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Autore: ___Ace    01/11/2013    4 recensioni
“Non è serata, Evidenziatore, torna un’altra volta”.
Osservai quell’energumeno che avevo avuto la sfortuna di incontrare: i capelli in disordine e un orrendo paio di occhiali con le lenti spesse era appoggiato sulla fronte, tenendo quei ciuffi rosso vermiglio alzati verso l’alto; la maglia sporca di nero, pantaloni neri, scarponi neri. Praticamente avevo davanti a me l’Uomo Nero in persona.
Avrebbe potuto spaventare i mocciosi qui intorno.
*
Ecco, lui sembrava infiammato. Costantemente. Sembrava sempre avere qualcosa da dire, da fare o da vedere; non stava mai fermo e si muoveva in continuazione; a volte sembrava calmarsi ed essere colto da un’improvvisa quiete e sonnolenza, ma si riprendeva subito dopo; adorava i fuochi d’artificio e il fuoco lo affascinava. Diceva che era caldo, e quindi apprezzato dalle persone, ma allo stesso tempo temuto perché poteva bruciare e fare del male. Questi aspetti contrastanti gli piacevano immensamente, tanto da suscitare anche la mia curiosità e facendo si che, ogni volta che passava, mi ritrovassi chino sul bancone ad ascoltare le sue stramberie per nulla annoiato.
Ace era certamente così: bello, scoppiettante e caldo. Era il fuoco.
*
Kidd/Law. Ace/Marco. Penguin/Killer. Accenni Zoro/Nami.
Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Marco, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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-Speciale Halloween-
Ora tu, se lo vuoi, canta la Ballata della Zucca con noi

Bimbi e bimbe di ogni età, ecco qualcosa che vi stupirà!

Tutti credevano che quel vestito fosse osceno, scontato, da pezzenti. Una vera e propria sciocchezzuola.
Io lo trovavo carino. Si, semplicemente carino. Non troppo ingombrante o complicato, ma semplice, facile da mettere e da togliere. In più si accompagnava in modo impeccabile al mio soprannome.
Penguin.
Mi chiamavano così perché a volte dondolavo sui talloni come un pinguino. E anche perché i miei colori erano il bianco e il nero. Oh, quasi dimenticavo, il pinguino era anche l’animale che mi piaceva più di tutti in assoluto, nonché il mio totem, come mi era stato confidato da uno sciamano quando ero un adolescente credulone. In più avevo un cappello con su scritto a caratteri cubitali Penguin e un altro con le alette del suddetto essere vivente, completo di occhi e becco che indossavo durante le mie uscite di tanto in tanto in inverno.
Così, quella sera, non avevo voluto essere originale, ma bensì banale e prevedibile, indossando un fottuto costume col petto bianco, le pinne al posto delle maniche, scarponi neri e una deliziosa codina nera che scendeva dalla base della schiena e lungo le gambe. Più il cappello.
Armato di lanterna, buonumore e una bizzarra borsa di pezza arancione a forma di zucca, iniziai a fare il giro dell’isolato per il classico ‘dolcetto o scherzetto?’, incontrando gli altri bambini del quartiere e unendomi a loro, dividendoci il bottino in parti uguali e sporcandoci la faccia di cioccolato.
Da quando mi ero trasferito li, dividendo l’appartamento con i miei compagni di corso, nonché migliori amici, avevo preso il vizio, ogni anno, di passare parte di quella festa con i miei vicini e, anche se mi ritrovavo seduto sulla veranda di una casa a raccontare storie dell’orrore a dei bambini delle elementari che mi guardavano con occhi adoranti, mi andava bene.
Gli altri andavano sempre e solo in discoteca a rimorchiare e ubriacarsi e spesso tornavano con qualche setto nasale rotto, nocche sbucciate e una sbronza colossale, ma non potevo costringerli a rinunciare al loro divertimento. Perciò era stato deciso di comune accordo che, non appena i bimbi venivano richiamati per il coprifuoco dai genitori, ben felici di lasciarli in custodia ad un ragazzo all’apparenza responsabile, io mi sarei disfatto di ogni vestito imbarazzante e li avrei raggiunti ovunque si trovassero. In questo modo tutti eravamo felici.
E funzionava alla grande l’organizzazione.
Quell’anno, stanco di vestirmi da Stregone, Cavaliere Nero, Scheletro e atre cavolate, avevo scelto di essere me stesso.
«Un fottuto pinguino» aveva constatato Law con sarcasmo, guardandomi dall’alto in basso e sperando che stessi scherzando e che non avessi sul serio l’intenzione di andare in giro conciato in quel modo.
Avevo alzato le spalle e l’avevo salutato, uscendo di casa e scendendo in strada dove una decina di bambini tra cui Streghette, Batman, Uomini ragno e Fantasmini mi attendevano impazienti con quei faccini allegri ed entusiasti.

Su, venite è proprio qui! E' il paese di Halloween!

Ed ora stavamo gironzolando lungo il marciapiede, poco distante dalle nostre abitazioni, mentre tutt’attorno a noi brillavano zucche decorate con facce spaventose, sorridenti e tristi. Disegni erano appesi alle finestre delle case e alcuni spaventapasseri erano stati piantati fuori in giardino con abiti stracciati per incutere timore e fare scena. Il posto più terrificante rimaneva il parco poco distante dal quartiere, giusto dall’altra parte della strada. Un posto incantevole durante l’anno, ma nessuno si azzardava ad andarci durante la notte di Halloween da quando un vicino aveva giurato di aver visto svolazzare un fantasma. Che fosse vero o no poco importava, da quel momento era diventato off limits la notte del trentuno ottobre di ogni anno. Qualcuno gironzolava con i genitori; i più grandicelli andavano in giro ridendo e scherzando e noi, povere anime, cercavamo un modo per convincere una vecchia signora bisbetica a darci qualche cioccolatino o caramella al posto di frutta andata a male.
«Signor Penguin! Signor Penguin! La nonnina non vuole aprirci» si lamentò una bimba con dei lunghi boccoli biondi e con un paio di occhi azzurri, risaltati dalle guance paffute e rosee che gonfiò arrabbiata mentre mi strattonava per un lembo del vestito per attirare la mia attenzione.
«Calma bambini, forse la Signora è andata a dormire. Possiamo provare più avanti, che ne dite?» cercai di spiegare nell’intento di calmarli.
«Ma la luce è accesa!».
«Lanciamole le uova come nei film!».
«Si! Oppure bruciamole la casa!».

Questo è Halloween, spaventoso Halloween. Dacci un dolce o il terrore ti attanaglierà.

«Ragazzi, ma dove le imparate queste cose?» chiesi allibito e preoccupato. Se non li tenevo buoni una volta cresciuti avrebbero potuto farli a me scherzi del genere.
«Sentite, facciamo così: lasciamo la nonnina in pace e continuiamo per un altro po’ e al ritorno vi darò i dolci che ho a casa. Va bene?».
L’idea sembrò piacere molto dato che i piccoli monelli, con qualche lamentela, si incamminarono verso l’abitazione seguente, dimenticandosi presto di quell’inconveniente e tornando ad essere sorridenti e a sgranocchiare qualche lecca lecca o dolciume.
Sospirai sollevato, seguendoli e tenendoli d’occhio, soprattutto due maschietti dall’aria troppo vispa e furba. Dovevo tenerli sotto costante controllo, ero sicuro che nascondessero delle uova marce o carta igienica, anche se continuavano a fare finta di nulla deliziandomi con sorrisi angelici.
Non mi fregano, sono stato giovane prima di loro. Quei due non me la raccontano per niente giusta…
Meditando sul modo migliore per far vuotare il sacco a quei mocciosi non mi accorsi che si erano fermati in mezzo alla via, così finii per inciampare su uno di loro che, fortunatamente, si scansò all’ultimo momento prima che gli finissi addosso, ruzzolando a terra sull’asfalto.
Mi sbucciai i palmi delle mani, ma non era grave, solo qualche piccolo graffio, e cercai di mettermi seduto per togliermi di dosso i granelli di polvere e i sassolini che si erano appiccicati al vestito, alzando il capo per chiedere spiegazioni per quell’improvvisa fermata.
Solo allora notai che i piccoli si stringevano gli uni addosso agli altri, vicinissimi a me e guardando un punto fisso davanti a loro dal quale provenivano risatine e parole bisbigliate. Seguii il loro sguardo e vidi un gruppo di ragazzi, più o meno della mia età, farsi avanti nel buio, dritti verso di noi.

Urla anche tu! Fuggi via da qui! Lì, davanti a te, dentro quel bidone c'è una brutta faccia che ti assalirà.

Mi rialzai con disinvoltura, mantenendo la calma per non innervosire ulteriormente i bambini e raccolsi la borsa da terra, osservando con la coda dell’occhio il gruppo farsi avanti, illuminato a poco a poco dalla luce di un lampione poco distante.
Non sembravano avere cattive intenzioni, ma i loro costumi facevano venire i brividi e addosso a loro sembravano ancora più minacciosi, specie quello del ragazzo biondo in prima fila, il quale indossava una maschera che gli nascondeva tutto il viso a strisce blu e bianche con dei forellini per respirare e vedere. Sulle mani aveva attaccate delle protesi ben costruite di metallo, finto e non pericoloso sperai, che si divideva in lame splendenti ed inquietanti. Un costume ben fatto, molto realistico, ma non era un po’ troppo per una stupida festa? Dove credevano di andare conciati in quel modo? A uno di loro non serviva nemmeno un travestimento, bastava guardarlo in faccia per iniziare a tremare, mentre gli altri vestiti da zombie metallari era meglio lasciarli perdere del tutto.
Continuando a mantenere il mio sangue freddo feci spostare i bambini sul lato del marciapiede, sussurrando loro di non preoccuparsi e di comportarsi bene e in modo educato.
«Forza, fate spazio, lasciateli passare» intimavo, mentre il gruppo di sbandati ci passava accanto, guardandoci dall’alto in basso e sghignazzando in modo poco educato. Un po’ di cuore per i miei seguaci non ce l’avevano? Erano così piccoli ed indifesi che avrebbero potuto smetterla di fare i gradassi per un momento.
Ad infrangere le mie speranze fu il tipaccio il cui viso era l’esatto ritratto della crudeltà, accompagnato da una chioma rossa come il fuoco, che con una manata scansò uno dei due Fantasmini, facendolo cadere col sedere a terra. I suoi amichetti corsero subito ad aiutarlo e si strinsero in cerchio attorno a lui, guardandomi imploranti affinché facessi qualcosa.
Deglutendo a vuoto presi un respiro profondo e mi schiarii la voce, attirando l’attenzione del rosso e dei suoi compagni e fermando la loro andatura menefreghista.
E adesso che faccio? Sono da solo e non mi va di morire davanti a queste povere creature, li scandalizzerei a vita. E poi, ammettiamolo, non sono di certo io quello più coraggioso qui.
«Scusami, potresti chiedere scusa al bambino? Immagino tu non l’abbia fatto a posta», sarcasmo pesante, «Ma l’hai fatto cadere».
Il diretto interessato mi lanciò un’occhiata assassina e iniziò ad avvicinarsi di qualche passo con un cipiglio misto tra l’essere incazzato e infastidito dalla mia insinuazione. Non prometteva affatto nulla di buono e più si avvicinava più mi sentivo piccolo e impotente, anche se cercavo di fare di tutto pur di apparire impassibile e perfettamente a mio agio.
A mio agio un cazzo! Per fortuna i bimbi non possono sentirmi, non sono termini adatti a loro ma, diavolaccio! Sono messo male! Questo mi ammazza!

Questo è Halloween! Putrido! E macabro! Hai paura? Se tu vuoi scappar via qui si rischia la pazzia ed un attacco di licantropia!

«Vuoi ripetere, microbo?» sussurrò a pochi centimetri dal mio viso, mentre alle sue spalle i suoi amici se la ridevano osservando la scena con le mani in mano.
Deglutii a fatica mentre pensavo a qualcosa di diplomatico da dire, senza grandi risultati.
«Il b-bambino. E’ c-caduto…» balbettai.
«E allora?».
Stava già alzando un pugno grosso come un mattone ed io avevo già chiuso gli occhi, pronto e rassegnato a ricevere il colpo, quando qualcosa, o qualcuno, venne in mio soccorso, salvandomi da quell’inferno.
«Avanti amico, autocontrollo. Ricordi?».
Il rosso si fermò con il braccio a mezz’aria e tentennò per qualche istante prima di sbuffare sonoramente, fulminarmi nuovamente con lo sguardo e girare i tacchi per allontanarsi con falcate veloci, seguito subito dopo dalla sua combriccola.
Li fissai sbalordito mentre sentivo i ragazzini dietro di me sospirare e rilassarsi.
«Ti prego di scusarlo» fece una voce metallica accanto a me.
Troppo preso dalla paura non mi ero accorto che il tipo con la maschera e le falci attaccate ai polsi si era avvicinato per controllare il mio stato di salute e mi ritrovai faccia a faccia con lui, se così si voleva dire.
L’uomo che mi stava di fronte mi superava con la sua stazza e avrebbe potuto facilmente mettermi al tappeto. Oltre agli accessori alquanto esagerati vestiva con un’orrenda camicia a pois anni Sessanta e con dei jeans sbiaditi e strappati in più punti, mentre un ciuffo di capelli biondi gli ricadeva sulle spalle larghe e sicuramente palestrate.
Mi sentii strano, come in imbarazzo. La stessa sensazione di insicurezza, mista a timidezza che si provava di solito quando ci si trovava davanti a qualcuno che segretamente ti piaceva.
Troppo vicino, troppo vicino. Oddio, che succede al mio stomaco? Eh? Ma cos… No. No! Il basso ventre no, dai, pensai.
«Sai, a volte è molto impulsivo, ma non ti avrebbe mai fatto del male».
Incapace di rispondere mi limitai ad annuire, incuriosito da quella personalità nascosta e, soprattutto, non del tutto sicuro delle sue parole. Sapevo riconoscere un bullo quando lo vedevo, e quello era esattamente il classico tipo attaccabrighe e amante delle risse e del casino. Esattamente ciò che detestavo.
«Bene, sarà meglio che vada prima che mi lascino troppo indietro. Buona serata piccoletto». Con queste parole e un’aria scherzosa se ne andò anche lui, lasciandomi perplesso e con l’idea che, sotto a quella maschera, lui stesse sorridendo divertendosi a mie spese.
Strinsi i pugni e digrignai i denti una volta che si fu allontanato e che l’effetto anestetizzante che mi causava fu svanito, ridandomi il possesso della mia lucidità.
Maledizione! La prossima volta non vi andrà così bene. Ve la farò vedere io, parola mia!
«Signor Penguin, sei stato forte a non svenire davanti a quei bruti». Il bambino vestito da Batman diede iniziò ad una serie di complimenti che fecero salire la mia autostima ad un livello spaventoso e che avrebbe rischiato di farmi diventare l’essere più vanitoso presente sulla terra.
«Si, si è verissimo! Sei il mio eroe!».
«Da grande mi fidanzerò con il Signor Penguin».
Decisi che era meglio godersi la serata con i bambini e finire il giro degli isolati con il sorriso sulla faccia e gongolando per le loro attenzioni. Poi avrei raggiunto gli altri e mi sarei ubriacato fino a svenire.
Chissà se avrei mai rivisto quel tipo.
Beh, anche se mi capiterà l’occasione non lo saprò. Non ho visto la sua faccia.
«Signor Penguin lanciamo i sassi addosso alle macchine?».
«Ma insomma, ma come vi vengono certe idee?».

Quanti orrori attorno a te. Senza ribrezzo che vita è? Tutti qui viviamo così nel paese di Halloween.





Angolo Autrice.
Ritardo di un giorno, ma ieri ho dovuto organizzare una festa, immaginate di cosa lol, e non ho avuto il tempo per fare nulla! Questo è un pezzo speciale per Penguin e Killer e mi è sembrato carino metterlo. Praticamente nell’ordine cronologico questo avvenimento è successo un anno prima del loro ufficiale incontro, compreso quello in discoteca di Kidd e Law. I due, così vestiti non si sono riconosciuti al bar, ma il piccolo Penguin ha già iniziato a preoccuparsi della salute di Killer.
Da notare che la chioma rossa colpisce ancora e ha chiamato Penguin con il nomignolo microbo, come è successo anche in discoteca, quando tutto è iniziato. La canzone è This is Halloween dal film Nightmare Before Christmas.
Penso sia tutto. Domani arriva il Capitolo 5, promesso. E per chiarimenti, incomprensioni o altro mi trovate sempre.
Grazie a tutti e un abbraccione, spero abbiate passato un Halloween da paura, lol.

See ya,
Ace.


 
  
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