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Autore: Yvaine0    29/10/2013    2 recensioni
Cosa succede quando Niall Horan ha una cotta per qualcuno, Liam Payne un piano – e non un piano qualunque, ma un piano geniale! - e Zayn Malik viene coinvolto senza possibilità di replica?
Succede che Dixie scambia Liam per un maniaco, Niall fugge in ogni dove nel disperato tentativo di svicolare e Ruth si guarda attorno cercando di capire cosa diavolo stia succedendo, mentre le vite di tutti loro si intrecciano irrimediabilmente.
Dixie è un'eccentrica fangirl tendente al nerd («Ti ho già spiegato che i nerd non esistono!»), Ruth una Welma di Scooby Doo in versione atletica («Giù dalle brande, si va a correre!»).
Liam è un ragazzo caparbio – forse appena un po' tonto – («Il problema è un altro: non hai capito cosa intendo»), Zayn indiscutibilmente un buon amico («Cosa c'è che non va in te?»).
Il denominatore comune di queste due coppie è senz'altro il povero Niall («Offro io!»), che non ha nessuna colpa se non quella di essere innamorato e un po' confuso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Io non ho ancora capito chi starà con chi. Se Ruth con Niall o Niall con Norah e Ruth con Zayn o Zayn con Dixie e Liam con...da solo. Quindi devo dire che non vedo l'ora di sapere come va a finire, perché voglio saperlooooooo!

Un bacio enormissimo alla mia Poop!!! Ti voglio un sacco bene e non devi dimenticarlo per niente al Mondo. u.u "

Come si fa a non adorare questa personcina? ♥ Grazie di tutto cuore, honey. Di ogni cosa. :3

Prima di tutto, questa volta, se NVU vuole, non dovrebbero esserci pasticci di html. In compenso sono molto insoddisfatta della mia ispirazione ultimamente, quindi chiedo scusa in caso il tutto stia peggiorando di volta in volta. 
Perdonatemi se questa volta non risponderò alle recensioni. È una cosa infame, io per prima detesto quando la gente non lo fa, mi passa la voglia di recensire - ecco perché se reagirete allo stesso modo vi capirò. Vi ringrazio comunque per avermi lasciato il vostro parere, grazie di tutti quei mi piace che mi piacerebbe un sacco sapere da chi provengono. Grazie a tutti. ♥
Vi lascio al capitolo, che spero vi piaccia un po' più di quanto è piaciuto a me. :)
P.S. Sì, l'Ed di origini irlandesi coi capelli rossi e la chitarra è chi pensate che sia. ♥

 

 

 

Capitolo 7
Una (a)tipica serata al Beard

 

Se stavi passando per la città un sabato sera e volevi trascorrere una serata diversa dalle altre, fuori dal comune, magari anche alternativa, di quelle che ti lasciano così scioccato da farti chiedere se tu sia ancora sul pianeta terra, allora ti conveniva stare lontano dal Beard. Se invece tutto ciò che cercavi si poteva riassumere nella canonica formula “musica, birra e irlandesi”, il Beard era proprio ciò che faceva al caso tuo.
“Oh, andiamo, so che non hai niente di meglio da fare” erano quelle le parole confusamente scritte in una grafia disordinata sulla lavagnetta fuori dalla porta; quella che dovrebbe attirare clienti annunciando offerte speciali, ma, nel caso del Beard, faceva storcere il naso a tutte le signore di mezza età “con un bastone nel didietro” – così le definiva il proprietario – che passavano di lì borbottando qualcosa che poteva somigliare a “covo di ubriaconi”.
La prima volta che Niall le aveva portate al Beard, Dixie era rimasta eccessivamente affascinata dalla facciata in mattoni fin troppo comune dell'edificio, dalla sua porta a vetri un tempo dipinta di blu notte e ora a macchie marroncine dove la vernice era saltata via. Trovava che ci fosse qualcosa di epico nella fotografia del ragazzo dai capelli rossi e la barba incolta che mostrava il dito medio appiccicata con lo scotch al cartello di benvenuto, ma, soprattutto, nell'insegna luminosa in gran parte fulminata. Le uniche lettere con i led ancora funzionanti erano due e il fortunato risultato dell'incuria del gestore era in questo caso una fin troppo azzeccata coppia di parole: un luminescente “ED” ed un oscuro “BAR”. Inutile dire che quando aveva scoperto che il ragazzo dai capelli rossi che aveva salutato calorosamente Niall al loro ingresso si chiamava proprio Ed, aveva riso fino alle lacrime, piegata in due su uno degli sgabelli. A Ed, quella ragazza strana, era piaciuta fin da subito. Ecco perché Dixie poteva vantarsi di essere tra le poche persone a cui offriva da bere ogni volta – anche se non senza chiedere scherzosamente qualcosa in cambio.
Una delle cose migliori del Beard – oltre che l'insegna, l'incuria e il carattere eccentrico di un luogo di cui a nessuno importava – era il karaoke. Dixie, come tutti gli esseri umani dotati di un minimo di buon gusto, a detta sua, amava il karaoke. C'erano svariati motivi per cui apprezzarlo; uno tra tutti era che, per quanto il luogo fosse tranquillo e non molto frequentato, era comunque sempre pieno di orecchie indiscrete e, almeno, le si teneva impegnate intontendole a suon di canzoni stonate e acuti che avrebbero potuto sbriciolare i boccali sul bancone. Un altro buon motivo era sicuramente, per Dixie, il fatto che il karaoke avesse occupato quasi tutti i venerdì e sabato sera al liceo, nella piccola cittadina in cui era cresciuta; tra basi e canti stonati aveva trascorso i momenti più belli della sua adolescenza.
Quella sera erano seduti ad uno dei tavolini più vicini al palco e alle casse, dai quali lo starnazzare di una signora bionda e sbronza che stava cercando di cantare era udibile fin troppo forte e chiaro.
«Guarda che non c'è niente da ridere» stava facendo notare Dixie a Niall. Una frase del genere, in effetti, perdeva del tutto il proprio significato, se pronunciata in direzione di un ragazzo che, come Niall, faceva delle risate il proprio pane quotidiano – pane, birra, caffè, ossigeno... insomma, ne campava.
Ruth, era palese, non la pensava affatto come lei; nascondeva le risate dietro il proprio boccale e gli occhiali non le schermavano abbastanza il volto per celarne il divertimento. «A dirla tutta...» ebbe il coraggio di abbozzare, ma, prima di poter formulare una frase completa, optò per tornare a sorseggiare la propria birra ed evitare di girare ulteriormente il coltello nella piaga. Saggia scelta.
Niall non fu altrettanto discreto. Piegato in due sul tavolo, scosso come sempre dalle risate, lasciò cadere un pugno sulla superficie in legno e poi guardò di sottecchi l'amica: «Ti hanno fatto il terzo grado! Su Liam! E nemmeno uscite insieme! Devi essere proprio cotta, se ti sei messa in una situazione simile!»
Dixie si premurò di fulminarlo con lo sguardo, offesa da quell'insinuazione, e fece una smorfia infastidita. «Non c'è nulla da ridere» ripeté. Aveva fatto male, molto male, a raccontare ciò che era accaduto a casa, una volta che sua madre era entrata sentendola parlare di Liam. Eppure ne era stata così sciocca e si era vergognata così tanto che aveva sentito il bisogno di raccontarlo ai suoi amici – visto e considerato che Gordon si era preso il disturbo di farlo sapere ad Olly la sera stessa.
Così, indispettita dalle ulteriori prese in giro di quelli che avrebbero dovuto difenderla e supportarla – tsk, e avevano davvero il coraggio di definirsi amici suoi?-, volle infierire: «Non vedo l'ora di vedere la reazione dei tuoi adorati compari quando sapranno di Norah. Ti auguro un interrogatorio terribile almeno la metà di quello di mia madre».
Ruth quasi si strozzò quando udì quelle parole, e Niall trattenne il fiato. Solo quando la ragazza smise di tossire – non senza che lui le rivolgesse una breve occhiata preoccupata–, Dixie si rese conto di aver calcato un po' troppo la mano sulla sua piccola vendetta.
«Norah?» ripeté infatti Niall a mezza voce, sorpreso, mentre Ruth esplodeva in un indignato «Dixie!».
La ragazza in questione si lasciò cadere contro lo schienale della sedia e massaggiò le tempie doloranti – non per via dello stress, della pseudo-musica o della stanchezza, ma semplicemente per aver dimenticato gli occhiali a casa e sforzato la vista tutto il giorno. «Fate finta che io non abbia detto niente, okay?» tentò con un sorrisetto tirato.
«Troppo tardi». Ruth parlò per tutti e due, lo sguardo duro e freddo come raramente lo aveva visto.
Fu allora, più o meno, che capì di aver davvero passato il limite. Era stata così presa da sé nell'ultimo periodo di aver perso un po' – parecchio – di vista la sua migliore amica. Il che, sì, era proprio un bel problema.
Sospirò e, continuando a guardare Ruth come in cerca del suo appoggio, rispose alla domanda che le era stata posta. «Insomma, sì. Lei potrebbe aver chiesto di te negli ultimi giorni». Quello che le annodava lo stomaco doveva proprio essere senso di colpa.
Niall si rizzò a sedere diritto sulla sedia. «Davvero?» chiese conferma, un'espressione incredula in viso. Si stava parlando di Norah. Insomma, Norah! Poteva davvero aver chiesto di lui? E per cosa, poi? Per uscire? Con uno come lui? Assurdo.
Dixie distolse lo sguardo dall'amica, dopo averla vista sospirare in silenzio. «Potrebbe» ripeté con insistenza.
«Okay» le accordò Niall con impazienza; l'ultima cosa di cui aveva voglia era uno degli stupidi giochi di parole della sua amica. Aveva chiesto di lui o no? «Potrebbe aver chiesto di me in quali termini?»
Fu Ruth a rispondere: «Pare che possa essere interessata ad uscire con te. Potrebbe chiederti di uscire, un giorno o l'altro». Fece una breve pausa, durante la quale trovò la forza di concludere l'opera: «La domanda è: accetteresti?»
Niall faceva saltare lo sguardo limpido e luminoso dall'una all'altra, alla ricerca di certezze. «Vuole uscire con me?» chiese ancora, senza sapere quale delle due guardare.
Dixie prese la propria pinta tra le mani e si perse osservando le luci che giocavano sulla schiuma. «No».
E d'un tratto lui seppe chi guardare. «No?» ripeté incredulo. Lo avrebbero fatto impazzire, se avessero continuato a confonderlo in quel modo.
«No». Forse c'era ancora una speranza di mettere una toppa sullo strappo appena causato, pensò Dixie. Avrebbe anche potuto mentire o distorcere leggermente la verità e rimettere in ordine le cose. Era ancora possibile, no? Una parte di lei sapeva bene che era troppo tardi per ricucire la ferita che aveva sicuramente inferto a Ruth, ma forse c'era ancora un minuscolo spiraglio di possibilità, poteva ancora provarci. Il suo lato razionale, stufo di quel continuo arrampicarsi con gli specchi, le fece notare in maniera spicciola di aver combinato un casino, di quelli stupidi, evitabili e dannosi. Proprio nel suo stile.
Niall si accigliò. «Dixie, sì o no?»
«Tecnicamente no».
«Tecnicamente. E in pratica?»
«In pratica nemmeno. Lei ci ha chiesto...»
Ruth posò con più forza del dovuto il boccale sul tavolo e sbuffò. «Dixie, dacci un taglio» la interruppe, per poi rivolgersi al ragazzo: «Sì, Niall, sì. Sarebbe carino se facessi tu il primo passo, comunque, alle ragazze piace».
Dixie aveva voglia di prendersi a schiaffi. Nel tono della sua amica era palese quanto le fosse costato pronunciare quelle parole; era lei, in tutta probabilità, a desiderare che Niall facesse la prima mossa – per invitare lei ad uscire, e non Norah o chiunque altro. Si congratulò con se stessa per la cecità; ma dove aveva avuto la testa ultimamente? C'era stato l'esame, la preoccupazione per lo stalking da parte di Liam, la telefonata di Noah, poi quella di Gordon, Zayn, Noreen, l'uscita, Niall, Norah, la serata a casa sua, quel piano che tutto d'un tratto non sembrava poi così geniale, la proposta di Liam, Liam, Liam. Tutto era partito da lui. Quel beota avrebbe fatto bene ad uscire dalla sua testa al più presto, perché le stava incasinando la vita, pur non accorgendosene. Quasi riusciva ad immaginare l'espressione spaesata e adorabile che avrebbe di certo messo su se solo lei gli avesse riversato addosso quell'accusa. Santo cielo, avrebbe dovuto smettere subito di pensarci.
Niall, nel frattempo, proprio non riusciva a capire. «Mi state prendendo in giro? Norah vuole uscire con me o no?» domandò, le sopracciglia aggrottate e un'espressione concentrata che riuscì ad intenerire le ragazze.
«Dovresti chiederlo direttamente a lei» suggerì Ruth, ignorando lo sguardo dispiaciuto che ora Dixie le aveva incollato addosso. Una parte di lei era furiosa: perché si accorgeva delle cose sempre troppo tardi? Non poteva ricordarsi di lei prima di trovarsi d'accordo con Liam, prima di scoprire l'interesse di Norah, prima di aver sputato in faccia a Niall la verità?
E l'astuto commento del ragazzo a tutta la faccenda, dopo che ebbe svuotato la propria pinta di birra in un paio di sorsi e si fu abbattuto goffamente contro lo schienale della sedia, fu un laconico e sorridente: «Porca vacca, non ci credo».

«Le hai chiesto di uscire, quindi?»
Liam arrossì mentre camminava lungo il marciapiede. Perché finissero sempre per andare in giro a piedi nonostante fossero tutti e tre auto-muniti ancora non gli era chiaro. In un modo o nell'altro ogni sabato sera finiva con loro che vagabondavano senza meta per la città; iniziava a farci l'abitudine.
Quella volta si stavano dirigendo pigramente – e in perfetto ritardo – verso il Beard, il piccolo bar disastrato in cui lavorava Harry Styles da qualche mese a quella parte, alle dipendenze di un ragazzo di origini irlandesi che sembrava conoscere bene anche Niall.
Dopo un intero pomeriggio di insistenze da parte sua, infatti, Louis aveva sbattuto l'iPhone sulla tavola dell'appartamento semi vuoto di Liam e Zayn e aveva abbaiato il suo consenso ad andare a sentirlo cantare, più per esasperazione che per altro. Harry aveva sorriso entusiasta mostrando le fossette e Louis aveva finto di essere davvero irritato, voltando il capo dall'altro lato.
A volte Liam si chiedeva se lui e Zayn fossero mai davvero interpellati quando si riunivano per organizzare una serata tutti insieme. Zayn, dal canto proprio, se ne infischiava, beandosi invece dell'inimitabile capacità di Harry di essere più petulante di Louis, quanto voleva, senza mai perdere la propria simpatia.
Louis fece schioccare sonoramente le dita a pochi centimetri dal volto del ragazzo per richiamarlo alla realtà; quello stesso gesto gli avrebbe assicurato come minimo un'occhiataccia irritata da parte di Zayn, ma ormai sappiamo che Liam Payne è troppo gentile per rivolgere occhiatacce a chiunque non se le meriti – e per qualche strano motivo Louis sembra non meritarle mai, secondo lui.
Si affrettò invece ad annuire, quasi dispiaciuto della propria distrazione.
«E ha accettato?» continuò Louis guardandosi attorno con naturalezza. Liam non capiva se gli interessasse davvero o meno e fu proprio per questo che parlò rivolto a Zayn. «Incredibilmente sì».
E Zayn pensò che “incredibile” era proprio l'avverbio giusto per descrivere il fatto che Dixie avesse davvero accettato. In cuor suo, non aveva saputo se sperarci o meno, quando l'amico era uscito di corsa dall'appartamento di Niall: Dixie era una ragazza particolare, fuori dal comune, eccentrica, ironica e del tutto incostante, non era certo fosse ciò che faceva al caso di Liam.
«Oh, ma è grand- … Ma che merda!» Il commento entusiastico di Louis sul successo dell'amico venne bruscamente interrotto da quello sulla facciata del palazzo in cui era situato i Beard.
Zayn invece ridacchiò divertito, leggendo l'insegna. «“Bar”. “Ed”. Ehi, ma Ed non è il nome dell'amico di Harry?»
Louis fece una smorfia e, buttandosi in mezzo alla strada fortunatamente deserta per attraversare, ebbe la spavalderia di gridare una conferma, ma anche che «Solo Harold può lavorare in una topaia simile!».
Liam sobbalzò a quelle parole e ringraziò il cielo che la musica all'interno del bar fosse così alta da poter essere udita da fuori, poiché questo significava che era impossibile che l'Ed in questione, proprietario del locale, potesse aver sentito.
«Bella roba» ripeté il ragazzo con fare contrariato, una volta entrati. Perfettamente in ritardo sulla tabella di marcia, trovarono una donna bionda spalmata su uno dei tavoli più vicini alla porta a ridere come un'ossessa tra sé e sé e l'esibizione di Harry già in atto. «C'è un gran casino qui dentro e non c'è nemmeno tanta gente. Ripeto: solo Harold poteva lavorare in un posto del genere».
Solo a quel punto Zayn si decise a far ciò che tratteneva da quando Tommo era passato a prenderli a casa; gli assestò un'indelicata pacca sulla spalla e commentò in tono canzonatorio: «Avanti, amico, la tua brunetta può aspettare ancora qualche giorno». In fondo tutti e quattro – okay, forse Liam poteva essere escluso dalla selezione – che il motivo per cui Louis aveva tanto da lamentarsi quella sera era la cameriera dello Starbucks a cui voleva tanto chiedere di uscire.
Lo stesso Louis, dal canto proprio, si prese la libertà di ridergli in faccia. «Dici così solo perché non l'hai vista». Poi, come se niente fosse, tornò a cercare lo sguardo di Liam. «Allora, la tua lei com'è?»
Lui sorrise, mentre camminavano tra i tavoli alla cercando uno libero abbastanza vicino al parco – erano andati lì per supportare il loro amico Harry e come minimo era necessario che avessero un buon posto, così da vedere e farsi vedere. Con l'unico scopo di infastidirlo, aveva specificato Louis quando Harry aveva avanzato quella richiesta.
Così, assorto nella ricerca di parole che fossero abbastanza per descrivere la ragazza di cui aveva la testa piena nell'ultimo periodo, quasi non si accorse di Zayn che esclamava sorpreso «Ehi, c'è Niall!». Quasi, però, perché l'attimo dopo il suo sguardo aveva identificato il profilo ridente dell'irlandese e, soprattutto, la ragazza bionda che al suo fianco stringeva le mani l'una nell'altra all'altezza del petto. «È lei» osservò a mezza voce, gli occhi sgranati per la sorpresa.
A quella rivelazione Louis decise che, tutto sommato, la serata non poteva andare tanto male quanto aveva pianificato. Forse aveva perso un'occasione per uscire con Eleanor, ma in compenso sembrava aver tra le mani una situazione altrettanto interessante.

«Guardali, guardali, guardali, guardali, guard-- !»
«Li vedo, Dixie, li vedo!» sbottò Ruth mal celando una nota di divertimento. Le diede una leggera spinta, sporgendosi dalla propria sedia fino alla sua, come eloquente ed amichevole invito a chiudere una buona volta il becco. Non sapeva nemmeno lei il perché, ma rimanere arrabbiata a lungo con quella ragazza sembrava impossibile; non era colpa sua se combinava dei guai, semplicemente viveva nel suo universo parallelo e, certe cose, non le notava. Un po' come Babs, in fondo, ma questo era meglio non farglielo notare.
Un altro degli aspetti positivi del karaoke al Beard, secondo Dixie, era senza dubbio alcuno Harry Styles. Aiuto barista, oltre che buon amico di Niall, era la principale – e forse unica– attrazione del bar. C'erano lui, la sua voce e la chitarra di Ed, che quando iniziavano a dare spettacolo diventavano l'unico suono udibile all'interno del locale, oltre a qualche parola cantata sottovoce – o meno – dal misero pubblico di fronte a cui si esibivano.
Harry Styles, a detta di Dixie, era il massimo. Potenzialmente sarebbe potuto diventare il ragazzo perfetto per chiunque: aveva quelle sue fossette e i ricci e la voce profonda! Era così alto che finiva per piegarsi un po' su chiunque si trovasse davanti, oltre che così gentile che ogni volta finiva per invischiarsi in assurde reti di presunti interessi reciproci con vari clienti – di ambo i sessi e di ogni età. Era fantastico, a detta sua.
Quando Niall era venuto a conoscenza dell'interesse nascente di Dixie nei confronti del suo amico, aveva anche pensato di presentarglielo e lasciare che quei due svitati se la sbrigassero da soli – perché, oggettivamente, Harry era così eccentrico e buono da poter sopportare e tener testa persino a qualcuno come lei –, salvo poi scoprire che tutta la passione della si limitava ad un, testuali parole, “selvaggio shipping”.
«Che cosa?!» aveva domandato Niall sconvolto, dopo aver sentito quelle parole riferite ad uno dei suoi migliori amici. «Che cosa?!» aveva ripetuto poi, sgranando gli occhi e sporgendosi sul tavolo verso Dixie – che ogni volta per qualche motivo finiva seduta proprio di fronte a lui.
Lei aveva sorriso raggiante e gli aveva indicato Ed e Harry che si esibivano insieme, facendosi al contempo boccacce e dispetti reciproci. «Ho una nuova OTP!» era stata la sua emblematica risposta.
Quella sera, a distanza di almeno un paio di mesi dalla scoperta del Beard e del potenziale di Harry Styles, Dixie ancora non riusciva a fare a meno di pensare a quanto quel ragazzo fosse perfetto per stare in una coppia. Davvero non riusciva a credere che fosse single – e Niall aveva riso forte e a lungo quando lei aveva ammesso la sua perplessità. Oltre al suo essere shippabile, comunque, apprezzava diverse qualità in Harry. Prima di tutto era un cantante pazzesco, aveva un voce profonda, armoniosa e coinvolgente; in secondo luogo sembrava davvero un ragazzo d'oro, anche se non aveva ancora trovato l'occasione per parlarci. Aveva l'aria di una persona sveglia, magari avrebbe pure scoperto che si appassionava ai videogiochi, conoscendolo.
Era da quando Harry era arrivato al Beard di corsa, con il respiro affannato ed un ritardo di parecchi minuti sull'inizio del proprio turno, che Dixie blaterava a proposito di quanto lo avrebbe visto bene in una qualunque fanfiction; Niall aveva smesso di ascoltarla da quando erano saliti sul palco, concentrato piuttosto sugli accordi improvvisati da Ed alla chitarra. Sapeva bene che Ruth aveva molta più pazienza ed esperienza di lui riguardo a certe cose – che aveva declassato nella sua testa come “roba da femmine” - e lasciava fosse lei ad occuparsene. Onestamente, la musica gli interessava molto di più dei “discorsi da fangirl”, che davvero ancora faticava a capire, nonostante conoscesse Dixie da un bel po' di tempo. Era così concentrato sul suono della chitarra leggermente scordata di Ed, che si spaventò a morte quando Louis gli abbatté con forza il palmo di una mano sulla schiena. «Ehilà, Nialler!»
Dixie nemmeno si accorse che Ruth stava prestando più attenzione alle inaspettate imprecazioni di Niall che a lei e nemmeno al fatto che si fosse alzata per cedere il proprio posto a qualcun altro e prendere un'altra sedia, tanto era presa dal proprio fangirling acuto.
Era più forte di lei: quando vedeva Harry Styles non riusciva a non inserirlo in un ipotetico contesto alternativo, affibbiargli un compagno o una compagna ogni volta differenti e immaginare come si sarebbe comportato in questa o quella situazione. Harry Styles era un maledetto personaggio, non poteva essere vero: era troppo fantastico per non essere frutto della mente di qualcun altro.
Stava appunto osservandolo e spiegando a Ruth quanto quelle sue fossette ispirassero tanto, tanto, tanto, ma tantofluff, quando si voltò per cercare una conferma nello sguardo dell'amica e si rese conto che la persona seduta accanto a lei non era affatto una ragazza. Qualcosa dentro il suo stomaco esplose fastidiosamente in uno sfarfallio allegro, che risalì fino al volto, dove si palesò con un diffuso rossore. «Liam!» si lasciò sfuggire in tono sorpreso.
«Fluff? Di cosa stiamo parlando esattamente?» domandò questi confuso. Dixie arrossì di più, quando lo vide aggrottare le sopracciglia in un'espressione così... maledettamente tenera. Non ebbe nemmeno la possibilità di mentire a se stessa: era già bell'e fregata, per dirla in termini tipici dei Dixon – o “cotta a puntino”, se proprio si voleva usare le parole di Olly.
Tirandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio, comunque, trovò il tempo di ringraziare il cielo di non aver parlato di quanto il fisico e la voce di quel Harry ispirassero p0rn. «Fluff!» ripeté con ovvietà, poi ridacchiò. «Si usa per descrivere scene dolci o tenere».
Liam sgranò leggermente gli occhi. «Davvero si usa?» chiese. Non aveva mai sentito utilizzare quel termine.
Dixie si strinse nelle spalle e annuì. «Nel fandom, sì».
«Fandom». Gli stava venendo il serio dubbio che stessero parlando due lingue differente. Ne ebbe la conferma quando la ragazza scoppiò a ridere e gli fece l'occhiolino: «Devo insegnarti un bel po' di cose, Manny!». E lui era sul punto di domandargli cosa significasse il modo in cui l'aveva chiamato, ma lei lo precedette: «Che, se lo stai chiedendo, è l'abbreviazione di maniaco. È un po' più simpatico di Stalkie, non trovi?»
Liam rimase immobile per un istante, guardandola incredulo, poi rise, mentre Harry cantava con la solita passione Isn't she lovely di Stevie Wonder. Sì, lo era.

Non era affatto semplice sedere in sette attorno ad un tavolo per quattro, in un locale così piccolo e chiassoso come il Beard, ma ancora un volta la voglia di stare insieme e lo spirito di adattamento tipico di un gruppo di ragazzi intorno ai vent'anni avevano fatto miracoli. Ecco che quindi Dixie era appollaiata sulle gambe di Ruth, proprio di fronte ad Harry Styles, su quelle di Niall, mentre Louis e Zayn avevano preso posto in sedie rubate ad altri tavoli.
«Sto solo dicendo, Harold, che è inutile tenere il bar aperto se entrambi i baristi passano il loro tempo a giocare sul palco scenico».
Quello era un momento di estrema difficoltà per Dixie. Si sentiva una bambina in un negozio di caramelle e non aveva idea di dove guardare o chi ascoltare. Proprio davanti a lei Harry Styles era impegnato in un delirante battibecco con quel tale Louis, il personag- ehm... la persona più sfrontata che avesse mai incontrato, mentre proprio nel posto al suo fianco Liam stava spiegando a Ruth chissà cosa. Ed era maledettamente combattuta: il tono di voce concitato e le espressioni da bambino di Liam la attraevano come un magnete, ma d'altro canto Harry e Louis era la coppia più shippabile dell'intero universo.
«Giocare? Sei solo invidioso. Perché non vieni tu a giocare con me sul palco, Lou?»
Dixie saltò sul posto udendo quelle parole. Erano palesemente un doppio senso. Non potevano non essere un doppio senso, no? Ruth, che aveva subito il contraccolpo del suo salto, la fulminò con un'occhiata e un discreto invito a stare ferma e buona.
«Ma hai sentito!» squittì Dixie con un'aria così afflitta e un tono così basso e acuto che in tutta probabilità l'altra non riuscì nemmeno ad udire. A dispetto di ogni apparenza, Ruth capì benissimo e rise. «Sì, ho sentito, ma stanno scherzando».
L'altra incrociò le braccia e aggrottò le sopracciglia. «Questo lo so» precisò, contrariata. Perché tutti credevano che non conoscesse la differenza tra realtà e finzione? «Ma li shippo».
Liam si grattò la testa e quel movimento attirò l'attenzione di Dixie, che quella sera sembrava fin stranamente più attenta al mondo che la circondava piuttosto che alle propri elucubrazioni mentali. «C-cosa vuoi fare?» domandò sgranando un po' gli occhi, confuso. La ragazza rise, intenerita dalla totale ignoranza di Liam riguardo al linguaggio da fangirl, e lui indovinò la risposta a quella domanda: «È un'altra di quelle parole di cui devi spiegarmi il significato, vero?»
Lei annuì. «Esatto. Forse dovrei darti lezioni».
Il ragazzo sorrise allegro. «Potresti insegnarmi la tua lingua aliena venerdì prossimo al cinema» buttò lì con una naturalezza che Dixie non si era aspettata da lui. Rimase infatti immobile a guardarlo per qualche istante, poi abbassò lo sguardo e sorrise tra sé, sorpresa ed emozionata da quella proposta. «Perché no» mormorò una volta trovato il coraggio di tornare a guardarlo negli occhi castani. Era possibile che fosse appena arrossita di nuovo? Stava rischiando l'autocombustione, se lo sentiva.
Il sorriso di Liam si allargò ancora, entusiasta di quel nuovo successo. Se prima aveva accettato di uscire con lui un giorno qualunque, ora avevano un vero appuntamento! Sentì la soddisfazione gonfiargli il petto mentre lo stomaco era agitato dal familiare svolazzare delle farfalle. Non riusciva a smettere di guardarla e sorridere. Dixie era la persona più svitata e incomprensibile del pianeta, diametralmente opposta a lui; forse era proprio questo il motivo per cui moriva dalla voglia di scoprirla, capirla, indovinarla.
«Ti vanti sempre della tua abilità con le mani!» La frase appena pronunciata da Harry risuonò un po' troppo in un miracoloso momento di silenzio nel locale, portando l'attenzione di tutti a focalizzarsi su di lui, che, una volta resosi conto di ciò che aveva appena detto, arrossì violentemente. «Okay, detta così suona molto male».
Louis sogghignò, mentre tutti gli altri al tavolo scoppiavano a ridere. «Harold, potresti anche evitare di cantare le mie lodi in un luogo pubblico» lo prese in giro, accompagnando la frase con un occhiolino.
A quel puntò Harry, che stava ridendo istericamente per l'imbarazzo, boccheggiò. «Parlavo del pianoforte! Stavamo parlando di musica!» guaì in un disperato tentativo di togliersi di impiccio.
Louis piegò il capo da un lato: «Ho mai detto qualcosa di diverso? Che mente perversa, Harry!».
«Oh, ma andiamo!» protestò un'ultima volta lui, prima di nascondere il suo reale divertimento dietro un poco realistico broncio e alzarsi dalle ginocchia di Niall per tornare al lavoro.
«Questo era Harry Styles, ragazzi e ragazze,» commentò Zayn sorridendo sornione. «Colui che se può scegliere la combinazione sbagliata di parole, lo fa».
  
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