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Autore: Miss Yuri    12/10/2013    1 recensioni
Idril Seregorn è una ragazza intraprendente, figlia di uno dei più esperti domadraghi del regno di Lìndal. Come tale, vuole seguire le orme del padre. Il suo drago è bianco, colore insolito e raro e il suo nome è Dyurnith. I due credono di conoscersi a vicenda, ma Dyurnith non ha una razza, non ha un passato prima del loro incontro e non ricorda nemmeno il suo vero nome.
Un avvenimento inaspettato, mescolato ad una serie di stranezze avvenute nel corso degli anni precedenti, porteranno Idril e il suo drago a intraprendere un viaggio nelle terre del loro regno di appartenenza. Perchè Dyurnith è anche qualcun altro e non è solo all’interno del suo corpo...
Il tutto mentre le rivalità tra il regno di Lìndal e quello di Oropher diventano sempre più accese, poiché il secondo dominio cerca disperatamente il suo principe, di cui si sono perse le tracce molti anni prima...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3. Ferite
 
 
Sentiva la magia fluire dalle sue dita come un candido velo azzurro cielo, ogni sua cellula, fibra e lembo di pelle era tesa per impiegare quanta più energia nell’incantesimo curativo che stava compiendo. Le sue mani si muovevano a mezz’aria sopra il corpo diafano e sottile della ragazza.
Le ferite le si stavano risanando, riunendo la pelle lacerata e arrestando il sangue colante color cremisi.
Ma ci sarebbe voluto ancora qualche minuto per far si che l’incantesimo risaldasse anche le ossa del polso e le costole incrinate. Era un miracolo che Idril non fosse rimasta uccisa dalla stretta di quel grosso drago.
Si malediva per non essere intervenuto tempestivamente per aiutarla, ma lo svantaggio dell’unico incantesimo curativo che conosceva era il completo distacco dalla realtà che circondava l’utilizzatore. Ma questo era uno dei più potenti sortilegi di guarigione. Avrebbe dovuto rimediare impegnandosi di più nello studio della magia, d’ora in poi. Se lo ripeteva ogni volta, ma puntualmente finiva per ignorare il proposito fatto. Forse la sua amica aveva ragione, lui non sarebbe mai diventato un mago rispettabile senza la giusta preparazione. Ma come resistere ai festini e alle belle ragazze alla sua età? Sì, il suo animo festaiolo lo svantaggiava e molto.
Riaprì gli occhi, recuperando a poco a poco i contatti col mondo esterno. L’aria calda che percepiva sul collo, indicava che Nàesse era ancora dietro di lui.
« Tutto a posto? L’incantesimo ha fatto effetto? » Gli chiese, osservando con gli occhi verdi e luccicanti la sagoma della ragazza.
« Sì. Fortunatamente, non ci sono state complicazioni di alcune genere. Per ora sta dormendo, ma dovrebbe riprendersi tra qualche minuto o qualche ora. Dipende dalla entità del danno psicologico che ha subìto la sua mente. » Rispose lui, calmo e con la situazione completamente sotto controllo - la gamma di magie che aveva appreso non era molto vasta, ma ciò che aveva imparato lo conosceva alla perfezione - « Notizie di Dyurnith? Sei uscita a cercarlo, vero? »
La draga scosse la testa vigorosa.
« Nessuna traccia di lui. Col poco tempo che ho avuto a disposizione, ho ispezionato i boschi qua intorno. Ma, di sicuro, non è nei paraggi. Quando farà giorno, controllerò anche i territori più distanti. »
Cìrdan annuì, sedendosi sullo sgabello posto vicino alla branda di fortuna su cui era posta Idril. I soccorritori della guardia reale erano intervenuti tempestivamente dopo la fuga di quel grosso drago nero. In breve, erano riusciti a costruire un campo medico di fortuna per offrire un riparo e le cure ai feriti. Ma, per ora, il numero delle vittime era abbastanza alto, senza contare che c’erano ancora i corpi bruciati da tirare fuori da sotto le macerie. Per ora, il numero di morti non era stimabile.
Il castano le sfiorò la mano, intrecciando le dita con quelle sottili della mora. Fu un sollievo sentire che il calore stava ricominciando a invaderle il corpo. Per qualche attimo, aveva temuto di essere arrivato troppo tardi per salvarla.
Si sfilò la sua casacca in pelle nera e gliela posò sopra, coprendola fino a poco sopra lo sterno.
Guardandosi attorno, notò un catino pieno d’acqua con una stoffa a mollo al suo interno. Si alzò, afferrando con entrambe le mani il contenitore e poggiandolo sulla branda, scostando con leggerezza le gambe nivee e morbide dell’amica. Immerse il panno fin sul fondo della tinozza, facendolo riemergere con uno scroscio.
Chinandosi, strofinò delicatamente il collo lungo e rigido della mora, ripulendolo dalle chiazze rosse che lo sporcavano. Risalì sotto al mento, tamponando il rivolo di sangue che gli scendeva da sotto le labbra. Poi passò alle guance pallide, che stavano tornando ad essere del colore roseo che conosceva, e alla fronte. Per ultimi, le pulì i capelli corvini, animati da quelle intense sfumature marittime e incantevoli, lasciandoglieli umidi e facendoglieli ricadere oltre la branda. Purtroppo, non toccavano il terreno come avrebbero dovuto, ma solo alcune ciocche sbrindellate lo sfioravano silenziose e solitarie.
Sospirò. Idril non sarebbe stata contenta del suo taglio di capelli leggermente più corto.
Compì tutta l’operazione sotto lo sguardo vigile e assorto di Nàesse, a cui non sfuggiva la calibratezza dei movimenti del ragazzo, così lenti, dolci. Trattenne a stento un sorrisino beffardo e malizioso. Cìrdan poteva negarlo quanto voleva, se quello non era amore, allora cos’era?
Un gemito fece immobilizzare il ragazzo sul posto, facendo trattenere per qualche istante il fiato a lui e alla draga.
 
 
Strinse debolmente le palpebre, lasciando che le ciglia le solleticassero la parte sottostante l’occhio. Il calore, che la aveva fatta scivolare nell’incoscienza in seguito all’assalto dell’Oroph, era rimasto, ma era un calore diverso, buono e non come quello del sangue che lascia lentamente, come una inesorabile condanna, il proprio corpo martoriato.
La gola le bruciava ancora, ma niente che non poteva tranquillamente sopportare.
Sentiva il suo corpo sempre meno intorpidito, segno che i muscoli si stavano risvegliando e che i sensi stavano lentamente tornando a funzionare.
Emise un gemito, cercando di schiarirsi le corde vocali ma tutto ciò che uscì fu un verso rauco.
Avvertì uno spostamento d’aria vicino a lei, ma le palpebre erano ancora troppo pesanti per sollevarsi.
« Idril? Mi senti? »
La voce le arrivava ovattata, come un eco lontano e rimbombante. Ma la seguì, cercando di aggrapparvisi per svegliarsi da quel sonno.
Strinse i pugni, voltando la testa dall’altro lato. E lentamente, riuscì ad aprire gli occhi.
Mise a fuoco prima il volto sorridente e giovanile di Cìrdan e poi, un po’ più distante da dove era adagiata, il muso sollevato di Nàesse.
« Dove sono?! » Disse, scattando in piedi e mettendosi a sedere. Un tonfo e un rumore d’acqua rovesciata accompagnò il suo gesto, seguiti da una esclamazione infastidita e seccata.
Abbassò lo sguardo, notando una macchia più scura, perfino della tunica nera che indossava il mago. E gocciolante.
« Diamine! Non avevo voglia di bagnarmi! » Si lamentò il castano, facendo ridacchiare le altre due femmine lì presenti.
« Mi dispiace Cìrdan. Scusa. » Gli disse l’amica, con un sorriso.
Il ragazzo scoppiò a ridere, sbattendo via l’acqua superficiale.
« Non fa niente. L’importante è che tu ti sia ripresa. »
Idril annuì con un cenno del capo, appoggiando i piedi a terra e guardandosi attorno.
« Dove mi trovo? » Chiese, spaesata, intuendo che doveva essere una sorta di tenda.
« Non avevamo il tempo di trasportarti fino a casa, così ti abbiamo portato immediatamente qua e Cìrdan ti ha curato tutte le ferite. Ricordi quello che è successo? » Le rispose la Gildar e solo allora la ragazza notò che all’interno della tenda la draga poteva infilarci soltanto il lungo collo.
« Sì. Tutto quanto. » Mormorò l’arciera, stringendo un pugno fino a frasi sbiancare le nocche « Dyurnith… dov’è Dyurnith? »
« Non è qui. Abbiamo provato a cercarlo, ma… » La informò il mago, ma la mora lo bloccò con un gesto della mano.
« Non fa niente. Esco a cercarlo. » Dichiarò, imbracciando l’arco che trovò appoggiato contro la sua branda e si precipitò fuori, nell’aria fresca dell’alba e non più satura di polveri, cenere e fumo nerastro. I primi raggi del sole accarezzavano dolcemente le cime degli alberi a foglia larga lì vicino, i contorni delle case distrutte e di quelle ancora in piedi e le cime delle montagne Olwë.
« No! Idril! Aspetta! »
Ma lei non vi badò e partì a rotta di collo verso la boscaglia. Non le importava se non aveva un mezzo con cui spostarsi, non le importava se il paesaggio era ancora avvolto dall’oscurità, non le importava se la visibilità era scarsa e neanche di tutta la lista di problemi mentali che si fece. Voleva trovare Dyurnith e subito. Farsi spiegare come mai l’altra sera era sparito e perché non fosse intervenuto nella battaglia.
Camminò senza sosta per due ore buone, sotto il sole alto e splendente. Ad accompagnarla il canticchiare assordante degli uccelli, che le dava solamente i nervi, il rumore dei suoi passi mentre camminava sull’erba, scavalcava rocce e saltava sui rami e il rilassante suono dell’acqua lontana di un ruscello - sicuramente, molto più paradisiaco degli uccellini chiassosi.
Se voleva aver salva la pelle, quel drago doveva avere una buona motivazione per il suo mancato aiuto.
La suola dello stivale scivolò a contatto con i sassi umidi del torrente che stava attraversando. Pochi nanosecondi più tardi, Idril si trovava a mollo nell’acqua gelida, grondante d’acqua e un’espressione a metà tra la collera e la sorpresa.
Si strizzò i capelli, sbuffando snervata. “ Già, Dyurnith, sarà meglio per te che trovi una scusa convincente! ”
Spalancò gli occhi, girando piano la testa. Accasciato contro un ammasso di roccia, vi era una macchia di colore bianca non parecchio distante. Dyurnith.
La mora si rialzò immediatamente in piedi, incurante di tutti i disagi dovuti alle ore di cammino e il recente bagno. Solo l’amico occupava i suoi pensieri.
« Dyurnith! Dyurnith! Sveglia! Svegliati! » Gridò, cadendo sulle ginocchia mentre gli sollevava la testa cornuta.
Lui scosse debolmente il capo, mettendola a fuoco senza, in un primo momento, riconoscerla.
« Idril, cosa? Che è successo? Che ci faccio qui? » Balbettò, sbattendo le palpebre perplesso.
La ragazza si portò le mani ai fianchi, sporgendosi lievemente in avanti.
« Questo dovresti spiegarmelo tu, signorino! Dopo che ho camminato per ore sotto il sole non accetto una risposta insoddisfacente! Dov’eri ieri sera, quando avevamo bisogno di te? »
Il drago la guardò senza capire, aggrottando le sopracciglia squamate.
« Ero andato a dormire, esattamente come avevo detto a te e a tuo padre. Non ho fatto altro! » Rispose, facendo aumentare lo scetticismo dell’amica.
« E allora perché non sei…! »
Idril si ammutolì di colpo, sgranando gli occhi color cobalto.
« Idril cosa hai..? »
« Ruota il collo, fammi vedere. »
Dyurnith obbedì senza fiatare, lasciandola fare.
L’arciera lo fece voltare piano, concentrata sul rivolo di sangue secco che aveva visto di sfuggita. Le sue mani trovarono prima degli occhi, avvertendo un piccolo squarcio dove le scaglie erano state rimosse. Scosse piano la testa. No, non poteva essere! Lo fece girare completamente di colpo, strappandogli un gemito di dolore.
« Ahi! Che cosa stai facendo?! »
La mora impallidì, diventando cerea come un lenzuolo. Una ferita. Una ferita nell’incavo tra il collo e la spalla. Causata da una freccia. La sua freccia. La freccia che aveva scagliato contro quell’Oroph la notte prima. L’urlo del drago nero e le sue urla. Le sue urla di dolore, un dolore troppo atroce da essere sopportato. Come quello che adesso la stava logorando da dentro.
“ No! No! Non ci credo! ” Indietreggiò gattonando, tenendosi la testa fra le mani mentre sentiva gli occhi pizzicare. “ Mi rifiuto di crederci! ”
« Idril! Che ti succede?! Idril! » Dyurnith si rialzò, venendole incontro colmo di preoccupazione.
La ragazza si rimise in piedi, correndo via, lontano. Lontano da lui, il viso bagnato da lacrime dolorose e ustionanti, peggiori delle ferite che qualche ora prima la avevano piegata. Perchè quelle erano ferite dell'anima, non del corpo.
 

Nàesse inspirò, godendosi la brezza appena un po’ più fresca che soffiava sopra le colline vicino a Erien. Da quella postazione, si potevano scorgere, oltre ai boschi sotto di loro e le montagne Olwë alle loro spalle, anche la più alta costruzione della capitale: la torre dedicata a Huor Ràne, l’eroe di Lìndal, nonché il più grande domadraghi che sia mai esistito.  L’edificio, completamente costruito in marmo bianco e cristallo purissimo, svettava imponente sulle costruzioni più basse di Huor. Era persino più alta del palazzo imperiale, segno che l’antenato del re era da considerare superiore persino allo stesso sovrano.
Si affiancò a Dyurnith, ammirando anch’essa il paesaggio. Restarono in silenzio per minuti, finché Nàesse si decise a rompere il ghiaccio.
« Perché non c’eri l’altra notte? » Chiese la draga, guardando la foresta sotto di loro, così immensa eppure così piccola se osservata da quella collina.
Lui alzò la testa, socchiudendo gli occhi pensoso.
« Non lo so. » Rispose, visibilmente rammaricato.
La Gildar si accigliò, sforzandosi di capire.
« Perché questa risposta? Avrei accettato un Stavo dormendo., oppure un Ero uscito a fare una passeggiata ed ero troppo lontano!, ma questo… » Si interruppe, quando capì che forse era stata un po’ troppo dura.
Cercò di addolcire lo sguardo, ma sapeva che i suoi occhi potevano risultare freddi e distaccati a causa della loro forma assottigliata e del loro colore, anche quando era di buon umore. Nonostante tutto, lei era solitamente solare e attiva.
« Probabilmente, Idril avrà tentato di chiamarti. Non hai sentito nemmeno quello? » Riprovò la draga, questa volta cercando di risultare disponibile e non rimproverevole.
Dyurnith alzò finalmente lo sguardo, incontrando le sue iridi verdi e lucenti di mille sfumature più chiare.
« Sì, l’ho sentita. Il richiamo era debole, smorzato, flebile, ma l’ho avvertito comunque. Solo che non potevo, non riuscivo, era come se la mia mente fosse lucida ma il corpo vincolato. Allora, ho tentato di reagire, con tutte le mie forze e una determinazione spaventosa. I miei ricordi, però, si interrompono qui, non rammento più nient’altro.
Nàesse lo osservò con attenzione, fissandosi particolarmente sui suoi occhi. Mentre l’amico raccontava, le era parso di scorgere un velo, un’ombra di astio. Osava definirla oscura, non comune nelle occhiate e negli sguardi che il rettile bianco le aveva sempre rivolto sin da quando erano poco più che cuccioli. Il giorno in cui Cìrdan e Idril li avevano fatti conoscere era ancora scolpito perfettamente nella sua mente. Ricordava ogni attimo del momento. Dyurnith le era parso un po’ spaventato nei suoi confronti, lei invece si era dimostrata desiderosa di fare amicizia. Da allora, il loro legame era progredito. Si conoscevano a vicenda e a fondo. E questa anomalia, seppur infinitesimale e breve, era riuscita a scorgerla.
Scosse la testa leggermente. Non se l’era immaginata, ma non sapeva se dirlo o no a Cìrdan. E, soprattutto, a Idril.
« Come sta adesso Idril? Sapete dove è andata? Suo padre sa nulla? » Le chiese, improvvisamente, il drago bianco.
« Cìrdan si è preso la briga di cercarla. A sua detta, deve essersi fermata per forza in qualche locanda. A casa, infatti, non c’è e abbiamo già provveduto ad avvisare Mahtan Seregorn. »
« Ancora non capisco perché ti ostini a chiamarlo in un modo così formale dopo tutti questi anni. » Rise Dyurnith, una risata sottile e divertita.
« Boh, non so. Per rispetto, credo. » Sorrise, scoprendo leggermente le file di denti marmorei. In effetti, nonostante Mahtan continuasse a ripeterle che doveva espressamente dargli del tu, lei non era mai riuscita ad essere così lasciva in sua presenza. Sotto il carattere allegro, nascondeva anche una certa compostezza. « Comunque, Cìrdan ha detto che riuscirà sicuramente a convincerla a parlarti. »
Lui annuì soddisfatto, in parte rincuorato.
« Posso chiederti un’ultima cosa? Quella ferita al collo… neanche riguardo a quella ricordi qualcosa? » Chiese la Gildar, accennando col capo al taglio visibile che non era stato ancora disinfettato.
L’altro scosse la testa, dolente.
« È stato forse per quello che è scappata? » Proseguì la draga, intuendo la risposta ma volendo avere la conferma.
« Sì. Non ne ho compreso il motivo. Mi sembrava scioccata e impaurita. E mi sono preoccupato da morire per questo. » Raccontò il drago, affranto « Perché tutto ciò? »
Nàesse sospirò.
« C’è una cosa che Cìrdan non ti ha detto e che non poteva sapere… » Confessò lei, destando l’attenzione immediata dell’amico « Idril, l’altra notte, ha ferito quel drago nero con una freccia. Io l’ho vista farlo e, mi duole ammetterlo, non sono riuscita ad aiutarla quando dopo l’Oroph l’ha attaccata. »
Dyurnith ascoltò attento. Forse, aveva già compreso tutto.
« E quella freccia, si era conficcata proprio dove tu adesso hai quella ferita. »
 
 
« Idril! Ma che diamine ci fai qui?! »
La ragazza alzò la testa quasi con noncuranza, osservando il ragazzo castano in piedi davanti a lei. Abbassò lo sguardo, tornando a concentrarsi sul bicchiere di birra che stava svuotando. Le bollicine frizzanti risalivano fino al bordo del bicchiere ancora pieno, un rivolo di schiuma appena accentuato troneggiava sulla superficie del liquido ambrato. Bevve, sollevando il contenitore di vetro con un movimento maldestro.
« Mi pare ovvio no?! Ho voglia di distrarmi! » Sbottò, senza nemmeno accorgersi di ciò che aveva detto. Dal modo in cui la guardava Cìrdan, non doveva aver gradito la sua risposta. Se era riuscita a capirlo significava che, sfortunatamente, era ancora troppo lucida e il ricordo del suo incontro con Dyurnith continuava ad insinuarsi, prepotente, nei suoi pensieri.
Fece per portarsi nuovamente il bicchiere alle labbra, ma il mago glielo allontanò, facendoglielo posare sul tavolino della prima locanda in cui aveva deciso di imbucarsi. Doveva ammettere che il posto non era male; luce soffusa, bancone e sedie in legno di castagno e un caminetto rustico per il periodo invernale.
« Ma che dici?! Tu non hai mai bevuto! Nemmeno una goccia d’alcool! » Il ragazzo batté i palmi delle mani contro il legno del tavolo, guardandola con rimprovero.
Idril sentì dentro di sé una nota di nervosismo. Perfetto, cominciava ad avere sbalzi d’umore.
« Le abitudini cambiano, Cìrdan! » Ribatté, vuotando il calice in un sorso. La birra scivolò lenta e frizzantina nella sua gola, amara come le lacrime che la avevano accompagnata nel viaggio di ritorno. Un giramento di testa la accolse dopo pochi secondi, ma non ne aveva abbastanza. La sua mente ragionava ancora perfettamente.
« Ne voglio un altro. » Disse al primo cameriere che le passò vicino, ma più che una richiesta era un ordine.
L’amico roteò gli occhi, comprendendo che non ne avrebbe cavato un ragno dal buco continuando a insistere. Afferrò una sedia vicina e si sedette di fianco alla mora.
« Idril, non è con una sbronza che i problemi si risolvono e questo lo sai meglio di me. » Tentò di farla ragionare, cercando di incontrare i suoi occhi, di una tonalità diversa. Invece che color cobalto, le sue iridi era di un blu spento.
« Vuoi farmi la predica, ora? » Domandò, scocciata. Afferrò la birra che il cameriere le portò, senza ringraziare.
« A quanto sei arrivata? » Indagò Cìrdan, alzando un sopracciglio quando quest’ultima bevve un altro sorso.
« Credo il terzo. » Rispose. Forse, era risultata un po’ malinconica.
« Cosa è successo tra te e Dyurnith? Lui non ci ha saputo spiegare. »  Chiese nuovamente, aggrottando la fronte lungo cui ricadevano disordinatamente varie ciocche dei suoi capelli castani.
« Al collo ha una ferita. Una ferita causata da una freccia. L’altra notte ho colpito quell’Oroph proprio lì, sapendo che così sarei riuscita a causargli qualche danno. Tu non te ne sei accorto perché stavi curando Nàesse. » Spiegò la ragazza, fissando un punto imprecisato del tavolo.
« Idril, potrebbe essere una coincidenza. Non puoi giungere a conclusioni così affrettate. »
« La ferita presentava la stessa forma della punta delle mie frecce. »
Cìrdan boccheggiò per qualche istante, sbattendo le palpebre.
« Aspetta, ma ne sei sicura? »
L’arciera sbottò, punta nel vivo, alzandosi in piedi e poggiando con un tonfo il bicchiere.
« Cìrdan! Lo sai che io stessa fabbrico le mie frecce! Sono perfettamente in grado di riconoscere il tipo di ferita che provocano! »
Il mago si bloccò, sgranando leggermente gli occhi.
La ragazza si risedette, trangugiando un altro dito di birra. Non erano da lei quelle reazioni, ma non poteva farci niente. La sua mente cominciava ad annebbiarsi a causa dell’alcool ed era ciò che voleva.
« E tu hai provato a chiedergli se ne sapeva qualcosa? » Riprese il ragazzo, poggiandole una mano sulla spalla.
« No. »
La mora sospirò. Dyurnith le era parso stranito dalla sua reazione, ignaro riguardo alla faccenda. Lui non le aveva mai mentito prima d’ora. E se, invece, fosse stata tutta una finta? Tanti anni passati insieme, per poi scoprire che tutto era stata solo una menzogna? Sapeva che non avrebbe dovuto dubitare del suo drago, ma la situazione la aveva scossa. Proprio lei, che era stata sempre forte ed inattaccabile, si era sentita scossa e spaventata. Voleva che ci fosse una motivazione logica sul perché Dyurnith riportasse le stesse ferite di quel drago nero. Ma, davvero, non riusciva a trovarla.
« Sei stata troppo impulsiva. Adesso, vieni, usciamo di qui e vai a chiarirti con lui. Troverete una soluzione. Insieme, come gli amici, i compagni che siete sempre stati. »
Idril rifletté, soffermandosi ad osservare il calice ormai quasi vuoto. Questa volta, non lo avvicinò alla bocca.
« E va bene. »
 
 
 
 
Ciao e ben trovati in questo nuovo capitolo! Questa volta, è davvero lungo. v.v
Ammetto di avervi lasciato sulle spine per tropo tempo, ma non sono riuscita ad aggiornare prima. La scuola mi sta portando via un sacco di tempo e l’aggiornamento delle mie storie in corso ne risente. Vi chiedo scusa per questo ritardo colossale. D:
Come vedete, il capitolo fa sorgere molti più dubbi di quanti ne chiarisca. Ovviamente, tutto verrà spiegato più avanti. Se avrete pazienza, le risposta arriveranno.
Ringrazio Thunder_PP_SS_White per aver recensito lo scorso cappy.
E… non ho più nulla da dire. Se non che ho cambiato nickname e questo non c'entra assolutamente nulla. Oggi sono di poche parole.
Commentate in tanti! Mi farebbe piacere ricevere qualche recensione in più. :)
Ci sentiamo con il prossimo aggiornamento.
Bacioni!!!

 
  
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