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Autore: Medea00    20/10/2013    7 recensioni
Raccolta in cui sono contenute tutte le OS che ho scritto per le Seblaine Sundays e l'iniziativa domeniche a tema, organizzata dal gruppo Seblaine Events. Tutti i rating e i generi che mi passano per la testa.
23/06: Supernatural!AU
30/06: Babysitting
21/07: Dystopic!AU
1/09: Aeroporto
15/09: Magia
22/09: Literature!AU
6/10: 4 canzoni del tuo Ipod
20/10: Raffreddore
27/10: Scommessa
17/11: Esame andato male
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events .








Il McKinley Memorial è il miglior ospedale di Lima. Forse, perchè è anche l’unico.
Per una città che faceva, grossomodo, non più di sessantamila abitanti comprendenti giovani bambini con le loro sbucciature e anziani in dialisi, un ospedale bastava e avanzava. Tuttavia, i medici che ci lavoravano non erano affatto incompetenti: certo, non avevano grandi interventi, e la situazione più emozionante che poteva capitar loro era la signora Thompson, della mensa, che serviva pizza al posto del solito purè, ma erano felici. La vita di un vero medico non era come la descrivevano in Grey’s Anatomy, fatta di bombe, sparatorie, sesso, altro sesso e dottori super eccitanti.
Tuttavia, quando Nick vide Blaine attraversare le porte del loro ospedale, pensò che ci fossero degli elementi piuttosto somiglianti: con la divisa blu scuro coperta da un camice bianco, uno sbadiglio enorme e i capelli completamente arruffati... forse Blaine poteva essere definito il “Dottor Stranamore”
di Lima?
“Hai fatto nottata, Blaine?” Lo canzonò facendogli l’occhiolino e porgendogli il suo caffè nero e bollente, unico motore della lunga giornata che si prospettava loro. Blaine si passò una mano sul viso, accarezzandosi quel residuo di barba che non aveva fatto in tempo a togliere quella mattina; si sedette al loro solito tavolo, erano appena le sei e un quarto, il giro di visite cominciava tra mezz’ora.
Nick e Blaine erano stati compagni di college, di camera, di studio e insomma, erano compagni di vita. Si sostenevano l’un l’altro e il fatto di lavorare insieme li aveva uniti ancora di più. E in ospedale c’era sempre bisogno di qualcuno che potesse coprire le spalle.
“Puoi dirlo forte”, Sbuffò Blaine, “Ho fatto le cinque per studiare quel tomo gigantesco.”
“Gli esami sono tra due mesi, hai ancora un po’ di tempo, lo sai.” Nick sollevò il suo caffè dal tavolino e cominciò a giocare con il tappo di plastica. “Da quant’è che non ti prendi una vera e propria serata libera?”
“Nick, non me lo domandare, lo sai che sono domande che non si fanno.”
“Okay amico, come vuoi tu.” Era meglio non insistere quando Blaine era così di pessimo umore.
E così era cominciata un’altra delle loro identiche giornate, perchè sì: le loro giornate si ripetevano l’una dopo l’altra ed erano monotone, tutte uguali, non c’era mai un colpo di scena o qualcosa di inaspettato. Semplicemente, le ore del giorno si susseguivano quasi svogliatamente fino a raggiungere l’ora in cui si toglievano il camice e si mettevano un qualsiasi altro vestito comodo per tornare a casa.
Nick poteva quasi cronometrare ogni fase al minuto: ore sei e un quarto, caffè con Blaine. Ore sei e quarantacinque, orario di visite. Ore otto e mezza, altro caffè con Blaine. Ore dodici, pranzo. Da lì, poi, interventi di routine quali appendicite, operazione alle tonsille eccetera eccetera. Alle ore otto staccavano e andavano a mangiare qualcosa fuori, perchè erano troppo stanchi per cucinare, e perchè in qualche modo dovevano pur consumare il loro stipendio, dal momento che non uscivano mai di casa, troppo impegnati a studiare o dormire.
Dopo cinque anni che erano in quel posto, era quasi rassicurante sapere che c’era una monotonia di fondo, una banalità nell’avvicendarsi dei loro interventi che garantiva una certa tranquillità. A loro non interessavano le cose alla Grey’s Anatomy, volevano solo aiutare le persone, e quando qualcuno non moriva quel giorno, beh, era il meglio che potesse capitare.
Stavano parlando dell’appendicectomia di Nick quando Sebastian Smythe si sedette al loro tavolo senza troppe cerimonie, con un caffè fumante stretto tra le dita. Aveva sempre quell’aspetto impeccabile e quell’aria che niente al mondo riuscisse a turbarlo.
“Buongiorno sfigato. Blaine.” Aggiunse, allungando il suo sorrisetto. “Ancora a contare le pagine del libro di anatomia?”
“Sebastian.” Il tono con cui Blaine pronunciava il suo nome era sempre insolito; non si poteva dire se era arrabbiato, ironico, seccato o, più semplicemente, inespressivo. “Buongiorno anche a te. Sempre in elegante ritardo.”
“Un chirurgo plastico può permettersi di dormire un po’ di più. Sai, per la pelle.” Sfoggiò un sorriso che, in genere, stendeva tutte le infermiere presenti nella stanza. “E tu invece, mio caro chirurgo generale?”
Blaine alzò gli occhi al cielo e poi si scambiò un’occhiata con Nick, intendendosi alla perfezione e lasciando sorvolare la domanda. Non odiavano Sebastian, non davvero, era un ottimo chirurgo: il problema sorgeva nel momento in cui lo ostentava di fronte a qualsiasi essere vivente.
“Sapete, la ragazza a cui ho costruito il naso mi ha portato un pacchetto di cioccolatini.”
“Ti prego”, Esordì Nick, “Non iniziare la tua filippica su quanto il tuo lavoro sia meglio de nostro.”
“Ma lo è.” Si sistemò meglio sulla sedia, incrociando le braccia al camice pulito e stirato. “Aiuto le persone ad avere autostima, si vedono belle e sono più felici. E sappiamo tutti che la felicità scatena una reazione a catena di placebo che garantisce una maggiore longevità, nonchè una minore propensione alle malattie. E vedere i loro volti soddisfatti, nonchè il mio conto in banca pieno – ghignò – è tutto ciò che desidero. Dopotutto, che altro potrei desiderare? Io sono bellissimo di natura e senza bisogno di interventi.” I due ascoltatori fecero una smorfia, che assomigliava vagamente a un sorriso: avevano sentito quel discorso così tante volte che ormai lo trovavano solo divertente.
“E voi, invece? Voi che fate, oltre che a essere dei terribili macellai? A parte Blaine, si intende.”
“Salviamo delle vite”, Ribattè Nick, e Blaine stava per aggiungere qualcosa scuotendo la testa, ma venne interrotto da un sonoro starnuto.
“Visto?” Sebastian gesticolò verso di lui con fare trionfante, prima di cercare nella tasca del camice un fazzoletto. “Se non ci tenete al vostro aspetto esteriore, ne risentirà anche quello interiore. Infatti Blaine è malato.”
“Non sono malato”, Rispose lui come un bambino capriccioso, continuando a tirar su con il naso. Quando sfiorò le dita di Sebastian per prendere il fazzoletto, lo guardò per un secondo. “Grazie.”
“Figurati Killer.”
Gli dava tremendamente fastidio quel soprannome: insomma, non era proprio il massimo chiamare un chirurgo “Killer”, no?
“Ma dal basso della mia conoscenza da chirurgo plastico”, Lo scrutò inclinando leggermente la testa, “Secondo me ti stai per prendere un bel raffreddore.”
“Sono un medico”, Sentenziò lui, “Il mio compito è curare gli altri, non me stesso. E infatti adesso devo andare, oggi pomeriggio ho un’operazione.”
Sebastian lo osservò mentre finiva di bere il suo caffè, intrecciando le mani sulle gambe e non battendo ciglio nemmeno per un secondo: “Operazione difficile?”
“No... è soltanto lunga. Speriamo che vada tutto per il verso giusto.”
“Ma certo che ci andrà”, Ribattè lui. “Insomma, se la facesse Nick avrei qualche dubbio, ma non con te.”
Mentre Blaine arrossiva, Nick finse una risata scettica aggiungendo un “Quanto sei divertente”, ma Sebastian lo ignorò.
“Ah Blaine”, Lo richiamò, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. “Devo chiederti un consulto per un paziente. Ce li hai dieci minuti?”
Blaine lo guardò da dietro il bicchiere, facendo una lunga pausa. Sembrava stesse riflettendo sui suoi impegni, mentre non distoglieva lo sguardo dalle iridi verdi di Sebastian. Alla fine disse di sì.
“Non ho molto tempo, però possiamo occuparcene adesso.” Si alzò in piedi nel suo stesso momento, con Sebastian che accartocciava il suo bicchiere di carta.
“Grazie. Non ci vorrà molto, te lo assicuro.” Salutarono Nick, che rispose disinvolto con un cenno della mano, e insieme si avviarono verso il terzo piano dell’ospedale, dove c’era la stanza delle radiografie, delle T.A.C. e molto altro ancora.
 
 
“Davvero Sebastian, ho soltanto dieci minuti”, Ansimò Blaine mentre si faceva sbattere al muro della piccola stanza, con Sebastian intento a baciargli il collo e slacciargli i pantaloni.
“Mi bastano. Certo, preferirei fare le cose con più calma, per poter fare questo...” Gli leccò il pomo d’adamo gustandolo piano, come un piccolo gioco proibito che amava con tutto il suo cuore. Blaine, premuto contro di lui, gemeva sottovoce, una mano era ancora appoggiata sulla maniglia della porta chiusa a chiave.
“O questo”, sussurrò, accarezzandogli l’eccitazione da sopra i boxer grigi, facendolo impazzire giusto un po’ di più.
“Sebastian.” Non riusciva a dire altro se non il suo nome. E a Sebastian quella cosa piaceva da morire.
“Chi hai da visitare questa mattina?” Si sentì chiedere con voce languida, mentre i suoi pantaloni scendevano sempre più in basso e la maglietta del camice sempre più in alto, mostrando la pelle abbronzata e l’irresistibile v dei suoi fianchi.
“La Robbins... e la signora Tate...”
“Tutte vecchie che oggi non devono morire.” Sorrise contro le sue labbra, lasciandogli un bacio che sapeva di passione, di proibito, di eccitazione e di saliva. “Abbiamo più di dieci minuti.”
“Sì”, Confermò Blaine. Si aggrappò al corpo di Sebastian cingendogli il collo con le braccia e lo ripetè ancora una volta. “Sì, abbiamo più di dieci minuti.”
Sebastian ridacchiò a un centimetro dal suo viso. Lo sollevò da terra, afferrandolo per il sedere e portandolo lentamente verso la brandina posta all’angolo della stanza. Blaine lo baciava piano, timido, con una punta di coraggio quando le loro lingue si scontravano e facevano gemere entrambi.
“Sai, riguardo quel consulto...” Iniziò Sebastian, facendolo adagiare senza troppa dolcezza sul letto, mentre Blaine gli sfilava la maglietta.
“Volevo chiederle, dottore, un parere sul tipo di manovra da usare per un intervento. Secondo lei è meglio una penetrazione da dietro o una frontale?”
“SEBASTIAN”, Urlò Blaine, ma subito dopo si pentì di averlo fatto e con le guance in fiamme andò a tapparsi la bocca.
“Frontale, eh? Mhm sì, in effetti la preferisco anche io.”
Blaine lo pizzicò sul fianco, ridacchiando piano. Era ancora rosso in viso, così Sebastian si chinò a baciargli il collo aspettando che si calmasse un poco.
“Sai, questa tua timidezza da studentello in calore è ancora incredibilmente eccitante.”
“Anche dopo un anno?”
“Non hai idea”, Gemette, quando Blaine cominciò a toccarlo. I loro corpi erano premuti l’uno contro l’altro, i loro visi poco distanti, i loro respiri erano fusi in un solo ansito, piccolo, lascivo, come qualcosa di nascosto e di trepidante. Fu solo quando Sebastian scoppiò in una piccola risata che Blaine, per un attimo, perse la concentrazione su quello che stava facendo.
“A che pensi?” Gli venne da sorridere automaticamente perchè, beh, la risata di Sebastian era davvero bella.
“Alla prima volta che ci siamo conosciuti. Mi avevi scambiato per uno del primo anno...”
“Che ne sapevo io che ti eri trasferito dall’ospedale di Westerville?” Ribattè guardandolo negli occhi prima di baciarlo un’altra volta, e poi un’altra, mentre i loro corpi si muovevano a sincrono, a ritmo dei loro sospiri.
“Ammettilo che me l’hai chiesto soltanto per capire se potevi scoparmi oppure no”, canzonò Sebastian. Blaine arrossì appena, ma invece di rispondergli verbalmente cominciò a toccarlo con più forza, lasciandolo per un bel po’ senza parole.
“Ti stai confondendo. Quello che voleva portarmi a letto sei sempre stato tu.”
“Oh sì. Assolutamente sì.”
E non sapeva bene se si riferisse alla sua affermazione, o al modo con cui adesso aveva ribaltato le posizioni, cominciando a leccargli il petto, i capezzoli, gli addominali, fino a scendere più in basso.
“Mi avevano parlato così tanto di te...” ammise Sebastian con un filo di voce, mentre le sue mani andavano  a scompigliare i capelli riccioli di Blaine, stringendoli e tirandoli quando il piacere diventava più intenso.
“Non credevo che la realtà potesse reggere le aspettative. E invece-Dio, quanto mi sbagliavo.” Disse proprio quando Blaine cominciò a stuzzicarlo con cura, godendosi ogni fremito, ogni variazione di colore nella sua voce, il suo corpo caldo che moriva dalla voglia di unirsi al suo.
Blaine si staccò da lui con un sorriso sulle labbra, come ripensando a qualcosa di incredibilmente divertente mentre Sebastian era lì, sotto di lui, che si chiedeva perchè diavolo si fosse fermato.
“Ma ti ricordi di quando hai chiesto alla signora Thompson il Corvousier da mettere nel caffè?”
“Sì. Senti Blaine, perchè non parliamo un’altra volta dei bei tempi andati?”
Si mise a sedere per prendergli il volto tra le mani e baciarlo con foga, lasciando che la risposta soffocasse sulle sue labbra e afferrandogli con fermezza i fianchi, mentre lo faceva stendere di nuovo sotto di lui, e si baciavano, gli occhi chiusi e la luce del sole che filtrava dalle persiane della piccola finestra, illuminando i loro corpi.
Blaine si aggrappò a Sebastian, Sebastian cominciò a succhiare e mordere una parte del suo collo e decisero, in quel momento, di non aver più voglia di parlare. Il loro dialogo fu uno scambio di gemiti, lingue, frasi spezzate a metà e imprecazioni sottovoce. Era il corpo di Sebastian che entrò in Blaine con decisione e trepidazione, era Blaine che inarcò la schiena invocando per l’ennesima volta il suo nome; era quella frizione deliziosa di due persone che si trovavano perfettamente a loro agio.
E Sebastian, lui, non aveva mai trovato qualcuno come Blaine. Ed era stato con tanti ragazzi, nella sua vita. Ma Blaine, lui era più che eccitante, era più che seducente, era un frutto proibito che lo aveva trascinato in un inferno dal quale non sarebbe più tornato indietro. Era il modo con cui si mordeva il labbro quando spingeva più forte, era il suo nome pronunciato con voce impastata, erano i suoi occhi scuri, carichi di piacere mentre lo guardavano e pregavano ancora, ancora, ancora.
Era la voglia che aveva di baciarlo e mordergli un labbro e succhiare una parte del suo collo e farlo venire tanto, a lungo, in tutti i modi possibili. Voleva prenderlo così forte da fargli mancare il fiato, voleva vederlo gemere sotto di lui, sentire le sue mani che lo cercavano e stringevano, afferravano, toccavano avendo perso ogni minuscola timidezza.
Era il punto in cui entrambi venivano colti da un piacere indescrivibile quasi nello stesso momento, i loro corpi che si accasciavano l’uno contro l’altro, le loro labbra a distanza di un bacio, tremanti, sopraffatte dai respiri dilungati.
E Blaine era il piccolo bacio sulla spalla che gli lasciava ogni volta che si abbracciavano e restavano vicini, lasciandosi riposare per dieci minuti prima di doversi rivestire e riprendere le loro vite.
 
 
 
“Avete finito il vostro consulto?” Chiese Nick a Blaine e Sebastian non appena si aprirono le porte dell’ascensore. Erano vestiti, ordinati e composti, come spettava a due chirurghi in procinto del loro esame da specializzando. Blaine fece una smorfia, Sebastian mise le mani in tasca e tutti e tre aspettarono che le porte si chiusero di nuovo per poter parlare, arrivando fino al sesto piano.
“Se posso darvi un consiglio, evitate di essere così palesi”, decretò Nick. Sebastian si strinse nelle spalle, non era un affare che gli riguardava; Blaine, invece, tossì come imbarazzato: “Non se n’è accorto nessuno...”
“Blaine, lo sanno tutti”, Scandì Nick, proprio mentre le porte dell’ascensore si aprivano. “In realtà, credo che l’unica persona che ancora non lo sa sia-“
Amore!”
Josh Samuelson spalancò le braccia in direzione di Blaine, che sbiancò improvvisamente mentre si faceva stringere in un abbraccio, ricambiando giusto un attimo dopo e cercando di contenere il cuore che rischiava di scoppiargli via dal petto. Era il classico dottore alto, bello, biondo e con un sorriso perfetto, insomma: detestabile al cento per cento.
“Non ti ho visto per tutta la mattina, che fine avevi fatto?”
“Sono stato con...” Si morse la lingua. “Con Nick. Sai, per il giro di visite.”
“Sì, abbiamo avuto dei problemi con... la signora Tate.” Aggiunse Nick alla svelta, fingendo di cercare qualcosa nel suo cercapersone. “Devo andare. A dopo.”
Sebastian lo salutò con un cenno della testa mentre Blaine, più esaustivo, gli disse che si sarebbero visti a cena. Erano i loro modi per ringraziarlo.
“Ah, capisco.” Josh gli prese la mano con delicatezza, intrecciando le dita alle sue. “Tutto bene ora?”
“Sì, sì davvero, non potrebbe andarmi meglio.”
Evitò accuratamente lo sguardo di Sebastian.
“A te com’è andata con... i pazienti?”
“Sempre se si possono definire pazienti i denti che devi sturare.” Sentenziò Sebastian. Blaine e Josh si voltarono quasi all’unisono, il primo con un’espressione seccata e il secondo più neutro, normale.
“So bene che non approvi il mio lavoro, Sebastian, ma non mi interessa.”
“Oh no, non fraintendermi, io amo i dentisti. Senza di loro chi si occuperebbe delle carie dei marmocchi e degli obesi? Mi offende solo che ti reputi un dottore a pari merito con me e Blaine.”
“Lo sono. Ho fatto i tuoi stessi anni di medicina, Smythe, e forse anche di più.”
“Oh beh, diciamo che io non avevo bisogno di studiare anatomia su dei libri, dal momento che avevo tanti corpi con cui lavorare.”
“Josh, coraggio, andiamo via.” Blaine lo prese per mano strattonandolo un po’ verso di lui. Non guardò Sebastian. Non gli lanciò un’occhiata scettica o qualsiasi altro riferimento che facesse intendere quanto fosse stufo; in realtà, sapeva benissimo che lui e Josh non erano mai andati d’accordo e mai lo sarebbero stati. Erano, fondamentalmente, diversi: Josh era dolce, premuroso, lo amava e lo riempiva sempre di attenzioni. Sebastian era... Sebastian era tutto il resto.
Era passione. Desiderio. Intimità, complicità. Libertà totale in qualsiasi aspetto.
Blaine ormai non si sentiva più in colpa per quello che faceva, lo faceva da troppo tempo. Sperava soltanto che, prima o poi, avrebbe avuto il coraggio di dirlo al suo fidanzato. O di chiudere con Sebastian, nel caso.
Il punto era questo: lui aveva bisogno di entrambi. Perchè Sebastian non voleva una storia seria e questo era il principale motivo per cui finivano a farlo di nascosto agli orari più improbabili.
Sebastian non voleva niente di più da lui. Ecco perchè Blaine stava ancora con Josh. Ecco perchè sperava sempre che non lo venisse mai a sapere, mai.
Sebastian lo guardò e basta, mentre si allontanava mano nella mano con il suo fidanzato.
Gli scappò uno starnuto. Ma quella piccola cosa, invece di infastidirlo, lo fece sorridere.
A quanto pare Blaine era veramente raffreddato, dopotutto.
 
 
“Sei raffreddato?”
“Non per colpa mia”, Sbottò Sebastian a Nick, lanciando un’occhiata verso Blaine. Avevano entrambi gli occhi arrossati, il naso tappato e il respiro pesante. Blaine posò il caffè sul tavolino davanti a loro, non aveva nessun sapore e gli era passata la voglia di berlo. Erano passati tre giorni e quel raffreddore sembrava soltanto peggiorare. Dopo il quinto starnuto consecutivo Nick sollevò un sopracciglio piuttosto preoccupato, non sapeva decidersi se stesse peggio il suo amico storico o il suo amante.
“Certo che siete intelligenti”, Commentò, “Anni e anni di medicina per cosa? Beccarsi un raffreddore.”
“Non pensavo di essere così raffreddato”, disse Blaine a sua discolpa ma, scetticamente, gli altri due lo guardarono male. Insomma, loro erano medici, non si ammalavano mai, giusto? E allora perchè si sentiva le gambe deboli, la testa rimbombare, il naso arrossato e la gola raschiata?
“Forse è meglio che vada a casa.”
“Oh no, adesso resti qui con me e finisci il turno.”
“Sebastian, mi sento morire.”
“Ti arrangi killer, così impari ad attaccarmi il raffreddore con i tuoi stupidi germ-“
“Oh andiamo, adesso sarebbe colpa mia?”
Sebastian lo guardò torvo, estraendo l’ennesimo fazzolettino dalla tasca: “Di chi era il raffreddore?”
“E di chi era il consulto?”
“Ragazzi-“ Tentò di dire invano Nick, con voce allarmata, ma loro due erano troppo presi a litigare per badare a lui. Succedeva sempre così: finivano per scordarsi del resto del mondo.
“No Nick, adesso devo insegnare a Blaine un po’ di medicina elementare. Dimmi un po’ Anderson, quali sono i sintomi più comuni del raffreddore?”
“Ragazzi...”
“Starnuti, produzione abbondante di muco, congestione nasale, mal di gola, tosse,”- cominciò a dire Blaine con voce saccente, “Mal di testa, sensazione di stanchezza, irascibilità, nervosismo, spossatezza... oh, aspetta un attimo, questo non è il raffreddore, questi sono i sintomi che mi provochi tu!”
“Sei in vena di scherzare oggi, eh?” Ribattè dopo essersi soffiato il naso. “Ti manca l’elemento fondamentale, Blaine: si trasmette via aerea oppure attraverso contatto diretto delle-“
“Che sta succedendo qui?”
Si voltarono di scatto tutti e due, con Nick che si metteva una mano sul volto; voleva sotterrarsi, forse, oppure non voleva assistere alla scena che stava per accadere. Josh era in piedi di fronte a loro con un paio di caffè fumanti, la tipica espressione di chi stava mentalmente e meccanicamente facendo due più due a molti calcoli lasciati irrisolti con il passare dei mesi.
“Blaine? Di che stavate parlando?”
Blaine era paralizzato. Non sapeva cosa dire. Non sapeva quando e quanto avesse sentito. Si limitava a fissarlo incredulo, la bocca semi-aperta, il cuore che batteva all’impazzata e cercava le parole, le cercava sul serio; uscì soltanto un “Josh” pronunciato con tono quasi disperato, che non lo rassicurò proprio per niente.
“Stavamo parlando di raffreddore”, terminò Sebastian. Josh lo guardò incolore, aspettando che proseguisse. “Dal momento che lo abbiamo entrambi, io lo stavo accusando di avermelo attaccato e si stava scherzando su questa cosa.”
“Scherzando?” Replicò, assottigliando il suo sguardo.
“Certo. Stavo insinuando che me l’ha attaccato... che ne so, andando a letto insieme.”
Meno male che Blaine aveva posato la tazza di caffè prima, altrimenti si sarebbe soffocato con il caffè.
Avrebbe anche voluto dare uno schiaffo a Sebastian e chiedergli che diavolo stesse facendo, ma una parte di sè ammise a malincuore quanto quell’idea fosse geniale: forse Josh ci avrebbe creduto, conosceva Sebastian, sapeva della sua indole scherzosa e piccante.
Infatti, dopo qualche secondo, lo vide liberarsi in una risata rassicurante, che gli tolse un profondo peso dal cuore.
“Lo sapevo! Voglio dire, era ovvio. Ah ah, Sebastian, sei troppo simpatico!” Esclamò dandogli una pacca sulla schiena. Sebastian si limitò a fare uno di quei sorrisi che non volevano dire assolutamente niente: “Da morire.”
Ma Blaine non si era ancora calmato del tutto per quella faccenda: aveva un brutto presentimento e, infatti, si sarebbe confermato poco dopo.
 
 
“Allora?”  Gli chiese Josh una volta saliti in macchina. Il veicolo era spento, il parcheggio sotterraneo dell’ospedale era in penombra e silenzioso, c’erano soltanto loro due. Dovevano avviarsi per andare a casa di Blaine, ma Josh non sembrava intenzionato ad accendere il motore.
“Allora cosa?” Blaine fissava il vetro del finestrino. Non c’era molto da vedere, ma sempre meglio del volto arrabbiato del suo ragazzo.
“Blaine. Non sono idiota. Non credi che sia ora di dirmelo?”
“Non so di cosa stai parlando”, Sussurrò, tirando su con il naso. Maledetto raffreddore. Stava per soffiarselo e trattenere uno starnuto, quando Josh gli bloccò il polso: “Di questo. Del raffreddore che ha colto misteriosamente te e Sebastian.”
“Josh, andiamo, è soltanto un raffreddore.”
“Davvero, Blaine?” Lo costrinse a guardarlo. Gli occhi azzurri erano freddi, vuoti, inquisitori.
“E che mi dici delle consulenze alle sei di mattina, o ad altri orari improbabili? Su quale paziente ti chiede consiglio?”
Blaine balbettò senza dire qualcosa di concreto. “Non... sono diversi pazienti...”
“Sì, infatti, Nick mi ha detto della signora Tate. Ho scoperto soltanto oggi che la signora Tate è una donna in coma farmacologico da cinque anni.”
“Josh, ti prego-“
“No Blaine. Questa storia è andata avanti fin troppo. Credi che non notassi le frasi che vi lanciate tu e Sebastian? Il modo con cui vi guardate? Il caffè che ti offre ogni giorno? L’intimità che avete?”
Come si guardavano? Lui non ci aveva mai fatto caso. Lui pensava di essere stato sempre attento, sicuro.
Josh sospirò dopo diversi secondi, scuotendo piano la testa.
“Non importa. Forse è meglio così.”
“...Che intendi dire?”
“Che anche io ti ho tradito.”
Oh.
Quello non se lo aspettava.
“Come... quando...?”
“Non te ne sei nemmeno accorto, vero?” Ridacchiò come sconfitto, lasciandogli andare il polso per appoggiare stancamente le braccia al volante, affondandoci la testa.
“Si chiama Eli è... l’infermiere di ostetricia.”
Cos’era quel tono? Quella vena di dolcezza nelle sue parole, nel modo con cui aveva pronunciato il suo nome? Gli ricordava qualcosa, e poi realizzò: anche lui aveva quell’espressione quando nominava Sebastian. Aveva presente chi fosse Eli: alto, magro, castano, occhi dolci. Non sapeva nemmeno che fosse gay. Ma soprattutto, perchè stava pensando a quelle cose? Blaine aveva gli occhi spalancati guardando un punto fisso del parcheggio: quello era il momento in cui si sarebbe dovuto arrabbiare, avrebbe dovuto sfasciargli la macchina, piangere, dirgli quanto fosse stato ingiusto.
Non riusciva a capire se fosse calmo perchè sapeva di aver fatto la stessa cosa, oppure perchè...
“Non ci amiamo.”
Quella frase gli uscì senza pensarci.
“Non ci amiamo, Josh, altrimenti non... non ci saremmo comportati in questo modo.”
“Lo so.” Ammise l’altro, guardandolo con la coda dell’occhio. “Blaine, mi dispiace così tanto.”
“No, no, cosa dici? Dispiace a me.”
Si guardarono per qualche altro secondo, ma avevano già capito: Blaine uscì dalla macchina e si avviò verso casa di Sebastian perchè, semplicemente, aveva bisogno di parlare anche con lui.
 
 
Quando Sebastian gli aprì la porta, per poco non gli cadde il bicchiere di vino che teneva in mano: lo guardò confuso e, allo stesso tempo, felice di vederlo, mentre lo faceva entrare con un sorriso e gli disse di accomodarsi. Indossava una semplice tuta con un cardigan scuro e i capelli non erano fissati e pettinati come quando era al lavoro ma, oh, che importanza aveva? Sebastian era sempre bellissimo. Così tanto che Blaine si trovava quasi a sospirare.
“Mi sono lasciato con Josh”, disse tutto d’un fiato, dopo che entrambi si erano seduti sul divano, Sebastian accanto a lui. Sembrava davvero sorpreso. E confuso. Ma non dispiaciuto.
“Che-Che cosa?!”
“Mi ha tradito.”
Ecco. Adesso era arrabbiato.
“Lo ammazzo”, disse a denti stretti, appoggiando il vino sul tavolo prima che potesse stritolarlo. Si voltò completamente verso di Blaine, i suoi occhi verdi lo scrutavano indagando se ci fossero residui di pianto nei suoi.
“Sto bene, Sebastian. E non c’è bisogno di prendersela. Anche io l’ho tradito, oppure te lo sei scordato?”
“Ma con te è diverso.” Disse sovrappensiero. Tanto che Blaine fu costretto a chiedergli: “In che senso?”
“Nel senso che lui è un coglione, ma chi cazzo mai tradirebbe uno come te? È davvero un idiota.”
Blaine si trattenne dal sorridere. Erano questi i complimenti che lo facevano arrossire, non le frasettine piene di doppisensi che gli lanciava ogni mattina: erano questi commenti a caldo fatti senza nemmeno rendersene conto, perchè Sebastian pensava davvero che Blaine fosse speciale, e lo ammetteva soltanto in quella maniera. Blaine lo guardava con occhi pieni e-Dio, perchè era così bello anche se il suo volto era devastato dal raffreddore? Probabilmente lui era nelle stesse condizioni, comunque.
“Si può sapere almeno con chi ti ha tradito?”
“Eli, l’infermiere di ostetricia.”
“Stai scherzando. Quel tipo è orrendo, è alto e rachitico, sembra un faro!”
“Sebastian, dai...”
Sebastian a quel punto si accasciò sul divano, il fazzoletto in una mano e l’altra appoggiata sulla sua gamba, proprio vicino a quella di Blaine.
“Come... come ti senti, quindi?”
Blaine si strinse un po’ nelle spalle, incrociando le braccia come per riscaldarsi. “Bene, credo. So che dovrei starci male ma... non lo sono. Forse non lo amavo come credevo.”
“Ma và? Che scoperta.”
Voltò la testa di scatto: Sebastian però adesso stava ridacchiando, mentre gli passava un altro fazzolettino dalla sua scatola di Kleenex.
“Almeno adesso potremmo farlo in posti più comodi”, Commentò divertito.
“Ah, a proposito, sa di noi.”
Stavolta fu Sebastian a voltarsi, ma si guardarono per qualche secondo. Se per un attimo sembrava sorpreso, l’attimo dopo era più consapevole, anche per lui era scontato che, prima o poi, sarebbero stati scoperti.
“Quando l’ha capito?”
“Diciamo che il raffreddore non ha aiutato ma... credo lo sapesse da un po’.”
“Ehi.” Alzò le mani. “Non è colpa mia. Cioè, non me ne frega nulla, ma se sei arrabbiato con me io-”
“Non sono arrabbiato con te.”
Sebastian fu preso contropiede: “Non lo sei?”
“No”, Rispose atono Blaine; gli sorrise. Dopodichè, piano, si chinò verso di lui per dargli un piccolo bacio a fior di labbra. Ed era lì, la domanda lasciata in sospeso: era la consapevolezza che il loro rapporto stava diventando qualcosa. Non sapevano nemmeno loro cosa, ma ormai non era più sesso occasionale, non era più semplice rapporto superficiale. Erano diventati amici, complici, amanti, e Blaine voleva chiedere a Sebastian se tutto questo gli andasse bene.
Sebastian, a quel punto, prese un fazzolettino dai Kleenex e lo strofinò contro il suo naso. Era un sì.
“Ci vediamo un film?”
Lo fissò di nuovo, senza proferir parola. Fu soltanto dopo aver realizzato il tutto che gli prese il volto fra le mani e lo baciò, a stampo, ma prolungato e più intenso di prima. Sebastian si staccò da lui troppo presto, per i loro gusti, e con un sorriso divertito disse: “Ti bacerei meglio se non avessi paura del tuo catarro.”
“Oh mio Dio. Hai rovinato il momento più romantico della nostra storia con la frase più terribile di tutte.”
“Dovresti conoscermi ormai”, ridacchiò Sebastian, prendendo una coperta appoggiata sul bracciolo del divano e mettendola sulle sue gambe. Afferrò il telecomando della televisione e cominciò a scorrere la lista di MySky.
“Che film vuoi vedere?”
Blaine si accoccolò contro la sua spalla, leggendo silenziosamente la lista fino a scorgere un piccolo nome in sovraimpressione: “E se ci guardassimo Grey’s Anatomy?”
“Oh, no, ti prego. Al massimo possiamo fare 50 Shades of Grey io e te.”
“Sebastian.”
“E va bene, va bene, guardiamoci i dottori sexy che scopano come ricci. Uhm, mi ricorda qualcuno.”
Sebastian.” Ma Blaine stava sorridendo, proprio come Sebastian.
“Che? Io stavo parlando del Faro e del tuo ex cretino.”










Angolo di Fra

Non ha senso. Ma it's all right.
   
 
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