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Autore: ___Ace    20/10/2013    5 recensioni
“Non è serata, Evidenziatore, torna un’altra volta”.
Osservai quell’energumeno che avevo avuto la sfortuna di incontrare: i capelli in disordine e un orrendo paio di occhiali con le lenti spesse era appoggiato sulla fronte, tenendo quei ciuffi rosso vermiglio alzati verso l’alto; la maglia sporca di nero, pantaloni neri, scarponi neri. Praticamente avevo davanti a me l’Uomo Nero in persona.
Avrebbe potuto spaventare i mocciosi qui intorno.
*
Ecco, lui sembrava infiammato. Costantemente. Sembrava sempre avere qualcosa da dire, da fare o da vedere; non stava mai fermo e si muoveva in continuazione; a volte sembrava calmarsi ed essere colto da un’improvvisa quiete e sonnolenza, ma si riprendeva subito dopo; adorava i fuochi d’artificio e il fuoco lo affascinava. Diceva che era caldo, e quindi apprezzato dalle persone, ma allo stesso tempo temuto perché poteva bruciare e fare del male. Questi aspetti contrastanti gli piacevano immensamente, tanto da suscitare anche la mia curiosità e facendo si che, ogni volta che passava, mi ritrovassi chino sul bancone ad ascoltare le sue stramberie per nulla annoiato.
Ace era certamente così: bello, scoppiettante e caldo. Era il fuoco.
*
Kidd/Law. Ace/Marco. Penguin/Killer. Accenni Zoro/Nami.
Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Marco, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 3.
Datti una calmata, Eustass-ya

In the middle of the night.

Fuori aveva iniziato a piovere, una pioggerellina leggera, ma fitta, di quelle che ti fanno pentire di non aver portato con te l’ombrello e che si insinuano nei vestiti facendoti provare caldo e freddo allo stesso tempo perciò, quando entrai, mi sentii subito meglio percependo il calore accogliente del riscaldamento e dell’atmosfera particolarmente gradevole.
Il locale non era grandissimo, ma era provvisto di grandi vetrate che lo rendevano arioso e illuminato di giorno. Sotto le vetrate erano allineati una serie di salottini con divanetti in pelle sintetica, mentre a ridosso delle pareti erano stati posizionati dei tavoli con panche ai lati. Il bancone del bar era infondo alla stanza e le pareti piastrellate, con rappresentazioni colorate e tappezzate di quadri e manifesti, con volute e tralci floreali. I mobili erano di un legno scuro come il pavimento. L'ambiente e l'atmosfera sembravano piuttosto piacevoli, con musica di sottofondo e non invadente; gruppi di giovani ai tavoli e una buona birra per chiunque ne facesse richiesta.
Praticamente era il posto perfetto per incontrarsi a bere qualcosa prima di passare la notte fra divertimenti di vario genere, in base alle preferenze.
Ero sicuro che mi sarei divertito quel sabato sera. Rufy aveva un modo tutto suo di intrattenere le persone e le sue trovate erano sempre le migliori. Non ci si annoiava mai con lui, poco ma sicuro. Suo fratello, Ace, condivideva l’appartamento con me, così aveva esteso l’invito anche agli altri due miei compagni di studi: Bepo e Penguin.
Era stato molto gentile da parte sua e, non appena eravamo arrivati, tutti ci avevano accolti a braccia aperte, facendoci posto al tavolo e scambiando i soliti convenevoli. Mi piacevano quei ragazzini. Nonostante fossero ancora al liceo e arrancassero per portare avanti gli studi erano sempre sorridenti e pronti a dare una mano. Mi stupivano e mi facevano sentire in imbarazzo che ero pronto a celare con un certo contegno a volte, ma li lasciavo fare, godendomi i loro bisticci, le sfuriate delle uniche due ragazze, ascoltando i resoconti delle loro spericolate avventure stradali, Usopp stava prendendo la patente in quel periodo e Rufy era stato bocciato per la seconda volta, e notando come tutti riuscissero a farmi sentire allegro, anche se continuavo sempre a mantenere un certo distacco.
Non era da me mettermi al centro dell’attenzione. Apprezzavo il loro interesse nei miei confronti, ma tutto aveva un limite e preferivo non lasciarmi coinvolgere troppo dai rapporti d’affetto. Come stavano le cose in quel momento mi andava benissimo.
«Ragazzi ordiniamo? Io ho fame!». Come al solito, Ace iniziò a far valere le proteste del suo stomaco brontolante, seguito subito dopo dal fratello, tale e quale a lui.
Mi permisi di lasciarmi scappare un sorriso. Non sarebbero mai cambiati quei due.
«Aspettate ancora un po’, tra poco dovrebbero arrivare altre due persone» si intromise Sanji, guardando distrattamente l’ora sul display del suo cellulare.
Nuovi individui da studiare, perfetto.
Se c’era una cosa che mi piaceva fare era mettere sotto interrogatorio le persone, soprattutto i nuovi arrivati. Psicologia era una delle mie materie preferite e mi divertivo sempre a indovinare il carattere e i gusti delle persone. Bastava un’occhiata attenta per capire tutto quello che mi serviva sapere della loro vita.
Mentre aspettavamo pazienti, osservai Bepo arrossire di fronte ai commenti di Nami e Robin le quali, ogni volta che incontravano il ragazzone accento a me, non la smettevano un attimo di accarezzare i suoi capelli, continuando a ripetere quanto fossero soffici e quanto lui sembrasse un orsetto adorabile.
La prima volta che le avevo sentite dire una cosa del genere avevo represso un brivido lungo la schiena. Povero Bepo, io non sarei mai riuscito a resistere ad una cosa del genere.
Il diretto interessato se ne stava mogio mogio tra le loro braccia, senza protestare e godendosi imbarazzato quelle attenzioni, mentre un Sanji piuttosto geloso gli lanciava occhiate assassine dall’altra parte del tavolo.
«Oh, eccoli» disse Zoro ad un certo punto, interrompendo le mie riflessioni e sbracciandosi per farsi notare da qualcuno alle mie spalle.
Mi voltai di poco, giusto quel tanto che bastava per vedere con la coda dell’occhio di che razza di individui si trattava e dovetti stringere i denti e reprimere un moto di rabbia non appena riconobbi quell’orribile testaccia rossa alla quale avevo dato una bella lezione la sera precedente.

When the angels scream.

Ripensandoci bene, forse non era poi una situazione così tragica, al contrario, mi avrebbe permesso di stuzzicare quell’invasato e vendicarmi del labbro rotto che mi aveva procurato al quale ero stato costretto a mettere qualche punto la notte scorsa per evitare che la ferita si rimarginasse malamente.
Ci sarà da divertirsi, pensai, calcandomi con forza il cappello in testa, mentre Sanji e Zoro si alzavano e aggiravano le panche sulle quali erano stati seduti per dare il benvenuto ai nuovi ospiti.
«Ragazzi, loro sono Killer Slaughtering e Eustass Kidd. Ci siamo conosciuti ieri» spiegarono alla folla che li fissava sorpresi.
Trattenni una risata alla vista di quelle facce stupite e incuriosite.
Certo, é difficile non notare la chioma indomabile che si erge sopra a quella emerita testa di cazzo di, come si chiama, Eustass Kidd. Basterebbe anche solo il nome stesso a lasciare le persone a bocca aperta.
Ci stringemmo un po’ tutti e, quando mi ritrovai di fronte al poveraccio con l’occhio nero, capii che non avrei potuto rimandare l’uragano che era in arrivo, rovinando così il bel quadretto famigliare e il momento idilliaco. Così, prendendo un profondo respiro e gettando un’occhiata fuggente all’energumeno che avevo davanti, assicurandomi che fosse veramente lui, mi schiarii la voce, pronto ad usare il mio solito tono strafottente. Avevo il dono di far sembrare tutto quello che dicevo una presa in giro. E la cosa mi divertiva, mi divertiva parecchio.
«Ti chiami Eustass, giusto?» chiesi. Gli occhi nascosti dal frontino del cappello e il viso riparato dalle mani incrociate e appoggiate al mento.
Per tutta risposta, un grugnito arrivò alle mie orecchie e un cenno di assenso non sfuggì alla mia visuale protetta.
«Dimmi un po’», iniziai, sciogliendo le dita e lasciando trapelare un ghigno malefico, «Come te lo sei fatto quel brutto livido?».
Con queste parole mi levai il cappello e piantai i miei occhi nei suoi, leggendovi la sorpresa e subito dopo la rabbia, quella che animò i corpi di entrambi facendoci scattare in piedi pronti ad usare le mani per darci addosso, se necessario.
«Tu, rognoso bastardo!» tuonò con ira, sbattendo le mani sul tavolo e facendo rovesciare uno dei bicchieri dei ragazzi. Si trattenne dallo sferrare un pugno solo perché il suo compagno gli bloccò il braccio, intimandogli di calmarsi e di non fare troppo casino, altrimenti l’avrebbero sbattuto fuori.
Nel frattempo Penguin, che si era alzato nello stesso istante in cui lo avevo fatto io, percependo il pericolo, si rimise seduto, sempre tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo imbestialito davanti a noi, il quale non la smetteva di dimenarsi per togliersi di dosso le mani dell’amico.
«Non capisci, quel moccioso mi ha preso a pugni» insistette, cedendo infine alle suppliche di Killer e sedendosi scomposto sulla sedia.
Il resto della compagnia era ammutolito e prestava attenzione allo scambio di battute con interesse malcelato e uno strano divertimento da parte di quell’incosciente di Rufy, seguito da suo fratello e da Nami, mentre Chopper, un ragazzo assieme al quale frequentavo alcuni corsi all’università, e Usopp sembravano sconvolti dalla ferocia del nuovo arrivato.
«E anche a calci aggiungerei. A proposito, come stanno i bassifondi?» sfottei, allontanandomi dal bordo del tavolo appena in tempo per non venire afferrato dalla morsa delle braccia di Kidd, il quale si era lanciato attraverso il tavolo per agguantarmi e mettermi a tacere.
«Bada a come parli o questa volta al posto della bocca ti spacco tutta la faccia» sibilò, ritornando al suo posto.
«Provaci» lo sfidai, sperando segretamente che lo facesse sul serio. Non vedevo l’ora di fargli rimangiare tutta quell’arroganza che dimostrava. Sarebbe stato un piacere metterlo fuori gioco. Di nuovo.

I want to live a life I believe.

Quando fu chiaro che non ci saremmo sopportati affatto in quelle condizioni, fu deciso che ci saremmo seduti ai lati opposti del tavolo, in modo da non darci fastidio e non azzannarci alla gola. Peccato, avrei tanto voluto riempirlo di botte fino a farlo svenire per poi amputargli un arto e darlo in donazione ai bisognosi in lista di attesa all’ospedale dove facevo il tirocinio.
Non mi risparmiai però nel dedicargli tutte le peggiori frecciatine di cui ero capace. Infatti, dopo aver ordinato qualcosa da mangiare, ovvero tutto ciò che la cucina offriva a causa dell’appetito dei due fratelli e di Zoro, passò una mezz’ora durante la quale non feci altro che sostenere lo sguardo omicida di quel buzzurro senza cervello. Nessuno dei due parlò o fece un movimento; restammo seduti e in silenzio, lui appoggiato allo schienale della sedia e con le braccia incrociate ed io nella stessa posizione iniziale, quella che usavo per concentrarmi meglio quando escogitavo qualcosa di meravigliosamente offensivo verso qualcuno.
Quella sera le mie attenzioni sarebbero state tutte per lui.
Appena arrivarono le prime pietanze sondai tutti i piatti presenti, trovando lo spunto per i miei commenti sarcastici, ma comunque apprezzati dalla maggior parte dei presenti, dato che i meno svegli scoppiarono a ridere senza ritegno.
«Ehi, Usopp, i tuoi pomodori hanno lo stesso colore dei capelli di qualcuno dei presenti. Che coincidenza».
Dopo aver notato un dito medio rivolto nella mia direzione, sorrisi beffardo e non mi feci scrupoli, sfottendolo senza pietà. Mi dispiaceva solo per il suo amico, Killer, il quale sembrava temere per la sicurezza di tutti mentre cercava di distrarsi, chiacchierando del più e del meno con gli altri per conoscerli meglio e intavolare una conversazione civile, scusandosi anche per il comportamento del suo amico.
Andai avanti così per tutto il tempo, senza tregua, fino a quando non venne deciso per voto unanime che la serata si sarebbe conclusa in un locale poco distante dove, da quello che avevo potuto capire, si esibiva Brook, un membro della compagnia di Rufy. Un altro scapestrato, fissato con la musica e determinato a sfondare come cantante e musicista.
Fuori, per bontà Divina, aveva smesso di piovere, ma in compenso si era alzato un venticello autunnale fastidioso, tanto che mi vidi costretto ad alzare il bavero del mio cappotto nero.
«Allora, ci troviamo tutti al pub?» chiese Nami, tirando fuori dalla sua borsa firmata le chiavi della macchina e avviandosi verso il parcheggio seguita poco dopo da Robin, Sanji e Zoro.
«Si, ci vediamo li tra poco» accordarono gli altri e poi anche Usopp e Chopper andarono a recuperare la loro vettura, se così si poteva chiamare una Mini verde bottiglia con il paraurti arrugginito.
Li guardai scettico, sicuro che, prima o poi, si sarebbero schiantati addosso a qualche albero o peggio, qualche pedone.
«Vi serve un passaggio? Posso fare due giri» si offrì Ace, vedendo che Killer e il balordo idiota non accennavano a muoversi.
«Non preoccupatevi, siamo in moto» affermò il biondino, sorridendogli grato per l’offerta, «A lui hanno ritirato la patente ieri se…». Un sonoro scappellotto si abbatté sulla sua testa, impedendo al ragazzo di spiegarsi, mentre l’irascibile rosso gli intimava di starsene zitto.
Mi lasciai scappare una risata e venni subito deliziato da un’occhiataccia maligna che non mi fece ne caldo ne freddo. Se voleva giocare a chi incuteva più timore che si accomodasse pure. Aveva già perso in partenza.
«Bada a non fare tanto lo spiritoso, Trafalgar» mi ammonì serio, lasciandomi perplesso nel constatare che aveva abbastanza neuroni per ricordare come mi chiamavo.
«E tu datti una calmata, Eustass-ya, o quei capelli te li faccio diventare neri a suon di calci nel culo».
Non appena pronunciai quelle parole mi ritrovai a terra, sopraffatto da un peso eccessivo e serrai gli occhi per la fitta subita alla tempia.
Mi sentii strattonare per la collottola della giacca e mi ritrovai rialzato all’altezza della faccia di Kidd, il quale mi fissava furente digrignando i denti come un animale.
Che strano colore, mi ritrovai a pensare, notando per la prima volta quelle pupille grandi e ambrate. Mi ricordarono stranamente casa mia e la sensazione di benessere che provavo a ritrovarmi tra quelle pareti con l’unica differenza che, in quel preciso istante, ero fra le braccia di quell’esaltato che non ci avrebbe messo molto a spezzarmi le ossa.
Invece, con mia grande sorpresa, si limitò ad urlarmi in faccia quanto mi trovasse stronzo e altezzoso, bestemmiando ogni tre parole e senza smettere un attimo di sbatacchiarmi a destra e a sinistra come un pupazzo.
Gli artigliai i polsi e strinsi forse, sapendo quanto le persone si infastidissero a contatto con la mia pelle fredda, sentendo le mie dita bloccare il flusso sanguigno nelle vene. Il trucco funzionò, facendo si che Kidd mollasse la presa su di me e si allontanasse scosso di qualche passo, imprecando nuovamente e assalito poi da Killer e da Rufy, il quale, in un momento di serietà, gli chiedeva gentilmente e con le buone maniere di non aggredire mai più uno dei suoi amici o se la sarebbe vista con lui.
Alzai gli occhi al cielo. Doveva sempre fare l’eroe quel ragazzino.
Bepo e Penguin mi aiutarono ad alzarmi, chiedendomi se fosse tutto a posto e tastandomi le gambe per controllare che non ci fosse nulla di rotto. La testa pulsava, ma non perdevo sangue. Mi sarei trovato con una forte emicrania il giorno seguente, niente di grave.
Ace, con tutta la diplomazia di cui era capace, si mise in mezzo con le braccia e i palmi rivolti verso due lati opposti, come a volerci tenere sotto controllo.
«Ragazzi, per favore» iniziò supplichevole, «Non so perché non andiate d’accordo, ma fate un piccolo sforzo e piantatela di comportarvi come due bambini».
Tsk, non è certo colpa mia se questo qui non sa contenersi, pensai scocciato. Tuttavia, dobbiamo raggiungere gli altri, ormai saranno già arrivati e non ho intenzione di rimanere qui al freddo in compagnia di quello svitato. E poi posso sempre sfotterlo quando Ace non è nei paraggi.
«E va bene, per me è tutto sistemato» affermai accomodante, sperando che anche il mio avversario intuisse il mio piano, rimandando il nostro scontro ad un momento più propizio.
Sembrò cogliere al volo il mio piano, il che mi fece ricredere sul fatto che non fosse dotato di un cervello funzionante e affermò lo stesso, calmandosi visibilmente.
«Mi fa piacere sentirvelo dire. Ora stringetevi la mano». Ace, per quanto fosse un bravo ragazzo, a volte era troppo pacifista e di conseguenza stupido.
Guardai schifato il rosso di fronte a me e lui fece altrettanto.
«Avanti o non ci muoveremo da qui fino a che non vi sarete decisi a trovare un accordo e sapete tutti quanto Rufy sia impaziente» minacciò, indicando il fratello minore alle sue spalle mentre si infilava le dita nel naso beato, seduto sul cofano di un furgoncino.
Sbuffai sonoramente, avvicinandomi di qualche passo, imitato dopo qualche attimo di esitazione da Kidd e, quando fummo faccia a faccia, lo vidi allungare controvoglia la mano verso di me, borbottando qualche imprecazione e fissandomi con gli occhi ridotti a due fessure.
Misi a dura prova la sua pazienza, sputandomi sul palmo della mano destra e stringendo la sua ghignando. Poi, senza dargli il tempo di replicare o insultarmi, gli voltai le spalle e mi avviai verso la macchina, affiancato in un lampo da Penguin e gli altri, lasciando quell’imbecille a cuocere nel suo brodo.

Time to do or die.






Angolo Autrice.
Fuoco e fiamme dato che, ogni volta che si incontrano, non riescono a fare a meno di scontrarsi, ma sono così fottutamente adorabili quando lo fanno. Passando alle spiegazioni che forse saranno utili: Sanji e Zoro servivano a questo, far si che i due ragazzi interessati si incontrassero e si mandassero a quel paese fin dal primo momento. Volevo dare un cognome a Killer. Non mi piaceva presentarlo solo come Killer, stonava, quindi, come avrete immaginato, Slaughtering in inglese vuol dire Massacratore. Non ho messo Butchering perché significa Macellaio, lol.
Detto questo, la canzone in questo capitolo è Do or Die dei Thirty Seconds to Mars.
Vi lascio anche stavolta uno spoiler dato che il prossimo capitolo è già pronto:
 
“Ehi Kidd, tu non vieni?” mi sentii chiedere.
“Odio queste stronzate” grugnii in risposta, deciso a non farmi coinvolgere in quelle sciocchezze per bambini.
“Hai paura di perdere, Eustass-ya?”.
Inarcai un sopracciglio scettico e squadrai la fonte del mio nervosismo, notando che batteva con divertimento la mano sul bordo del tavolo, indicandomi il posto libero accanto a lui.
Cosa stava insinuando? Che non avevo il coraggio di battere tutti e ubriacarmi gratuitamente?

Per commenti, consigli, idee e quant’altro, tutto ben accetto, sapete dove sono e grazie infinite a chi legge, recensisce o da anche solo un’occhiata! *_____________*
See ya,
Ace.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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