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Autore: Scimi    28/10/2013    0 recensioni
E' la mia prima storia pubblicata. Spero possa piacervi.
Il dolore, la perdita non possono impedirti di vivere. Per quanto puoi stare male, devi impare a ricominciare a vivere. Vivere non è vivere in apnea, non è sopravvivere. Vivere è anche lasciarsi amare.
Nonostante siano passati due anni dall'accaduto per Sara non è facile lasciarsi amare. Non lo ammetterà mai, neanche a se stessa. Qualcosa, o meglio qualcuno l'aiuterà, inconsapevolmente...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La serata era quasi al termine, il marpione si era mantenuto con le sue squallide battute. Da quello che avevo capito, era che davanti ai suoi genitori, o ai miei, evitava di fare interventi perversi. Voleva apparire come un ragazzo ben educato e rispettoso. Ma in fondo, era solo un marpione che alla prima occasione ci provava.
Ero stufa di stare in quella sala, piano piano stavo cercando di allontanarmi. Un passo dopo l’altro ero arrivata all’ingresso ero uscita dimenticandomi di chi facesse il buttafuori a quell’ingresso. Feci finta di niente, senza voltarmi andai sedermi su una panchina lì nel giardino del ristorante. Sembrava molto un giardino zen. C’era una fontana-simil-ruscielletto molto bella, il rumore dell’acqua ti rilassava. Ero così immersa nei miei mille pensieri che non mi ero accorta che qualcuno era arrivato alle mie spalle.
Mi ero girata così per caso, per guardarmi intorno e ho visto un Jack, tutto pomposo e con un profumo di brandy un po’ troppo forte.
“mia cara, da quello che ho capito serate come queste proprio non le digerisci eh? Vabbè meno male che ci sono io che posso offrirti un’alternativa. Ho la macchina proprio qui dietro, potrei portarti a una festa molto più divertente di questa oppure…pensare a un dopo serata solo io e te”
“senti, forse non mi sono spiegata.. non nessuna intenzione di essere il tuo dopo serata o di venire da qualche parte con te..”
Il cretinetto si stava avvicinando e la cosa non mi paceva, mi ero alzata dal divanetto tanto per fronteggiarlo, per fargli capire che non avevo paura di lui, ne di rifiutarlo così apertamente.
Lui sembrava non intenzionato a finirla. Era lì che continuava ad avvicinarsi. L’unica mia titubanza era dovuta a quei maledetti tacchi che non sopportavo, mi rendevano difficile il concetto di equilibrio.
“potrebbe essere divertente, non  essere così puritana, andiamo..”
Certo ora iniziava anche ad allungare le mani, ma chi le voleva le sue carezze?
Ero stizzita, e mi stavo incazzando sul serio. “ti ho detto di smetterla, basta che alzo un po’ la voce e il buttafuori verrebbe a romperti il culo. Lo sai vero?” passatemi il francesismo.
“è troppo lontano e c’è casino, non ci sentirà nessuno…andiamo dolcezza.”
Un suo passo in avanti, e uno mio indietro. Più lui si avvicinava più io cercavo di tenerlo a distanza. Mentre facevo l’ennesimo passo indietro il tacco della scarpa si era incastrato con i san pietrini del pavimento. Avevo dato un piccolo urletto. E continuando con la voce alta,
“Merda.. smettila stammi lontano..”
“cosa stà succedendo qui?” eccolo il magnifico buttafuori. Oddio era pur sempre un buttafuori che ce l’aveva con la sottoscritta, ma alla fine rientrava nei compiti per cui lo pagavano, no? Forse ero salva.
“nulla che ti frega, amico.. la ragazza fa la preziosa…”
Si era girato verso di me, si aspettava davvero che negassi, non era abbastanza chiaro?
“ma scherziamo?” il mio sguardo la diceva lunga, su tutto. Sul tizio brillo, che si era appena acceso una sigaretta. E sul buttafuori che mi stava prendendo in giro. Era chiaro, una strana luce negli occhi l’aveva attraversato, come se avesse accennato ad un sorriso. Era tornato a guardare il cretinetto, era tornato impassibile.
“la devo invitare a lasciare il locale, o quanto meno ad allontanarsi dalla signorina.”
“senti non sei nessuno per dirmi quello che devo fare..” si era avvicinato a Matteo, credo che l’alcool gli annebbiasse la reale percezione della stazza fisica del ragazzo che avesse di fronte. Erano alti più o meno uguali. Ma lui non aveva i muscoli di Matteo, si intravedevano dalla giacca. Erano ben determinati nulla a che vedere con i muscoli di Jack. Stava facendo troppo lo sbruffone, me lo sentivo. Buttargli in faccia il fumo della sigaretta, era stata proprio una brutta idea. Matteo tutta via mantenne la calma, chiuse gli occhi e una volta riaperti, gli ha messo solo una mano sulla spalla. Sufficiente a farlo inginocchiare e fargli cadere la cicca della sigaretta a terra. Credo che facesse pressione su qualche nervo con la mano, ero divertita dalla scena.
“devi lasciare il locale, immediatamente.”
Jack era scoppiato in una fragorosa risata, l’alcool nelle vene, deve avergli messo fuori uso tutti i suoi neuroni. Il mitico buttafuori l’avrebbe steso con due semplici mosse, sicuramente faceva boxe, o qualche arte marziale. Infatti con una semplice presa sulla spalla l’aveva messo in ginocchio, ok che il carciofo era ubriaco, ma non mi sembrava così fragile. Doveva esserci molta tecnica.
“senti, amico mi stai facendo molto male, la tizia non è neanche tutto questo granchè…”
“mi stai, forse, dicendo che te ne stai andando?”
Aveva allentato la presa sulla sua spalla, Jack si era rialzato e alzando le mani all’altezza delle spalle, in segno di resa, indietreggiava verso il parcheggio del locale.
Quando ormai non era più nella vista di entrambi, il Buttafuori si era girato mi stava guardando, era freddo impassibile, e mi rendeva nervosa, perché volevo parlargli chiedergli scusa eppure non ci riuscivo.
Io guardavo lui, lui guardava me e non ne uscivamo.
Io avevo abbassato lo sguardo, non riuscivo più a fronteggiarlo era troppo. Lui si era girato e stava tornando alla sua postazione vicino alla porta.
Mi ero decisa, potevo ringraziarlo e chiedergli scusa.
“grazie..” avevo parlato con un tono di voce, così’ basso che dubitavo mi avesse sentito.
Eppure lui si era fermato, non era tornato a guardarmi ma si era fermato forse voleva ascoltare quello che avevo da dire.
“si, Grazie.. forse me la sarei cavata lo stesso, ma..”
Lui si era girato e aveva una espressione così scettica dipinta sul volto, che gli scoppiai a ridere in faccia.
“davvero trovi la situazione divertente? Sei davvero senza cervello, come tutti i partecipanti a questa serata..”
Smisi di ridere, perché ormai era chiaro, gli stavo sulle palle. Gli avevo urlato contro e partecipavo a serate di persone idiote, anche io forse al suo posto l’avrei interpreta così.
“in realtà ridevo per la tua faccia buffa…Senti lo so, come può sembrarti la situazione. Una ragazzina viziata che prima attira il tizio di turno e poi cambia idea e non vuole più dargliela. Ma non è così. A volte le cose sono diverse da come appaiono. Ed io l’ho capito. Anche io mi sono permessa di giudicarti o di fraintendere i tuoi comportamenti con tua sorella, e mi dispiace ok? Pensavo la stessi scaricando per passare le serate ad ubriacarti con il tuo amico. Sono una cretina, ma non fare il mio stesso errore, concedimi il beneficio del dubbio.”
Lui mi guardava, non diceva nulla ne con le parole ne con la sua espressione, lo odiavo. Perché era capace così bene di nascondere quello che provava. Volevo sapere solo se mi riteneva una scema oppure no.
“oh mio dio! Ti sei appartata con il buttafuori. Avanti ragazzina rientra con me in sala, hai abbandonato il figlio degli Azzari, sapevi che dovevi comportarti bene con lui..”
“mamma smettila..” mi stava mettendo in imbarazzo, ma non perché mi stava richiamando, perché non me ne fregava nulla di fare la figura della cretina davanti a Matteo, ormai era già la seconda o terza volta che accadeva. L’aveva capito che ero cretina. Forse non era neanche imbarazzo solo voglia di urlarle contro che il suo buon partito mi voleva solo portare a letto. Che voleva solo farsi una scopata con me senza che io fossi d’accordo. Ma avevo abbassato il capo, e me ne stavo andando nella direzione opposta dell’entrata. Avrei chiamato Mario o Vanessa e mi sarei fatta venire a prendere. Questa serata era diventata insopportabile, mia madre aveva capito quelle che erano le mie intenzioni e si stava arrabbiando, forse sarebbe stata ancora più dura sopportarla nei giorni avvenire. Ma non mi interessava volevo solo andare via, e starmene da sola. Non avevo nemmeno visto che direzione avesse preso Matteo, sinceramente era diventato il mio ultimo pensiero.
Mi ero seduta nell’ultima panchina del parco del Plaza, ero seduta lì non avevo chiamato nessuno alla fine, non avevo voglia di dover spiegare tutto a chi mi fosse venuto a prendere. Volevo solo starmene per fatti miei. Mio padre mi aveva mandato un messaggio, forse mia madre aveva raccontato la storia a suo modo, mi aveva chiesto cosa fosse successo e dove fossi. Gli avrei raccontato tutto domani, e che ero con Vanessa. Già una bugia bianca no? Non si sarebbe preoccupato ed io avrei potuto sbollire l’ansia e la rabbia della serata senza troppe pressioni.
“domani ti verrà la febbre”
Una voce, non mi ero accorta che si fosse avvicinato nessuno, eppure dopo tutto a quello che aveva assistito doveva completare l’opera di una serata di merda.
“si grazie per avermela tirata”
“in realtà è un dato di fatto, la temperatura è scesa di molto questa sera e tu sta tremando di freddo”
Non me ne ero accorta, era come  se fossi in trance, fissavo un punto indefinito e rivivevo i miei ultimi due anni. Eppure lui mi aveva strappato da quello stato di incoscienza ad occhi aperti.
“se fossi un bravo cavaliere mi cederesti la tua giacca”
“o ma, io sono il bastardo di turno… quindi la giacca me la tengo”
“lo sospettavo” mi ero girata a guardarlo, si era seduto accanto a me, come se volesse solo farmi compagnia nulla di più. Scherzava con me, anche se io non me lo meritavo.
“già finito di lavorare?”
“si per stasera si..”
“vai  a casa allora…”
“volevo fumarmi una sigaretta e respirare un po’ d’aria fresca..”
“non ti sei preso aria fredda abbastanza per stasera?”
“che fai sfotti?”
“no era un dato di fatto..”
“vuoi una sigaretta anche tu?”
“no, non fumo e gradirei tu non mi fumassi in faccia..”
“petulante..”
Era divertente questo nostro botta e risposta. Non avevo più risposto. Avevo chiuso gli occhi abbandonandomi sullo schienale della panchina.
“ come torni a casa? Ho visto che i tuoi sono andati via, e se eri venuta con il deficiente, beh l’ho mandato via io…”
“ti stai preoccupando per me?”
“no, era solo curiosità. Vabbè buonanotte”
Si era alzato e se ne stava andando, davvero galante.
Mi ero alzata e lo stavo seguendo.
“mi pedini?”, mi aveva chiesto senza neanche girarsi.
“ti scoccia darmi un passaggio?”
“sei incline a cacciarti nei guai lo sai?”
Lo guardavo ma non capivo, “chiedi passaggi a tizi sconosciuti alle 3 di notte, incurante del fatto che io possa essere uno stronzo che possa approfittare di te.”
Inclino la testa di lato, e scoppio a ridere. “bugia, se volevi approfittare di me l’avresti fatto su quella panchina, oppure ti saresti unito all’idiota di prima.. so che non sei un gentleman, ma per favore me lo dai un passaggio?”
“sono in moto..”
“cosa? Ma diamine io ho paura della moto, ok chiamo la mia amica fa lo stesso.”
“come vuoi..”
Telefono alla mano, e provo a chiamare, il telefono della mia amica squilla a vuoto. Cavolo già dorme.
“Lo vuoi o no, un passaggio?”
 
  
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