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Autore: SakiJune    05/04/2008    3 recensioni
Sei sempre stato una persona prudente. Fino al fanatismo. Ma davanti a due occhi neri che ti scaldano il cuore, e al ritorno di un amico che credevi perduto, le tue difese si allentano, fino a scomparire... non è vero Mad-Eye?
Una storia d'amore e di guerra ambientata subito dopo il sesto libro, tra vecchi e nuovi membri dell'Ordine della Fenice. Piccoli spoiler, relativi all'identità e ai retroscena dei personaggi, e non agli avvenimenti del settimo libro.
CONCLUSA!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alastor Moody, Remus Lupin, Severus Piton, Sorpresa, Voldemort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Da VII libro alternativo
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Questo è l'ultimo capitolo, per fortuna. Questa fic mi ha fatto sudare sette camicie (anzi T-shirt, visto che io di camicie non ne porto) ed è dir poco. Non mi imbarcherò mai più in una storia difficile da scrivere come questa. Grazie alle anime buone che l'hanno seguita finora: alla mia fida lyrapotter, a HarryEly, a Rainsoul e a Nonna Minerva con cui ho potuto fare conoscenza proprio grazie a questo tormento di storia *eeeh! la vita*... oltre a chi l'ha inserita nei preferiti e se n'è rimasto buono buono a leggere (però dai, almeno adesso venite fuori^^).
Perdonate se ci faccio entrare sempre i soliti personaggi. E' che non riesco a fare a meno di parlare di lei, anche se per due righe. Il mio psicologo dice che sotto sotto mi identifico in lei, il che mi rincuora: se sognassi di essere Bellatrix o Moaning Myrtle mi preoccuperei. E poi vi avevo detto che non sarebbe stata una CR, mica che 'Mona non ci sarebbe entrata... *grin* Non soltanto non avrei mai ucciso Slugs in questa fic, ma non ho voluto lasciarlo solo^^
Grazie per aver sopportato questo obbrobrio senza capo né coda, in cui ho dimostrato di essere una vera "regina delle ellissi". Ah... le parole in verde non le pensa soltanto Remus, ma anche la sottoscritta. Con tutto il cuore.

Saki







Dovunque tu sia adesso, spero che riuscirai a perdonarmi.
Ma sai, viviamo davvero in un mondo incredibile. Gli amici diventano nemici, e viceversa. Non possiamo mai fidarci soltanto dei nostri occhi, veri o magici che siano. La verità è quasi sempre il contrario di ciò che riusciamo a percepire. E io non mi sono mai nemmeno sforzato di capirti, Severus.


La verità non coincide con il sogno... Quasi sempre.

Perché quando, pochi mesi dopo, Alastor si trovò di fronte alla sua creatura, realtà e aspettative d'improvviso si incontrarono, per non separarsi mai più. La vita che gli si schiudeva davanti era priva di ombre, si sentiva euforico, avrebbe voluto gridare di gioia, ma allo stesso tempo l'emozione gli impediva di esprimere tutto ciò che provava.
- Non è di cristallo, sai - lo rassicurò Hestia, stanca ma sorridente, notando lo sguardo insicuro del marito.
- Lo so. Ma se le faccio paura?
- Sei suo padre. Non potrebbe mai avere paura di te.

La bimba sembrava ipnotizzata dall'Occhio magico, perfettamente a suo agio tra le sue braccia.

- Allora, questo nome? - insisteva Gwenog, che aveva mollato al Cauldron il cavaliere di turno per vedere subito la nipotina. - Possibile che non vi siate ancora decisi?

- Dovrebbe deciderlo la madrina - brontolò lui.
Gli occhi di Gwenog presero a luccicare.
- Eh, no! Ho capito che hai in mente, tu non sei affidabile! Abbiamo già chiesto a Tonks - continuò Alastor, giusto per mettere in chiaro le cose.

Neanche a farlo apposta, in quel momento si udì un gran fracasso nel corridoio dell'ospedale.
Hestia e Alastor si scambiarono un'occhiata complice.
- Mi sa che è arrivata...

- Allora tolgo il disturbo, se non sono gradita... humpf! - sbottò Gwenog, e si Smaterializzò.

La piccola, infastidita dal rumore di fuori, aveva iniziato a lamentarsi.
Remus e Dora piombarono nella stanza, seguiti da un'infermiera arrabbiatissima che prese a sbraitare qualcosa su un carrello rovesciato e scarpe infangate.

- Ecco, si parlava giusto di te - sorrise Hestia. - Avete fatto pace sì o no?

Remus guardò la compagna con aria di sufficienza. - Diciamo che sto ancora valutando se perdonarla.

Per unirsi alla grande battaglia di Malfoy Manor, Nymphadora era fuggita dalla Tana, seguendo i fratelli Weasley, infischiandosene della promessa che gli aveva fatto. Aveva fatto la sua gran figura combattendo
e ne era uscita sana e salva, ma da allora Remus non perdeva occasione di rinfacciarglielo.

- Sai, ci ho pensato un po', riguardo al nome. Che cosa può nascere da una dea e un demone?

- Che fantasia, Tonks... vediamo - rifletté Remus. - Una fata, o una ninfa... Merlino, vuoi chiamarla come te?

Lei saltò su come se si fosse seduta su una pianta spinosa.

- Ma no, che orrore! Volevo dire il nome di una ninfa. Melissa, per esempio. Vuol dire ape: i colori di Hufflepuff - e così dicendo strizzò l'occhio alla neo-mamma, che approvò.

Alastor si leccò le labbra, come per assaporare il pensiero di quella parola. Guardò sua figlia, i capelli scuri arruffati e le guance rosa come quelle di Hestia. - Melissa Moody... - sussurrò. La piccola smise di piagnucolare, e per un attimo parve ricambiare il suo sguardo. - Ti presento la tua madrina, la più spericolata tra gli Auror del Ministero.

- A proposito, signor Ministro - gli ricordò Tonks. - Arthur preferirebbe che non gli lasciassi tutto sulle spalle. Quando torni, ehm, al lavoro?

"Quando mi sarò saziato di stare con la mia famiglia" fu sul punto di rispondere lui, ma si rese conto che sarebbe stato impossibile.

- Hmmm, facciamo dopodomani?


***

Non appena aveva cessato di essere una stella del Quidditch, gli articoli del Prophet su di lei si erano trasferiti dalle pagine sportive a quelle del gossip. La Skeeter aveva gettato via i labili freni che fino a quel momento le avevano impedito di rivelare ufficialmente la verità, e si era lanciata in un'approfondita ricerca in quel di Glasgow per scovare le "prove". Nulla di più semplice per un segugio della sua risma.
Così un giorno, mentre cominciava a rendersi conto di annoiarsi tremendamente senza un lavoro, Gwenog aveva aperto il giornale per trovarsi tutto quanto sbattuto in faccia.
Forse non sarebbe giusto dire che rimase shockata. Piuttosto, fu come un déjà-vu... oppure l'ultima tessera di un puzzle che finora aveva incosciamente cercato di completare. Era pur vero che, all'inizio del suo terzo anno a Hogwarts, aveva sentito quella strana stretta allo stomaco alla vista del Professor Snape al tavolo degli insegnanti, mentre la sua amica Leannan la informava con noncuranza che si trattava del nuovo Direttore di Slytherin.
- Eh-oh? - era stata la sua reazione. Leannan si era messa a ridere e a fare battutine sul fatto che finora era stata la "cocca" di Slughorn e d'ora in poi tutto sarebbe cambiato...
Ma non era cambiato niente. Adorava studiare Pozioni almeno quanto volare sulla scopa, e quell'anno avrebbe fatto di tutto per entrare in squadra. Soltanto adesso riusciva a capire a che cosa fosse dovuto quel senso di nostalgia.


Uscì dall'ufficio della Preside, e cominciò a cercarlo dappertutto: nel suo ufficio, nel magazzino, in sala insegnanti. Stava ormai perdendo la speranza quando la voce indisponente ma familiare del custode si era levata da dietro le sue spalle:
- Cerca qualcuno?
Gwenog si voltò. - Sì, grazie, signor Filch. Sa dov'è il professor Slughorn?
Argus socchiuse gli occhi e ghignò. - Può darsi.
Sentì qualcosa muoversi ai suoi piedi, ed ebbe un sussulto. Era Mrs. Norris, che faceva le fusa strusciandosi contro di lei.
- E' raro che il mio tesoro provi simpatia per qualcuno - borbottò lui, grattandosi la testa. - Davvero molto raro, signorina.
Lei sorrise.
Non era abituata ad essere gentile, tantomeno con gatti-spia e vecchi Magonò. Ma se voleva cominciare bene il suo lavoro, sarebbe dovuta cambiare. Tanto valeva esercitarsi da subito, giusto?
- Se non mi sbaglio, beh... provi dietro il castello. E' un po' di tempo che gira intorno alle serre, nemmeno ci fosse il miele... o le api.

Quell'allusione le era familiare: sua sorella le aveva detto del nome che Tonks aveva scelto per la bambina. Strano che quel brontolone del Ministro non si fosse opposto.
Helga chiama a sé tutti gli altri, diceva la canzone del Cappello al suo primo anno, e lei era stata così fiera di non essere tra questi altri. Di avanzare a testa alta fino al tavolo di Slytherin, e poi di portare la squadra della sua Casa alla vittoria per quattro volte consecutive. Ma adesso, mentre usciva nel parco e si avviava dove Filch le aveva indicato, ricordò che Caradoc Dearborn era stato un Hufflepuff. Pensare a lui
(al suo viso forte. alla sua gentilezza d'altri tempi)
le faceva ancora venire i brividi.
L'aveva baciato.
Aveva baciato un uomo che...
Scacciò quel pensiero, mordendosi le labbra.
Non ci sarebbe stato nessun altro per molto tempo, si era detta. Avrebbe continuato a uscire con un certo numero di maghi bellocci e noiosissimi, ma il suo cuore non si sarebbe più aperto in quel modo.


- Scusate se interrompo! - esclamò, spalancando la porta della serra numero tre. I due insegnanti, impegnatissimi ad amoreggiare, si ricomposero, l'una aggiustandosi il cappello, l'altro scrollandosi qualche fogliolina dal gilet.

Credeva di riuscire a mantenere la sua solita baldanza, ma quando i loro occhi si incontrarono, perse la voglia di scherzare.
- Gwen... cioè, signorina Jones... che s-sorpresa. Che cosa la porta qui a Hogwarts?
"Oh, che grande faccia tosta. Che faccia da schiaffi, caro il mio paparino"
- Prova a indovinare, vecchio kamikaze - rispose, con le labbra che tremavano. - Dovevo venirlo a sapere da un articolo della Skeeter? E' stato un modo un po' squallido. Perché doveva passare tanto tempo prima che...

Pomona Sprout alzò le sopracciglia e con un sorrisetto uscì dalla serra, non prima di aver aggiustato il cravattino al suo fidanzato e buttato lì un generico "vi lascio soli...".

- Dovevi stare in una famiglia come si deve. E l'hai avuta, giusto? Non ero in grado di... cioè...
Gwenog sospirò.
- Ho sbagliato a chiedertelo. Non potevo aspettarmi altro che delle stupide scuse - lo interruppe lei. - In realtà non m'importa. Voglio dire, abbiamo del tempo da recuperare, non è così?
- Hai lasciato le Harpies. - Horace cambiò discorso, confuso. - Anche questo era sul giornale. Non riesco a capire come mai.
- Sono un po' cresciuta, no? Era ora di smetterla di giocare e trovarmi un lavoro serio.
- E l'hai trovato?
Lei sorrise, ritrovando l'entusiasmo alla prospettiva di stupirlo.
- A quanto pare dovrai sopportarmi per un bel po'. Vengo ora dall'ufficio della McGonagall. Ta-daaan! Hai davanti la tua futura assistente... che non vede l'ora di scoprire tutti i segreti del mestiere, anche quelle cosucce che né tu né Snape avevate nel programma didattico! Dopotutto, facevo parte del Club, prima che andassi in pensione e lasciassi noi affezionati studenti nelle grinfie di quel coso lugubre, dico bene?

Commosso come un bambino, Horace Slughorn accolse tra le braccia la sua Gwenie, la sua ragazzona che inspiegabilmente gli perdonava trent'anni di silenzio e assoluto menefreghismo.

- Vecchio scemo di un dandy... - gli sussurrò all'orecchio lei, che in realtà era ben lontana dall'intenzione di scusarlo del tutto, per ora.
- Che hai detto, piccola impertinente?
- Ho detto "ti voglio bene, papà"*.



Quel coso lugubre era fuggito lontano da tutti loro, dalle celebrazioni per la vittoria, dai riconoscimenti, dalle frasi di circostanza. Non aveva resistito alla necessità di chiarire i suoi intenti, e ora mai più l'avrebbero considerato un vigliacco e un traditore: ma sentiva di non avere più alcun ruolo nel Mondo Magico. Fino all'ultimo era stato costretto a versare sangue.
Basta.
Viveva sotto un altro cielo, in una città dove nessuno conosceva la sua storia.
Una metropoli Babbana, dove passare inosservati è la norma e non esiste la curiosità.

Dove anche un volto rigido, giallastro, con due occhi così neri da inghiottire ogni timido raggio di luce, non suscita la minima impressione.

E chissà che, immerso nell'anonimato, quel viso possa trasformarsi, distendersi, e quel cuore indurito dalla sofferenza lentamente si apra ad una tiepida pace.


Se l'amore per Hestia è riuscito a trasformare Mad-Eye, se l'amore per sua figlia è riuscito a regalare coraggio a Slughorn, se persino io, un licantropo fin troppo razionale e senza uno zellino, mi sono lasciato trascinare da Tonks in questa grande avventura dei sentimenti, perché non dovrebbe succedere a te? Davvero, perché no? Nulla è impossibile, Severus, se ti lasci andare.
Con tutte le mie scuse, e la mia eterna stima,
Remus Lupin




THE END





****************

*Vi assicuro che il gioco di parole non era voluto. Me ne sono accorta più tardi, che traducendo queste tre frasi in inglese, viene fuori un "pun" secondo me delizioso:
- Old foolish dandy...
- What did you say, little bratty girl?
- I said "I love you, Daddy"

****************

   
 
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