Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: LaGraziaViolenta    20/10/2013    9 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dove Serena Latini si comporta in modo assolutamente babbano, ma ciò che succede è assolutamente magico. E dove Babbo Natale fa una comparsa, non dimentichiamolo.
 
 
 
Lowell assunse un’espressione sorpresa. «Non ti hanno mai detto quanto sei bella in russo? Abituati…»
Mi morsi il labbro. Questa non me l’aspettavo. Era davvero un colpo basso da parte di Lowell. Cos’avrei dovuto rispondere? Strinsi la tazza di tè caldo. Ci pensai. Poi sorrisi. «Howard Wolowitz, The Big Bang Theory
Lowell scoppiò a ridere.
«Ti avevo detto che ne sa una più del diavolo» fece Jeanie.
«Jeanie, non parlare così» disse il signor Joy. Prese la sua tazza di tè e ne bevve un sorso.
«Sì, papà.»
La signora Joy rise. «Oh, andiamo, Edmund!» Diede un colpo sulla spalla del marito e gli occhiali dell’uomo sobbalzarono sul suo naso gobbo. «È con la sua amica, lascia che si rilassi! Perché si sta rilassando, vero Jeanie? Anche Lowell si diverte, e poi siamo sotto Natale, è giusto che a Natale ci si riposi, così potrà tornare a scuola carica e si potrà impegnare al massimo, anche se di sicuro anche a scuola avrà dei momenti per divertirsi e mi sembra anche giusto a sedici anni, e così…»
«Grazie, mamma» la interruppe Jeanie.
Lowell aggiunse dei biscotti al piattino sul tavolo. «Un altro giro?»
Non capii se si riferiva ai biscotti o al gioco delle citazioni. Guardai di sottecchi il signor Joy. Lui mi lanciò un’occhiata di rimando, poi tornò a concentrarsi sulla colazione.
«Ehm… No, grazie. Va bene così.»
La presenza del signor Joy era rassicurante quanto quella di un gerarca nazista. Eppure Jeanie mi aveva assicurato che di mestiere faceva il ragioniere. Mi domandai come Lowell e la signora Joy potessero essere così rilassati in presenza di quell’uomo. Solo Jeanie sembrava un po’ impettita, ma dopotutto era il suo normale modo di essere. Lanciai un’altra occhiata al signor Joy. Be’, da qualcuno doveva pure aver preso.
«Davvero va bene così, Serenity? Non mangi uova? Neanche una salsiccia piccolina? Neanche un panino? Uno scone con il burro?»
Impiegai qualche secondo a capire che la signora Joy non si stava riferendo a Sailor Moon ma a me. Arrossii. «No, grazie, signora. Sì, va bene così.»
«Davvero non vuoi le uova? Forse anziché strapazzate le preferivi all’occhio di bue? È che ho pensato che così potevo prepararle più velocemente per tutti… Oh, ma le cose dolci le mangi, magari invece preferivi il porridge con un po’ di frutta! Ti preparo…»
«Harriet» fece il signor Joy.
«Sì?»
«Se devi per forza finire le uova dalle a me.»
La signora Joy si affrettò a svuotare la padella nel piatto del marito.
Jeanie si sporse verso di me. «Mamma è un po’ logorroica.»
«Va bene così» ripetei per la terza volta. Per quanto fossero gentili, premurosi e preoccupati per le mie abitudini alimentari la colazione inglese rimaneva per me un mattone indigeribile. Se ne sarebbero fatti una ragione, prima o poi.
«Via, a lavare!» La signora Joy aprì la lavastoviglie con un colpo di bacchetta e la padella ci svolazzò dentro. Il signor Joy lanciò uno sguardo truce alla padella, neanche avesse cercato di aggredirlo, poi prese un boccone di uovo. Pensai che per un babbano doveva essere ben difficile abituarsi a vivere con una strega. Forse per la signora Joy era un po’ come per Samantha di Vita da strega. Immaginai la signora Joy arricciare il naso per fare magie.
Jeanie posò la sua tazza vuota sul tavolo. «Lowell?»
«Sì?»
«Ricordi quel favore che ti ho chiesto?»
«Mh…» Lowell corrugò la fronte e si grattò il pizzetto nero. «Mi hai chiesto un favore?»
«Che favore, Jeanie?» chiese la signora Joy.
«Lowell fa lo spiritoso. Sa benissimo quale favore.»
«Che favore?» chiese ancora la signora Joy.
«Ho bisogno di andare al centro commerciale.»
Pensai alla chiavetta usb chiusa nel mio astuccio, al piano di sopra. Grazie al cielo Jeanie aveva una connessione internet. Avevo assolutamente bisogno di una copisteria per stampare e rilegare le mie nuove fanfiction, tutte da leggere nel prossimo semestre. E visto che la sera prima eravamo rimaste sveglie fino alle due a leggerne, potevo verosimilmente ritenere che a Jeanie il nuovo passatempo fosse piaciuto. Il signor Joy aveva dovuto minacciarci di staccare la spina del pc per convincerci ad andare a dormire.
«Non è che io abbia tanta voglia di uscire» disse Lowell.
Crack. Il mio cuoricino di fangirl si spezzò.
«Lowell, devo comprare gli ultimi regali di Natale.»
«Sono stanco…»
«Ma è l’unico favore che ti chiedo. Ne ho bisogno.»
Il signor Joy non staccò lo sguardo dalle proprie uova strapazzate. «Al limite vi accompagno io, se è così necessario.»
Il signor Joy al centro commerciale. Con noi. Immaginarselo rigido come un palo della luce nel suo completo grigiastro in mezzo a uno sfolgorio di luci natalizie era come immaginare una lapide su una torta di compleanno. Nella mia mente pregai in tutte le lingue del mondo che Lowell cedesse.
Lowell ci guardò entrambe, poi le sue labbra si curvarono in un mezzo sorriso. «Lasciamo perdere, ho capito. Vi accompagno.»
Jeanie si raddrizzò sulla sedia e strinse le labbra, forse per reprimere un sorriso soddisfatto.
«Ma dovrai farmi un bel regalo di Natale, sorella viziata che non sei altro» fece Lowell. «Un gran bel regalo, ricordatelo.»
E quel pomeriggio, come promesso, andammo al centro commerciale.
Di sicuro erano già passate un paio d’ore da che eravamo lì, eppure mi sembrava ancora incredibile camminare tra gli alberi di Natale giganteschi e sintetici, tra le lucine colorate intermittenti, vicino al presepe gigante fatto di orsacchiotti, davanti ai dolci confezionati negli scaffali. Mi sembrava tutto così babbano in confronto a Hogwarts, eppure un centro commerciale britannico mi era più familiare dell’atmosfera magica che c’era a scuola. Non che l’atmosfera magica non mi piacesse. Ma questa era la realtà in cui ero cresciuta, e un po’ mi mancava. Udii uno scampanellio e la risata di una voce roca.
«Babbo Natale!» esclamai in italiano quando vidi un uomo rosso e grosso seduto su una sedia. Una fila ordinata di bambini e genitori si stendeva davanti a lui. Al suo fianco aveva un enorme cesto di caramelle. Ci immerse la mano e offrì i dolci al bambino seduto sul suo ginocchio. Bambini fortunati.
Intravidi Lowell inarcare le sopracciglia. Forse mi aveva presa per deficiente. In effetti era strano entusiasmarsi per Babbo Natale a sedici anni. Ma era da quando andavo a Hogwarts che non ne vedevo più uno. Jeanie sussurrò: «Suppongo che abbia detto “Babbo Natale”.»
Intuii da dove venisse la perplessità di Lowell: non aveva capito cosa avevo detto. Era davvero scortese da parte mia parlare una lingua che loro non capivano. «Scusate, mi è venuto spontaneo.»
«Nessun problema» disse Lowell. «È molto diverso il Natale in Italia?»
«Oh.» La domanda mi sorprese. Strinsi con forza il sacchetto rosso che tenevo in mano e alzai gli occhi verso i festoni argentati che decoravano le vetrine. «Non molto… Credo. Nel mondo babbano, per lo meno.» Non era il caso di fare la nostalgica ed elencare in ordine alfabetico tutte le minuscole differenze tra Natale magico, Natale babbano e Natale babbano italiano. Ero già stata maleducata a sufficienza.
Jeanie sogghignò. «Lavori anche a Natale, Lowell?»
«Questo Natale no, Rapunzel, altrimenti non sarei qua.» Si voltò verso una vetrina di giocattoli. «Ehi.» Puntò con l’indice un castello giocattolo tutto rosa. «Per Natale lo vuoi il castello delle fate?»
Jeanie storse il naso. «Mi sento più streghetta che fatina, grazie.»
«Strano, ho un ricordo di te, dieci anni fa, attaccata alla gamba della mamma che strillavi come un’ossessa perché volevi la casa di Barbie.»
Jeanie arrossì. «E io ricordo che quando eri a Hogwarts mamma ti scriveva quasi tutti i giorni, mammone che non sei altro.»
«E allora? Che c’è di male?»
Jeanie arrossì ancora di più. Mi venne da ridere. Affondai il viso nella sciarpa per non farlo notare. Ebbi l’impressione che Lowell fosse l’unico in grado di tenere testa al potere manipolatore di Jeanie. Lui, e forse anche il signor Gerarca Nazista Joy, visto come la sera prima aveva minacciato di levarci internet. Dall’espressione di Jeanie, però, non sembrava che lei lo trovasse altrettanto divertente.
Forse era il caso di smorzare l’atmosfera. E poi c’era una cosa che mi incuriosiva. «Ehm, Lowell, se posso…»
Lowell alzò un sopracciglio. Le mie guance attaccate alla lana divennero caldissime. Lowell fece un sorriso amichevole. «Puoi.»
Sorrisi anch’io, nascosta dalla sciarpa. «Grazie. Ecco… Che lavoro fai?»
«Lavora in agenzia viaggi» scattò subito Jeanie. Sembrava ancora irritata.
Temetti di averla indispettita. Guardai Lowell, e lui dietro Jeanie scosse il capo come a dire “lasciala perdere”. Sorrise ancora. «Sì, più o meno è quello che faccio. Lavoro per un’agenzia viaggi magica. Ultimamente le vacanze alla babbana vanno molto di moda.»
Mi morsi il labbro. Temevo di fare la figura della sciocca. «In che senso “alla babbana”?»
«Significa» rispose Lowell, «che alcuni maghi vogliono fare esperienze nuove, come andare in crociera o nei parchi divertimenti babbani. Le persone sono sempre più interessate a conoscere il mondo non magico. Il mio compito è organizzare il viaggio, dare consigli su come confondersi coi babbani e non far combinare loro guai. Un po’ come se fossi la loro guida turistica. È un bel lavoro, ma sono sempre in viaggio. È un miracolo aver avuto le ferie, questo Natale.»
Passare davanti a un’agenzia viaggi babbana mi fece sorridere. Nella vetrina, accanto a Capodanno a Sharm el Sheik, vidi il riflesso di Lowell, coi capelli scuri, e quello di Jeanie, biondo oro come sua madre. Lowell non le somigliava per niente, eppure non mi sembrava neanche così somigliante al signor Gerarca Nazista Joy. Chissà da chi aveva preso.
«Ma almeno ho potuto vedere la strega Rapunzel.» Lowell sorrise e tirò la treccia bionda di Jeanie.
«Ahi! Fai male! Piantala!»
«La pianterò, musona, quando avrai un taglio di capelli normale. A chi getti la tua treccia dalla torre di Corvonero, eh? Confessa.»
Jeanie non divenne rossa: divenne bordeaux. «A nessuno! Per chi mi hai presa?»
«Andiamo, a sedici anni è normale avere una qualche cotta. E tutto questo mi fa pensare che tu abbia davvero una cotta.»
«Io non ho nessuna cotta!» squittì Jeanie. «Ho ben altro a cui pensare! Pensa per te piuttosto, che se continui così rimarrai scapolo a vita!»
«E anche se fosse?»
Jeanie strappò la treccia di mano al fratello. «Piantala.»
In quel momento si udì un sonoro crack. Sobbalzai. Guardai Jeanie, disorientata. «L’hai sentito?»
Jeanie corrugò la fronte. «Tutti l’hanno sentito.»
Era vero. Molte persone si guardavano intorno e mormoravano. Era stato un rumore forte e udibile. Da dove proveniva? Con la coda nell’occhio vidi Lowell infilare una mano all’interno del cappotto. Aveva preso la bacchetta? Il suo sguardo guardingo mi mise ansia. Il mio cuore batteva a mille. Mi balenarono in mente le scene dei film in cui qualcuno urlava “giù!” e poi c’era sempre un’esplosione o una rapina. Iniziai ad ansimare.
In mezzo al vociare della gente un bambino gridò: «Mamma, un elfo di Babbo Natale! Che brutto!»
Sentii la mano di Lowell posarsi tra le mie scapole e spingerci in avanti. «Ragazze. In fretta, per favore.»
Poi lo vidi anch’io. Mi sfuggì un grido strozzato.
Un elfo domestico stava in piedi su una panchina decorata di rosso, in mezzo al corridoio del centro commerciale. Aveva il naso lungo e uno straccio scuro drappeggiato a mo’ di tunica. Spostava lo sguardo da un babbano all’altro, frenetico, e si torceva le mani.
«Cazzo» mormorò Lowell.
Smise di spingere me e Jeanie e scattò in avanti verso l’elfo. Io e Jeanie lo seguimmo.
L’elfo ci vide avanzare e con uno squittio si aprì in un enorme sorriso. «Signore! Lei è dove Plum l’ha cercata, signore! Plum sa dove sta il signor Lowell…»
«Taci, Plum.» Lowell prese l’elfo sottobraccio come se fosse un sacco di patate e iniziò a camminare a passo di marcia. Per stargli dietro iniziai a trotterellare. Mi accorsi che si stava dirigendo verso i bagni maschili.
«Venite anche voi, non vi voglio perdere di vista.» Guardai Jeanie, ma lei non sembrava minimamente in imbarazzo. Io invece avevo ancora il cuore che mi batteva come un rullo di tamburi.
Ci rinchiudemmo dentro un bagno per disabili, più spazioso dei bagni normali. Lowell posò l’elfo sulla tazza chiusa del cesso. Vedere una creatura magica in una toilette pubblica inglese aveva un non so che di grottesco. L’elfo continuava a torcersi le mani.
«Signor Lowell Elton, signore, Plum è qui per…»
Elton?
«Lo posso immaginare» tagliò corto Lowell. «Ma come puoi comparire in mezzo a un centro commerciale, me lo spieghi? Cosa ti frulla in quella testolina bacata?»
L’elfo sgranò i grandi occhi scuri. Sembrava che volesse strapparsi le dita. «Il signor Lowell Elton lascia parlare Plum, per favore… Plum è qui per augurare buon Natale al signor Lowell Elton, signore…»
«Grazie» disse Lowell secco.
«Prego, signore, e per invitare il signor Lowell Elton al pranzo di Natale dei padroni Elton…»
«Mamma e Jeanie non sono invitate, immagino.»
Plum rabbrividì, come se il pensiero gli facesse orrore. «La padrona ha detto solo Lowell Elton, signore, la padrona dice che è molto contenta se il signor Lowell Elton viene, così tutti gli Elton saranno al pranzo di Natale, signore…»
«Non verrò, e la vecchia lo sa benissimo» disse Lowell.
«A Plum dispiace, signor Lowell Elton.»
«A me no. Ma la nonna ci sta con la testa? Ti ha mandato a cercarmi al centro commerciale, in mezzo ai babbani. Assurdo!»
«Il signor Lowell Elton non deve parlare in modo irrispettoso della padrona» fece Plum. Si avvicinò di un passo a Lowell, arrivando sull’orlo della tazza. «La padrona vuole molto bene al signor Lowell Elton…»
«Sì, bla bla bla, solite cose.» Lowell si passò una mano tra i capelli neri. «Solite cose. Lasciamo perdere. Ringrazia i nonni e dì loro che non verrò.»
Plum si inchinò finché il lungo naso non toccò l’asse del cesso. «Arrivederci, signor Lowell Elton, signore, le auguro un gran buon Natale, signore.»
Con un crack identico a quello con cui era apparso Plum sparì.
Lowell si passò un’altra volta le mani nei capelli. Quando si girò verso di noi il suo sorriso era un po’ tirato. «Avete ancora compere da fare, ragazze?» Ci superò e ci aprì la porta del bagno, indicando l’uscita con un cenno galante della mano. Uscimmo in silenzio.
Quando fummo in corridoio, in mezzo ai babbani, Jeanie mormorò: «Mamma non ne sarà contenta.»
Lowell le diede un buffetto sulla testa. «Non ci pensare. Piuttosto, pensa a fare quel che devi fare.»
Lowell non sembrava felice della visita di Plum, quindi forse era meglio cambiare argomento. Ma cosa potevo fare? Ci pensai, poi tirai una manica di Jeanie. «Ehi, non sarebbe carino prendere un bigliettino di Natale sonoro per Chelsea? Scommetto che si spaventerà quando lo sentirà suonare.»
«Non credo.»
L’espressione di Jeanie non tradiva nessuna emozione. Lanciai di soppiatto un’occhiata a Lowell, che si stava passando la mano sul pizzetto nero. Non ero sicura che per Jeanie andasse tutto bene, e ancor meno per Lowell. Decisi che era il momento di sparire per cinque minuti. Indicai un negozio: «Senti, Jeanie, io entro qui e… Ehm, prendo un paio di biglietti. Mi sembrano carini. Stai pure qui, faccio in un attimo.»
Prima che Jeanie potesse rispondermi ero sgusciata dentro il negozio. Mi misi accanto allo stand dei bigliettini e ne presi uno. Sbirciai fuori dal negozio e vidi Lowell che diceva qualcosa a Jeanie. Forse avevo fatto bene a lasciarli soli.
Volevo lasciar loro tutto il tempo possibile per parlare, ma dopo aver fatto suonare almeno due volte ogni bigliettino sonoro la negoziante mi si avvicinò con sguardo truce e mi disse che spaventavo i clienti. Mi sentii in obbligo di acquistare due biglietti che suonavano “Jingle Bells Rock” e uno che suonava “Santa Claus is coming to town”, sperando di non aver scaricato le pile. Chelsea non poteva spaventarsi veramente: dopotutto i maghi avevano inventato qualcosa di atroce come le Strillettere. Gli altri due biglietti potevo portarli a Pepper e Merry, che servivano me e Chelsea come due signore ogni volta che andavamo nelle cucine. C’era solo da sperare che non si offendessero.
Uscii dal negozio con un sacchettino in più, ma ormai l’atmosfera natalizia era rovinata.
Il ritorno a casa fu un po’ meno deprimente. Lowell ripescò dal cruscotto alcuni depliant dell’agenzia viaggi magica: un viaggio rilassante, economico e magicamente babbano per tutta la famiglia: prenota subito le tue vacanze di Natale e avrai subito uno sconto di cinque Galeoni! Io e Jeanie sghignazzammo un po’ al pensiero di cosa avrebbe fatto una famiglia magica sulle montagne russe, ma lo sghignazzo terminò non appena arrivammo a casa.
«Siete tornati!» esclamò la signora Joy raggiante. Corse sulla soglia a dare un bacio a Jeanie e a Lowell, mentre a me toccò un abbraccio. «Vi ho preparato una sorpresa, ho pensato che vi sarebbe piaciuto mangiare della torta come dolce dopo cena e così…»
«Plum è venuto al centro commerciale per invitarmi a cena dai nonni.»
La signora Joy si bloccò, le chiavi di casa ancora in mano. «Ah.»
«Niente di nuovo, i nonni mandano gli auguri e basta.»
«Ah» ripeté la signora Joy. Vederla ammutolita era una sorpresa. Non potei fare a meno di domandarmi se Elton fosse il suo cognome da nubile.
Sobbalzai quando mi sentii tirare per una manica. «Vieni, Serena, andiamo in camera.»
Mi levai sciarpa e mongomery e salii con Jeanie al piano di sopra. Non appena chiuse la porta Jeanie scalciò via le pantofole, si buttò sul letto e si coprì la testa con un cuscino. Mi guardai intorno e decisi di sedermi alla scrivania. Mi morsi il labbro.
Mi sentivo di troppo. Quella a cui avevo assistito era di sicuro una scena molto, molto privata della famiglia Joy. Privata e non molto allegra, a giudicare dalle facce da funerale che avevano tutti, a dispetto dell’albero di Natale in salotto. Perfino il Natale di Jack Skellington sarebbe stato più allegro. Dovevo pensare a qualcosa di carino da dire. Ci pensai.
No, un momento. Ogni volta che mi riproponevo di dire qualcosa di carino finivo solo per dire stupidate. E di certo non era il momento di infierire. Presi un respiro profondo. Iniziai a giocherellare con la manica della felpa. Se non avevo niente da dire, allora non dovevo dire niente.
Peccato che il silenzio fosse così imbarazzante.
Dal letto di Jeanie, soffocato dal cuscino, arrivò un borbottio: «Non pensavo che Plum sarebbe venuto in un posto pieno di babbani.»
Quindi non era la prima volta che veniva. «Non fa niente. Nessun problema.»
«A me non importa» disse Jeanie. «È mamma che ci resta male.»
Forse, pensai, Jeanie aveva bisogno di un’amica che sapeva affrontare una situazione del genere con tatto e discrezione, non di una ragazzina più imbarazzata di lei che si torceva le mani seduta alla scrivania. Chelsea di sicuro avrebbe saputo cosa fare. Mi dispiaceva vedere Jeanie semisepolta dal cuscino. Magari aveva voglia di stare tranquilla, ma c’ero io. Però non potevo sparire. Che potevo fare?
Mi alzai in piedi e mi sedetti sul bordo del letto, di fianco ai piedi di Jeanie. Era la prima volta che la vedevo con le calze bianche e rosa, anziché quelle nere della divisa.
«Ehm. Coraggio, Jeanie.» Diedi qualche piccola pacca al suo ginocchio. Poi mi venne in mente Leonard Hofstadter che batteva la spalla di qualcuno, forse Penny, dicendo “dai, dai”. No, forse non era il migliore da cui potessi prendere esempio. Scostai la mano dal ginocchio.
Jeanie si tolse il cuscino dalla faccia e lo appoggiò sulla pancia. Dietro le lenti i suoi occhi erano spalancati. «Oh, caspita. Tutto questo è ridicolo.»
Scattò a sedere e io sobbalzai. «Jeanie?»
«Decisamente assurdo» fece lei. «Non è un modo intelligente di affrontare le cose.»
Mi guardò. Abbassai lo sguardo sulle maniche blu della felpa. «Non saprei… Non so bene come stiano le cose, ecco…»
Jeanie incrociò le gambe e spinse gli occhiali fino alla cima del naso. «C’è poco da dire. I nonni di Lowell lo invitano tutti gli anni per Natale, e mamma ci rimane male perché il resto della famiglia non è invitato.»
«Ah.» Forse potevo azzardare una domanda. «Litigato?»
«Più o meno. Non erano d’accordo che mamma si risposasse con mio papà.»
Iniziai a mettere insieme i pezzi. Plum aveva detto Lowell Elton anziché Lowell Joy. «Quindi tu e Lowell non siete, come dire… Fratelli?»
«Siamo fratellastri. Il primo marito di mia mamma era il papà di Lowell, ma è morto durante la seconda guerra magica. Dopo la fine della guerra la mamma si è risposata con mio padre, che però è un babbano, e i genitori del primo marito non l’hanno mai accettato.»
Annuii. Non sapevo cosa dire, quindi tacqui.
«Andiamo, non fare quella faccia.» Jeanie mi diede una spinta sulla spalla. «Sembra molto soap opera raccontata così, ma Lowell lo ricorda a malapena, suo padre, e a me non importa se siamo fratellastri. È per questo che abbiamo dieci anni di differenza. Se solo i nonni di Lowell la smettessero di fare gli altezzosi non ci sarebbe nessun problema.»
«Ho capito.» Mentre mi succhiavo il labbro inferiore cercai di assimilare tutte le informazioni. Ricordai che Chelsea mi aveva detto che il professor Paciock ancora studiava quando era finita la guerra, o qualcosa del genere. Pensare che la famiglia di una mia amica ne aveva subito le conseguenze mi faceva apparire la guerra magica molto più vicina e triste. Però forse senza la guerra la mia amica non sarebbe mai neanche esistita. Che pensieri cupi. Cercai di tornare su un terreno più concreto. «Quindi Lowell di cognome fa Elton, e tu Joy.»
«Esatto. Anzi, a questo proposito, mi sembra scontato ma evita di nominare qualunque Elton. Papà si ricorda ancora di quella volta che Plum è venuto a casa nostra. Non aveva mai visto un elfo domestico e ha pensato di avere le allucinazioni.»
Gli stava bene, vecchio Gerarca Nazista che non era altro, così imparava a minacciare di togliere internet a due povere fanciulle indifese.
«Poverino» dissi.
L’unico avvenimento che ravvivò la nostra serata si verificò dopo cena, quando io e Jeanie ottenemmo dal Gerarca Nazista Joy il permesso di connetterci a internet. Scoprimmo un anime giapponese che si chiamava Axis Powers Hetalia, dove si prendevano allegramente per i fondelli gli stereotipi delle nazioni. L’Italia del Nord era rappresentata da un ragazzo ossessionato dalla pasta ed era sempre in compagnia di Germania, un ragazzone biondo e muscoloso. Sembrava il tipo a cui, quando fanno le analisi, anziché trovare tracce di birra nel sangue trovano tracce di sangue nella birra. Io persi ogni dignità in casa Joy quando mi misi a piangere dal ridere, mentre Jeanie si sforzò di mantenere un briciolo di contegno. Ci riuscì discretamente. La verità è che anche a lei veniva da ridere.
Dopo venti episodi decisi che niente avrebbe mai sostituito i pony nel mio cuore, a parte forse la GerIta.
 
Nota dell'Autrice: buongiorno/buonasera/buon quando leggete a tutti. :) Ebbene,  scrivo per annunciare non tre, il numero perfetto, ma ben quattro Grandi Traguardi raggiunti… Neanche fosse un traguardo per ogni casa di Hogwarts! I Quattro Grandi Traguardi:
1) Abbiamo superato abbondantemente le duecento recensioni! Siamo a quota 235… E dico “abbiamo” e “siamo” perché è grazie a voi che questo succede... Quindi grazie!!!
2) Ci avviciniamo al quarantesimo capitolo, ed è più di quanto io abbia mai scritto in vita mia! Almeno credo.
3) Lo scorso capitolo è quello che ha avuto più recensioni in assoluto, finora sono ben 13! Uno dei miei numeri preferiti, l’autrice è commossa. :’)
4) Il primo capitolo :) Il primo capitolo, nel momento in cui scrivo, ha qualcosa come 2085 (duemilaottantacinque! Che numero infinito da scrivere) visualizzazioni! Sono un’enormità! OAO L’unico capitolo che prova (miseramente) a stargli dietro è il numero 3, con 621 visualizzazioni. L’autrice è felice di essere tanto seguita. ;u; Vi ringrazio, vi ringrazio di tutto cuore!

Perché vi faccio leggere quella scaletta di traguardi? Perché ho spremuto il mio cervellino per cercare un modo di celebrarli a dovere e, complice un video divertente, mi è venuta un'ideuccia. :)
Nelle vostre recensioni a volte trovo frasi come "non trovo le parole adatte" oppure "Serena me la vedevo così", eccetera. Vanno benissimo, eh, non fatevi viaggi mentali. Ma ho pensato: perché non dare, per una volta, la possibilità di esprimersi in un modo alternativo? ;)
Per farla breve: se l'idea vi piace, potere scegliere un personaggio (Serena, Jeanie, Chelsea, Albus, Lowell, Scorpius, Candice, James, Priscus Battitore Figaccione, Potter con la pancetta, insomma chi volete, personaggio o comparsa che sia) e dirmi a quale canzone lo assocereste. :D Non è un concorso, me ne rendo conto. Non si vince niente questa volta. ^^" Ma mi sembra un modo diverso dal solito per comunicare e farmi sapere come vedete la mandria selvaggia che galoppa nella mia fanfiction. ;) Se l'idea vi piace fornirò anch'io, nel prossimo capitolo, il mio elenco di canzoni-associazioni. J Accetto qualsiasi cosa, parodie, cover, strumentali, sigle di cartoni animati, canzoni Disney... Tutto. J Se non volete lasciare un link allora datemi modo di reperire la canzone, perciò scrivete:
Titolo - Autore (se è una cover l'autore della cover) - Eventuale specificazione
es. Mio marito è gay - Saretta - Festival di San Jimmy 2007, Lo Zoo di 105
Sì, per chi non lo sapesse, questa canzone su YouTube c'è veramente.
Spero che l'iniziativa piaccia. ;u; Altrimenti mi sentirò parecchio stupida. ^^"
A presto! :D
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LaGraziaViolenta