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Autore: SunlitDays    03/11/2013    5 recensioni
Annabeth Chase si era messa comoda sulla sedia al centro dell'aula, nella prima fila, ed era impegnata nel posizionare ordinatamente un quaderno con varie matite colorate sul banco. Gli fece segno con la mano di sedersi al suo fianco. Percy si sedette con un un piccolo salto all'indietro sulla cattedra del professore di latino.
Lei alzò gli occhi al cielo.
Lui sorrise scioccamente.
E così cominciò quella che da lì a poco sarebbe diventata una scontrosa amicizia tra due individui completamente opposti.
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Grover Underwood, Percy Jackson, Poseidone, Sally Jackson
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Opposites Attract
Autrice: SunlitDays
Rating: Arancione
Genere: Alternative Universe, All Human, romantico, a tratti comico, a tratti angst
Pairing: Percy/Annabeth
Sinossi: Annabeth Chase si era messa comoda sulla sedia al centro dell'aula, nella prima fila, ed era impegnata nel posizionare ordinatamente un quaderno con varie matite colorate sul banco. Gli fece segno con la mano di sedersi al suo fianco. Percy si sedette con un un piccolo salto all'indietro sulla cattedra del professore di latino.
Lei alzò gli occhi al cielo.
Lui sorrise scioccamente.
E così cominciò quella che da lì a poco sarebbe diventata una scontrosa amicizia tra due individui completamente opposti.
Note: Heilà! Vi ricordate di me? *palla di fieno rotolante* Oh! Beh... sono quella tizia che un paio di anni fa pubblicò due fanfiction sul fandom di PJO. Immagino di esservi mancata :P
Senza perdermi in lunghe chiacchiere, lasciate solo che vi dica due parole su questa storia: a) è la prima long che scrivo, quindi vi prego di perdonarmi se gli aggiornamenti non saranno velocissimi e di segnalarmi se trovate delle discrepanze; b) è una PERCABETH; c) in questa fic non ci sono dei né eroi, ma solo adolescenti tanto confusi; d) se cercate una storia in cui Percy e Annabeth si innamorino subito, questa storia non fa per voi; e) so che la trama non è originalissima, ma date a questa fic una possibilità. Questa non sarà solo una storia di amore, ma anche di amicizia e, soprattutto, di due ragazzi problematici che hanno bisogno di trovare risposte e stabilità; f) le due parole sono diventate mille e voi mi avete già odiata; g) enjoy!


EDIT 17/11/13: la magnifica _Littles_ ha creato un banner fantastico per questa fanfic e io non saprò mai come ringraziarla. Lo terrò solo sul prologo perché mi piace pensare che sia la copertina della mia storia.

 


Art+Art+Art edit by _Littles_
Clicca qui per vedere l'immagine grande

 

Prologo

 

Dato che la giornata sembrava non poter andare peggio, cominciò a piovere.

Percy imprecò mentre arrancava nel cortile della Goode High School verso l'aula del professor Brunner, la borsa che minacciava di scivolargli dalla spalla, il caffè bollente che gli scottava i polpastrelli e la testa bassa per ripararsi dalla pioggia. Si maledisse per non aver indossato una giacca, ma considerando come era cominciata quella giornata, Percy era già grato di essere riuscito ad allacciarsi le consunte Converse.

Era in ritardo tremendo, ed era tutta colpa di suo padre, davvero. Erano ormai anni che Percy aveva perfezionato l'arte dello svegliarsi dieci minuti dopo l'orario della sveglia, fare colazione e vestirsi in tempo di record, e arrivare a scuola solo cinque minuti dopo il suono della campanella, ma quella mattina sua madre, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, invece del suo solito “passa una buona giornata, e fai il bravo”, gli aveva detto: “c'è una cartolina per te da parte di tuo padre”. Percy stava proprio per uscire quando il suo cervello iperattivo aveva sentito la curiosità improvvisa di leggerla subito.

Suo padre, Poseidone, gli inviava spesso cartoline con le foto di tutti i posti esotici che aveva visitato. Percy non aveva bisogno di combattere la sua dislessia per sapere cosa dicessero. Usualmente erano accompagnate da frasi scritte con una grafia spigolosa e disordinata (che non assomigliava per niente a quella di Percy, a differenza di ciò che sua madre affermava), del tipo: “Mi manchi. Vorrei che fossi qui”. Per Percy questo era il modo di suo padre di dire: “guarda un po' quanto mi godo la vita. Se solo tu e tutti i tuoi fratelli sparsi per il mondo poteste vedermi”.

Quella mattina, la cartolina raffigurava un bel sedere abbronzato con lo sfondo di una spiaggia bianca e la scritta “Prova ad acCHIAPPArmi. I ♥ U, Grecia”. Poseidone sembrava dell'idea che a Percy piacesse strumentalizzare il corpo femminile. Il tutto era cominciato quando Percy aveva compiuto quattordici anni e suo padre gli aveva inviato un pacco pieno di giornaletti dall'aria sospetta e una lettera dove aveva scritto: “Materiale di studio. La dislessia non ti impedirà di imparare i misteri della vita”. E così anche Percy Jackson, figlio bastardo, aveva avuto quello che i suoi coetanei chiamavano “il discorso sulle api e i fiori” da suo padre. Chi l'avrebbe mai immaginato. Da quel momento in poi, c'erano state una sfilza di cartoline sconce una dopo l'altra.

Ma non era stato quel sedere sodo a distrarlo, quel giorno.

Sul retro, Poseidone gli augurava un buon diciassettesimo compleanno (tre settimane in ritardo), ma invece del solito messaggio, gli aveva scritto qualcosa che aveva reso quella mattinata una delle peggiori della giovane vita di Percy.

Quando si era finalmente reso conto dell'ora, era corso fino allo Starbucks dietro l'angolo per scroccare un caffè dai fratelli Stoll, e per poco non aveva perso l'autobus.

Facendo attenzione a non inciampare sul solito gradino scheggiato, Percy entrò nel padiglione che ospitava l'aula di latino e... andò a sbattere col naso su un muro.

“Ow! Ma porc— Oh! Oh! Brucia! Mer—.” Alzò la testa con tutta l'intenzione di dare un calcio al muro maledetto che era comparso all'improvviso, ma si ritrovò davanti una mano.

“Non ti hanno insegnato a guardare dove vai?” disse la voce a cui la mano apparteneva.

“Io stavo guardando dove andavo. Tu cosa cavolo ci facevi con la mano alzata? Ti diverti a rompere il naso della gente di passaggio?” chiese. Si staccò la t-shirt bagnata di caffè dal petto con espressione rassegnata e poi alzò lo sguardo. In quel momento il suo disturbo dell'attenzione doveva avergli fatto visita, perché la bellissima bionda dagli occhi d'argento gli sventolò la mano davanti al volto, come per attirare la sua attenzione.

“Cosa?” chiese, ancora abbagliato da quella visione.

Lei sospirò e alzò gli occhi al cielo. “Ho detto: ti avevo visto avvicinarti trafelato, con un caffè in mano e la testa bassa. Non mi ci è voluto molto a calcolare che mi saresti venuto addosso nel giro di circa tre secondi rovesciandomi il bicchiere sulla mia nuova giacca a vento. Ho fatto solo quello che qualsiasi persona sana di mente avrebbe fatto.”

Percy batté la palpebre due volte, cercando di contestualizzare quelle parole prima di rispondere. “Qualsiasi persona sana di mente si sarebbe spostata per evitare di sbattermi contro.”

“Questo è quello che avrebbe fatto una persona sana di mente istintivamente, ma tenendo conto della velocità costante con cui la distanza fra noi si stava accorciando e lo spazio direttamente propor— Hei!” Esclamò, ma Percy si stava già allontanando. Non aveva bisogno di altre distrazioni.

Entrò nell'aula di latino senza bussare, fece due passi all'interno prima di ricordarsi dell'educazione. Quindi uscì di nuovo, bussò e solo dopo aver udito il sospiro e il permesso del suo professore entrò.

“Buongiorno, prof. Ecco il suo caffè,” disse, ma sbatté il bicchiere sulla cattedra un po' troppo forte e quel poco di caffè rimasto si rovesciò.

“Buongiorno, Percy. Grazie per il caffè, magari un giorno riuscirò a berlo tutto. Ma è il pensiero che conta, no? Dal tuo aspetto deduco che questa è una di quelle giornate?” chiese, mentre puliva la cattedra con il fazzoletto di stoffa che portava sempre in tasca.

Percy valutò se parlargli della cartolina di suo padre che quella mattina l'aveva lasciato per dieci minuti di troppo imbambolato (metà dei quali utilizzati ad aspettare che le lettere la smettessero di spostarsi da sole), ma alla fine decise di no e gli rispose con un'alzata di spalle.

Il professor Brunner lo osservò in silenzio per qualche secondo, quanto bastava perché Percy cominciasse a giocherellare con la sua t-shirt bagnata, prima di schiarirsi la gola.

“Bene,” disse. “Parliamo del motivo per cui ti ho chiesto di venire. Come sai, il signor Beckendorff si è diplomato l'anno scorso e quindi tu ora hai bisogno di un nuovo tutor. Ho già chiesto a una nuova studentessa. È una persona molto precisa e preparata e ha bisogno di crediti per essere ammessa a un facoltoso college, quindi ha accettato volentieri di aiutarti. Dovrebbe essere qui a momenti.” E come se fosse stata dietro la porta ad origliare aspettando il momento giusto per fare il suo ingresso, la persona in questione entrò.

Era la ragazza con cui si era scontrato solo pochi minuti prima. Percy notò che non aveva neanche una piccola macchia di caffè e poi si voltò velocemente prima di perdere la concentrazione e ritrovarsi a fissarle il petto.

“Ah, bene!” Esclamò il professor Brunner. “Entra, bambina. Ti presento Percy Jackson. Percy, lei è Annabeth Chase, e quest'anno ti farà da tutor. Mi aspetto che le darai ascolto e non le complicherai le cose.” Aggiunse, con un occhiata severa.

“Sissignore!” Rispose Percy, facendo il saluto militare, e, anche se non stava guardando verso la sua direzione, notò che la ragazza – Annabeth – alzò gli occhi al cielo. Percy sorrise, questo sarebbe stato un anno interessante.

“Molto bene. Potete usare la mia aula nel frattempo per mettervi d'accordo sui vostri orari e i luoghi d'incontro. Io vado a cercarmi un caffè intatto.” E così dicendo, voltò la sua sedia a rotelle ed uscì dall'aula.

Percy era impegnato a osservarsi il disegno che la macchia di caffè aveva creato sulla sua t-shirt. Sembrava un cane a tre teste, com'era che si chiamava? Ah! Cerbero. Il signor Brunner aveva detto...

Un tonfo lo distolse dai suoi pensieri. Si voltò e vide che Annabeth Chase si era messa comoda sulla sedia al centro dell'aula, nella prima fila, ed era impegnata nel posizionare ordinatamente un quaderno con varie matite colorate sul banco. Gli fece segno con la mano di sedersi al suo fianco. Percy si sedette con un un piccolo salto all'indietro sulla cattedra del professore di latino.

Lei alzò gli occhi al cielo.

Lui sorrise scioccamente.

E così cominciò quella che da lì a poco sarebbe diventata una scontrosa amicizia tra due individui completamente opposti.
 


N/A: rieccomi a rompere. Ma tanto le note dell'autore non le legge nessuno. Comunque, spero di avervi incuriositi con questo prologo. Il primo capitolo non dovrebbe farsi attendere molto. Fatemi sapere cosa ne pensate. 
 
 

 

   
 
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