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Autore: Lacus Clyne    16/10/2013    4 recensioni
"Cominciò con un incubo. Un incubo tornato dalle profondità dell’anima in cui avevo cercato di relegarlo innumerevoli volte, da quando ne ho memoria." Per Aurore Kensington i sogni si trasformano in incubi sin da quando era una bambina. Sempre lo stesso incubo, sempre la voce gentile del fratello Evan a ridestarla. Finchè un giorno l'incubo cambia forma, diventando reale. Aurore è costretta a fare i conti con un mondo improvvisamente sconosciuto in cui la realtà che le sembrava di conoscere si rivela essere una menzogna. Maschere, silenzi, un mistero dopo l'altro, fino al momento in cui il suo adorato fratello Evan e la loro mamma scompaiono nel nulla...
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno!! *__* Nuovo capitolo, alquanto lungo, tanto che dividerò anche questo in parti... ci sarà un bel po' da leggere e tante, taaaaaaaante rivelazioni! <3 E' tempo di ricongiungimenti, che nel bene e nel male, aiuteranno Aurore a vederci più chiaro nella storia della sua famiglia e non soltanto! u_u

Intanto, ringrazio Taiga-chan, Yoru-kun e Giacchan e ragazzi miei, vi adoro tantissimo!! Mi fa piacere leggere le vostre recensioni, amo sapere cosa ne pensate e i vostri commenti! <3 In altre parole, grazie infinite per il vostro sostegno e il vostro affetto!! >____<<3 Grazie anche ai silenziosi e intanto, buona lettura!! *-*

 

 

 

 

 

 

- Si può sapere che ci fai tu nell’Underworld, Violet?

Fu la prima domanda seria che riuscii a fare alla mia migliore amica quando fui nuovamente in grado di pensare decentemente. Eravamo immerse nella piscina termale della residenza, per esplicita volontà di Rose. Le acque, che possedevano proprietà curative (cosa di cui avevo bisogno considerando le diverse escoriazioni che avevo addosso da quando ero finita in acqua a Wiesen), erano riscaldate da un sistema artificiale che passava al di sotto della stessa sala da bagno. Niente a che vedere con quella della dimora campestre di Amber, a confronto molto più delicata. Quella sala era una sorta di sauna immersa in un’opera d’arte di sculture. A farla da padrone erano le sculture che troneggiavano sui bordi della grande vasca, rifornendola continuamente. A pensarci, le statue erano molto simili a quelle che avevo sognato, diverso tempo prima, e raffiguravano delle donne, in questo caso coperte soltanto da un velo che ne celava le intimità, nell’atto di far scorrere quei fiumiciattoli d’acqua, provenienti dalle loro mani. L’ultima volta che avevo fatto un bagno così rilassante, ero con Damien… quando avevo chiesto di lui, tuttavia, Rose mi aveva detto di pazientare. Né lui né Leandrus erano lì. Ma nonostante ciò, eravamo in attesa dell’arrivo di Amber e di Blaez, che certamente li avrebbero portati con loro.

- Prima di tutto, dovresti scusarti per avermi lasciata soltanto con un biglietto.

Mi fece notare la mia amica, imbronciandosi.

- S-Scusami…

Dissi, sinceramente mortificata. Sapevo che avrei dovuto darle delle spiegazioni, ma non immaginavo che sarebbe stato quello il momento, né tantomeno che sarebbe stata la sala da bagno dei Cartwright il luogo in cui sarebbe successo.

Violet mi schizzò dritta in faccia con un getto caldo.

- Ehi!

Protestai, sbattendo le palpebre e parandomi con le mani. Poi si mise a ridere.

- Il giorno in cui andasti via…

Riprese poi, seriamente. Io la guardai.

- … Shemar mi portò il tuo biglietto. In realtà, quando me lo dette, senza nemmeno aprirlo, capii all’istante cosa avessi deciso di fare. E ne fui incredibilmente preoccupata…

“Credetemi, signorina Violet. La signorina Aurore è molto addolorata all’idea di lasciarvi”, mi disse. Non ne avrei dubitato per niente al mondo. Per questo motivo decisi di venire anch’io insieme a voi. Non volevo lasciarti andare con anche questo dolore nel cuore… ma Shemar fu irremovibile, dicendo che ti avrebbe protetta a qualunque costo e che non avrebbe mai permesso a nessuno di farti del male.

- Ha mantenuto la sua promessa…

La rincuorai, stringendole le mani. Almeno fino a che non era stato richiamato ad Adamantio, quasi una settimana prima. Violet addolcì lo sguardo, poi mi strinse le mani a sua volta.

- Quando andò via, rimasi per diverso tempo a riflettere. Seppure non avessi dubbi sul fatto che non mentisse sul proteggerti, l’idea di te che andavi in un luogo del tutto sconosciuto, senza sapere niente se non quello che lo stesso Shemar ci aveva detto, mi spaventava a morte. Se ti fosse successo qualcosa, non ti avrei mai più rivista e questo pensiero mi terrorizzava… e se per caso fosse stato tutto un tragico errore? Se la tua famiglia non si fosse trovata in un mondo totalmente diverso dal nostro, ma fosse stato tutto un inganno ordito da altri ai vostri danni? Quando finalmente mi decisi, corsi subito a casa tua, ma arrivai troppo tardi. Non so descriverti la sensazione che provai in quel momento, se non dicendoti che quando vidi il sangue nel cortile il primo pensiero che mi venne fu che ti era successo qualcosa di terribile e che avrei ritrovato Shemar per fargliela pagare con le mie stesse mani. Per giunta, non riuscivo a contattarti e la cosa non contribuiva affatto a tranquillizzarmi. Così, mi venne in mente di chiamare Warren… ma il suo cellulare squillava a vuoto. La cosa mi sembrò molto strana, dal momento che lo portava sempre con sé, sia a scuola, sia fuori.

Già. Damien portava sempre con sé il tuo telefono, per essere reperibile ogni qualvolta Jamie avesse bisogno di lui. Eppure, nell’Underworld, non ce l’aveva. Quando le guardie di suo padre avevano attaccato lui e Shemar, per prendere Jamie, Damien aveva avuto la peggio e Shemar si era preoccupato di mettere in salvo lui per primo, senza pensare a eventuali mezzi di comunicazione, di cui per altro, ignorava l’esistenza. E quando avevamo lasciato il nostro mondo, non gli era stato possibile tornare a casa e fare rifornimento, motivo per cui, il suo stesso cellulare era rimasto a casa a squillare a vuoto, per chissà quante volte.

- Damien è venuto insieme a me e a Shemar nell’Underworld, dopo che il suo fratellino, Jamie, è stato portato via dalle guardie agli ordini del professor Warren…

Violet annuì.

- Lo so. Mi resi conto che qualcosa era successo il giorno seguente, quando a scuola si diffuse la notizia che il professore avesse rassegnato le dimissioni e fosse partito coi suoi figli.

- Cosa?!

Sobbalzai e quel gesto provocò increspature nell’acqua calda intorno a noi. Quel bastardo aveva detto che era partito coi suoi figli? E come metterla con i segni dello scontro nell’appartamento di Damien e Jamie?

- La motivazione ufficiale fu che il professor Warren dovesse raggiungere la moglie, Grace, che attualmente risiede all’estero. Così, puoi immaginare il clamore che ne seguì, soprattutto dal momento che Warren, il despota, avrebbe concluso gli studi lontano da Darlington.

- Hai detto… Grace?

Domandai, incerta. “Mi chiamo Will e vengo da Dourand. Sono un pittore, al momento in viaggio di nozze. E questa è la mia sposa, Gracie”, aveva detto Damien, presentandoci in quel modo alle guardie della Croix du Lac che mi avevano chiesto il nome. Gracie. Grace. Cosa mi stavi nascondendo, Damien? Portai le mani al cuore, sentendolo battere con più forza. Quel gesto non passò inosservato e Violet mi guardò preoccupata.

- Stai bene, Aurore?

Annuii senza replicare, riprendendo fiato. In realtà, ero più confusa che mai, ma Violet non aveva ancora finito di raccontare quello che era accaduto quando avevamo lasciato il nostro mondo.

- Continua a raccontare, per favore… ci sono state voci anche sul conto della mia famiglia?

Le chiesi, puntando lo sguardo nel suo. Violet era in pena, poi assentì.

- Per qualche giorno, nessuno si era domandato il motivo dell’assenza tua e di Evan… penso che il motivo dipendesse dal clamore suscitato dalla partenza improvvisa di Warren, ma i giorni passavano e presto sorsero le domande anche su di voi. Conoscendo la vostra vita girovaga, alcuni pensarono che vi foste trasferiti nuovamente, ma le malelingue cominciarono a serpeggiare e alcuni insinuarono che la vostra partenza fosse collegata in qualche modo a quella dei Warren. Ci misi un po’ per cercare di sedarle, fino a quando a scuola non arrivarono dei documenti che ufficializzavano il vostro trasferimento.

- Eh?

La guardai interdetta. Chi avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere? Non poteva essere stata mia madre, dal momento che era prigioniera nell’Underworld, né io, certo. Ed Evan… per un solo istante fui sopraffatta dalla vana e illusoria speranza che mio fratello si fosse salvato e che fosse stato lui, ma le parole che seguirono infransero quel pensiero che morì sul nascere.

- Erano firmati a nome di Victor Kensington. Lo conosci?

Victor Kensington… Victor Kensington… ero sicura di non aver mai sentito quel nome in vita mia, ma ciononostante mi sentii girare la testa. La temperatura cominciava a essere fin troppo calda. Respirai quanto più possibile, avvicinandomi al bordo in cerca di sollievo. Violet mi stette accanto, poi mi invitò a uscire dalla vasca.

- Aurore, credi possa essere tuo padre?

- No.

Risposi, quasi istantaneamente. Poi uscimmo, e mi aiutò a indossare l’asciugamano. Quando anche lei l’ebbe indossato, la guardai. Era la Violet di sempre, con gli stessi lunghi capelli castani che ora erano legati all’indietro. La mia Violet, con cui avevo condiviso tutto da quando ero arrivata a Darlington. La mia unica, insostituibile migliore amica. L’unica persona a cui avevo detto tutto di me. Ignorai le lacrime che mi si erano formate negli occhi e sorrisi.

- Violet… m-mio padre… il nome di mio padre è Greal Valdes… ed è morto prima che io nascessi… senza nemmeno sapere di me, probabilmente…

Vidi i suoi grandi occhi sgranarsi, poi portò la mano davanti alla bocca, e dopo mi attirò a sé, abbracciandomi. Mi sentii confortata, tra le braccia di una persona che conoscevo… qualcuno del mio mondo, di cui avevo quasi la sensazione di non appartenerci più. Violet mi accarezzò la guancia, rivolgendomi uno sei suoi sorrisi caldi e rassicuranti, quando finalmente ci guardammo.

- Hai scoperto così tante cose in così poco tempo, Aurore… non dev’essere stato facile…

Scossi la testa. In effetti non lo era stato affatto e non potevo nascondere di esserne ancora sconvolta.

- Ma neanche per te… devo ancora capire come hai fatto ad arrivare qui…

Le risposi, asciugando le ultime lacrime.

- Che ne dici di parlarne alla presenza di Ruben? In realtà… è stato proprio lui a portarmi qui…

Il rossore sulle sue guance si fece più intenso di quanto non fosse fino a quel momento. Mi tornarono in mente le parole dei ragazzi e la guardai incredula.

- N-Non sarai mica tu la fidanzata di Ruben Cartwright?

Un timidissimo sorriso mi fece capire che avevo visto giusto.

Fu così che dopo esserci rivestite (e fui incredibilmente grata a Violet, che aveva portato con sé i suoi abiti, dunque avevo avuto modo di poter indossare anch’io dei vestiti decisamente più confortevoli e familiari), raggiungemmo Ruben e Rose nella veranda. Era davvero molto elegante, con grandi colonne bianche avvolte da rampicanti, diversi vasi traboccanti di fiori e grandi giare di coccio. Al centro della veranda, c’erano un tavolo rotondo in legno di noce e quattro sedie. Rose aveva fatto apparecchiare e quando vidi quella tavola sostanziosamente imbandita, potei finalmente rilassarmi del tutto. Non appena ci videro, i due fratelli ci salutarono. Rose aveva cambiato abito, optando per un vestito con un ampio spacco sulla lunga gamba e uno scialle traforato che le velava le spalle. Aveva ancora i capelli intrecciati, ma al posto degli spilloni, aveva messo dei fermagli dorati. Ruben aveva scelto un abbigliamento meno vistoso, ma ugualmente elegante, con una camicia bianca e un gilet rosso, abbinato ai pantaloni che gli fasciavano le gambe. Al polso portava un bracciale dorato.

- Bentornate.

Disse Rose, con un sorrisetto malizioso.

- Spero che il bagno sia stato di vostro gradimento.

- Sì, molto… grazie, Rose…

Risposi, facendo un piccolo inchino.

- Vale anche per me.

Sorrise Violet, che guardò Ruben. Non appena i loro sguardi si incrociarono, compresi subito che quei due erano cotti a puntino l’uno dell’altra. Non avevo grande esperienza in materia amorosa, ma avevo già visto qualcosa del genere, in Amber e Shemar, ma sebbene non ci fosse quello stesso livello d’intensità nel loro sguardo, avevo davvero l’impressione che tra Violet e Ruben ci fosse una grande attrazione. Guardai intenerita la mia amica. Per tanto tempo, da quando ero arrivata a Darlington, avevamo complottato insieme pensando che avrebbe sposato mio fratello. Eppure, alla fine, non c’era mai stato nulla tra loro. Evan le era affezionato, certo, per quanto si potesse pretendere da lui, che solitamente non mostrava grande interesse verso chi ci stava intorno. Violet però gli piaceva, e spesso ci eravamo ritrovati a scherzare e a conversare tutti e tre insieme, magari sgranocchiando qualcosa davanti a un film o giocando a carte. Mio fratello era sinceramente divertito e qualche volta l’avevo persino ridere insieme a Violet. Probabilmente, tutto questo ci aveva portate a fantasticare, ma tra realtà e fantasia c’era un grosso divario. Quando si trattava di ragazze, Evan diventava un muro insondabile. E vedere Violet sorridere insieme a Ruben, adesso, mi rendeva davvero felice per lei. Meritava qualcuno che la amasse come si conveniva e Ruben era sicuramente una persona capace di farlo. Però, d’altro canto, non potevo nascondere né lo stupore, né la vena di preoccupazione che mi affliggeva. Ruben apparteneva all’alta nobiltà dell’Underworld e per di più era un candidato a diventare il prossimo Despota. Violet sarebbe stata al sicuro tra le sue braccia?

- Aurore?

- Mh?

Incontrai i suoi occhi color lavanda. Era davvero contento.

- Adesso capisco perché mi hai detto che avrei visto da me chi era la tua fidanzata…

- Beh… non volevo rovinarti la sorpresa.

Disse, prendendo la mano di Violet, che arrossì.

- Devo ancora digerirla del tutto… Violet mi ha detto che sei stato tu a portarla nell’Underworld.

Ruben annuì.

- Ma spero ti abbia anche detto che questo adorabile faccino mi ha ingannato.

La redarguì, con un tono affettuoso. Violet lo guardò, imbronciandosi, poi gli rivolse un largo sorriso.

- Tu hai voluto credermi, però.

Mentre Ruben stava per rispondere, Rose ci richiamò all’attenzione con qualche colpetto di tosse studiato ad arte.

- Parliamone mentre mangiamo. Non so voi, ma desidererei poter cenare, quantomeno.

Confessò, prendendo posto. Così facemmo anche noi e i camerieri, rispondendo al pronto ordine della padrona, cominciarono a servire. Spiedini di carne, verdure grigliate, polpette miste, persino dei deliziosi soufflé e piccole quiche, c’era davvero di che leccarsi i baffi. Quando cominciammo a mangiare, pensai che avevo toccato cibo soltanto con Adam. Quando desideravo sapere come stesse… per non parlare di Micheu…

- Il cibo non è di tuo gradimento, Aurore?

Domandò Rose, notando che rigiravo la forchetta nel piatto senza toccare granché.

- Eh? N-No, è squisito… è solo che pensavo… pensavo al Cavaliere Nero e a Micheu…

Rose mi guardò stupita, Violet mi prese la mano e Ruben bevve un sorso di vino rosso.

- Non preoccuparti per loro. Sono più che certo che stanno bene. Le guardie imperiali erano nei paraggi, per cui suppongo che Joel sia già stato soccorso. Per sicurezza, ho mandato Gourias a verificare, e non appena avrà notizie me le comunicherà. Per quanto riguarda il Cavaliere Nero, non ho dubbi che sia riuscito a farcela, in qualche modo.

- Ma il suo avversario era pur sempre Liger!

- Il cavaliere della Croix du Lac?

Chiese Rose, incuriosita.

- Ho sentito voci a riguardo. Mi piacerebbe davvero incontrarlo di persona, sapete? Dicono che provenga da un’antica famiglia di Adamantio e che abbia imparato da solo i rudimenti del combattimento. Certo, mi chiedo come abbia potuto scalare le vette del potere così velocemente… chissà quante camere da letto ha avuto modo di visitare. Deve avere un animo ardente… e detto tra noi, sarei davvero curiosa di saggiarlo.

Ridacchiò, lasciando me e Violet del tutto sconvolte. Ruben mise la mano in faccia.

- Sorella…

- Il vostro fidanzato non ne sarebbe molto felice, credo…

Le fece notare Violet. Rose sollevò il sopracciglio. Effettivamente, per quanto quei due potessero essere strani come coppia, erano assolutamente perfetti. Stesso carattere e stesso modo di fare. In fondo, Blaez voleva diventare il nuovo Despota solo per vedere che faccia avesse la Croix du Lac, e considerando che dire che fosse stupenda era riduttivo, immagino che sarebbe stato felicemente ripagato. Certo, se avesse saputo qual era il triste destino che era spettato ad Arabella, la cui anima generosa era intrappolata, da qualche parte, nel suo stesso corpo, controllato da uno spirito infausto e crudele, sarebbe stato ugualmente attratto da lei? Il fascino del pericolo era indiscutibile, ma ciò che c’era dietro era persino in grado di cambiare le carte in tavola.

- Beh, Blaez e io abbiamo gli stessi gusti, in questo senso. Dunque, dal momento che lui non si fa alcun tipo di problema, non vedo perché dovrei farmene io.

Violet andò per replicare, ma Ruben glielo impedì.

- Lascia perdere, è fiato sprecato. Ad ogni modo, Aurore, il Cavaliere Nero ha già avuto modo di fronteggiare Liger, e come dire… per quei due è una sorta di ritrovo. Dunque, non avere paura per lui, perché sono più che certo che stia bene.

E così Adam e Liger si erano già scontrati prima d’ora? Eppure, non avevo mai saputo nulla a riguardo…

- Piuttosto, non ho ancora capito come vi siete incontrati.

- Mi ha salvata, dopo che sono precipitata dalla torre del palazzo Devereaux.

Rose mi guardò stupita. Violet portò una mano al cuore. Sorrisi a entrambe.

- Come vedete sono viva e vegeta.

Le rassicurai.

- Ma vi racconterò quello che è successo dopo che anche Amber e Damien saranno qui, va bene?

- Avete fatto progressi? Da ciò che mi ha detto Violet, sembra proprio che ci sia un legame particolare tra te e il giovane Warrenheim, sin da quando frequentavate la scuola.

Rose mi strizzò l’occhio, costringendomi ad arrossire all’improvviso.

- M-M-Ma… Violet!!

Esclamai, mentre la mia furba migliore amica mi faceva la linguaccia.

- Sei tremenda!!

- Posso confermare.

Intervenne Ruben, addentando un kiwi maturo.

- Raccontami di come sei arrivata qui, piuttosto!!

Violet si mise a ridere, poi, mentre affondavo i denti in un morbidissimo soufflè, riprese il suo racconto.

- Dopo che a scuola ricevettero i documenti riguardanti il trasferimento della tua famiglia, cominciai a pensare a cosa fare. Decisi di spulciare i libri che il professor Warren aveva donato alla nostra biblioteca, alla ricerca di qualche indizio utile. Ricordavo bene quelli che ci aveva fatto vedere, con le rune, ma non trovai niente del genere, purtroppo. Evidentemente, aveva trovato il modo di farli sparire.

- O forse, senza le pietre, non era possibile riconoscerle…

Osservai, raccogliendo in mano la mia ametista. Ricordavo quando Evan mi aveva tratta in inganno, imputando a una sorta di gioco fatto con l’inchiostro simpatico, ma era evidente che non poteva essere così. Rimpiansi di non essere stata più accorta prima. Forse avrei potuto smascherare le bugie di mio fratello, se avessi avuto il buonsenso di indagare più a fondo e di non lasciarmi condizionare.

- Ad ogni modo, sentii dire da alcuni ragazzi che da qualche tempo, nei pressi dello Stonedoor si vedevano strani individui. Dal momento che la struttura era stata eretta su quello che si diceva essere un tempio secoli fa, pensai che forse si trattava delle guardie che dall’Underworld erano giunte nel nostro mondo…

Annuii.

- Sì, infatti è dai sotterranei dello Stonedoor che abbiamo avuto accesso all’Underworld.

- L’avevo immaginato, in effetti, soprattutto quando cominciarono a diffondersi le voci che quel luogo fosse infestato. Dal momento che gli abitanti di questo mondo sono così pallidi, rispetto a noi, e visto che vivono prevalentemente… per quanto così si possa definire, di notte, il loro andirvieni è stato scambiato per infestazione.

Trattenni una risatina, ma la cosa era piuttosto divertente. Ma del resto, io stessa mi ero stupita di quanto Shemar fosse nottambulo e di come potesse vedere con tanta facilità al buio, ma principalmente, ricordavo che lo stesso Damien mi aveva fatto notare come la Porta di Pietra sembrasse l’ingresso degli inferi e dunque l’ideale per il passaggio degli spiriti. Ma che gli abitanti dell’Underworld fossero stati scambiati per veri e propri fantasmi era davvero incredibile.

- Pensa che lo Stonedoor è stato persino chiuso…

- Povero locale, nemmeno battezzato, già chiuso.

Commentai. Violet assentì. Quando ci rendemmo conto di star parlando di qualcosa di totalmente alieno a Rose e Ruben, Violet tornò a raccontare.

- Comunque, fu proprio lì che mi recai, più o meno un mese dopo la vostra scomparsa, quando il clamore passò. In realtà ci sarei voluta andare molto prima, ma devo ammetterlo, ero piuttosto spaventata…

- Non avevi torto… anch’io lo sarei stata… se non avessi avuto Shemar e Damien con me, da sola, avrei avuto una paura matta… non che non ne avessi, certo, ma sapere che loro erano con me, mi ha aiutato…

Violet sorrise.

- Comunque, fu proprio lì, che incontrai Ruben.

Lo guardò, addolcendo lo sguardo, poi gli chiese di continuare. Il giovane Cartwright rigirò il suo bracciale d’oro, poi continuò il racconto.

- E’ stato poco prima della Renaissance. Ad Adamantio, si diceva che l’ametista fosse stata finalmente trovata e portata nell’Underworld da Shemar Lambert. Tuttavia, in molti erano curiosi di sapere dove fosse finita per tutto questo tempo. Del resto, la sola cosa che si sapeva, era che era scomparsa, circa diciassette anni prima, quando questo mondo fu scaraventato nell’oscurità. Sapevo che né Amber né Shemar avrebbero detto niente in proposito, e per questo motivo, decisi di recarmi di persona nel mondo della luce, alla ricerca della verità.

- Sapevi chi fosse il precedente custode, almeno?

Gli domandai. Rose affilò lo sguardo.

- La famiglia Valdes. Sapevo che la precedente Lady dell’ametista era Annabelle Valdes, e che la pietra le fu donata dal marito, Lord Leutwin, come pegno d’amore. Alla sua morte, sarebbe dovuta andare in eredità ad Ademar, in quanto primogenito, ma per qualche ragione, fu affidata al fratello Greal.

Deglutii, e Violet mi guardò tanto preoccupata quanto stupita.

- Cominciai ad arrovellarmi il cervello alla ricerca di qualche appiglio, e alla fine, chiesi al vecchio Vanbrugh, il solo che conoscesse fino in fondo gli avvenimenti accaduti diciassette anni prima. Noi purtroppo eravamo troppo piccoli per ricordare, e l’essere cresciuti in gabbie dorate ci ha impedito di avere accesso a quelle informazioni per molto tempo. Purtroppo per me, Vanbrugh non mi disse granché. Fece riferimento soltanto al fatto che la storia si era ripetuta, ma quando gli chiesi di più, cominciò a delirare come suo solito, cacciandomi via in malo modo.

La storia si era ripetuta? Angus sapeva essere davvero criptico quando voleva… e forse, proprio questo suo modo di fare gli aveva permesso di rimanere in vita così a lungo. Dunque l’ametista non apparteneva per nascita a Lady Annabelle, mia nonna, ma le era stata donata da Lord Leutwin come pegno d’amore… se la storia si ripeteva, forse Angus voleva intendere che mio padre l’aveva regalata a mia madre per lo stesso motivo? Ma mia madre, nonostante tutto, aveva sposato Ademar… questo significava che la loro storia era clandestina? Mi tolsi il ciondolo e lo guardai. Brillava leggermente. Questo piccolo oggetto era stato testimone di due grandi amori e di una tragedia.

- Aurore?

- Scusami… continua pure il tuo racconto.

Gli dissi, sollevando lo sguardo.

- Beh… con quelle praticamente nulle informazioni, mi recai nel mondo umano. Arrivai di pomeriggio, da solo. I ragazzi avevano insistito, ma non avrei potuto lasciare indifesa la tenuta. Non che ci fosse qualche rischio definito, ma l’allontanamento di un capofamiglia è praticamente straordinario. Così giunsi nel vostro mondo, e se non fui accecato in quell’occasione, beh… diciamo che si è trattato di un’esperienza abbastanza traumatica.

- Così come per me lo è stato ritrovarmi all’improvviso nell’oscurità più completa.

Intervenne Violet.

Ruben sorrise, poi mi guardò.

- Fu allora che la incontrai. Avevo appena salito le scale che portavano in superficie e tutta quella luce mi aveva scombussolato al punto da farmi venire la nausea. Cercavo una zona d’ombra in cui ripararmi, quando sentii la sua voce che mi chiedeva se andasse tutto bene.

- Sembrava praticamente ubriaco per il modo in cui barcollava… non ti dico che spavento mi ha fatto prendere sulle prime…

- Però, nonostante tutto, sei rimasta e mi hai aiutato.

Violet annuì. Guardarli raccontare il loro primo incontro, per quanto strano, e vedere il modo in cui si guardavano, così teneramente e con tanta complicità, era bello, ma allo stesso tempo, per me, era triste. Dentro di me, scandivo il tempo, sperando di vedere al più presto Damien varcare la soglia del palazzo Cartwright.

- Sai, Aurore… avendo vissuto praticamente di notte per tanti anni, rivedere improvvisamente quella luce, così forte, mi aveva sconvolto, ma la cosa che mi sconvolse ancor di più fu il poter vedere in modo così nitido i colori di Violet. Quei lunghi capelli color nocciola, per non parlare dei suoi occhi, di quello stupendo color caramello che mai in vita mia avevo visto… beh, se mi avessero detto che sarei stato totalmente conquistato da quegli occhi, mi sarei recato nel mondo della luce molto prima.

Sorrisi, così come Violet, sulle cui guance comparve un velo di porpora. Era una dichiarazione d’amore così dolce…

- Quando finalmente mi ripresi, Violet mi riconobbe subito come un abitante dell’Underworld.

- E tu mi dicesti “Milady, siete forse una dea venuta a soccorrermi?”.

Ruben sorrise, poi continuò.

- Quando capii che non era così, avevo soltanto due possibilità. La prima era quella di ucciderla, ma uccidere qualcuno incapace di difendersi è sempre stato qualcosa che ho profondamente aberrato. La seconda era quella di catturarla e farmi dire tutto. Ma anche questa opzione non era soddisfacente. Se l’avessi forzata agendo contro la sua volontà, non avrei ottenuto nulla se non farmi dire ciò che volevo sentire, che non era detto corrispondesse a verità.

Un ragionamento da far rivoltare nella tomba persino Machiavelli, secondo cui il fine giustificava i mezzi… ma d’altro canto, da un tipo come Ruben Cartwright, c’era da aspettarselo. Dopotutto, aveva acconsentito e provveduto personalmente a salvare un uomo a cui poco prima aveva tranciato di netto un avambraccio, sebbene le circostanze del duello l’avessero portato a una tale azione senza possibilità di evitarlo. Guardai Violet, cominciando a realizzare il motivo per cui Ruben le piaceva. Non era soltanto per la bellezza di quel ragazzo, ma era anche perché era una persona incredibilmente ponderata, oltre che divertente, a suo modo.

- Tuttavia, Violet mi battè sul tempo, chiedendomi di poterla accompagnare nell’Underworld.

- Eh? Violet? Tu hai… hai davvero fatto una cosa del genere? Senza pensare alla tua famiglia?! Lasciando persino il tuo Tutankhamon?!

- Tuta-- che?

Mi fece eco Rose, perplessa.

- Il mio cagnolino.

Le rispose Violet, poi mi guardò.

- In effetti sono stata piuttosto incauta, in quel momento… ma avevo visto il ciondolo che Ruben portava al collo, la stella cremisi, e avevo pensato che potesse aiutarmi…

- Ma senza conoscerlo nemmeno… se fosse stato un nemico?!

- Tu ti sei fidata di Shemar senza sapere nulla di lui…

- S-Sì, ma se ricordi, avevo intenzione di chiamare il 911, prima di venire a conoscenza di tutto! C’eri anche tu!

- Certo, ma diversamente da te, conoscevo qualcosa sull’Underworld, dal momento che Shemar ci aveva raccontato dell’oligarchia e del motivo per cui si trovasse nel nostro mondo.

- Però…

- Ad ogni modo… Ruben rifiutò la mia proposta.

Tirai un momentaneo sospiro di sollievo, ma considerando che Violet non era a casa, ma era di fronte a me, a raccontarmi com’era arrivata in quel mondo, il rifiuto doveva essere stato momentaneo.

- Ora che ci penso… hai detto che sei stato ingannato, vero?

Chiesi a Ruben, che assentì.

- Ebbene, mentre stavo per andare via, Violet mi ha detto che apparteneva alla famiglia che possedeva l’ametista.

La guardai in tralice. Violet era ufficialmente impazzita.

- Come ti è saltato in mente?!

La mia amica mi fece la linguaccia.

- Era il solo modo per convincerlo.

Misi la mano in faccia. Se io ero stata imprudente, Violet era suicida.

- Tuttavia, penso che tu non te la sia affatto bevuta, vero, Ruben?

- In realtà… sapevo che l’ametista era in mano di Amber, ma dal momento che la cosa che mi interessava maggiormente era scoprire che fine avesse fatto nel tempo in cui non era stata nell’Underworld… beh, ho colto l’occasione.

- E così questi due si sono messi in combutta e cosa tira cosa, è sbocciato l’amore, al punto che il mio sentimentale fratellino ha acconsentito a portarla nell’Underworld.

Intervenne Rose, agitando la mano per aria, con fare scocciato.

- La stavate tirando troppo per le lunghe.

Si giustificò, quando suo fratello protestò per aver interrotto il racconto. Mi venne da ridere e guardai Violet.

- In altre parole, adesso sei qui, da quanto?

- Ho perso la cognizione del tempo, a dire il vero…

- Considerando che Ruben è partito prima della Renaissance

In quel momento mi sovvennero proprio le parole di Rose alla festa. Aveva detto che suo fratello era impegnato in affari privati a Camryn. E da allora, era passato poco più che una settimana.

- Così poco tempo…

Commentai sovrappensiero.

- Eppure, in questa notte eterna, sembra che il tempo non passi mai…

Osservò Violet. Io annuii.

- Ma alla fine, cosa hai detto alla tua famiglia?

Un sorriso spuntò sul viso della mia amica.

- La scuola è impegnata nei preparativi per il festival di primavera, e per di più, la gita prevista per maggio è stata anticipata. Mia madre pensa che sia in gita con gli altri. Non che tecnicamente le abbia mentito, dal momento che sono con te, per cui…

Sospirai disperata. Violet sarebbe stata capace di dar filo da torcere persino a mia madre, che già di per sé era capace di farci schiodare da un luogo con appena pochi giorni di preavviso.

- Devi tornare a casa, Violet! Se ti accadesse qualcosa…

- Non lo farò, mi dispiace. Torneremo insieme, tu, io, Warren, il suo fratellino, tua madre ed Evan e…

Guardò Ruben, che distolse lo sguardo per qualche istante, poi tornò a guardare me.

- Insomma… non ti lascerò affrontare tutto da sola!

- Violet…

Tornare a casa, tutti insieme. Chissà perché, ma da quando avevo varcato la soglia dell’Underworld, questo pensiero era l’unico che consideravo irrealizzabile. Anche se ce l’avessimo fatta, alla fine, mio fratello era morto…

- Evan è… lui non c’è più, Violet…

Mormorai. Il silenzio che ne seguì mi attanagliò il cuore, ricordandomi che a tutto c’era rimedio, tranne che alla morte. Evan non era nemmeno entrato nell’Underworld… Violet si alzò e venne ad abbracciarmi. Lei era fatta così, non le importava di dove si trovava o con chi avesse a che fare. Se voleva fare qualcosa, lo faceva e basta. E i suoi abbracci erano così protettivi e gentili, che non c’era nemmeno bisogno di parlare. Ricambiai la stretta, quando la governante dei Cartwright, Alanora, ci raggiunse. Rispetto a Sybille, che era l’abbondanza fatta persona, Alanora era molto più magra e alta, nonché più giovane.

- Sono arrivati?

Domandò Rose. Alanora assentì, annunciandoci l’arrivo di Amber.

Mi ritrovai improvvisamente a percepire un tuffo al cuore. Guardai Violet, che mi sorrise, poi sciogliemmo l’abbraccio e ci alzammo per accoglierli. Tuttavia, la mia amica mi fermò prima che potessimo muoverci, mentre sia Ruben che Rose andavano avanti assieme alla loro governante.

- Che succede, Violet?

- Stai bene, Aurore?

Mi domandò, preoccupata. Annuii perplessa a quella strana domanda. Stavo bene, per quanto si potesse dire star bene dopo aver scoperto così tante novità in così poco tempo.

- Sì, fisicamente non c’è dubbio, a parte qualche livido qua e là, ma… quando Alanora ha annunciato l’arrivo di Warren e degli altri, hai fatto una faccia strana.

- Una faccia strana? In che senso?

Violet mi tese le mani, poi mi afferrò le guance e me le tirò affettuosamente.

- Eh?

Mi rivolse un dolce sorriso.

- Una faccia del tipo “Ho una paura matta di rivederlo”!

Arrossii fino alla punta dei capelli, protestando.

- N-Nieffe affaffo!!

 Violet inarcò il sopracciglio.

- Invece sì! Dì la verità, cosa mi sono persa tra te e Warren in tutto questo tempo?

Scossi la testa, liberandomi dalla sua presa. Sentivo il cuore in gola e la mia salivazione era scesa sotto i livelli di guardia per l’imbarazzo. Era persino più facile parlarne con la Croix du Lac che con lei. E non perché non mi fidassi o chissà che cosa, ma proprio perché si trattava di Violet, che aveva la capacità di sparare la verità in faccia a chi aveva di fronte con la stessa grazia di un elefante in tutù al Bolshoi, e per questo, mi metteva di fronte a quello che io stessa avevo difficoltà a realizzare.

- Niente!

Mi affrettai a risponderle, per poi sostenere il suo sguardo indagatore. Mi faceva pensare a mia madre e al modo serafico di estorcere inesorabilmente quello che voleva.

- Non guardami così! E va bene…

Mormorai, imbronciandomi.

- Ti ha baciata?

Avvampai e scossi la testa un migliaio di volte.

- N-Non proprio…

Balbettai, portando le dita alle labbra. Quella sera, alla festa a palazzo Devereaux…

- Ci è andato vicino?

- Vuoi smetterla con queste domande da terzo grado? Stai diventando imbarazzante, Violet!

Lei ridacchiò.

- Scusa, è solo che… insomma, l’ultima volta che te l’ho chiesto mi hai risposto che se ci avesse provato avrebbe avuto il segno delle cinque dita stampato sulla guancia.

Me lo ricordai. Avevamo finito il sit-in di studio e Damien era andato via, mentre Evan mi aspettava nel cortile di casa Hammond. E alla fine, quello schiaffo se l’era beccato ugualmente, ma per aver detto che secondo lui, Evan e io non eravamo neppure davvero fratelli. Portai la mano sul cuore, cercando di calmarmi. Quanti sentimenti si erano agitati in quel cuore da quando ero giunta nel mondo senza luce. Quanto mi sconvolgeva adesso, ritrovarmi a pensare a Damien Warren con la consapevolezza di provare qualcosa per lui. Era bastato che qualcuno me lo facesse notare… no, non era così. Violet si ostinava a farmi capire cosa provassi già da prima che accadesse tutto questo. Forse, allora non riuscivo a vedere oltre. Damien era il despota della scuola, colui che aveva fatto arrabbiare il mio perennemente stoico fratello. E invece, sotto quella facciata di potere e pericolo, c’era un animo in grado di mandare al diavolo tutte le proprie convinzioni per amore del suo fratellino. Sorrisi, nel pensare a quanto sarebbe stato bello vederlo felice insieme a Jamie e a quanto desiderassi aiutarlo a realizzare il suo sogno.

- La verità, Violet… la verità è che lui mi spiazza. Con Damien è un po’ come essere sballottati da un uragano. Ha un sacco di problemi da risolvere, come me, del resto. Ora come ora, ci sono delle priorità e perciò…

- Aurore.

- S-Sì?

- Guardami.

Alzai lo sguardo, incontrando il suo. Ametista e caramello.

- Lui ti piace?

Sorrisi in maniera così timida che non l’avrei mai creduto possibile. Se lo ammettevo, voleva dire che era vero? Mi ritrovai in difficoltà, ma prima ancora di rendermene davvero conto, annuii. Sì, Damien mi piaceva.

- E tu gli piaci?

- N-Non lo so…

Ecco un altro problema di Damien. Non mi aveva mai detto niente che me lo facesse capire. Era più il tipo di persona che agiva, al posto di perdersi in parole. Certo, non che questo fosse un male, ma non riuscivo a capirlo. Non sempre, almeno.

- Lascia che ti dica una cosa. Prima che ti trasferissi a Darlington, Warren era considerato un dongiovanni.

Impallidii di colpo, sgranando gli occhi. Un dongiovanni… Damien? Sì che era piuttosto bravo a flirtare, ma addirittura al punto da essere un dongiovanni… scossi la testa.

- Non ci credo… insomma, lui ha sempre avuto occhi solo per il suo fratellino… dubito fortemente che abbia potuto anche solo concedersi il lusso di pensare a delle ragazze. Insomma, se penso a Evan che…

Violet sospirò.

- Aurore.

- Che c’è?

- Warren non è un sostituto di Evan.

- C-Cosa? Io non ho mai detto che lo è!

Protestai, punta.

- Ma lo lasci intendere. Non fai altro che paragonarli… loro sono molto diversi, credimi.

- Lo so, Violet. Evan è sempre stato musone… mentre Damien… beh, anche lui spesso non è il massimo della loquacità…

- Lo stai facendo di nuovo.

Mi azzittii, risentita. In fondo, Violet non aveva tutti i torti. Mi ritrovai a prendere in considerazione l’ipotesi che Damien pensasse la stessa cosa. Eppure, era stato lui stesso a offrirsi di “fare una faccia alla Evan” quando mi ero risvegliata, spaventata dopo esser svenuta nel palazzo di Blaez, per calmarmi. Però… possibile che tendessi a paragonarli? Sapevo fin troppo bene che quei due erano diversi, ma per qualche ragione, ogni tanto, mi sembrava di rivedere mio fratello in Damien. E questo, non contribuiva affatto a sbrogliare la matassa che mi si agitava dentro. Guardai Violet con gli occhi della morte.

- Vuol dire… che inconsciamente mi piace Evan?

Violet mise la mano in faccia.

- No. Vuol dire che hai le idee confuse e devi imparare a scindere l’amore fraterno… dall’amore vero e proprio.

- I-Io non amo Damien!!

Sollevò il sopracciglio. Io arrossii di nuovo.

- B-Beh…

- Ti batte forte il cuore quando lo pensi?

Posai la mano sul martello pneumatico che avevo in petto e annuii.

- Ti senti in subbuglio quando siete insieme?

Di recente mi era capitato. Annuii.

- Vorresti baciarlo se ne avessi l’occasione?

Ripensai ai suoi occhi verdi nascosti dalla mascherina e alle sue labbra così calde e morbide. Mi umettai le mie, sentendole calde e vi posai sopra la mano libera, tremante d’emozione, guardando Violet stupita.

- I-Io…

- Sì o no?

Incalzò.

Annuii.

- Amica mia, se anche non sei innamorata, è evidente che ti sei presa una bella cotta. Ed era anche ora…

- Violet!!

- Che c’è?

- L-Lui è a pochi passi da m--   da noi… c-cosa devo fare adesso?

Se avevo qualche certezza, tutto quel discorso contorto aveva fatto sì che crollasse. Ero terrorizzata all’idea di rivederlo, nonostante lo desiderassi.

- Stai parlando sul serio?

Annuii meccanicamente.

- Oh mamma mia… ho creato un mostro.

Mi prese per mano.

- Come si suol dire, via il dente, via il dolore!

Senza mezzi termini, Violet mi trascinò dritta sotto al porticato esterno della residenza Cartwright, dove Ruben e Rose erano impegnati a parlare con i loro ospiti. Avevo gli occhi chiusi, sperando di non incrociare subito lo sguardo di Damien, ma quando sentii qualcuno pronunciare il mio nome, li riaprii.

- Ah numi, Aurore!

Amber, i biondi capelli intrecciati dietro la nuca, un mantello bordeaux che le copriva il completo da viaggio, lasciò momentaneamente i suoi interlocutori e corse a prendermi le mani.

- Amber…

Era passato così poco tempo, eppure mi sembrava di non vederci da una vita. Era davvero preoccupata e mi guardava con aria profondamente colpevole.

- Non avrei dovuto acconsentire a mandarvi con Leandrus… se ci fosse stato Shemar, forse… mi dispiace tanto, Aurore…

Le sorrisi, sperando di rassicurarla.

- Va bene così. Ho scoperto così tante cose durante questa settimana… e poi, la Croix du Lac sapeva già di me da molto, per cui, era soltanto questione di tempo…

- L’hai incontrata di nuovo?

Mi chiese.

- L’ho vista, in un’altra visione…

- Sembra che il vostro legame si rafforzi ogni giorno che passa.

Intervenne Blaez, raggiungendoci. Indossava una lunga giacca bianca con dei gigli intarsiati color oro, che si intonavano bene coi suoi capelli biondi.

- Blaez…

- Mi dispiace molto per quel che vi è accaduto, Aurore.

Annuii.

- Non preoccuparti… stiamo bene, come vedi. Ma…

Lo oltrepassai con lo sguardo, cercando Damien e Leandrus.

- Dove sono Damien e Leandrus?

Domandai, non vedendoli.

- Aurore, c’è qualcosa che dovresti sapere.

Mi disse Amber. La guardai sospettosa, e quando il sospetto diventò timore lasciai le sue mani, ritrovandomi a tremare.

- D-Dov’è Damien?

Domandai di nuovo.

- Lui…

- Leandrus lo sta ancora cercando.

Rispose Blaez.

- Che significa?!

Alzai la voce, più di quanto avessi dovuto, tanto che sia Ruben che Rose si avvicinarono a noi.

- Quello che ho detto. Non c’è più traccia di Damien Warrenheim da-- 

- Warrenheim… che strano sentirlo chiamare così.

Commentò Violet. La guardai sconvolta, poi mi rivolsi a Blaez.

- Noi eravamo insieme, al palazzo Devereaux. Lui era ferito…

- Questo non depone a favore, purtroppo. Non con Liger nei paraggi.

Il ricordo della spada insanguinata del comandante Liger mi colpì forte al cuore e indietreggiai.

- No… no, non può essere… non Damien… non lui! E’ una bugia, vero? Damien?! Damien, se vuoi farmela pagare va bene, ma adesso smettila di fare lo stupido ed esci! Vieni fuori, avanti!

Gridai, ma fu solo il vento a rispondere.

- Aurore, mi disp-- 

- Non dirlo nemmeno, Amber!

Mi ritrovai a rispondere, con la testa che man mano si riempiva di pensieri su quello che potesse essere accaduto. Intorno a me, i ragazzi parlavano di rapimento, di uccisione, persino di fuga, nella migliore delle ipotesi. Ma la sola cosa che contava era che Damien non era lì. Caddi in ginocchio, e Ruben mi sostenne, ma la sua voce era così lontana, all’improvviso. E di colpo, fu tutto di nuovo buio. Nel silenzio e nell’oscurità, riuscivo a sentire soltanto i passi. Uno, due, uno, due. Ero io che stavo camminando nel buio?

- Croix du Lac! Rispondimi!

Urlai e la mia voce distorta dall’eco risuonò estranea nelle mie stesse orecchie.

- Sei di nuovo tu, non è così?! Cos’è successo a Damien?!

Purtroppo, stavolta non ottenni alcuna risposta. Quella strega maledetta si divertiva a comparire a suo piacimento, come potevo sperare che rispondesse al mio appello? Mi ritrovai a camminare nel vuoto più assoluto e poi a correre, mentre il dolore e il terrore attanagliavano quello che rimaneva della mia anima. Perché le persone che mi stavano intorno finivano col fare una brutta fine? Era sempre parte della maledizione che aleggiava sulla mia famiglia? Perché proprio Damien, tra tutti? Non riuscivo a trovare le parole per descrivere quella sensazione di angoscia che mi cresceva dentro a ogni passo che facevo. Sarebbe stato più facile lasciarmi andare all’ottenebramento, ma continuavo a correre, sperando in qualche segno, qualcosa che mi facesse capire che Damien era ancora lì, vicino a me, da qualche parte.

- Damien!!

Urlai, e d’improvviso fui colta da una luce accecante e potente, che diradò le tenebre fitte, per poi ritirarsi davanti alle fontane che avevo visto nel mio sogno, la stessa notte che mia madre e mio fratello erano scomparsi. Era tutto così pacifico e serafico. L’acqua scorreva placida dalle giare delle cinque statue di donna, riversata nell’ampio laghetto di diamanti. Mi avvicinai lentamente. Ero scalza, e indossavo un abito bianco con dei larghi spacchi. Al collo, la mia fedele ametista brillava fioca. Quando giunsi sul bordo, mi sedetti e carezzai l’acqua fresca, che si increspò al tocco. Sporsi il viso fino a che non lo vidi riflesso nell’acqua. Ero così stanca e avevo gli occhi cerchiati. Se solo avessi potuto avere un po’ di pace…

- Aurore?

Mi voltai appena, riconoscendo la voce che mi aveva chiamata. Era Amber e assieme a lei, c’era Rose.

- Immagino di non dovermi stupire della vostra presenza qui…

- Se vuoi farlo, fallo pure, ma no.

Rispose Rose. Entrambe indossavano degli abiti semplicissimi, identici al mio, e al collo portavano le pietre. Amber si sedette accanto a me.

- E’ un posto così tranquillo… sarebbe bello stare qui per sempre.

Distolsi lo sguardo, mentre lo dicevo.

- Damien non è morto.

Mi disse.

- Non puoi saperlo.

Risposi.

- Nemmeno tu puoi.

- Tuttavia, rimanere qui non ti aiuterà a trovare la risposta che cerchi.

Disse Rose, raggiungendoci.

- Però… qui non c’è niente…

- Appunto. Non c’è niente. Se Leandrus troverà il tuo Damien, da che parte starai?

Il mio Damien… mio, mio, mio, mio. Mi morsi le labbra, sentendo un dolore fortissimo al petto. Volevo rispondere, ma le parole mi morivano in gola e non ce la facevo. Amber mi rivolse uno sguardo rassicurante e mi prese la mano.

- Quando Shemar ha preso parte alla sua prima missione, ed era la prima volta in assoluto che noi due ci separavamo, per parecchie settimane non ho ricevuto sue notizie. Ero terrorizzata al pensiero che potesse accadergli qualcosa. Gli addestramenti delle guardie imperiali sono rinomati per la durezza e la crudeltà e durante le prime missioni, non mancavano i colpi bassi per mettere alla prova le future guardie. Non è raro che alcune di loro possano perdere la vita e Shemar, in virtù della sua storia familiare, era il bersaglio perfetto. Per tutto quel tempo fui attanagliata da questo pensiero e l’idea che qualcuno potesse venire a bussare alla mia porta dandomi la notizia che più temevo mi angosciava oltre ogni misura.

- Però, sapevi dov’era, almeno…

- No. Non lo sapevo, Aurore. Sarebbe potuto essere ovunque, in qualsiasi zona sperduta dell’Underworld e se gli fosse accaduto qualcosa di male, non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarlo.

Pensai a Micheu Joel, che era rimasto da solo in una foresta sconfinata tra Wiesen e Camryn. Se non ci fossero stati i suoi compagni nei paraggi, sempre ammesso che fossero arrivati in tempo, sarebbe morto e nessuno l’avrebbe più ritrovato.

- Amber, ho tanta paura che gli sia accaduto qualcosa di brutto…

Confessai.

- Non possiamo escluderlo, certo, ma rimanere qui non è la soluzione giusta, Aurore. Torniamo a casa, mh?

- E poi, domani ci sarà la cerimonia ad Adamantio. Di certo, sarà più facile scoprire là qualcosa di utile su quello che può essergli accaduto.

Suggerì Rose.

Le guardai entrambe, poi Amber si alzò, tirandomi su. Vidi Rose osservare le statue.

- Sapete… anch’io mi rifugiavo spesso qui quando desideravo stare da sola coi miei pensieri.

Confessò.

- Mi riesce difficile immaginarlo, a dire il vero.

Disse Amber. Ed effettivamente, pensare a Rose Cartwright che desiderava rimanere da sola in un luogo così lontano dal resto del mondo, era davvero qualcosa di strano e di difficile immaginazione. Ma alla fine, tutti noi abbiamo delle coscienze e i momenti in cui si ha bisogno di rimanere soli con se stessi ci sono per chiunque.

- Ragazze…

- Che c’è, Aurore?

Mi domandò dolcemente Amber.

- Grazie per non avermi lasciata da sola…

Sussurrai.

Un sorriso spuntò sui loro volti.

- Credevi che non saremmo venute a prenderti? Dopotutto, siamo tutte delle pari.

Disse Rose. Scossi la testa e mi guardò stupita.

- No. Non è per questo… io non vi considero delle pari… o meglio, mi viene ancora difficile accettare quello che sono… per me, voi siete delle amiche.

Rose arricciò le labbra, Amber mi guardò intenerita.

- E’ lo stesso anche per noi. Vero, Rose?

La Lady del rubino sospirò, portando all’indietro i lunghi capelli rossi.

- Beh… diciamo che sei un tipo alquanto singolare, Aurore Kensington. E di certo, trovo interessante la tua compagnia.

La guardai perplessa, poi mi rivolsi ad Amber, che fece spallucce.

- E’ il suo modo di dirti che ti considera un’amica.

Sorrisi.

- Grazie, Rose…

- Non diventare piagnucolosa. Risparmia le lacrime per quando rivedrai il tuo cavaliere dagli occhi verdi. Piuttosto… è strano, ma quegli occhi mi ricordano molto gli occhi di Amelia…

- Rose, smettila…

Le fece eco Amber.

Dopotutto, però, non aveva tutti i torti. Gli occhi di Amelia erano così simili a quelli di Damien, della stessa tonalità di verde. Ma aggrapparsi a delle osservazioni era quanto di meno affidabile avessi in quel momento.

- Torniamo a casa… domani, ci aspetta una lunga giornata.

Concluse. E fu così che Amber e Rose mi riportarono alla vita.

  
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