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Autore: Beatrix Bonnie    13/10/2013    1 recensioni
-Seguito de Il torneo Trecolonie-
Edmund, ormai figlio adottivo del Presidente della Repubblica Magica d'Irlanda, si lascia alle spalle il suo passato, per diventare Edmund McPride, un giovane ambizioso, bello e pieno di talento. Ma presto dovrà fare i conti con la realtà: l'uomo in cui ha riposto la sua fiducia si rivelerà essere un meschino arrivista, mentre il suo passato verrà a bussargli alla porta nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Un misterioso orologio d'oro con le lancette ferme, una setta di folli scienziati, un codice impossibile da decifrare...
Ma quando, tra il clima di terrore e le sconvolgenti rivelazioni sul suo passato, Edmund non riuscirà più a vedere la luce, nel suo orizzonte si staglierà l'unica cosa certa: l'amicizia di Mairead e Laughlin.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 27
Ritorno a casa






Il sole, sorto da forse un'ora, illuminava il profilo del castello con i suoi raggi pallidi simili a lunghi tentacoli. Il cielo era lattiginoso e l'aria mattutina ancora fresca, nonostante la primavera stesse lasciando posto all'estate. Visti da lontano, il lago e l'isola su cui sorgeva il Trinity, avvolti da una leggera nebbia e illuminati dai primi raggi di luce, già stanchi per quanto fosse ancora mattino, sembravano appartenere ancora a quei vividi sogni che si fanno appena prima di svegliarsi.
«Non è un sogno, siamo davvero a casa» sussurrò ammaliato Edmund. Era passata solo una notte, eppure gli pareva di essere stato lontano dal Trinity per un'intera vita. Forse era tutta colpa del fatto che aveva trascorso quell'anno come vivendo la storia di un'altra persona: prima era stato McPride, figlio adottivo del Presidente della Magia, poi era stato un incubo che cammina, nient'altro che l'esperimento creato da McFarren per Voldemort. Ora, invece, si sentiva di nuovo Edmund Burke, si sentiva come il ragazzino orfano che era arrivato al Trinity tanti anni prima, pieno di curiosità e aspettative e che, per nulla previsto, aveva scoperto qualcosa per cui valeva la pena vivere.
«Siamo a casa.» Mairead gli sorrise, stringendo la mano intorno al suo braccio.
Edmund annuì e rispose al sorriso, finalmente sereno.
I ragazzi del FIE salutarono Rohiall, che si buttò nel metrombino di Doolin, direzione Boyle, per ricongiungersi alla sua famiglia. Dopodiché sfruttarono il passaggio segreto per rientrare al castello. L'adrenalina e l'eccitazione per l'avventura notturna stava scemando, per lasciare posto a sonno e stanchezza. Pregustando un adorabile sabato mattina tra le coperte dei loro letti a baldacchino, durante il percorso sotto terra, chiacchieravano di quello che avevano passato quella notte.
«Laughlin, hai proprio intenzione di lanciare una moda» lo prese in giro Lily, accennando alla giacca.
«Che ha che non va?» si lagnò Laughlin.
«È al contrario» gli suggerì Dedalus, che era talmente alto da essere costretto ad avanzare con la testa china per non sbatterla contro il soffitto del tunnel.
Laughlin sbuffò, ripulendosi delle briciole di torta che gli erano rimaste sul bavero. «Non do peso a queste piccolezze, io.»
«Muoviamoci, che non vedo l'ora di buttarmi a letto» tagliò corto Dominique, con un grosso sbadiglio.
Con l'innocenza che solo un gruppo di adolescenti può avere di fronte ad un pericolo di morte appena scampato, i ragazzi attraversarono l'uscita dal passaggio segreto e si ritrovarono sotto il ponte. Nella fresca aria mattutina, risalirono lungo la sponda del lago, sbadigliando e chiacchierando spensierati.
E sarebbero andati avanti ancora a lungo, senonché si ritrovarono la strada del ponte sbarrata da tre figure: il preside Captatio, in mezzo al professor Cumhacht e al professor Saiminiu. Quest'ultimo sembrava quasi in imbarazzo, come se fosse stato lui ad essere scoperto fuori dal dormitorio ad un'ora proibita. Il professor Cumhacht, al contrario, aveva stampato in faccia un sorriso di trionfo: senza dubbio si aspettava che venissero tutti ampiamente puniti.
Il preside Captatio, invece, sorrideva bonario. «Sarei un pessimo preside se dieci dei miei studenti sparissero dal castello senza che io me ne accorga» li accolse, pacato come sempre.
I ragazzi si scambiarono occhiate preoccupate: che genere di punizione si erano meritati? Dopotutto, avevano infranto ben più di qualche regolina nell'uscire dal perimetro del castello di nascosto.
«Siamo nei guai, vero?» domandò infine Dominique.
«Sì, temo di sì» asserì il preside. Cumhacht gongolò soddisfatto, i ragazzi rabbrividirono.
«Quanto nei guai?» Edmund si sentì responsabile più di ogni altro. In fin dei conti, era per lui che gli altri si erano cacciati in quel casino.
«Non abbastanza da essere espulsi, ma a sufficienza da meritarvi una punizione, che durerà fino alla fine della scuola» rispose Captatio, che poteva avere un occhio di riguardo nei confronti di una situazione senz'altro delicata, ma doveva comunque essere giusto e non poteva lasciar passare liscia un'effrazione del genere.
Il sorriso di Cumhacht, se possibile, si allargò ancora di più. «E manderemo una lettera ai vostri genitori» aggiunse con una certa soddisfazione.
Fu allora che Faonteroy, stanco e scoraggiato, fu preso da un attacco isterico. «Non potete, non potete farmi questo!» piagnucolò disperato. «Io sono un O'Brian, l'ultimo della mia famiglia, ho un nome da difendere, una linea dinastica da portare avanti, ho un compito, virtù...»
«Faonteroy, calmati, non è la fine del mondo!» cercò di consolarlo Mairead, l'unica che provasse davvero un po' di pietà di fronte alle lagne del ragazzino.
«Calmarmi?» strillò Faonteroy, gli occhi verdi sgranati. «Come posso calmarmi? La mia carriera è rovinata, i miei giorni da bravo studente finiti... i miei genitori penseranno che io sia uno scavezzacollo!»
«Io non credo» intervenne il professor Saiminiu, con un tono stranamente comprensivo per lui. «Anche tuo padre finì in punizione una volta, sai?»
Faonteroy smise di lamentarsi e fissò incredulo il professore. «Come?»
Saiminiu tornò ad essere lievemente imbarazzato. «Dovresti chiederlo a lui... non ricordo le circostanze precise...» farfugliò, ma dal sogghigno di Captatio, Edmund fu certo che le “circostanze precise” coinvolgessero gli Extraiures o padre Rafael, se non addirittura entrambi.
Comunque, la notizia lasciò Faonteroy parecchio perplesso, ma almeno servì a calmarlo.
Questo diede il tempo a Bearach di fare un'altra domanda spinosa: «E i punti?»
«Punti?» gli fece eco Captatio, senza capire cosa volesse chiedere.
Bearach alzò le spalle, depresso. «Be', immagino che ci toglierà dei punti.»
Il preside sembrò illuminarsi. Tuttavia, per quanto i ragazzi temessero di aver appena sottratto alle rispettive case più punti di quanti ne avessero guadagnati in tutto l'anno, Captatio diede una risposta quanto mai inaspettata: «Bearach, le punizioni servono a correggere gli errori, non a buttarvi in pasto ai vostri compagni di squadra imbizzarriti. Inoltre, qui sono rappresentate tutte e tre le case perciò, sebbene ciò sia una bellissima dimostrazione che l'amicizia supera ogni cosa, se togliessi dei punti a tutte le case, in nulla muterebbe lo scenario attuale della classifica.»
Logico, pensò Edmund. Ma forse anche un po' di parte, perché pareva proprio che Captatio stesse cercando di non aggravare la loro già mal messa situazione.
«Ora, forza tornate nei vostri dormitori a recuperare le ore di sonno.» Nessun consiglio da parte del preside era stato accolto dai suoi studenti con tanto favore. I ragazzi annuirono rinfrancati e si affrettarono a eseguire l'ultimo suggerimento.
Edmund, invece, rallentò il passo, sciogliendosi dagli altri. Captatio capì le sue intenzioni e si fermò sul ponte, come se fosse stato improvvisamente attirato da qualcosa che si muoveva nell'acqua.
Edmund intrecciò le dita nel suo mantello azzurro, prima di trovare il coraggio di parlare. Infine, buttò fuori tutto d'un colpo: «Signore, è colpa mia, non punisca anche loro. Sono usciti dal perimetro del castello per venire a salvare me.»
Captatio si voltò verso di lui con un sorriso sereno. «Questo dovrebbe farti pensare, Edmund.»
«A cosa?»
«Al fatto che nove ragazzi sono andati incontro al pericolo senza nessuna esitazione per salvare te» rispose il preside, con una sincerità disarmante. «Mai sottovalutare la forza dell'amicizia.»
«Grazie, signore» mormorò Edmund a testa bassa. Lo ringraziò mentalmente anche per non aver voluto sapere dove fossero stati quella notte: probabilmente aveva intuito che fosse qualcosa riguardante il suo passato, ma non insistette per conoscere la verità. Un giorno gliela avrebbe detta, si ripromise, perché il professor Captatio era stato il suo mentore per tutti quegli anni. Ma non quella mattina. Quella mattina aveva solo voglia di dormire e di pensare al succulento pranzetto che avrebbe trovato al suo risveglio. Chissà di cosa si sarebbe lamentato Faonteroy quel giorno. O quale stupida battuta avrebbe tirato fuori Dedalus, facendo sicuramente arrabbiare Laughlin. Con quei rincuoranti pensieri si diresse verso il suo dormitorio.

«Posso anche aver affrontato dei maghi mascherati all'interno di una tomba nel deserto ed essere ancora vivo per poterlo raccontare» si stava lamentando Henry, gli occhi fissi sul suo libro di testo. «Ma non posso, davvero, non posso riuscire a passare l'esame di Trasfigurazione.»
«Non essere pessimista ancora prima di iniziare la P.R.O.B.A.T.I.O.» gli consigliò Dedalus, mentre morsicchiava la gomma posta in cima alla sua matita Babbana.
«Non è questione di essere pessimisti» replicò Henry, la faccia nascosta tra le mani. «Sono solo obiettivo.» Fece scorrere l'indice sul programma dei vari esami, che Moira aveva accuratamente scritto per tutti loro su una pergamena. «Storia ok, è solo studio, Pozioni e Erbologia me la cavo, Difesa posso farcela, Incantesimi è già più complicato, per Latino e Irlandese non ho speranze e con Trasfigurazione nemmeno ci provo» riassunse velocemente, con aria sconsolata. «Mi ritroverò due materie da recuperare l'anno prossimo e non riuscirò a dare la D.I.M.I.S.S.I.O.»
«Ti prego, Henry, stai facendo venire l'ansia a me» intervenne Moira che, per quanto non fosse ai livelli disastrosi del suo ragazzo, non era mai stata la prima della classe nemmeno lei. Inoltre era già sufficientemente terrorizzata all'idea di affrontare gli esami, senza che arrivasse Henry con le sue previsioni catastrofiche.
«Ci servirebbe tanto una mano» sospirò Dedalus.
«Ci servirebbe un miracolo» corresse Henry.
«Per i miracoli mi sto attrezzando» intervenne Edmund con un sorriso, scaricando sul tavolo della sala studio una pila di libri. «Ma una mano posso darvela.»
«Ciao, ragazzi» salutò Moira, quando Mairead, Laughlin e Edmund si unirono a loro.
Edmund guardò le facce disperate dei suoi compagni di corso e capì che avevano bisogno del suo aiuto. Era o non era il migliore del loro anno?
«Credo che dovremmo fare un gruppo di studio» propose in tono ragionevole.
«Ce l'abbiamo già» ricordò Dedalus, battendosi la mano sulla spilla del FIE che portava ostinatamente appuntata al petto, nonostante l'ordinanza governativa che aveva sciolto tutte le associazioni studentesche.
«Non come quello.» Edmund srotolò la pergamena con il suo piano di studi. «Uno vero.»
«Dici che dovremmo studiare insieme?» indagò Moira, che a quella notizia sentì rinascere la speranza di passare gli esami.
«Perché no?» Edmund stava sorridendo con fare incoraggiante. «Insieme evitiamo di annoiarci, ci stimoliamo a vicenda e impariamo molto di più in meno tempo.»
«Ti ringrazio della proposta, ma tanto non c'è verso che il venga promosso in Trasfigurazione» borbottò sommessamente Henry. «Ti aiuterò io.» Il tono di Edmund era così sicuro che quasi ci credette anche Henry. «Non ti lascerò nemmeno il tempo di respirare, ti perseguiterò finché non saprai alla perfezione ogni definizione, ti spremerò finché la tua bacchetta non si butterà nel lago per la disperazione.»
Henry accennò un sorriso a mo' di ringraziamento.
«Ci farà bene studiare assieme» concluse Edmund, soddisfatto. In realtà, era certo che per lui quella proposta fosse tutt'altro che vantaggiosa: se l'era sempre cavata piuttosto bene a scuola, perché aveva buona memoria e mente brillante, per cui gli bastava leggere le cose un paio di volte per ricordarsele. Sicuramente studiare con qualcuno come Henry l'avrebbe rallentato, ma era convito che loro avessero bisogno del suo aiuto. Lui li avrebbe stimolati, punzecchiati finché non avessero raggiunto un livello sufficiente per affrontare gli esami in tranquillità.
Era poca cosa, rispetto a quello che loro avevano fatto per lui, ma al momento era l'unica carta con cui potesse ripagarli. Aveva capito che i suoi amici erano la cosa più preziosa che avesse, per cui avrebbe fatto di tutto per non allontanarli mai più da sé.
Edmund si prese l'incarico di stendere un programma di studio per tutti loro, in modo che nulla restasse escluso dal ripasso. Attese in grazia che la vicepreside O'Connel, all'ultima lezione di maggio, consegnasse loro la tabella degli esami, così da potersi organizzare meglio. Prima avrebbero dovuto affrontare, lo stesso giorno, Pozioni e Erbologia, che avevano solo la parte pratica, poi, il giorno successivo, Storia della magia e Latino e Irlandese, che invece avevano solo lo scritto. Infine, avrebbero sostenuto in tre giorni diversi i tre esami che avevano sia la parte teorica (che avrebbero svolto la mattina) sia quella pratica: in ordine, Difesa contro le Arti Oscure, Incantesimi e Trasfigurazione. Una settimana, la terza di giugno, e sarebbe tutto finito.
Giravano voci, sicuramente messe in giro dagli studenti del sesto per terrorizzare quelli del quinto, a proposito degli esaminatori del Ministero che avrebbero accompagnato i loro professori quali giudici esterni. Si diceva che uno dei due esaminatori dovesse obbligatoriamente essere il vice-capo del Dipartimento dell'Istruzione e che quella attuale fosse una strega decrepita, con pochi denti e ancor meno udito. Tale strega aveva il vizio di urlare quando parlava e al contempo di chiedere di ripetere almeno dieci volte qualsiasi cosa. Non contenta, pretendeva dagli studenti magie impossibili perché, avendone esaminati troppi e per troppi anni, si era stufata di vedere sempre le stesse cosette.
«Fandonie» sentenziò Edmund, quando erano ormai giunti alla vigilia degli esami e stavano facendo l'ultimo ripasso di domenica sera. Aveva bisogno che i suoi amici restassero concentrati, per poter dare il meglio di loro, senza dare credito a stupide dicerie di corridoio. «Il novanta percento delle voci sono messe in giro da gente che, non avendo passato gli esami, si vendica su quelli che ancora li devono fare» decretò con sicurezza.
«E sono tanti?» si informò Henry, per precauzione.
«Chi?»
«Quelli che non hanno passato gli esami.»
Laughlin gli diede uno spintone. «Che ci importa? Noi certo non saremo tra quelli!»
La brillante sicurezza di Laughlin li accompagnò nelle ultime ore di ripasso e anche il giorno successivo, quando intravidero gli esaminatori a colazione. Donna O'Marsy, vice capo del Dipartimento dell'Istruzione, era sicuramente la maga più vecchia che avessero mai visto, piccola e avvizzita, con un cappello a punta e un abito grigio da far invidia alle streghe delle favole, ma non sembrava per nulla cattiva.
«Ve l'avevo detto che non c'era da preoccuparsi» ricordò Laughlin, dispensando in giro i suoi sorrisi incoraggianti.
«Anche la nonnina di Hänsel e Gretel è tutta zuccherini e marzapane, poi tenta di mangiarseli» se ne venne fuori Dedalus, lasciando gli amici piuttosto disorientati.
Laughlin gli riservò la solita occhiata a metà tra il compassionevole e il perplesso che gli rivolgeva ogni qual volta lui se ne veniva fuori con robe strane. «Chi?»
«Fiaba Babbana» liquidò la questione Edmund, che ricordava fin troppo bene quanto avesse odiato le favole della buona notte, ai tempi dell'orfanotrofio. «Sta di fatto che Laughlin ha ragione: non dobbiamo scoraggiarci perché abbiamo studiato sodo e ce la faremo.»
E, proprio come aveva promesso Edmund, ce la fecero. Gli esami non si rivelarono poi così impossibili, se non per qualche domanda un po' difficile come quella di Storia della Magia a proposito degli elementi di contatto tra la seconda Lotta dei Folletti e la stesura della Carta Costituzionale irlandese. Nemmeno Edmund seppe rispondere; e questo era il metro per misurare le domande davvero infattibili.
In realtà, l'esame più temuto di tutti fu Trasfigurazione. Trattandosi dell'ultimo giorno, i ragazzi del quinto anno erano stanchi e affaticati, ma non era questo il vero problema: il problema era il professor Cumhacht, che sembrava godere della sua aurea di terrore. Lo scritto della mattina si rivelò complesso, ma per affrontare quello bastava aver studiato con attenzione, cosa che i ragazzi del FIE non si erano risparmiati di fare. La vera difficoltà era riuscire a fare gli incantesimi richiesti dal professore, mentre lui se ne stava lì a squadrarti con tutta la disapprovazione di cui era capace. Perfino il più impavido avrebbe provato un po' di soggezione.
Henry era letteralmente in preda ad un attacco di panico. «Sono morto, sono morto» ripeteva sommessamente, lo sguardo fisso davanti alla porta dell'aula di Trasfigurazione. Visto il suo cognome, sarebbe stato esaminato per primo e sicuramente sarebbe finito tra le grinfie di Cumhacht.
«Cerca di stare tranquillo» gli consigliò premurosa Moira, ma in quel frangente le parole servivano ormai a poco.
Il professor Cumhacht, infatti, spalancò la porta della sua aula e, con un ghigno malefico stampato in faccia, chiamò: «Alabacor Henry.»
Il ragazzo impallidì e prese a tremare, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Edmund si era alzato in piedi. «Signore, vorrei essere esaminato per primo, e da lei in particolare» esclamò di getto, proprio mentre la vice-capo O'Marsy compariva sull'uscio.
Cumhacht digrignò i denti, ma fu costretto ad ingoiare la sua rispostaccia quando la O'Marsy squittì: «Sì, non fa differenza.» Fece un cenno d'incoraggiamento verso Henry. «Venga, signor Alabacor, la interrogo io, mentre il professore fa l'altro ragazzo.»
Henry si sentì sciogliere come un cubetto di ghiaccio buttato nell'acqua bollente. Rivolse un cenno di gratitudine all'amico, poi si avviò incredibilmente leggero verso la sua esaminatrice.
Il professore Cumhacht, al contrario, squadrava Edmund come se volesse sbranarlo. Di certo lo avrebbe massacrato, chiedendogli tutte le trasfigurazioni più difficili che avessero affrontato quell'anno.
Edmund sorrise, stringendo la presa sulla sua bacchetta di abete. Nessun problema.

La mattina dell'ultimo giorno di scuola si rivelò nuvolosa e fredda come un giorno d'autunno. L'aria era gonfia di umidità, i prati scintillavano di rugiada.
I ragazzi del quinto anno si erano alzati presto, perché la vicepreside aveva appeso in bacheca i risultati della P.R.O.B.A.T.I.O. e tutti non aspettavano altro che controllare gli esiti degli esami.
Henry cacciò un urlo quando scoprì di essere stato promosso in tutte le materie, essendo riuscito a strappare una M (che stava per mediocris, la soglia della sufficienza) perfino in Trasfigurazione.
Edmund, dal canto suo, fu piuttosto soddisfatto dei suoi cinque ME (mirandum est, il voto della perfezione, che i professori erano piuttosto restii a dare). Certo, la S in Erbologia se l'era aspettata, perché non era mai stata la sua materia preferita, ma quella di Storia della Magia gli bruciò un po', perché era tutta colpa di quella domanda assurda a cui non era riuscito a rispondere.
Laughlin gli aveva intimato di piantarla di lamentarsi, se non voleva ritrovarsi con ogni possibile orifizio intasato da funghi velenosi. Per carità, non che lui fosse scontento dei suoi voti (erano nella media, con risultati migliori in Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure), ma sentire quel cretino del suo amico che si lagnava era quanto meno irritante.
Dopo colazione, gli studenti si riversarono fuori dal castello, per raggiungere le carrozze che li avrebbero portati alla stazione di Doolin.
«È stato un anno strepitoso!» esclamò Bearach, quando lui e Lily raggiunsero i ragazzi del quinto. «Spero che sia così anche il prossimo!»
«Francamente spero di non rischiare la morte, l'anno prossimo» intervenne Dominique, sopraggiunto anche lui in quel momento.
«Francamente spero di non finire in punizione, l'anno prossimo» commentò invece Faonteroy, aggiustandosi il colletto di pizzo della sua giacca. «Non di nuovo.»
«Quanto sei lagnoso!» lo schernì Mairead, prendendolo per le spalle. Aveva assolutamente intenzione di coinvolgerlo in altre mille pazzie che l'avrebbero condannato a passare il resto della sua vita scolastica in punizione. Se no dove stava il divertimento?
«Ehi, perché non ci facciamo una foto?» propose allora Dedalus, estraendo la sua macchinetta fotografica e sventolandola sotto il naso degli amici.
«È Babbana» gli fece notare Laughlin, con disappunto. Non che, in generale, approvasse qualsiasi cosa avesse a che fare con Dedalus, ma almeno questa volta ne aveva un buon motivo.
Dedalus, al contrario, sorrise allegro. «Lo so! È perché quelle magiche non fanno l'autoscatto! Ma il rullino è magico.» Tutto soddisfatto del suo incrocio Babbano-magico, estrasse dalla tasca dei jeans un cavalletto alto un metro e mezzo, esclamando qualcosa a proposito della borsetta di una certa signora Mary Poppins. Dopodiché fece schierare i suoi amici in fila davanti al castello e si mise gli occhiali da sole (il suo immancabile accessorio Babbano) sulla testa, in modo da essere libero di mettere a fuoco.
«Sorridete!» ordinò loro, mentre correva a mettersi dietro Henry prima che partisse il conto alla rovescia.
Edmund si voltò una frazione di secondo a guardare la scuola alle sue spalle.
La sua casa.
Pochi mesi e ci sarebbe tornato, per l'ultima volta.
Ma i suoi amici, quelli, non li avrebbe mai più persi.
E strinse la mano di Laughlin, poggiata sulla sua spalla, proprio un momento prima che scattasse il flash.







Ebbene, eccoci giunti all'ultimo capitolo di questo quinto racconto! Non succede molto in questo capitolo, lo ammetto, ma avevo un po' di questioni da risolvere, a proposito degli esami. Non mi sono dilungata a descriverli per non annoiarvi e anche perché l'anno prossimo ci sarà la D.I.M.I.S.S.I.O., che vorrei approfondire meglio.
Comunque, siamo giunti alla fine! Seguirà un epilogo (piuttosto corposo, in realtà) e poi ci dedicheremo al prossimo racconto, che è già in fase di progettazione. =)
Nel frattempo, godetevi la foto scattata da Dedalus: QUI i ragazzi del FIE in tutto il loro splendore!
Ci vediamo domenica 27 ottobre per l'epilogo!
A presto
Beatrix

   
 
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