzo
gli sorrise cordiale: visto che Matsuda era in grado di vedere
quell'oggetto,
significava che pazzo ancora non era, ma quando allungò la
mano per riprendere
l’oggetto si scostò, come scottato.
Il poveretto
lo osservò confuso, non senza essersi spaventato un
po’ a sua volta, ma Light
scosse la testa.
“Ecco,
credo
che lo dobbiate gettar via”. Disse con tono monocorde,
ripercorrendo, nella
propria mente, il dialogo con Nate.
L’albino
sistemava pezzi su pezzi, man mano che la discussione proseguiva, lui
completava il suo puzzle.
Che toccasse
a lui metter fine a quel quadro?
Storse le
labbra: se il fantasma ci teneva tanto, non lo avrebbe accontentato.
Salutò
e si
chiuse la porta alle spalle, lasciando il moro, perplesso alquanto, a
grattarsi
la nuca mentre fissava la scrivania.
Il ragazzo
mancò di poco colui che avrebbe -
invero
- dovuto metter fine a quel giochetto, ma dobbiamo andare avanti per
vedere
come si sarebbe evoluto quel momento.
Era il
momento in cui il sole mostrava se stesso solo per due quarti, donando
al cielo
rossastro la luminosità che di solito possedeva solo al
primo mattino.
Mentre
tornava a casa, il ragazzo decise d’approfittare di quel
momento di pace e si
rilassò lievemente.
La venuta dei
fantasmi poteva considerarsi inutile, però…
Il ragazzo
sospirò e scosse la testa.
Nuovamente
il lavoro a quell’emerito idiota aveva concesso,
giacché quel suo figlioletto
era riuscito a fargli pena, ma c’era da dire che Matsuda
aveva dimostrato
d’essere una persona capace, se sotto pressione: tanto valeva
approfittare
della situazione; quest’ultima era una rivelazione che lo
aveva stupito, ma da
questo punto si tornava di nuovo a capo e il ragazzo si sentiva come
costretto
a ripensare ai tre spettri.
Possibile
che non fosse in grado, al contrario di come aveva sempre sostenuto, di
prevedere sempre tutto?
Un brivido
gli percorse la colonna vertebrale e fu costretto a stringersi nelle
braccia e
ad accelerare il passo.
Non era
molto tardi, ma il ragazzo teneva a svegliarsi riposato il giorno
seguente,
dunque, quando fece ritorno alla sua abitazione, si recò
nelle sue stanze e si
spogliò degli abituali indumenti, eccezion fatta per calze,
boxer, maglia e
camicia; nessuno lo aveva mai visto in quelle condizioni e l'idea che
almeno
quella parte di sé sarebbe rimasta segreta lo rilassava.
Approfittando
della casa vuota - come sempre d'altronde -
si recò in cucina, si sporse di poco per aprire
l'anta di un ripiano e
prese, non senza un certo fare vittorioso, il suo pacco di patatine
"Più
Gusto".
Giusto
mentre le sue papille gustative stavano per incontrare il salato sapore
di
quell'ambrosia, un rumore violento ed improvviso giunse dalle sue
stanze.
A mostri,
fantasmi, fate e folletti pensò il ragazzino - visti gli
avvenimenti dei giorni
precedenti - ma si riscosse, dandosi dello stupido per avervi pensato
anche
solo per un istante.
Dunque prese
un pesante soprammobile: l'avrebbe usato come arma, in caso qualche
ladro
avesse deciso di venire a concedergli una visita.
Fece
scivolare la mano sul liscio pomello della porta e con uno scatto
repentino la
aprì, pronto a colpire il suo aggressore, ma
restò di stucco quando vide il
bianco della sua camera soffocato dal nero della fuliggine, mentre
un'oscura
presenza tentava di prender aria a pieni polmoni.
Il giovane
Yagami realizzò solo in un secondo momento che la figura
ansimante in un angolo
della stanza era umana e, quando capì di chi si trattasse,
trattenne il suo, di
respiro.
Non per
l'emozione, certo che no! Ma per la rabbia!
Quel
Lawliet!
L'aveva
avvertito, questo è vero, ma nel
biglietto aveva specificato che la sua presenza davanti la soglia della
sua
porta avrebbe mostrato! Non di certo nelle sue stanze! Nossignore!
Dalle mani
fece cader via l'oggetto: non voleva rischiare decisioni prese
così, di getto.
"Cosa.
Ci. Fai. In. Casa. Mia?!" Scandì per bene ogni parola, ogni
sillaba,
sperando che la sua ira non agisse per prima.
Lawliet si
avvicinò al ragazzo, portò un dito alle labbra e
il grosso sacco natalizio
dietro le spalle spostò; soltanto allora, con quel semplice
gesto, Light
realizzò come fosse vestito quell'essere grottesco.
Il cappello
rosso era spostato di lato e il ponpon bianco penzolava alla destra del
suo
viso.
La giacca
dello stesso accostamento di colori era composta, così come
i pantaloni.
L’andatura
dell'uomo
era dai grandi scarponi neri ingombrata, pareva che fosse spinto a
tollerarli
da una forza di volontà ben celata.
"Te lo
avevo detto, Light-Kun, che sarei venuto a farti visita e noto - con
estremo
piacere, credimi - che mi stavi aspettando". Le parole vennero
accompagnate da un lungo sguardo lascivo, che percorse il corpo del
diciassettenne dalle punte dei piedi a quelle dei capelli, apprezzando,
in
particolar modo, quella maglia e quella camicia abbinate a null'altro
se non a
quei boxer e a quelle calze.
Light
fremette e si sentì riscuotere, nessuno osava mai
riservargli simili attenzioni
e non voleva che quell'uomo ne fosse il fautore.
Accennò
verso di lui un passo, quel Babbo Natale improvvisato, marcato da un
portamento
incurvato.
Il ragazzo
lo imitò, facendo l'esatto opposto: indietreggiò,
giusto un pizzico, ma finì
seduto sul suo comodo divano.
Light
elargì
al mobile uno sguardo carico di rimprovero, come se non si fosse dovuto trovare lì
ad ostacolargli il passo e a
rovinare quel suo piano di fuga tanto geniale quanto essenziale.
Lawliet,
invece, deliziato dalla seducente posa del ragazzo, si leccò
le labbra,
venerando con lo sguardo la bella e ambrata pelle.
Fu un attimo,
e il moro lasciò cadere da parte il sacco, si
avvicinò al soggetto che da mesi
la sua mente definiva come bersaglio, costringendo il fanciullo ad un
precario
equilibrio sul bracciolo del sofà.
Quindi,
anche Lawliet sedette tra i morbidi cuscini, posizionandosi tra le
gambe aperte
del minore.
Dalla tasca
della propria giacca estrasse un pacchetto rosso a dir poco delizioso!
Fece
scorrere la scatolina lungo la gamba della propria preda e la
infilò nella sua
calza.
Da quella
distanza così ridotta, Ryuzaki poteva sentire il dolce
respiro affannato del
castano.
"Mi dai
del tu? Cos'è questa confidenza?" Chiese Light, disturbato
dai fianchi che
le sue gambe erano costrette a cingere.
"Direi
che, vista la situazione, un grazie potrebbe anche bastare, o forse
no?"
Il castano
cercò
di replicare, ma la situazione era spiazzante e il corpo del ragazzo
sopra il
suo lo infastidiva, dunque, fece una smorfia contrita.
"E per
cosa esattamente? Per avermi liberato da un fardello indesiderato?"
Ribatté
Light velocemente.
Le labbra
dell’altro si stirarono in un sorriso birichino. "Mmm...
dovresti
specificare il fardello in questione," decretò infine,
accarezzandogli i
fianchi e utilizzando
la scusa per trarlo più vicino a sé.
"Potrei liberarti da mille seccature," sussurrò
a poco meno da
un soffio dalle sue labbra, rubandogli il fiato di un respiro, "potrei
farti urlare segreti fin ora rimasti taciti nei meandri del tuo cuore e
potrei
farti rivivere ancora e ancora questa sensazione".
La mano
pallida del moro risalì nuovamente lungo la gamba del
giovane, poi percorse la
coscia, ma non si fermò, sfiorò
l'inguine e continuò il suo percorso sotto le vesti; fermò la corsa
delle dita, che carezzavano il
corpo tremante di Light, solo quando giunse al petto, dove il battito
cardiaco
accelerato, si udiva tumultuoso.
Rise il
minore e bloccò la mano dell’altro.
“Può
darsi
che sia solo per il regalo,” dunque allontanò
Ryuzaki e, con un sorriso a fior
di labbra, prese il regalo sgargiante e lo scartò.
Restò
di
stucco quando il suo occhio fu attratto dallo scintillio
dell’anello, poi sgranò
gli occhi e osservò le occhiaie marcate del suo rivale, ne constatò il
comportamento tempestoso e
sussultò, riconoscendo in quell'uomo gli avvertimenti dei
tre spettri.
“Dovrei
metterlo all’anulare?” La sua melodiosa voce non
toccò punte stridule o acute,
eppure a Lawliet parve di sentirle e, trattenendo le risate, fece
spallucce.
“Questo
è
quanto la tradizione detta, ma essendo noi una coppia non propriamente
canonica, penso che tu possa metterlo dove più ti
aggrada”.
Lo sguardo
che gli elargì Light fu di fuoco, ma L lo ignorò
e prese la mano sinistra del
giovane tra le sue, “quindi accetti?”
“Solo
se mi
illumini su un preciso punto: da quando io e te formeremmo una
coppia?”
Il moro ci
pensò un po’ su, poi carezzò di
sfuggita le labbra del giovane.
“Oserei
vedere nella conferenza, tenutasi nella domenica di due settimane
orsono,
l’inizio della nostra relazione”.
Light
inarcò
un sopracciglio, decisamente scettico all’idea, “un
bacio rubato non ha
significato”.
“Però,
da
come mi stringevi, a te sembrava importare, o sbaglio?” Gli
sussurrò
all’orecchio il moro, carezzando la giugulare del ragazzo con
il dorso della
mano.
Quel ruvido
tocco sembrava bruciare e marchiare la pelle, donandogli le sensazioni
che Misa
sempre aveva cercato di procurargli, ma che non era mai riuscita anche
solo ad
imitare.
“Ero
fidanzato, ti stavo spintonando via”. Sibilò in un
soffio, mordendo con
decisione la pelle eburnea del moro, lasciando sulla gola un marchio
rossastro.
“Un
problema
fin troppo facile da risolvere”. Rispose l’altro,
trattenendo il respiro, per
poi catturare le labbra del castano e possederle ancora, come da giorni
si era
ritrovato a desiderare.
“Un
ultimo
dono,” sussurrò L sulle sue labbra, mostrando la
tessera di un puzzle che
stringeva tra le mani, “Matsuda non è buono
nemmeno a gettar via della
robaccia”.
Il
più
piccolo sorrise lievemente ed annuì, aprì la
finestra e gettò via quel pezzo.
Aveva
trovato già cosa gli serviva per completare se stesso.
Vennero con
forza bruta tolti i vestiti e il castano assecondò i
movimenti che il corpo dell’altro
gli impose: sussultò ad ogni tocco e carezza, si
inarcò contro di lui, cercando
baci più profondi.
Lawliet fece
accomodare sotto di sé il rivale e continuò a
tormentare l'epidermide delicata
della spalla prima con i denti, leccando poi le ferite che lasciava,
quasi a
scusarsi per il suo irrequieto temperamento.
Light chiuse
gli occhi e affondò una mano tra i capelli spettinati del
maggiore; ne tirò
qualche ciocca, un po' per piacere, un po' per rimproverarlo dei segni
che
osava lasciare.
Fremette
d'aspettativa quando le mani di L iniziarono a massaggiare lentamente
le cosce,
si morse le labbra dal dolore e non si lasciò sfuggir
lamenti, quando sentì
l'uomo violare il suo corpo.
"La
prossima volta n... non ti lascerò carta bianca, s...
sappilo".
Ryuzaki
ghignò e lo zittì con un bacio.
"Quindi ci sarà una prossima volta". Disse
affannato.
Il giovane
alzò gli occhi al cielo, ma annuì, punendo la
sfacciataggine dell’amante con un
morso al labbro inferiore; ma si zittirono, una volta che la ricerca
del
piacere ottenebrò le loro geniali menti.
Entrambi
respirarono
in sincronia, cercando continuamente lo sguardo dell’altro:
ogni carezza era
importante ed ogni bacio vitale.
Sia
L che Light trovarono pace in quei prolungati
e ripetuti contatti che a lungo avevano cercato.
La tessera tornò
al suo posto grazie ad uno shinigami – o spettro? - di nostra
conoscenza, che
fuori dalla finestra ridacchiava, volando verso un luogo che, questa
volta, non
avrebbe accolto i protagonisti della nostra storia.
Fine