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Autore: Marlene Ludovikovna    06/11/2013    6 recensioni
1943 - Parigi
Ester Stradsberg; the Swan. Giovane, bella e annoiata moglie di un ricco imprenditore. Ciò che più vuole é la libertà di disinteressarsi a tutto.
Hans Wesemann; the Hunter. Spietato Colonnello delle SS, la sua giacca e ornata da medaglie e i suoi occhi mostrano solo ghiaccio.
Emilie Kaltenbatch; the Hawk. Giovane pittrice pronta a tutto per sfondare e dagli istinti creativi repressi a causa della dittatura a cui sottostà il suo paese. Affascinante, crudele, ambiziosa e, per tutti, indimenticabile.
Jean Russeau; the Treacherous. Ricco, bello ed egocentrico è il re della vita mondana parigina. Ereditiere di un'immensa fortuna dedito al lusso e all'amore per se stesso.
Delle vite vissute a metà come se aspettassero di essere esaurite, così cariche di emozioni e prive di valori da essere memorabili. Anime distrutte al centro della ricchezza, della miseria e della follia. Vite distrutte dallo sfarzo del Terzo Reich.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Spring: Part 2 


Emilie scese le scale quasi correndo. 

Il fatto che avesse abbandonato il suo solito cinismo la rendeva contenta, così tanto da accettare l'invito a pranzo di un signore francese che era da sempre un amico della sua famiglia. Un certo monsieur Claude Bonet. 

Adesso Emilie indossava un abito bianco e lungo, con le maniche a sbuffo e lo scollo ampio che non si addiceva assolutamente ad un pranzo, soprattutto se portato assieme ad una giacca marroncina, a due collane di perle e a delle scarpe nere col tacco. 

Ah, mademoiselle Kaltenbatch eccola, finalmente!Esultò Bonet. 

C'erano altre persone sedute al tavolo, con lui e tutti gli sguardi erano puntati contro Emilie che stava ferma immobile con il fiatone e le guance arrossate.

Un uomo dalla bellezza stupefacente si girò a guardarla e sorrise compiaciuto, poi si alzò. 

Fraulein, Kaltenbatch... Esordì lui. 

Emilie. Corresse.

Oh, Emilie... Lui sorrise, poi tornò serio. 

Colonnello Hans Wesemann delle SS. Disse sbattendo i tacchi. 

Lei rise e fece un inchino come se stessero per ballare alzando un po' il vestito. 

Rise anche lui e Emilie fu lieta nel constatare che aveva un pizzico di senso dell'umorismo. 

Poi si presentò a monsieur Bonet che le sorrise caldamente. 

Le era stato riservato un posto accanto alla SS che le versò del vino dicendole che doveva assolutamente assaggiarlo. 

Bonet aveva un'aria minimamente simpatica, gradevole, quasi. 

Oltre a loro, al tavolo c'era altra compagnia: Ginet Feller - una giovane modella che diceva di aver lavorato per Coco Chanel -, Cristiana Bellini, l'amante italiana di Wesemann, Vincent Keller, un borghesotto qualunque e Ginevra Knauffman. 

Hans rimase incuriosito da Emilie che, ogni volta che i loro sguardi incrociavano, sosteneva l'occhiata in modo quasi insistente. 

Quella ragazza aveva un'aria così dannatamente libertina che gli venne voglia di sbatterla al muro e violarla lì davanti a tutti. 

Hans Wesemann era un predatore e non aveva mai fatto nulla per amore di una donna, persino quella stupida di Cristina poteva esserci arrivata, dopo un mese che stavano insieme. 

La loro vita di coppia per lei era un vero strazio, quasi una prigione. Ma non c'era stata una grande scelta a dir la verità. O restava a Roma a soffrire la fame oppure andava in Germania - che poi era diventata Francia - con un crudele colonnello tedesco che l'avrebbe trattata come la puttana che sembrava. 

Allora, mia cara... Come hai passato il viaggio? Domandò Bonet a Emilie, dopo aver ordinato del caviale e altre pietanze di pesce. 

Oh, tutto bene. Nulla di speciale. Disse lei con un leggero sorriso in volto e il mento appoggiato alla mano con aria disinteressata alla società che si muoveva intorno a lei. 

Da dove hai detto che vieni? Si introdusse Vincent Keller. 

Non l'ho detto. Rispose lei facendo spallucce. 

La tavolata intera scoppiò in risate. 

Comunque sono di Vienna.Disse lei. 

Gran bel posto! Ci ho vissuto per un po' di tempo... I viennesi sono delle persone adorabili.

Emilie si limitò a sorridere. 

Ma mai efficenti quanto può esserlo un berlinese! Fece Wesemann. 

Di nuovo uno scroscio di risate.

Emilie osservò per qualche istante i suoi bellissimi lineamenti da perfetto tedesco. I capelli biondi pettinati con la riga di lato, gli occhi azzurri e la mascella pronunciata. Era assolutamente e perfettamente bellissimo. 

Il volto della Germania nazista. 

A Emilie stette subito antipatico; non riuciva a provare grandi simpatia per le persone troppo belle. I difetti le piacevano, davano senso e armonia a tutto il resto. 

Era proprio così: l'uomo che le stava accanto era privo di armonia, in tutto. 

Non riuscì a spiegarselo, ma quell'uomo era... Così. 

Sentì di nuovo tutte le persone intorno a lei ridere e poi Hans le lanciò una breve occhiata. Il suo sguardo si induriva quando si posava su di lei, come se venisse ricoperto di ghiaccio. 

Wesemann aveva preso a parlare da un po', intrattenendo tutti, ma lei non lo aveva ascoltato nemmeno per un istante. 

Era una cosa che capitava spesso quando la gente lo ascoltava: il discorso veniva vissuto, più che ascoltato. 

Era un tratto presente anche in Adolf Hitler e il Colonnello Wesemann ne era fiero. Non tanto perché fosse simile al suo Fuhrer, in questo, ma perché era stato grazie anche a questo suo carisma che era riuscito ad arrivare così in alto nelle SS.

Se c'era una cosa che Hans Wesemann amava della sua vita, quella era il suo lavoro. Ebbene sì, lui non era una di quelle vittime della guerra che avevano visto la morte, gli arti mozzati e i campi di battaglia. 

Cioè, li aveva visti, ma quelle visioni non lo avevano mai urtato realmente e tra l'altro spesso era lui la causa degli arti mozzati. 

Le SS gli avevano fornito una carriera rapida, dopo il duro addestramento, e poi era arrivato all'elitè. Ogni giorno, mentre si metteva la divisa inamidata e si pettinava i capelli si sentiva estremamente fortunato dell'essere nato tedesco e, mentre guardava gli stemmi sulla sua giacca, davanti allo specchio, sentiva di stare dalla parte giusta. 

Questa cosa sarebbe potuta cambiare molto presto, non appena le cose avessero iniziato a cambiare non gli avrebbe fatto differenza alcuna diventare una spia dell'esercito americano. 

Non si vergognava nell'ammettere con se stesso che degli ideali nazisti gli importava poco e niente finché avesse avuto il conto in banca pieno e adorava e odiava al tempo stesso i sovversivi che camuffavano la loro ribellione interiore con la normalità o a volte con un eccessivo zelo. 

Emilie Kaltenbatch non rientrava in nessuna delle due categorie, ma Hans percepì subito che in lei c'era qualcosa di inconsueto. 

La sua gioiosità la trovò un po' fastidiosa, ma anche frizzante. Quella frizzantezza che lo eccitava, ma nonostante ciò riuscì a rimanere impassibilie per tutto il resto della conversazione. 

Dove hai detto che abiti? Cambiò argomento Keller, ad un certo punto della conversazione. 

Vie Bussoise. Rispose la SS. 

Oh, se vivi lì dovrai assolutamente conoscere Stradsberg! Si intromise Emilie. 

Hans Wesemann sobbalzò. Stradsberg, hai detto?

Sì, esatto. Wolfgang e Ester Stradsberg. Concluse Bonet con un sorriso compiaciuto. 

No, no. A dir la verità no. Era sempre stato bravo a mentire, ma si irrigidì per un secondo. 

Ester Stradsberg era stata il suo sogno irraggiungibile fin da quando l'aveva vista. Nonostante fosse sempre stato rigido e dedito al lavoro con tutto se stesso si permetteva le ragazze più belle che esistessero, ma Ester non l'aveva potuta avere e quello restava un suo rimpianto, pur non essendo rimasto straziato dalla cosa. 

Non aveva nemmeno avuto tempo di conoscerla, Ester, però spesso si era immaginato come potesse essere senza i vestiti, con i boccoli biondi che ricadevano sulla schiena nuda e... Dio, era una visione così vivida che per un poco non rischiò di perdere il contegno. 

Be', presto dovrai conoscergli gli Stradsberg... Commentò Ginet, per poi aggiungere: Sono l'animo della nuova Parigi!

Lo sguardo di Wesemann si fermò sull'espressione leggermente contrariata della signorina Kaltenbatch dopo l'intervento di Ginet Feller. 

Be', sì. Sono davvero... Meravigliosi! Disse Ginevra Kaufmann, dopo un po' di tempo che non aveva parlato se non per interventi insignificanti e inutili allo scopo narrativo. 

Poi una voce prima d'allora del tutto sconosciuta per Emilie si intromise rendendo quella conversazione priva di armonia una sinfonia quasi gradevole.

Ester Stradsberg sarà anche meravigliosa, ma mai come la signorina qui presente che questi uomini poco gentili non mi hanno ancora presentato.

Emilie si voltò di scatto, facendo fluttuare i ciuffi che erano rimasti fuori dal raffinato chignon. 

Jean Russeau le baciò la mano e si presentò. 

Piacere, Emilie Kaltenbatch. Rispose lei con uno di quei suoi sguardi luminosi, che facevano sembrare due astri i suoi occhi smeraldini. 

So chi sei. Il nostro monsieur Bonet mi ha parlato a lungo di te. Disse Russeau con fare suadente.

Bonet sorrise, quando venne accennato a lui. 

Quest'uomo, Jean Russeau, sembrava godere di grande rispetto tra tutti. 

Tutti tranne Hans Wesemann lo guardavano in modo quasi riverenziale. 

Poi, quando gli occhi di Emilie giunsero alla spilla infilata nel tessuto vicino al taschino della giacca di lui capì il perché. 

Era un collaborazionista e un temuto e odiato traditore della sua stessa patria. Che cosa ignobile vendersi ai nazisti per qualche dollaro in più, pur essendo forse la cosa più sensata da fare una volta trovatisi con la propria città occupata.

Emilie lo guardò per qualche secondo. 

Aveva uno sguardo sfuggente, i capelli ben pettinati e la barba sottile molto curata. La sua giacca bianca e la sua camicia beige sembravano essere di raffinata fattura e lui aveva del tutto il portamento che poteva avere chi era molto ricco. 

Vuoi sederti con noi, Jean?Propose Bonet. 

Oui, ovviamente.

Poi ordinò del vino e al momento più opportuno picchiettò il coltello sul bicchiere per richiamare l'attenzione, che aveva già prima. 

Jean Russeau emanava un'aria patinata  e piena di buoni auspici. 

Bene miei ospiti, ho un annuncio importante da fare. Quest'oggi ho concluso un affare molto importante per la mia carriera...

Fu subito interroto dal gridolino isterico di Ginet, che aveva fatto cadere tutto il vino sul tappeto pregiato. 

Oh, Dio. Dovrò ripagarlo... Be', pagherò i danni. Disse lei tentando di sembrare disinvolta, ma era arrossita di colpo per la figuraccia. 

Jean Russeau fece un sorriso ipnotico e si adagiò sulla sedia con aria noncurante. 
Be', non c'è problema alcuno, Ginet, mia cara. Perché questo hotel è... Appena diventato mio.

 

Angolo Autrice:

Sono riuscita ad aggiornare e sono soddisfatta per il semplice fatto che per ora sto riuscendo a portare avanti seriamente una long originale. Speriamo che l'ispirazione non manchi! *^*
Allora, questo capitolo è ancora dedicato a Emilie, se no avremmo visto anche il nostro Hans uccidere poco prima del pranzo, ma ve l'ho risparmiato. AHAHAH.
Prima di tutto volevo specificare che non approvo ASSOLUTAMENTE le ideologie naziste e se nel corso della storia si sentiranno dialoghi razzisti (perché ci saranno) e i nostri personaggi come abbiamo visto sono praticamente tutti dei nazi, chi più chi meno... Be', ecco sappiate che tutto questo è proprio scritto con un fine dissacratorio (e con ciò non intendo che debba essere comico) nei confronti di Hitler e del nazismo.
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e che questa mia fic possa essere apprezzata.
Accetto pareri e critiche costruttive, qualsiasi cosa. Sono un'orsetto asociale propenso al dialogo AHAHHA. <3 
Well, che dire.... Niente. Alla prossima!
Auf Wiedershen; 

Marlene xx

   
 
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