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Autore: Ily Briarroot    05/11/2013    2 recensioni
Fanfiction basata sul passato di Ash e dei suoi genitori, costretti ad avere a che fare con il Team Rocket. E non saranno gli unici. Ringrazio ancora una volta Ila!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ash, Misty
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quinto capitolo

 

Si era coperta istintivamente il volto con le braccia, e sgranò gli occhi quando sentì il terribile boato echeggiare attorno a lei.
Poggiò istintivamente una mano all'altezza del petto e, in quel preciso momento, quasi le sembrò di poter prevedere il proiettile che l'avrebbe colpita in pieno e il dolore lancinante che avrebbe sentito quasi nello stesso istante.
Ma non arrivò nulla. Attese un po' di tempo che sembrava un'eternità e rimase stupefatta quando realizzò di essere ancora in piedi. Non mosse un muscolo, tesa. Si ritrovò a pensare che, probabilmente, chi aveva sperato avesse sbagliato mira. D'altronde, con il buio che c'era le risultava complicato il minimo movimento, all'interno di quello spazio angusto e chiuso. Sapeva bene che gli uomini che le stavano davanti ne erano sicuramente abituati, ma sparare a una persona in quella situazione non era di certo come abituarsi a camminarvi.
Soltanto quando sentì un gemito a pochi centimetri da se', e un tonfo sordo subito dopo, si rese conto di ciò che fosse successo.
“Cosa... ?”.
Le luci si diffusero all'improvviso e impallidì alla vista della persona che, piegata in ginocchio davanti a lei, si stringeva convulsamente la spalla destra.
“No!”.
Delia s'inginocchiò accanto a suo marito, facendolo stendere lentamente sul pavimento freddo. Non riuscì neanche a pensare alle reclute che le stavano davanti, la prima delle quali aveva abbassato l'arma, un ghigno beffardo dipinto sul volto.
“Ecco cosa succede a intromettersi negli affari del Team Rocket”.
Gli altri due uomini ai lati risero e osservavano la scena impassibili, senza alzare un dito.
La giovane donna rivolse loro uno sguardo carico d'odio, uno sguardo che non la contraddistingueva per nulla al mondo. Uno sguardo che aveva cancellato dal suo stesso essere la dolce Delia che tutti conoscevano.
Si preoccupò nuovamente dell'uomo steso a terra e gli mise una mano sulla testa, accarezzandogli i capelli sbarazzini.
“Perché lo hai fatto?! Sei forse impazzito?”.
Più che un tono di rimprovero, era carico di preoccupazione. Estrasse un fazzoletto bianco dalla tasca dei pantaloni, con le mani che le tremavano, e tolse la sua mano dalla spalla per poggiarlo delicatamente sulla ferita che gli aveva impregnato la camicia.
Lui teneva gli occhi chiusi, il dolore era insopportabile. Si era buttato a capofitto sulla moglie non appena era scattato il grilletto. Senza pensarci, senza pensare alle conseguenze. Istintivamente, per proteggere lei. Per proteggere ciò che di più caro aveva al mondo.
“Perché?!”.
Dopo l'ennesima richiesta di una spiegazione, lui aveva aperto debolmente gli occhi, rimanendo con lo sguardo fisso in quello di lei.
“E tu che mi hai seguito? Non... “ si bloccò, gemendo a causa di una fitta “Non dovevi venire qui. E'... troppo pericoloso”.
“Dovevamo affrontare questa cosa insieme, hai capito?! Sarebbe bastato che me ne parlassi... “.
Solo in quel momento Delia notò il continuo tremolio delle sue mani, la fronte imperlata di sudore. Si voltò appena alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, che avesse potuto aiutarla.
“Bene, direi che ora che li abbiamo entrambi in pugno il gioco è fatto. Non c'è neanche bisogno di far scomodare il capo”.
La pistola sollevata, puntata di nuovo contro la giovane coppia. La recluta armata sogghignò, presa dalla voglia di premere il grilletto a qualunque costo.
“D... Delia... “.
Lei guardò di scatto l'uomo che amava a terra, preoccupata dal tono tenue della sua voce. Gli strinse la mano, avvicinandosi a lui più che poteva.
“Scappa, vai via. A loro ci penso io” aggiunse, nel vano tentativo di sedersi.
Lo osservò senza capire, senza riuscire a formulare neanche un pensiero sensato. Ma lo strinse a sé, conscia del fatto che l'unica cosa di cui era sicura era che non lo avrebbe mai abbandonato.
“No, non ti lascio qui”.
“Ascoltami, Delia!”.
“No, mai!”.
Quando si ritrovò a specchiarsi negli occhi castani di lei, lesse tutta la determinazione del mondo. Gli fu chiaro in quel momento che non sarebbe mai riuscito a convincerla.
L'uomo con la divisa nera rise, sistemando la mira.
“Addio” disse poi, tornando serio in un secondo. Poco prima che premesse il grilletto, però, qualcosa colpì l'arma che deviò il colpo.
Delia si strinse sul petto del corvino, tentando di fargli da scudo con il proprio corpo. Le ci volle qualche attimo per rendersi conto che il colpo non li aveva raggiunti.
Sgranò gli occhi, tornando a guardare davanti a sé, e le luci si spensero di colpo.
“Ehi, ma cosa... ?”
“Guarda dove vai, imbecille! Non sei neanche capace di sparare!”
“Qualcosa mi è arrivato addosso, non è colpa mia!”.

“Da questa parte, presto!”.
Alcuni passi veloci e una voce femminile fecero sussultare Delia.
“Cosa?”.
“Coraggio, non c'è un minuto da perdere!”.
Un'altra voce, stavolta maschile, si avvicinò all'improvviso, ma non era possibile stabilire a chi appartenessero.
Non le importava saperlo, non in quel momento. Si fidò e basta. Dopotutto, non aveva nulla da perdere.
“Mio marito è ferito, gli hanno sparato” disse freneticamente, senza neanche avere idea verso dove volgere lo sguardo.
“Ci penso io”.
Qualcuno lo aveva afferrato per le spalle e ora la aiutava a trascinarlo lontano dal pavimento freddo e dalle reclute prima che fosse troppo tardi.
Non sapeva da quanto tempo stessero andando avanti e neanche per quanto tempo ancora avrebbe dovuto camminare. Non faceva domande, non disse niente.
Stavolta fu la voce femminile a parlare.
“Da questa parte. Coraggio, ci siamo quasi”.
L'angolo verso cui erano diretti era stretto, la flebile luce del lampadario sulla parete di fronte rischiarava appena l'unico punto di quel labirinto.
Delia fece appoggiare il marito contro il muro alle loro spalle, premendo di più il fazzoletto sulla ferita. Dopodiché si voltò verso la coppia, guardandoli dall'alto in basso.
“Tutto bene? Per fortuna abbiamo qualche pokémon con noi. Siamo arrivati in tempo”.
Fu la donna la prima a parlare, una volta che si fermarono. Bella, i lunghi capelli rosso scuro e i lineamenti dolci. Delia si ritrovò a pensare di non avere mai visto una creatura più bella prima d'allora.
“Sì... grazie. Dovremo sdebitarci” rispose flebilmente il corvino, la mano sulla spalla dolorante. Cercò di alzarsi in piedi finché l'ultima non lo trattenne per un lembo della giacca.
“Non ce n'è bisogno”.
Stavolta fu l'uomo a rispondere, alto, moro. Dai lineamenti marcati e decisi.
“Dobbiamo restare uniti contro il Team Rocket. Non possiamo permettere a questi farabutti di continuare il loro sporco piano per conquistare il mondo”.
Delia annuì, stringendo i pugni. Non avrebbero probabilmente avuto possibilità, lo sapeva.
“Tu stai bene?” si rivolse al marito, senza lasciargli la mano un solo secondo. Lui poteva percepire distintamente il tremolio violento del suo corpo, adesso.
“Sì, stai tranquilla. Si sistemerà tutto, vedrai”.
Vide il suo sorriso, il suo cercare di essere tremendamente invulnerabile in qualsiasi situazione si trovasse. Il non mostrare mai la propria debolezza, davanti a nessuno. Erano le sue caratteristiche, il suo essere così dannatamente testardo e orgoglioso. Ma lo rendevano davvero lui. Ed erano alcuni dei motivi che l'avevano fatta innamorare, anni prima.
“Avete un piano?” chiese Delia, stavolta un po' più decisa.
“Forse. Ma dobbiamo unire le forze” rispose l'uomo in piedi, incrociando le braccia.
“Allora, ve la sentite?”.
La donna dai capelli rossi li scrutò uno a uno, notando l'improvvisa fiamma che si accendeva negli occhi dell'altra.
Quest'ultima lanciò uno sguardo eloquente al compagno, che non potè fare a meno di sorridere.
Lo farò per te. Lo farò per Ash.

 

 

  
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