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Autore: Defiance    13/10/2013    1 recensioni
Dopo la divulgazione del video che Jeanine aveva tanto cercato di tenere segreto, Tris, che non è più solo una semplice Divergente, ma anche l’ultima Prior, è costretta a intraprendere una corsa contro il tempo, una corsa per la vita dal cui esito dipenderà il suo destino: vivere o morire?
Avrà un'unica persona al suo fianco, l’ultima al mondo con cui si sarebbe aspettata di poter scappare… Peter.
Riusciranno i due Intrepidi a salvarsi?
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter, Tris
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 2
 
 
 
“Perché lo fai?”
Non so cosa mi abbia spinta a rivolgergli questo quesito.
“Perché tu mi hai salvato” mi risponde, piantando i suoi occhi dentro i miei.
Inarco un sopracciglio.
“Credevo che fossimo pari.. mi hai salvata da Jeanine” gli faccio notare.
Lui sbatte due, tre, quattro volte le palpebre, velocemente, e poi scuote il capo.
“Lascia perdere, Rigida. È ora di andare” mi dice, porgendomi la mano.
Fuori è buio.
Mi alzo, rifiutando il suo aiuto con un’occhiataccia e lui si ritrae facendo un’appena percettibile smorfia.
Non so cos’ha in mente, ma è Peter e anche se dice di volermi aiutare, anche se si comporta in maniera meno odiosa con me, non ho intenzione di fidarmi di lui.
 
Scrutiamo a fondo il paesaggio, per assicurarci di non essere visti; non è un lusso che possiamo permetterci.
Ci spostiamo evitando le strade principali, sfruttando la mia conoscenza dei dintorni, intrufolandoci in vicoli stretti e bui.
Non riesco a vedere bene dove metto i piedi, così, quando inciampo in un masso e sto per cadere, Peter mi afferra per un braccio e mi sostiene.
“Sta attenta!” mi rimprovera col suo usuale tono brusco, alza gli occhi al cielo e infine sposta il suo sguardo dall’altro lato.
Vorrei che fosse un po’ più gentile.
D’accordo, nessuno dei due probabilmente vorrebbe essere qui con l’altro, ma dato che ormai ci siamo dentro, potremmo cercare di rendere le cose più facili, o quantomeno più sopportabili.
A quanto pare, però, lui non la pensa come me.
Raggiungiamo un ex accampamento di Esclusi, e, nel riconoscerlo, trasalgo: è lì che solo poco tempo fa ho avuto quell’inquietante incontro con quell’uomo che mi ha spaventata a morte.
Peter sembra accorgersene perché dischiude le labbra, come se volesse proferire parola, ma io glielo impedisco dicendogli di proseguire dritto e imboccare una strada secondaria: l’ultima cosa che voglio, è fargli credere che io sia mai stata impressionabile o che abbia avuto degli istanti di debolezza.. tutto ciò che sa di me, mi si può ritorcere contro; più affondo gli permetto di conoscermi, più modi per ferirmi avrebbe.
Tutt’a un tratto, mi prende per le spalle e mi sbatte dietro una colonna.
Spalanco gli occhi, sorpresa.
Sento il suo respiro su di me e le sue mani sono strette sulle mie braccia.
“Cos..” provo a dire, ma mi fa segno di tenere la bocca chiusa e, cautamente, mi volta, per farmi vedere un gruppo di Esclusi che pattuglia la zona.
Sicuramente, stanno cercando noi.
Le mani di Peter si posano sui miei fianchi e vengo percorsa un brivido.
La spalla ferita mi fa male, ma non mi lamento, in primo luogo perché rischierei di farci scoprire, e secondo, perché non voglio dargli alcuna soddisfazione.
Gli Esclusi si guardano intorno e per un istante i loro occhi si soffermano verso di noi.
Mi si toglie il respiro; il mio cuore, che batte all’impazzata, mi ostruisce i timpani.
Decido di chiudere gli occhi e respirare a fondo, per calmarmi; decido di fingere che si tratti di una simulazione.
Passano pochi secondi, ma a me sembrano ore, e Peter mi sussurra all’orecchio che se ne sono andati.
Per la prima volta, mi rendo conto di quanto siamo vicini; mi accorgo di percepire il pulsare del suo cuore contro di me e di essere schiacciata tra il muro e il suo corpo.
Il suo respiro affannato mi solletica la nuca scoperta dalla treccia che mi sono fatta prima di rimetterci in viaggio.. mi irrigidisco.
Lui se ne rende conto e mi lascia andare immediatamente, arretrando di qualche passo, poi si sporge oltre la colonna per controllare se la via è libera.
“Forza” mi dice, facendomi cenno con la mano di seguirlo.
 
Imbocchiamo un sentiero che non conosco.. stiamo camminando alla ceca, me ne rendo conto.
Se io, che ho passato la maggior parte della mia vita in questo quartiere, non so dove stiamo andando, figurarsi se può saperlo lui…
È notte fonda, saranno tipo le tre e comincia a fare davvero molto freddo.
Ogni volta che espiro, una nuvoletta bianca fuoriesce dalla mia bocca; mi sfrego le braccia con le mani.
“Vieni” mi dice Peter a un certo punto, conducendomi in una piccola abitazione, probabilmente disabitata da anni.
“Ci fermiamo?” chiedo e lui annuisce.
So che preferirebbe proseguire, ma anche se non lo dico, gli sono grata per quel gesto.
Spalanca la porta con una spallata e per l’ennesima volta mi scopro a domandarmi quanta forza deve possedere.
La casetta è composta da una sola stanza, ed è completamente ricoperta di polvere; c’è un divano, con il tessuto lacero e consumato dal tempo. Un camino mezzo distrutto e nell’aria aleggia odore di abbandono.
“Non possiamo rischiare di accendere un fuoco, però” mi avverte e io gli rispondo che non importa, non si sta così male qui. Almeno, non fa freddo quanto all’esterno.
“Secondo te che ore sono?” gli chiedo mentre poggio lo zaino con le provviste per terra.
“Cos’hai? La fissa per gli orologi?” mi sfotte e io gli faccio una linguaccia.
“Molto matura” commenta lui, sarcastico.
Faccio una smorfia stizzita e gli tiro un pugno sul braccio, né troppo piano, né troppo forte.. di quelli che si danno agli amici quando ci si prende in giro.
Mi irrigidisco. Quello non è un mio amico. Quello è Peter, è tutto il contrario!
Quasi certamente mi prenderà a botte, adesso.
E infatti lo vedo allungare le mani verso di me… ma poi le lascia ricadere lungo i fianchi e china la testa.
Sospira.
“Hai paura di me” afferma, lasciandosi cadere sul divano.
Lo fisso con gli occhi sgranati.
“Non ho paura di te. Se ne avessi avuta, saresti stato nel mio Scenario. Ma non c’eri. Non ci sei. Non ci sarai mai” ribatto.
C’era Tobias, però.
Reprimo il pensiero.
Per un momento, Peter mi guarda come se fosse indeciso se dire o meno qualcosa, ma poi si stende e si gira dall’altro lato.
Siccome non ho intenzione di dormire per terra, mi raggomitolo dall’altra parte del divano, tanto siamo abbastanza distanti da non sfiorarci nemmeno.
Chiudo gli occhi, anche se sono sicura che non riuscirò a dormire.
Nella mia mente, si susseguono una marea di immagini, ripercorro  la giornata a ritroso.
Penso a Christina, a Uriah e a Tobias. Non posso credere che non li rivedrò mai più.
Sento le lacrime graffiarmi le palpebre, desiderose di venir fuori.
Forse è quello che dovrei fare, lasciarle cadere, svuotarmi… non mi rendo conto di stare tremando.
Percepisco Peter muoversi alle mie spalle e quando sento il suo petto aderire alla mia schiena e le sue braccia circondarmi, sobbalzo.
Lui si ritrae di scatto e alza le mani per aria.
“Volevo solo riscaldarti” si scusa.
Sono indecisa se tirargli un pugno o se lasciare che mi stringa a sé.. fa così freddo che potrei anche ammalarmi e non è un contrattempo in cui conviene imbattersi, ora come ora. 
Gli permetto di avvicinarsi e di cingermi nuovamente.
È una situazione così strana..
 
“Non hai paura di me, ma questo non vuol dire che ti fidi, giusto?” mi chiede dopo qualche minuto di silenzio.
Traggo un respiro profondo e cerco di controllare il rancore che minaccia di venir fuori. Rispondo alla domanda con un’altra domanda.
“Tu ti fideresti di qualcuno che ha cercato di ucciderti? Che ti ha pestata a sangue e poi ha tradito la propria fazione per unirsi a Jeanine? Ti fideresti di qualcuno che ha lanciato un coltello in un occhio a un ragazzo mentre dormiva solo perché aveva ottenuto un punteggio più alto di lui? Ti fideresti..”
“Basta.” Mi interrompe, con voce gelida. Sento le sue mani chiudersi e formare dei pugni.
Mi rivedo nel dormitorio degli Intrepidi trasfazione, mentre lui mi toglie di dosso l’asciugamano e mi lascia nuda, davanti a tutti.. poi sullo strapiombo, poco prima che cercasse di buttarmi giù, percependo di nuovo la sua palpata ad uno dei miei seni e le sue battute di scherno riguardo alla mia taglia.
La rabbia mi monta nel petto inarrestabile e scatto.
Mi volto verso di lui e gli prendo la mano, per posarla poi con forza sul mio seno.
Questo te lo ricordi?!” gli urlo contro, con le lacrime agli occhi.
Lui spalanca la bocca e mi fissa sorpreso e.. ferito?!
Mi volto nuovamente dall’altro lato e cerco di non scoppiare a piangere.
Quella è stata una delle più brutte esperienze della mia vita e ora sono tra le braccia di colui che l’ha fatta accadere.
Sento il suo respiro irregolare e sto per tirargli una gomitata nello stomaco, quando lo sento sussurrare, con voce spezzata:
“Tutti fanno degli errori, Tris. E io conosco bene i miei. Non c’è bisogno che tu me li ricordi”
Tris.
È la prima volta che mi chiama così.
Tris, non Rigida.
Mi fa uno strano effetto... mi da i brividi.
Li sento ripercorrere tutta la schiena, fino ad arrivare alla nuca. E non dipende dal freddo, perché il suo corpo emana così tanto calore da eguagliare quello del fuoco che mamma e papà ci concedevano durante l’inverno.. anche se non era molto, in quanto usufruire troppo di qualunque cosa era considerato un atto di egoismo, mi scaldava a sufficienza.
La rabbia va via così com’è arrivata e io mi addormento, sentendomi al sicuro.
Protetta, tra le braccia del mio nemico.
Mi chiedo cosa penserebbe Tobias di me, se mi vedesse adesso.
 
“Tris, Tris, svegliati! Maledizione!”
Apro gli occhi di scatto: Peter mi sta scrollando per le spalle, ha i muscoli del corpo tesi e sul volto riesco a leggergli l’ansia.
“Che succede?” domando con voce roca, rimettendomi subito in piedi.
“Ci hanno trovati” mi informa.
  
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