Capitolo Quindicesimo
La battaglia
Il
mondo si frantuma davanti ai suoi occhi.
Il
raggio di luce sembra un miraggio, troppo lontano, irraggiungibile.
Un
lacerante bagliore rosso si abbatte a terra, poco lontano da lei.
Shepard
rischia di perdere l’equilibrio, ma si raddrizza e continua a correre.
Il
Razziatore, davanti a lei, emette un suono stridulo, dalle eco metalliche.
Il
grido della macchina, l’ira fremente della tecnologia. Il fato del mondo.
Stringe
le mani a pugno, cerca di accelerare l’andatura.
E’
appena cosciente del movimento al suo fianco, dell’ombra che corre al ritmo
della sua.
Emeirin
si muove senza emettere rumori, senza ansimare, senza inciampare nelle
irregolarità del terreno.
Il
suo corpo sembra trascendere i limiti umani, sembra in grado di superare ogni
ostacolo.
Accarezzati
dai fiotti di luce rossa, i suoi capelli sembrano rame liquido.
Konstantin
inciampa nei resti martoriati di una donna… ma non ha tempo di guardarla, non
ha tempo per soffrire per lei, per pensare alla tragicità del suo destino. Si
rialza e riprende la sua corsa.
Il
raggio è sempre lì, immobile, vibrante. Sembra deridere i suoi sforzi.
-
E’ più vicino di quanto sembri!- grida Emeirin, che ha della polvere sul viso e
che, nonostante questo, sembra ancora perfetta. Irreale.
Come
attirato dalla sua voce, il Razziatore si volta nella loro direzione.
“Io
sono una di voi” pensa Emeirin, prima che il raggio si abbatta davanti a lei.
Riesce
a rotolare di lato, ma viene sommersa da una valanga di detriti.
Poco
lontano, una banshee rivolge al cielo il suo grido stridente ed inizia ad
avvicinarsi.
-
Merda!- impreca Shepard, tornando sui suoi passi e scaricando il caricatore
della pisola contro il nemico.
La
banshee le rivolge uno sguardo - che è consapevole, pieno di un odio sordo e
cieco, un odio senza fine e senza origine - e continua ad avvicinarsi,
apparendo e sparendo in lampi di luce blu.
In
un battito di ciglia, è davanti alla comandante.
I
suoi occhi vuoti, desolati, la fissano, sembrano volerle risucchiare l’anima.
Shepard
apre il fuoco, di nuovo, ma la banshee incassa senza nemmeno rallentare.
Allunga
una mano artigliata, stridendo di piacere e d’aspettativa.
-
Comandante!- grida poi una voce maschile - Granata!!-
Konstantin
non se lo fa ripetere. Si lancia a terra, rotolando dietro un riparo.
Qualche
istante dopo, una splendente luce bianca inghiotte la banshee.
Lo
stridio diventa un urlo lacerante e poi un flebile lamento.
La
banshee rimane riversa a terra, gli occhi vuoti rivolti al suo padrone, che
ancora oscura i cieli di Londra.
Javik
si accuccia accanto a Konstantin.
-
Sei ancora intera, comandante?-
-
Per il momento. Grazie per la granata.-
-
Non esco mai, senza.- le tende una mano - Adesso andiamo, Shepard!-
Ma
lei scuote la testa e afferra il braccio del prothean, per trattenerlo.
-
Javik, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.-
Con
un cenno della testa, gli indica Emeirin.
La
donna (il Razziatore) è riuscita a
liberarsi dalle macerie, ma le sue gambe sono inerti, inesorabilmente spezzate.
Nei suoi occhio viola si mescolano sorpresa e costernazione… e qualcosa di
opaco, qualcosa che potrebbe essere dolore.
Quando
Konstantin la guarda, le fa cenno di avvicinarsi ed estrae qualcosa dalla tuta.
-
Puoi ancora farlo.- le sussurra, quand’è abbastanza vicina da sentirla - dammi
la mano.-
Shepard
tende la mano e sente Emeirin appoggiarle qualcosa sul palmo. E’ un oggetto
minuscolo, che irradia una leggera luminescenza adamantina. Emana anche uno
strano calore, ma al tatto è freddo.
-
Cos’è?-
-
La risposta non ti piacerà.-
-
Nessuna delle tue risposte mi è piaciuta un granché, di recente. Eppure eccomi
qui.-
-
E’ un manufatto dei Razziatori.-
Shepard
tace per qualche istante, guardando Emeirin come se stesse sragionando.
Apre bocca per replicare, per dire che non vuole avere niente a che fare con un
manufatto dei Razziatori e che è il momento meno opportuno per rischiare
l’indottrinamento, eppure Emeirin la previene.
-
Devi fidarti di me, adesso più che mai. Prendilo, altrimenti non potrò
guidarti.-
Konstantin
stringe le dita attorno al manufatto, sentendo viticci di calore aderirle alla
mente, ma senza oscurargliela. Inizia a sentire un lieve sussurro, come una
melodia, una nenia lontana.
Per
un istante, i Razziatori le sembrano la cosa migliore capitata all’universo.
Ma
l’istante termina in un lampo, la melodia si allontana.
-
Diavolo.- geme Shepard - Non c’è un altro modo, vero?-
-
Senza manufatto, non potrò comunicare con te. Se non posso raggiungere il
Crucibolo per attivare di persona il mio dispositivo, tu dovrai essere i miei
occhi e le mie mani.-
-
Diavolo.- ripete Shepard, ma annuisce.
Ormai
ha passato il punto di non ritorno. Non fidarsi adesso vuol dire mandare al
diavolo l’intera operazione. Da qualche parte, in un angolo del suo cervello,
prega perché non sia tutto un inganno, un complesso e crudele gioco dei
Razziatori.
-
Ok.- decide, poi si volta verso Javik - Javik, ho bisogno che porti Emeirin al
sicuro. L’esito della missione dipende da due cose: uno, che io riesca a
raggiungere quel raggio e che, due, al mio arrivo possa sentire le istruzioni
di Emeirin.-
Non
lo dice a voce alta, ma c’è anche una terza opzione.
Se
una delle due dovesse morire, o se lei non dovesse raggiungere
Avere
un piano va bene. Due, è meglio.
Javik
guarda il comandante, con riluttanza, come ponderando se obbedirle o no.
Un
raggio si abbatte incredibilmente vicino a loro, come ad incoraggiarlo a
decidere in fretta.
Impreca,
nella sua lingua. E’ una parola incomprensibile, ma dal suono aspro, quasi
doloroso.
-
Va bene.- dice poi, avvicinandosi ad Emeirin per passarle un braccio attorno
alla vita - aiuterò il tuo maledetto Razziatore.-
Konstantin
annuisce, con una smorfia che sembra un sorriso, poi si volta e ricomincia a
correre.
Il
raggio è sempre più vicino. Sente il rombo di una navetta, alle proprie spalle
e si rende conto che la paura è scomparsa. Che ormai la anima solo una fredda
determinazione, il desiderio che tutto finisca e che finisca presto, in un modo
o nell’altro. Niente rimpianti, niente rimorsi, niente dubbi.
Stringe
i pugni ed aumenta ancora l’andatura, superando con un balzo un cumulo di
detriti.
E
- finalmente - il raggio si para di fronte a lei, nella sua immensità
delirante, nella sua spaventosa grandezza. Per quanto ne sa, potrebbe condurre
all’inferno, eppure lei ci salterebbe dentro comunque.
Un
ultimo scatto. Dei mutanti cercano di ostacolarla, ma sono lenti, come
affaticati.
Un
Predatore la fronteggia e, dopo averle lanciato uno sguardo, arretra e corre
via.
-
Che diavolo…-
“Sono solo sconvolti” le spiega la voce ovattata
di Emeirin, da qualche parte nella sua mente “non riescono a distinguere se sei un nemico o uno di loro. Sono
ciechi. Confusi. Scollegati.”
-
E’ per via del manufatto.- intuisce Shepard, mentre l’oggetto le pulsa in
tasca, riscaldandole la pelle.
Un
tuono riecheggia, in lontananza.
Konstantin
si avvicina al raggio. Prende un lungo respiro profondo e poi… poi si lascia
inghiottire.
L’Uomo Misterioso
Quando
riapre gli occhi, si trova in un lungo corridoio, quasi asettico, spartano.
Shepard
affonda una mano nella tasca ed estrae il piccolo manufatto.
Ora
emana un calore tanto forte da bruciare, pur rimanendo gelido fra le sue dita.
“Vai dritta” le sussurra la voce di
Emeirin, ovattata, remota.
Non
è come un dialogo è come un pensiero già pensato, una considerazione familiare
e al contempo estranea. E’ la sensazione di avere qualcuno che pensa i tuoi
pensieri.
-
Tu e Javik siete al sicuro?-
“Siamo sulla Normandy. Non
preoccuparti per noi, bambina. La nave ha recuperato i membri dell’equipaggio
dopo che il raggio ti ha prelevata.”
Un
involontario sospiro di sollievo fuoriesce dalle labbra di Konstantin.
E’
la prima - e probabilmente unica -
buona notizia della giornata.
“Alla fine del corridoio
c’è una grande sala, con un pannello. Usa l’IV Prothean per aprire le braccia
della Cittadella. Hackett sta solo aspettando il tuo segnale, per posizionare
il Crucibolo.”
Shepard
continua ad avanzare, rendendosi conto solo marginalmente di tutta la
stanchezza che grava sul suo corpo, della miriade di ferite da cui è
costellato.
Ormai
è alla fine e, in un modo o nell’altro, poi potrà riposarsi.
Quando
arriva alla sala dei comandi, però, si rende conto che qualcuno la sta
aspettando.
L’Uomo
Misterioso è immobile, davanti alla console, come in attesa del confronto
finale.
-
Siamo alla svolta decisiva, Shepard.- dice, senza nemmeno voltarsi verso di lei
-
Non puoi controllarli.- ribatte lei, con calma certezza. E’ una constatazione -
Nessuno può.-
-
E se invece fosse possibile? Tu fra tutti dovresti riconoscere che
“impossibile” è solo una vuota qualificazione, è solo un limite che poniamo a
noi stessi per non osare troppo. “Impossibile” è ciò che ci impedisce di
puntare al massimo. Possiamo assicurare all’Umanità il predominio della
galassia, Shepard… possiamo avere quest’enorme potenza al nostro servizio! Come
puoi essere così cieca da non vedere l’immensità di tutto questo?-
Il
suo tono è fervido, i suoi occhi accesi di una luce blu che non è del tutto
innaturale.
-
Lo so che sembra perfetto.- mormora Shepard, conciliante - Ma non lo è. Non
avremo mai il completo controllo sui Razziatori… non noi.-
Mentre
parla, si sente profondamente ipocrita.
Stabilire
il controllo sui Razziatori… non è esattamente quello che lei e Emeirin
vogliono fare?
Certo,
non ricorreranno semplicemente alla tecnologia, daranno ai Razziatori un nuovo
leader e delle nuove convinzioni… eppure, in sostanza, non è la stessa cosa che
fantastica l’Uomo Misterioso?
“Digli che siamo più di semplici macchine”
mormora la voce di Emeirin
-
I Razziatori non sono delle semplici macchine - ripete Shepard, avvicinandosi
di un passo all’Uomo Misterioso
“Siamo esseri di sangue e
tecnologia, di pensiero e di obbedienza. I miei fratelli sono stati privati del
libero arbitrio… possiamo liberarli, ma non imporre loro un nuovo imperativo.
Soprattutto…”
-
Soprattutto non possiamo farlo noi. Né tu, né io.-
-
Come puoi esserne così sicura?-
-
Ho parlato con Emeirin. Ho parlato con la donna che tu e Cerberus stavate
studiando… e di cui non avete mai capito fino in fondo la natura.-
-
Aveva un legame con i Razziatori… era una specie di mutante cosciente, di
strumento ancora perfettamente integro…- la sicurezza dell’Uomo Misterioso
sembra scemare, mentre Konstantin scuote la testa
-
Era una di loro.- dice alla fine la comandante, con un sospiro - Era la prima
Razziatrice con una coscienza.-
Poi
solleva il manufatto ed una luce azzurra inonda la stanza.
L’aura
di calore si è fatta quasi insopportabile e il bagliore adamantino è accecante.
Eppure,
l’Uomo Misterioso rimane a fissarla, come incapace di liberarsi.
In
un frammento di secondo, comprende l’inconsistenza del suo piano e, al
contempo, si sente pervadere dalla dolce sensazione di aver fatto ciò che di
meglio poteva. Di aver fatto quello che era in suo potere, per assicurare un
futuro all’Umanità. In un battito di ciglia tutti gli errori sono perdonati,
tutte i soprusi dimenticati. Gli indegni esperimenti si rivelano per la folle
ricerca che erano, per il vano tentativo di toccare l’inconsistente, di
afferrare qualcosa di troppo grande per essere concepito.
Una
strana pace cala su di lui, mentre la sinfonia del manufatto invade ogni
anfratto della sua mente.
La
sua mano, inerte, lascia cadere la pistola.
Quando
Shepard lo oltrepassa per raggiungere la console, lui non sembra nemmeno
vederla.
“Cosa devo fare di lui?” chiede Emeirin,
con una punta di dolcezza nella voce
-
Non fare niente.- replica Shepard, diretta, inserendo i comandi dell’IV
Prothean - Se riusciremo ad andarcene da qui, cercheremo di portarlo con noi.
Se se la caverà dovrà comunque passare il resto della sua vita in qualche
prigione di massima sicurezza.-
Le
braccia della Cittadella intanto cominciano ad aprirsi e Shepard si sente
sollevare, portare ad un nuovo livello fisico ma anche mentale, sente sbocciare
una nuova percezione e vede il mondo con occhi diversi.
Non
sa spiegare come, ma arriva in un’altra stanza.
Un
luogo enorme eppure inconsistente, impalpabile.
Lontane,
apparentemente irraggiungibili, si stagliano delle immense colonne di luce.
Senza
nemmeno guardarle, Shepard sente già di conoscere il colore delle prime due.
Una è rossa (Distruzione), una è blu
(Controllo). La terza è verde.
Ma
descrivere quei colori sarebbe riduttivo, perché la loro luce non è di un
colore, ma è la somma di tutti i rossi, i blu e i verdi del mondo.
La
prima è fuoco, rabbia, sangue, braci, dolore.
La
seconda è acqua, oceani, ruscelli, risacca, calma placida, quiete, cielo.
La
terza è la vita, natura, clorofilla, speranza… ma ha qualcosa di torbido,
qualcosa che si rivelerà sempre un passo oltre l’umana comprensione. Quella è
una via creata per la fine dei tempi, qualcosa che Shepard non si sente pronta
per conoscere ed affrontare.
Una
parola le s’insinua nel cervello (Sintesi)
e, appena termina di pensarla, sente dei passi dietro di sé.
Si
volta di scatto e si trova davanti ad un uomo.
Qualcosa
stride nella sua percezione della realtà, come se ci fosse un intoppo, come se
avesse dovuto incontrare qualcuno di diverso, parlare con una diversa
proiezione.
-
Chi sei?- chiede, sottovoce.
Lui
sorride, avvicinandosi a Konstantin.
Ha
la bellezza perfetta e innaturale di Emeirin, le sue stesse iridi color
ametista, i suoi stessi occhi che si sono aperti su infiniti secoli e che hanno
conosciuto infiniti mondi.
-
Io sono lo Strumento.- si presenta. La sua voce è soffice e gentile, calda.
Si
avvicina ancora a Shepard, per prenderle il viso fra le mani. Le sue dita sono
lunghe e sottili, ma animate da un lieve tepore, che le rende incredibilmente vive e umane.
Avvicina
il volto a quello di lei fino ad inghiottire le sue iridi con le proprie.
- Ciao, sorella.- sussurra infine, mentre
il suo sorriso diventa un ghigno - Ho
atteso a lungo il momento in cui ti avrei rivista.-
-
Signori
e signore, siamo al momento cruciale!
Grazie
per avermi seguita fino a qui, mi confido che quando ho iniziato a scrivere “la
quarta scelta” ero psicologicamente pronta a lasciarla nel cassetto delle
storie incompiute e invece…
Beh,
come al solito sul capitolo non c’è molto da dire, a parte che - non so perché
- Sintesi è una soluzione che mi ha sempre un po’ inquietata. Non so, l’universo
non mi sembra ancora pronto.
Boh.
Un
bacio a tutti!
-