Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Vanoystein    26/10/2013    1 recensioni
Jill tornò a guardare la strada qualche secondo dopo, non ebbè nemmeno il tempo di gridare che si trovò subito ferma, immobile, con la cintura che le stringeva sul petto. La macchina si era letteralmente capottata, i vetri si erano rotti in mille pezzi, vedeva sangue ovunque, lei sanguinava, sua madre aveva perso i sensi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Uhm, quindi sei ancora qui. – Una voce femminile si fece strada alle spalle di Jill appena chiuse la porta della sala d'allenamento alle sue spalle.
Lei si voltò subito trovandosi davanti Ginevra.
- Problemi? – Domandò Jill con un tono di sfida.
Ginevra non le rispose, si limitò a squadrarla da capo a piedi, ad osservarla con attenzione tirando alla fine un sospiro. – Dubito davvero che una come te possa salvare i caduti. -
- Di cosa parli? -
- Ma come, il tuo caro Alec ancora non te l’ha detto? – Sorrise la bionda avvicinandosi a Jill con aria innocente. – Credo di sapere già cosa ha intenzione di fare con te. Non fidarti di lui. Può sembrare perfetto, davvero, ma è solo uno stronzo. Come tutti, d'altronde. -
- Come te, quindi. – Ribattè Jill.
Ginevra ridacchiò divertita abbassando lo sguardo sui suoi stivali marroni. – Di me ti puoi fidare. Di lui no. – Aggiunse rialzando lo sguardo su Jill, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
– Non mi toccare. – La mora la spinse subito lontano da sé piuttosto bruscamente, le girò le spalle, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
Mosse dei passi in avanti, facendo per andarsene, ma delle lunghe e solide radici cominciarono ad avvolgersi attorno alle sue scarpe, alle caviglie, fino ai polpacci; impedendole di muoversi.
– Cosa stai facendo?! -
- Non mi sembra che abbiamo finito di parlare. – Rispose calma Ginevra, rimettendosi e impuntandosi davanti a lei. – Sai cosa? Dovresti scegliere con più attenzione le persone a cui dare fiducia. Conosco Alec, credimi. Quello che gli gira per la testa non è una cosa buona. Ti sta solo usando e se sei tanto astuta come tutti dicono dovresti capirlo. Alla fine, quella che ci rimetterà sarai tu. Solo tu. -
- Allora, visto che la fai tanto lunga, perché non mi dici che cosa ha in mente?! – Sbottò Jill, quasi urlandole in faccia.
– Davvero credi che sia così stupida da dirtelo? Mi ucciderebbe. Non credere alla messa in scena del ragazzo buono e gentile che ti vuole aiutare. -
- Le accuse contro di lui sono infondate. Stagli alla larga. -
- Altrimenti cosa mi fai? - Ringhiò la bionda avvicinandosi nuovamente a lei.
– Vuoi davvero saperlo? - Con un movimento veloce, senza muovere di un millimetro i piedi, Jill si sporse in avanti, prendendole con forza il viso tra la mano destra per poi sbatterle violentemente la testa contro al tronco della quercia di fianco a lei.
Ginevra cadde immediatamente a terra, perdendo i sensi. Le radici strette sulle gambe di Jill allentarono piano la presa su di lei fino a scomparire, risucchiate dal terreno.
– Stronza. – Sussurrò abbassando lo sguardo su Ginevra stesa a terra.
La tempia le sanguinava, impiastrandole leggermente alcuni capelli biondi di sangue. La cassa toracica si abbassava e alzava a scatti, irregolarmente.
Ma Jill sapeva che non sarebbe morta.
Una Ninfa non muore così facilmente. Pensò.


- Allora? Dimmi che cazzo nascondi perché ne ho davvero abbastanza. – Jill irruppe piuttosto ferocemente nella capanna di Alec, facendolo sussultare dalla poltrona.
– Prima cosa: Tesoro, calmati. Seconda cosa: Non so di cosa tu stia parlando. -
- Oh, invece sì che lo sai. Ginevra mi ha detto che ti frulla qualcosa per la testa e che non è niente di buono. Che mi stai usando. Che alla fine di tutto sarò io a rimetterci. – La mora sbattè forte la porta, le parole le uscirono di bocca tutte insieme, troppo velocemente.
Alec inarcò le sopracciglia alzandosi sbuffando dalla comoda poltrona. – Così, alla fine è venuta a parlarti. Sapevo che l’avrebbe fatto. -
- Beh sì, l’ha fatto. E fidati se ti dico che ciò che mi ha detto non è rassicurante! -
- Ma qualcuno mi dice perché sei così dannatamente stupida da credere a tutto ciò che dice quella squilibrata? – Rispose tranquillo portandosi le braccia al petto.
– E secondo te lei inventa cose a caso per il semplice gusto di farlo? – La mora cominciò a fare avanti e indietro per la stanza.
Lo faceva sempre, quando era nervosa.
Soprattutto quando si innervosiva a causa della rabbia.
– Ehi, ehi. – Alec si avvicinò a lei prendendola per il polso, impedendole di continuare ad andare avanti e indietro.
Come al solito, anche quella volta, la scossa non li risparmiò ma non li scalfì nemmeno. Nessuno dei due.
– Lo fa per il semplice gusto di crearmi problemi. Ti puoi fidare di me, più di chiunque altro. Mi sembra di avertelo già dimostrato. Quella di cui non ti devi fidare è lei. Non ha buone intenzioni, credimi. Ma farò di tutto per proteggerti, ok? A costo della mia vita. Fidati di me, ti prego. –
Jill riuscì ad avvertire la preoccupazione nei suoi occhi, nella sua voce, quasi tremante.
Come poteva non fidarsi di lui? Le aveva salvato la vita. L’aveva portata al sicuro. Le aveva detto tutta la verità. Tutto quello che lei doveva sapere però c’era qualcosa, una piccola voce nella sua testa le impediva di fidarsi del tutto.
– Guarda tuo fratello. Lui si fida di me. Anche Dakota si fidava. Perché dovresti dare ascolto ad una ragazza che nemmeno conosci? -
- Io non conosco nemmeno te. – Disse Jill mordendosi l’interno del labbro. – E non mi importa se Vincent ha fiducia in te, nemmeno se Dakota si fidava. Si potevano sbagliare. -
- Vincent mi conosce da molto più tempo di quanto credi. – La voce di Alec si fece pungente. Anche lui stava iniziando a perdere la pazienza.
Jill si liberò poi dalla sua presa morbida sul polso voltandosi verso l’uscita.
– Diciamo pure che non mi interessa cosa pensano loro. – Appena poggiò la mano sulla maniglia della porta il moro scattò spingendola bruscamente contro alla parete.
– Ascoltami bene. Non ti ho salvato la pelle per poi far sì che una stronzetta ti facesse venire dubbi su di me. Ok? –
Alec le piantò il bracciò contro al collo di lei tenendola contro al muro, riusciva ad avvertire il respiro ansimante di Jill contro al suo viso. – Se c’è qualcuno qui che ha in mente secondi fini quella è proprio Ginevra. Non sono di certo creature degne di fiducia le ninfe. -
- Alec…– Ansimò Jill con un fil di voce.
– Hai capito quello che ti ho detto? – Ringhiò lui ignorando Jill.
-...Mi stai facendo male – Continuò lei portando le proprie mani sopra al braccio di lui, cercando di fargli allentare la presa.
A quella frase Alec non si allontanò, anzi, fece ancora più pressione sul braccio portandosi in avanti e premendo il suo torace contro al petto di Jill.
– Ti prego. – Jill in quel momento ebbe quasi paura di ciò che Alec stava facendo, di ciò che avrebbe potuto ancora fare.
Appena la maniglia della porta fece un ‘click’ Alec mollò subito Jill facendo un passo indietro osservando Vincent che entrava dalla porta.
Il ragazzo rivolse uno sguardo interrogativo verso Alec e poi verso la sorella che si passava i palmi delle mani sul collo arrossato e dolorante.
– Cosa è successo? – Domandò guardando Jill.
– Niente che ti interessi. – Rispose immediatamente Alec precedendo qualsiasi risposta che Jill avrebbe dato.
Vincent si avvicinò velocemente alla mora restando in silenzio. – Che diamine hai fatto al collo? – Le chiese notando subito il rossore.
– Vincent. Lascia stare. – Rispose lei allontanandolo da sé girando lo sguardo verso Alec.
– Quindi, se non sei qui per qualcosa di importante potresti gentilmente andartene? – Chiese il moro guardando Vincent, invitandolo ad uscire.
–Ero venuto per…-
- Ehi! Non ci provare neanche ad andartene, tu resti qui!- Alec interruppe subito Vincent, vedendo Jill avviarsi verso la porta. – Non abbiamo ancora finito! -
- Mi pare però che tu abbia fatto abbastanza! Mi hai quasi amorevolmente strangolata. Poi dici che mi devo fidare. Bel modo di convincermi, complimenti! -
- Ti ha messo le mani addosso?! – La voce arrabbiata di Vincent fece quasi sussultare la sorella.
Alec alzò gli occhi al cielo incrociando le braccia. – Questa è la parte in cui tu ti incazzi e mi picchi perché ho toccato la tua cara sorellina? – Sbuffò quasi annoiato. –Davvero, fate pena. Tutti e due. – Rivolse lo sguardo verso Jill. – Dai, racconta apposta quello che ho fatto, così il tuo caro fratellino mi odierà. – Ridacchiò. - Sei patetica,Jill. -
- Vuoi finirla o vuoi che ti spacchi la faccia? – Vincent strinse i pugni, impuntandosi davanti ad Alec, quasi sfidandolo.
– Ma ti prego. – Sorrise Alec beffardo. – A chi vuoi spaccare la faccia tu? -
- Stai alla larga da mia sorella. Non ci provare neanche a toccarla di nuovo. -
- Vincent, finiscila. – Bisbigliò Jill alle sue spalle tirandogli la manica della camicia.
– Beh, mi dispiace informarti, ma ci sono io a capo della sua sorveglianza. Tu sarai anche suo fratello, il suo guardiano, tutto quello che vuoi ma sono io che la devo tenere d’occhio. Io le devo stare addosso, non tu. –
Vincent non gli rispose. Si limitò a guardarlo per pochi secondi quasi con disprezzo trattenendosi dal volergli piantare un pugno in faccia.
Si divincolò dalla mano della sorella sulla sua camicia voltandosi.
– Ora fai l’offeso? L’incazzato? – Alec cercò di fermarlo prendendolo per la spalla ma appena lo toccò la scena fu troppo veloce anche per Jill, che restò di sasso.
Vincent lo aveva colpito.
Era riuscito in pochissimi secondi ad estrarre dalla tasca dei pantaloni una lametta d’argento che gli conficcò nel collo appena lo toccò. – E stai anche alla larga da me. – Aggiunse Vincent guardando Alec cadere a terra e piegarsi in due dal dolore.
Era un arma piccola, alcuni direbbero persino insignificante ma non c’era mai da fidarsi degli aggeggi che maneggiavano le creature magiche; soprattutto quelle che possedevano i Guardiani.
Quella era una lametta d’argento, fatta apposta contro gli angeli.
Sui caduti aveva certamente un effetto minore ma comunque non si poteva sminuire la sua forza.
Una lama mischiata al sangue di demone, altamente nocivo per i servitori del cielo, mortale, se non veniva rimossa e poi curata la ferita in breve tempo.
L’urlo di dolore che uscì dalle labbra di Alec non fu affatto piacevole.
Jill scattò subito in avanti, inginocchiandosi di fianco a lui che si dimenava continuamente lanciando ringhi e grida strozzate.
– Fai qualcosa, diamine! – Gridò lei girandosi verso Vincent che però non si mosse di un millimetro ma che restò a fissare l’angelo sul pavimento.
Jill riusciva a vedere chiaramente la lama conficcata perfettamente nella carne.
Il sangue continuava a scivolare sulla maglia nera di Alec, creando macchie rosse su tutto il tessuto. – Morirà nel giro di poco. – Disse Vincent impassibile, per poi uscire dalla struttura sbattendo la porta alle sue spalle. – Vincent! – Jill lo chiamò, urlando ma lui la ignorò.
Non tornò indietro, non ascoltò la sorella. Non si sentiva minimamente in colpa. N
on voleva aiutare Alec, sperava solo che morisse, il prima possibile.
  
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