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Autore: madelifje    06/11/2013    22 recensioni
Bea è una diciassettenne della Lombardia.
Non crede nell'amore (anche se potrebbe fare un'eccezione per i membri dei Green Day o Johnny Depp), ed ha un pessimo carattere.
Ha un segreto: da circa un anno chatta tutte le sere con un ragazzo inglese, un certo Liam, che non ha mai visto.
Insomma, è una ragazza perfettamente normale.
O almeno, lo era prima di ritrovarsi catapultata nel corpo di una sconosciuta fidanzata con Zayn Malik.
***
Aprii lentamente gli occhi.
Mi sentivo come se fossi stata investita da un tram.
Era un mia impressione o la luce era diventata più forte?
Ma soprattutto, cosa diavolo mi era successo?
Mi appoggiai al letto e mi rialzai faticosamente. Dopo qualche secondo riuscii a mettere a fuoco il piumone viola.
Mi sedetti per precauzione e appoggiai le mani sulle cosce.
Un attimo… jeans?
Io indossavo dei leggins!
Una consapevolezza atroce si fece strada nella mia mente.
Il mio piumone non era mai stato viola.
Con in cuore che batteva all’impazzata sollevai lo sguardo alla ricerca di uno specchio e ne trovai uno appeso alla parete di fronte a me.
Urlai.
Il volto che mi fissava non era il mio.
Genere: Comico, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

 

Finirà sicuramente prima. Al limite fatela ripartire ;)
Mentre scrivevo avevo Big my secret, ma penso che questa sia più adatta:
sottofondo

A voi, che sopportate i miei ritardi
Ad Alice, Rebecca e Giulia, che sopportano me
A Valentina, perché glielo devo
A Sara, che chissà quando leggerà questo capitolo
A Bea e Liam, perché mi mancheranno
 


Il cuscino finì inspiegabilmente sul pavimento, svegliandomi.
Borbottando aprii gli occhi e mi trovai a detestare il poster dei Green Day appeso alla parete, perché loro erano maledettamente perfetti già di prima mattina.
Certo, pensai, sono fatti i di carta.
Mi trascinai in anticamera, facendo scrocchiare ogni singolo osso del mio corpo.
La mamma mi salutò distrattamente. Aveva dormito malissimo per colpa di papà e del suo maledetto raffreddore, che lo faceva russare anche più del solito. Incazzata, aggiunse che se glielo avessi chiesto lui avrebbe sicuramente negato. Se non ci fosse stata lei –sì, proprio lei –quella casa sarebbe andata in rovina.
-Com'è andata ieri sera? –sbadigliò.
Ieri sera. Non mi ricordavo assolutamente nulla.
-Bene, -rimasi sul vago.
Forse mi ero ubriacata. Quell'ipotesi spiegava anche il dolore alla testa.
-Ti avviso che sei in ritardo.
-Per cosa?
-Bea? Elisa che torna dal suo anno all'estero? La telefonata intercontinentale che mi sarà costata un patrimonio, ma che era necessaria perché "dovevate organizzarvi"? Ti dice qualcosa?
No. Per niente.
-Ah già! Vado a prepararmi, ciao ciao. -feci marcia indietro. Dei vuoti di memoria non erano tanto preoccupanti, giusto? Anche perché un vago ricordo dei giorni precedenti ce l'avevo. Molto, molto vago. Lunedì era iniziato l'oratorio estivo, io ero un'animatrice. Quella mattina però era sabato, potevo uscire con chi volevo. Tipo Elisa che tornava dall'intercultura. Ancora non mi ricordavo della telefonata. E nemmeno del luogo dell'incontro. Merda.
Saltai sul primo pullman diretto in centro con le cuffie nelle orecchie. Non c'era traffico.
Arrivai dopo circa un quarto d'ora. In giro non c’era praticamente anima viva. Conoscevo Elisa da nove anni, e forse aveva rispettato l’orario solo due volte. Scavai un po’ nei messaggi ricevuti e scoprii di essere in ritardo di cinque minuti. Di Elisa non c’era traccia, così mi sedetti su una panchina di marmo e controllai facebook.
Una richiesta d’amicizia: Haley Foster. Nessun amico in comune.
Chi diavolo era? Aveva i capelli tinti di biondo e due labbra rosse e carnose. Dal profilo scoprii che viveva in Inghilterra. Perplessa, ignorai la richiesta ed iniziai a giocare a Triple town per ammazzare il tempo.
-Bea scusa! C’era traffico, pensavo di arrivare prima!
-Eli, non c’è in giro nessuno. –la informai, senza distogliere lo sguardo dal cellulare.
-Ok, sono partita tardi. Ma sai come sono, è nella mia natura. Potresti anche abbracciarmi, stronza.
Scoppiai a ridere, infilai il galaxy in tasca e buttai le braccia al collo della mia amica.
-La mia Bea… -disse lei –Dai, raccontami. Cos’hai fatto in questi mesi? A parte strapparti i capelli a causa della mia assenza, ovviamente.
Ecco, avrei tanto voluto sapere la risposta a quella domanda.
-Le solite cose: scuola, amici, allenamenti, vita amorosa inesistente… entriamo da Kiko? –tergiversavo spudoratamente. Con Elisa, però, “Kiko” era la parola magica. Mi prese sottobraccio ed insieme ci dirigemmo verso il negozio di cosmetici.
Restammo da Kiko fino a quando le commesse non iniziarono a guardarci male, obbligandoci a comprare qualcosa e ad andarcene. Una volta fuori, optammo per un gelato.
Passammo davanti ad un piccolo vicolo in cui non mi sembrava di essere mai stata. Un colpo d’aria mi scompigliò i capelli –strano, avrei potuto giurare che fino a due secondi prima non ci fosse stato neanche un alito di vento- e il biglietto del pullman che spuntava dalla tasca dei jeans volò fuori e rotolò lungo la stradina. Imprecai e gli corsi dietro, mentre Eli coglieva l’occasione per ricordarmi quanto fossi sfigata. Il biglietto per poco non finì in un tombino. Mi chinai per raccoglierlo giusto in tempo, poi sollevai lo sguardo.
Mi trovavo davanti ad una catapecchia vecchissima. L’insegna rovinatissima e in parte illeggibile diceva “Emporio d’…a”.
 
Piove. Il vento mi fa sfuggire di mano l’ombrello e lo inseguo in una stradina che sono sicura di non avere mai notato prima.
-Fottuto vento di merda! –sbotto.
-Sei sempre la solita, la finezza fatta perso.. Ehi! –Noemi tronca la frase a metà e io sollevo lo sguardo. Ci troviamo davanti ad un negozio stranissimo. È una piccolissima casetta in legno e sembra appena uscito da un film di Halloween di serie B. 

 
Sbattei le palpebre. Non feci in tempo a dare un senso a quello che avevo appena visto, perché Elisa mi afferrò per un braccio.
-Entriamo?
Il mio istinto di sopravvivenza mi diceva di correre via.
-No. Dai, Eli, è un posto assurdo!
-Appunto! Se entriamo ci facciamo due risate! Ti prego, Bea. –accettai.
Ogni singolo centimetro dell’interno era pieno degli oggetti più assurdi, che nessuna persona sana di mente avrebbe mai comprato. Ad ogni passo la sensazione di dejà-vu aumentava.
Era solo la mia immaginazione e la mia cultura piena di film spazzatura. Io quel negozio non l’avevo mai visto, poco ma sicuro.
Seguii Elisa scavalcando cumuli di libri, statuette di gatti neri e strane pietre fino a raggiungere una porta vecchissima. Eli abbassò la maniglia. Cosa diavolo stavamo cercando?
-Oh bene! Vi stavo aspettando! –qualcuno eseguì una rotazione completa su una sedia girevole e ci rivolse un sorriso a trentadue denti. Era una vecchia. Aveva un’aria stranamente familiare, e dopo qualche secondo la associai a Nonna Enigmina, la tipa stramba dei videogiochi del Professor Layton. Ci trovavamo in quella che doveva essere la stanzetta sul retro. Un grande tavolo dominava la scena, insieme alle due poltroncine e alla sedia girevole.
-Stava aspettando… noi? –chiese Elisa.
-Esatto! –Nonna Enigmina annuì energicamente. –Beatrice, come stai?
Sobbalzai. –E lei come fa a sapere il mio nome?
L’espressione di Nonna Enigmina cambiò. Il suo viso smise di essere radioso. Sorrideva ancora, certo, ma c’era qualcosa di… malinconico.
-Davvero non ricordi, eh? –scosse la testa –Avrei dovuto dare ascolto a Liam. Quel benedetto ragazzo non è solo bello.
Elisa mi guardava allarmata. Io semplicemente non sapevo come comportarmi.
-Chi è Liam? –chiesi infine.
-Oh, credo proprio che lo scoprirai presto. Sappi che è stato bello. Molto bello.
 
-Ok, chi diavolo era quella?
-Solo una pazza.
-Una pazza che ti conosce, Bea. Fossi in te avrei paura.
I nostri piedi ci aveva ricondotto alla fermata dell’autobus. Quello diretto al mio paese sarebbe passato nel giro di cinque minuti.
-Di quella lì? Ma l’hai vista? In un corpo-a-corpo non avrebbe speranze contro di me, -dissi strizzando l’occhio alla mia amica. Lei mi diede una sberla sulla fronte.
-Se verrà a casa mia per aggredirmi, giuro che sarai la seconda persona a cui lo dirò.
-E la prima?
-Un poliziotto, ovviamente. –scoppiammo a ridere.Un autobus blu spuntò da dietro l'angolo.  –Merda, è il mio! Ciao Eli!
-Corri, Bea! E guardati le spalle!
Saltai sull’autobus e salutai il conducente. Mi lasciai cadere sui posti a quattro ed allungai le gambe sul sedile che avevo davanti.
Vecchie pazze a parte, non era stata una mattinata così inutile. Il mascara nero extra volume nella mia tasca ne era la prova. Mi rilassai ed impostai la riproduzione casuale del cellulare. Toccò a I can wait forever.
Canticchiavo a bassa voce, mentre alberi e case sfrecciavano fuori dal finestrino, abbastanza lentamente da permettermi di vedere i contorni.
Intanto partì il ritornello.
 
Sono seduta su dei gradini. È stato un pomeriggio di merda. Non che la mattinata sia stata migliore. Anzi, si può dire che io non abbia una giornata piacevole da… non me lo ricordo nemmeno.
-Qualcosa mi dice che tu e Ginny non avete trovato nessuno. –dice la sua voce. Si siede accanto a me.
-Wow, non ti facevo così perspicace.
Ha le cuffie nelle orecchie e i capelli umidi. È semplicemente bellissimo. Devo fingere che la sua presenza non mi faccia nessun tipo di effetto, così mi concentro sulla moneta di cioccolato che sto mangiando. Poi lui inizia a canticchiare.
Conosco la canzone, ma non è questo che mi stupisce. Lui canta benissimo.
Another day without you with me, is like a blade that cuts right through me, 
but I can wait I can wait forever 
when you call my heart stops beating, but when ur gone it wont stop bleeding 
I can wait I can wait forever... 

Sono estasiata.
-Sei un idiota! –sbotto.
-Se non ti piacciono i Simple Plan è un problema tuo, Haley.
 
Trasalii.
Haley.
Haley.
Come la ragazza misteriosa della richiesta d’amicizia.
Non poteva essere una coincidenza. Mi erano successe troppe cose strane, e tutte in un giorno.
Doveva esserci qualcosa sotto. Oppure ero una pazza visionaria. In ogni caso iniziavo ad avere paura. Prenotai la fermata ed iniziai a camminare speditamente verso casa non appena i miei piedi toccarono terra.
Volevo solo barricarmi in camera ed ascoltare musica a tutto volume.
Ma qualcosa me lo impedì. O meglio, qualcuno.
Per la precisione, il ragazzo bellissimo della visione appostato fuori dal mio cancello.
Lanciai un urlo.
-E tu che cosa ci fai qui?!
Mi ignorò. -Beatrice? –chiese con un forte accento inglese.
-Sì. E tu sei?
La sua aria interrogativa parlava da sola. Ripetei la domanda in inglese.
-Liam! Bea, sono io! Ti ricordi? –parlava lentamente, per assicurarsi che lo capissi.
-No, mi dispiace. Non ho la più pallida idea di chi tu sia. Potresti per favore spostarti e andare via da casa mia?
Era bello. Tanto, ma tanto bello.
-Anche Haley non si ricorda. Sa di essere andata in Australia per Zayn, ma non si ricorda di me. Allora le ho preso il cellulare e ho telefonato a quella signora, Nonna Enigmina. Mi sono fatto dare il tuo vero indirizzo, ho detto agli altri che tornavo in Inghilterra e invece eccomi qui. Ti credo, Bea. Mi dispiace di non averlo fatto l’altro ieri, quando mi hai raccontato tutto.
Non capivo il senso di quel racconto. Perché dirmi quelle cose? Chi erano Haley e Zayn? E cose c’entrava l’Australia?
-Ok, adesso devi proprio andare via. –lo spinsi da una parte ed aprii il cancello.  –È stato bello conoscerti, ma puoi anche tornare in Inghilterra. Torna a casa tua.
Feci tre passi.
-Non serve, sai. Io ti guardo e sono a casa. Ma lo farò. Ciao, Bea. Ti amo. –rimasi paralizzata. Liam mormorò un “ciao” e si allontanò, lentamente. Io corsi in casa.
Non mi fermai fino a quando la porta della camera da letto non fu ben chiusa alle mie spalle e scivolai lungo il legno marrone scuro. Chiusi gli occhi.
 
Io ti guardo e sono a casa.
Liam che mi schizza mentre facciamo il bagno in una fontana.
Liam ed io che cantiamo Wanderwall in un pub.
Liam che porta a casa in braccio dal bowling una me ubriaca fradicia.
Liam ed io che ci baciamo in un bar.
Liam che dice di amarmi mentre il nostro jet precipita.
Liam ed io che ci tuffiamo in un laghetto su un’isola sperduta nell’Oceano Indiano.
Liam che sparisce davanti ai miei occhi e io che non faccio in tempo a dirgli quanto lo ami.
 
Quando mi svegliai erano passate due ore.
Era tardi, troppo tardi.
Corsi fuori dalla mia stanza e mi precipitai in garage (Beatrice, nel frattempo, aveva preso la patente). Partii a tutta velocità, diretta all’aeroporto di Malpensa.
C’era traffico. Le mie dita tamburellavano nervosamente sul volante mentre la vecchia polo era bloccata in coda. Presi il cellulare. Non fu difficile trovare l’Emporio d’Ombra su internet, e nemmeno risalire al numero di Nonna Enigmina.
-Finalmente! –esclamò lei.
-Mi dia il suo numero. Non ho molto tempo.
Me lo dettò. –Sa, prima non gliel’ho potuto dire, ma è stato bello anche per me.
Stava sorridendo. Ne ero sicura.
-Oh no! Non riuscirai a farmi piangere. Sbrigati, ragazza mia. Faccio il tifo per te. Vai dal tuo Liam e bacialo.
-Senta…
-Dimmi.
-Qual è il suo vero nome?
Si sentì una risata. –Chissà. Per te sempre Nonna Enigmina.
Una lacrima colò lungo la mia guancia. Niente “addio”. Niente “mi mancherà”. Non ce n’era bisogno. E andava bene così.
La macchina davanti a me si mosse.
 
Parcheggiai in doppia fila, ignorando le proteste degli altri.
Io pensavo solo a correre. Correvo per i corridoi affollati, mi facevo largo tra le famiglie troppo numerose e gli uomini d’affari, scivolavo sui pavimenti lucidissimi e urtavo tutte le valige.
-Il prossimo volo per Heathrow?
-Tesoro, -disse la donna al banco del check-in –gate 12. Parte tra cinque minuti!
Imprecai e ripresi la mia folle corsa.
Dovevo fare in tempo.
Non poteva partire senza di me, senza sapere che ricordavo tutto.
Senza sapere che lo amavo.
Vidi Liam proprio mentre entrava nel tunnel.
-Liam! Liam aspetta!
Non riusciva a sentirmi. Grosse lacrime mi rigavano le guance.
-Cazzo, Liam!
La hostess gli disse di sbrigarsi. Una montagna umana mi sbarrò la strada prima che potessi raggiungerlo e io urlai ancora il nome di Liam.
Lui finalmente si voltò.
Mi vide.
E il portellone dell’aereo si chiuse.
Caddi pesantemente su una seggiola verde. Scoppiai a piangere, mentre l’uomo della sicurezza cercava di calmarmi.
Quando trovai la forza per chiamarlo erano passati minuti.
Lui rispose al secondo squillo.
-Torna indietro, -singhiozzai.
-Bea…
-Riporta qui il culo, sbrigati!
-Non sai quanto mi piacerebbe. Ma non posso. Non ho i soldi per un altro volo e quello che guadagno al bar non basta. Avevo prenotato questo biglietto perché sapevo che tu non mi avresti riconosciuto. Anche se speravo di disdire…
-Allora fai qualcosa, punta una pistola alla testa del comandante e ordinagli di riatterrare!
Non riuscivo a capire se stesse ridendo o piangendo. Probabilmente entrambe le cose.
Io non potevo andare da lui e lui non poteva venire da me. Avevamo due vite completamente diverse.
-Cosa facciamo? Io non riesco a stare senza di te!
Guardavo fuori dall’ampia vetrata, mentre i singhiozzi mi scuotevano le spalle. Probabilmente anche lui stava guardando giù.
-Bea, ascoltami. Un giorno, non so quando, come o dove, ma ti giuro che ci rincontreremo. Voglio fare il bagno nelle fontane. Voglio citare in continuazione i film della Pixar. Voglio litigare durante le ore di chimica. Voglio cantare le canzoni degli Oasis. Voglio ubriacarmi al bowling. Voglio portarti alle cascate.
Io invece volevo insultarlo, perché non avevo mai pianto così tanto in tutta la mia vita.
-Ti amo, Liam. –dissi invece.
-Ti amo anche io.
Dovevo riattaccare. Non si poteva telefonare a bordo di un aereo.
-Un giorno. In un posto qualsiasi in un momento qualsiasi.
-Te lo prometto. 



Augh!
Non piangere. Non piangere. Non piangere, accidenti.
È finita. La cosa più strana, pazza, demenziale, ridicola, fuori dal mondo che abbia mai scritto e pubblicato (alla Vigilia di Natale lol) è finita. So che tante di voi vorranno uccidermi per il finale. La colpa è di Giulia, non mia (♥). E dopo tanti lieto fine volevo provare a farne uno leggermente diverso...
Voglio ringraziarvi. Senza di voi, questa storia pazza iniziata per caso non sarebbe mai stata ultimata. Avrei abbandonato tutto intorno al capitolo cinque. E invece no. Quindi grazie. Grazie alle 120 persone che la seguono, le 30 che la ricordano, le 90 che la preferiscono e le 171 che l'hanno recensita in maniera positiva. Siete le migliori.
Le lettrici silenziose potrebbero lasciare un commentino a questo ultimo capitolo? Giusto per dirmi cosa pensano di questa follia :)

Adesso? Non so cosa farò ahah. Ho tre storie in corso, tutte abbastanza lontane da una conclusione (ve le linko qui sotto, nel caso non ne abbiate abbastanza di me). Non so più cosa dire. Dopo undici mesi ho finito Non sono chi tu pensi che sia, e mi rendo conto solo adesso di quanto cavolo mi sia affezionata ai miei personaggi.
Basta, direi che vi ho già annoiato a sufficienza.
Tantissimi baci, e grazie
Gaia ♥
   


Disaster (One Direction)
Invisible (Ed Sheeran)
Dejà-vu (Originale)
You always will be my angel (One Direction, prequel di Disaster)
  
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