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Autore: Dicembre    12/04/2008    9 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Undici

 

 

Al suo interno, la locanda era molto fumosa. Le pipe di adhar emanavano il loro tipico aroma che imperniava tutta l’aria circostante. Il luogo era così affollato che si faticava a muoversi. Solo un angolo era apparentemente occupato da una persona sola, avvolta in un manto molto scuro che la copriva fin sopra i capelli. Sembrava non essere presente in quel quadro di chiasso generale, sorseggiava la sua bevanda osservando la neve che cadeva all’esterno. Persino le mani erano avvolte dalla sua tunica, intorno a lui pareva esserci una alone luminescente…

Questa figura aveva attratto l’attenzione di due individui seduti ad un tavolo all’estremità opposta della taverna. I loro occhi guardavano in realtà, con estrema cupidigia, una pietra rosso sangue che si poteva intravedere a lato dell’uomo ammantato. Non era ben chiaro dove fosse incastonata o perché fosse lì, ma la lucentezza del prezioso ed il colore non lasciava dubbi sulla sua origine: una pietra dei Lavici, così rara e preziosa, che avrebbe fatto gola a chiunque e questo, i due osservatori, lo sapevano bene.

Ai due individui se ne avvicinò un terzo, con l’aria di chi ha ben capito a cosa stessero mirando i compari.

“Chi più essere così ingenuo da portare una Lavica con sé e non nasconderla debitamente?” Bisbigliò, una volta seduto al tavolo.

“Sembra non curarsene assolutamente, lo osservo da diverso tempo, ma è lì che sorseggia qualcosa e fissa fuori, mentre quella pietra è al suo fianco. Non ne ho mai viste di così grosse.”

“Non ci sono dubbi, quel colore è inconfondibile…Forse è tempo che la pietra cambi padrone… Del resto, se quell’uomo ha così poca attenzione da portare una Lavica in un posto come questo, mettendola in bella mostra, noi non possiamo fare altro che cogliere l’invito”

Due di loro risero, ma il terzo, l’uomo che s’era aggiunto, scrutò in fondo alla locanda per capire perché quel forestiero fosse stato tanto sconsiderato. La visione fin troppo semplicistica de suoi amici non lo convinceva, sembrava come se lo straniero fosse circondato da un’aura d’estrema sicurezza, e questo lo metteva in guardia.

“Non capisco perché hai quella faccia preoccupata, sai benissimo che sia io che Goll” ed indicò l’altro compagno”saremmo in grado di rubare la pietra a quello sconosciuto…del resto non siamo nuovi a furti, o sbaglio?”

Sorrisero di nuovo, ma ancora una volta il terzo degli amici, Radha, fissò lo straniero in maniera scettica.

Dal canto suo il forestiero, ignaro dei discorsi di cui era il protagonista, continuava a guardare fuori e a sorseggiare la sua bevanda. Non un movimento di troppo, solo un ritmico avvicinarsi il boccale, nascondendo la sua figura nel mantello e nell’ombra da questo generata.

Appoggiata per l’ennesima volta la tazza sul tavolo, l’uomo sembrò stringersi nelle sue spalle e appoggiarsi al muro, nascondendo con questo gesto la Lavica che tanto aveva suscitato cupidigia.

“Accidenti, così non ne posso più ammirare la bellezza” disse spazientito Goll “Poco male, tra poco sarà mia”

Radha, però, era stato colpito da un altro elemento, ben diverso dalla Lavica: il ciuffo bianco che era fuoriuscito dal manto dello straniero. Una ciocca di capelli folta e lunga, ma quello che era importante, di un bianco candido, molto intenso.

“Invece di guardare quello che non potete più vedere, osservate i capelli del forestiero”

“Che l’ira di Orm mi fulmini, quei capelli sono bianchi!”

“Un vecchio?”

“Sciocco. Quale vecchio potrebbe avere con sé una Lavica? Quelli non sono i capelli di un vecchio”

“Il capitano delle Guardie Reali!”

“Quaggiù? Il Re vive lontano da qui ed è ben raro vedere spostamenti territoriali, soprattutto in un periodo di profonda crisi, come questo…”

Radha sapeva che il suo compagno aveva ragione: il capitano delle Guardie Reali, possessore di una Lavica così grande da poter appartenere solo al Re… Non riusciva a capire cosa succedesse.

Chi era il forestiero?

L’attenzione di Radha fu catturata dalla danzatrice della locanda che aveva iniziato a ballare sulle note del suonatore che pizzicava le corde del suo strumento con tale sapienza da coinvolgere l’intera locanda in quella musica malinconica.

L’umore degli ospiti sembrò cambiare quando la danzatrice iniziò a cantare su quelle note. Era un canto antico, una leggenda, che tutti sapevano avere un fondo di verità.

La storia di come  un falco-uomo e la sua donna erano stati divisi dall’arrivo dei Venti e allontanati, per sempre, dopo l’incendio di Rubra. Il falco e il suo amore ancora si cercano, fra i mari e le terre infinite del mondo, fino a quando non si ritroveranno.

Alla voce della danzatrice, alta e cristallina, si unì prima una poi tutte le voci dei presenti. Piano piano la leggera tristezza iniziale lasciò il posto al ballo.

Passo dopo passo e col vino che scorreva a fiumi, il chiasso ritornò a farla da padrone, dissolvendo la fine della canzone e l’esecuzione della danzatrice.

“Vecchie storie per vecchi rimbambiti, ecco cos’è questa canzone” grugnì Goll.

“Eppure a me è sempre piaciuta, mi chiedo se mai Rubra si sia infuocata, se mai…”

“Ragiona, razza d’idiota, come può una luna infuocarsi? E’ rossa perché è rossa, non certo perché brucia” così Radha zittì il compagno,ma ugualmente guardò fuori, dove Rubra occupava imperiosa l’unico squarcio di cielo libero da nuvole.

Lì a nord, il cielo notturno sembrava veramente tinto di fuoco e sangue.

Scosse la testa per liberarsi di quei pensieri, il suo senso pratico gli imponeva di non abbandonarsi a sciocche riflessioni, ma anzi lo sollecitava a riportare l’attenzione su qualcosa di rosso sì, ma ben più prezioso e concreto.

Goll e i suoi compari posarono di nuovo gli occhi sul forestiero che sembrava non essersi mosso.

Il capitano delle Guardie Reali aveva studiato all’Accademia: forse era così sicuro della sua forza che non temeva nemico.

No, la spiegazione doveva essere cercata da altre parti. Pensando questo Radha si alzò e raggiunse il forestiero ammantato, che sembrò non notarlo finché il nuovo arrivato non picchiò i pugni sul tavolo. Neanche così, però, il capitano si mosse più del necessario, mosse semplicemente gli occhi in direzione di Redha e lo fissò. La luce era così fioca che non permetteva di distinguere nulla dei lineamenti del viso dell’uomo.

“Come mai ti trovi in questi territori?” chiese Radha “Evidentemente non sei di qui” ma non ci fu risposta.

Si guardarono per diverso tempo, la locanda sembrò divenire silenziosa, anche se il frastuono scomparve solo dalle orecchie di Redha.  Fu proprio lui a riprendere la parola.

“Dovresti stare attento a come giri, certi oggetti non sono giocattoli” ed indicò con un gesto rapido del mento, il luogo dove prima aveva visto a pietra Lavica.

Non sapeva bene neanche lui come mai mettesse in guardia il forestiero dalle intenzioni dei suoi compagni: lui che per primo aveva voluto impadronirsi del gioiello, ma man mano che osservava quell’uomo misterioso ne aveva sempre più timore. Ancora una volta, però, il capitano non si mosse, non disse niente, rimase solo ad osservare Radha che, dal canto suo, cercava di decifrare quegli occhi in penombra.

Goll e il compagno s’avvicinarono al tavolo, ignari delle parole di Redha. Fu proprio Goll ad accostarsi al forestiero più di tutti, fino a sporgersi per raggiungere con la mano la Lavica.

“Ma come, sono qui che mi protendo per prendere la tua pietra e non fai niente?”

Ma lo straniero non mosse neanche lo sguardo, osservava Radha che era stupito quanto l’amico di quella totale apatia.

Perché lo straniero non faceva niente?
Perché era così tranquillo?

Il capitano delle Guardie in quei territori, possessore di una Lavica enorme, una delle pietre più preziose di tutto il regno, messa in bella mostra in una locanda che pullulava di facce certamente non rassicuranti. Eppure immobile, osservatore di quello che succedeva, consapevole ma statico. Perché?

Goll non si faceva certo tutte quelle domande, per lui la situazione era molto più lineare: un forestiero che non sapeva stare al mondo era incappato laggiù ed ora avrebbe pagato le conseguenze della sua idiozia. Si protese ulteriormente, scostò parte del mantello che aveva ricoperto la pietra e questa apparve in tutta la sua brillantezza.

Ancora poco e avrebbe potuto toccarla.

E fu allora che Redha capì, vide bene la lavorazione della pietra, gli ornamenti che la circondavano e cosa la sosteneva. Fece per muovere lui il braccio, in direzione dell’amico, nel vano tentativo di fermarlo e gridò: “Non toccare quella pietra”

Ma fu tutto inutile perché le urla di Goll prevalsero sulle sue, grida raccapriccianti. Goll stava ardendo vivo, in un attimo cadde a terra, divorato dalle fiamme che subito s’estinsero una volta che il corpo perse vita, solo il tempo di un grido e poi tutto  finito.

Radha aveva ancora la mano protesa.

E fu a questo punto che il forestiero si mosse, scostò coi piedi il corpo carbonizzato di Goll e fece per andarsene. Nella locanda era calato il silenzio, tutti avevano assistito alla scena ed ora avevano paura persino di respirare.

Solo il locandiere osò accennare una protesta: “I danni…qualcuno dovrà ripagarmeli…” nonostante la voce flebile, lo straniero parve sentire, perché si girò nella direzione da cui era venuto il bisbiglio, si portò le mani in tasca e gettò sul bancone tre Auri.

“Tre monete reali…grazie… io… sa, non volevo essere scortese… lei sarà sempre il benvenuto qui…” Con tre Auri sapeva che si sarebbe potuto ricostruire l’intera locanda.

“Aspetta” gridò Radha allo straniero che ormai era in prossimità della porta.

“Quella che porti è…?”

Cosa lo straniero stringesse nella mano fu chiaro solo allora, quando sollevò quell’oggetto: una spada, nera come la pece, nella cui elsa era incastonata la Lavica. Così facendo la ripose nel fodero che portava sulla schiena e si scostò il mantello dal viso, lasciandolo finalmente scoperto.

Il viso era pallido, quasi esangue. Il colore della pelle si confondeva con quello delle labbra.

Portava un monile argentato al lobo sinistro e il medaglione  reale affisso  sulla casacca.

 “Se tu puoi maneggiare la spada senza subire le terribili conseguenze del povero Goll, questo significa che Beklar è morto”

“Mio padre non è morto” disse lui e le sue parole, come i suoi occhi, furono attraversati da un lampo di tristezza che scomparve però immediatamente.

Lo straniero non aspettò che Radha disse altro, aprì la porta della locanda e ne uscì, in silenzio, senza dare ulteriori spiegazioni sul perché avesse quella spada.

Solo Irìyas avrebbe dovuto sapere. Solo di lui si poteva fidare.

Sideas avvolse nuovamente nel suo mantello per ripararsi dalla neve che cadeva abbondante.  

 

***

Yukochan: Ah ah ah adoro ratman e le sue braccia alzate! Per quanto riguarda il mio maltrattare Nyven, ci ho preso così gusto che - non temere - non gli renderò la vita facile di certo. E' un personaggio complicato, e che, fra le altre cose, non conosce se stesso. Capisci bene che per me vuol dire andare a nozze ohoho <-- risata perfida. Un bacio (p.s. Irìyas alla fine, non è il blocco di ghiaccio che ci vuol far credere XD)

Manny_chan: Col cambio repentino di prospettiva, in questo capitolo, mi sa che non aiuto le varie congetture °_° Ma a me piace così tanto Sideas che non potevo non lasciargli grossi spazi. Del resto, lo ammetto, mi diverte lasciare i nostri baldi giovani da soli, senza il mio continuo occhio indiscreto che si fa gli affari loro XD Per poi andarli a disturbare nei momenti meno opportuni °_°

silencio: Grazie *_* ormai sai che le tue recensioni mi mandano in brodo di giuggiole (parlo come mia nonna ._.). La dimensione storica è troppo importante per lasciarla fuori. In questo capitolo se ne intravede un altro po', con la leggenda dell'uomo-falco e la sua donna. Non ho ancora creato la Lingua Antica, perchè scriverla mi è sempre parso di limitarla. E' una lingua "universale" che tutti capivano e parlavano. Lascio che rimanga un'idea in ognuno. Ormai è persa.

BiGi: Ehehe In effetti, il nostro povero Nyven deve prendere un po' di iniziativa. Irìyas è troppo concentrato sui suoi draghi e sui suoi progetti. E' stato un bacino molto casto, ma almeno ha rotto un po' il ghiaccio ;D

natsu_yuki: Benvenuta! *D stritola Natsu che scappa gridando °_° A parte i miei saluti un po' energici, sono contenta che la storia ti stia piacendo e che ti prenda. e' molto importante per me sapere di riuscire a coinvolgere. Io adoro il fantasy, vorrei però scrivere qualcosa di non banale (stra-felice che per ora non lo sia). Spero di risentirti presto ^_^

Aphrodite: Sorellina, ciao! *hug* Mi piace leggere le tue congetture, ed in effetti, che Nyven sia figlio del tramonto potrebbe starci davvero. I colori sono quelli (da cui, il titolo della storia). E sono anche contenta che hai notato l'aria mistica dei due capitoli. E' molto importante, perchè come ormai è chiaro, Nyven va al di là della comprensione di chiunque (persino della mia, a volte ehehe). Quindi mi piace che ci sia questo alone surreale intorno a lui. Ti mando un bacio. p.s. Hai fatto un fumetto?

 

  
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