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Autore: Yakamoz_94    07/11/2013    4 recensioni
Un vero cacciatore guarda senza timore la paura negli occhi, non arretra e non cede mai il passo alla bestia, poi avanza impavido armato solo del proprio coraggio, continua a combattere spinto dalla forza del suo animo per proteggere coloro che ha giurato di difendere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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THE HUNTER

JUST THREE MONTHS [ terzo capitolo]


"Prima di tentare l'impossibile abbi la certezza di poterti reggere sulle tue gambe"

 
VILLAGGIO DI MIKKE


Stava arrivando l'inverno e le prime sporadiche nevicate iniziavano a raggiungere anche il villaggio, dopo aver colmato le vette delle montagne più alte, il vento si faceva gelido e sottile e la nebbia s'alzava e s'insinuava bassa ostacolando la visuale, il cielo plumbeo non permetteva più al sole di brillare e le giornate s'erano fatte più corte. Ogni mattina sottili strati di brina e ghiaccio erano ritrovati agli angoli delle strade o vicino agli usci delle porte, il legno delle capanne e delle altre abitazioni resisteva bene all'umidità e non temeva le intimidazioni del freddo, ricavato da alberi particolari che si trovavano nelle grandi foreste ad occidente. Il lavoro nei campi era stato sospeso e Rìv doveva partire tutte le mattine alla ricerca di cibo, avventurandosi per i sentieri montani, ma la stagione stava cambiando e le mandrie si stavano spostando altrove, questo richiedeva per lei maggiore fatica. Era praticamente l'unica a poter ancora cacciare, a poter avventurarsi senza timore all'interno dei boschi, molti uomini del villaggio erano ancora soffocati in una paura fine a se stessa e difficilmente mettevano il naso fuori di casa, e di quei ragazzini troppo spavaldi che pretendevano d'averla come insegnante pareva non volerne sapere ancora nulla. Le richieste in realtà non erano mai cessate e ancora giungevano in molti a pregarla con finta gentilezza, elargendo complimenti per ammorbidirne la volontà, ma lei restava inamovibile. A Mikke era risaputo che aveva preso con sé la ragazza, e questo aveva suscitato non poche polemiche. I ragazzi erano indignati e la cosa sembrava averli incitati ancora di più a cercare di dare il tormento alla cacciatrice, quasi volessero prenderla per sfinimento. Ma vi era un problema d'intensità ben peggiore, di difficile risoluzione. Nyràv, l'uomo a cui Yana era stata affidata, la rivoleva in casa per lavorare e abbatteva forti manate contro la porta in legno scuro per farsi aprire, sbraitando e minacciando. Era un uomo rude, sulla sessantina, era calvo e aveva una barba scompigliata e grigiastra sul mento, massiccio e alto, due possenti braccia muscolose che nella giovinezza lo avevano aiutato per i lavori nelle miniere, il volto perennemente truce, la voce cavernosa e roca, quasi si fosse consumata nel tempo a furia delle sue urla. Aveva un carattere ancora peggiore del suo aspetto, intrattabile ed irascibile, pieno di un orgoglio apparentemente immotivato, viveva ancora nella convinzione che le donne dovessero sottostare ai voleri dell'uomo. Il suo fiato puzzava sempre e Yana lo detestava. L'aveva sempre trattata alla stregua di una schiava, proprio nel momento in cui lei avrebbe avuto più bisogno di un riferimento, lei che avrebbe voluto essere amata ancora come una figlia, niente di più. Aveva le mani grosse, sembravano le zampe di un grosso orso, la ragazza odiava anche quelle, che molte volte l'avevano picchiata altre ancora le avevano riversato addosso attenzioni che lei non aveva richiesto. Anche il capo del villaggio a stento riusciva a tenerne a freno il temperamento, solo perché amico di vecchia data. 
Tornò anche quel giorno, nel pomeriggio, e s'abbatte con ritrovata ferocia contro le pareti esterne dell'abitazione mettendo in allarme i Felyne che si erano rintanati nella cucina e miagolavano bassi, per non farsi sentire.
< Donna! Apri questa maledetta porta! Apri! Apri o butterò giù questa oscena casa che ti ritrovi!>
Urlò così forte che Yana cercò d'appiattirsi in un angolino, tremante, con le braccia strette attorno alle gambe, terrorizzata. Al momento Rìv non era in casa e neanche i due Felyne combattenti che l'avevano seguita per cacciare, ma le mandrie s'erano fatte più lontane e ritardava spesso a rientrare. Era sola in casa, quindi, e fissava con occhi gonfi quella porta, ultimo baluardo, nella speranza che resistesse a quei colpi possenti come tuoni.
< Donnaaaaa!>
Si fece ancora più piccola a quel grido, facendo finta di non esistere, cercava di non emettere neanche un suono, mentre i gatti, facevano capolino per poi tornare a confabulare fra di loro. Certo erano bravi a cucinare e a tenere pulita la casa, ma - diversamente dai Felyne combattenti - i cuochi tendevano ad evitare di combattere, particolarmente codardi, e preferivano starsene nascosti in cucina, impugnando mestoli e padelle timidamente.
I colpi cessarono e per qualche minuto la ragazza riprese a respirare calma, credendo che l'altro se ne fosse andato e che il pericolo fosse passato, era trascorso ancora qualche attimo e non si sentiva più alcun rumore, l'ansia le era rimasta incollata addosso spiacevole e non aveva intenzione di permetterle di rimettersi in piedi, non aveva neanche pensato d'afferrare una qualche arma dai bauli della sua maestra tanto era il terrore che quella persona le incuteva. Per mesi aveva dovuto sopportare quello sguardo iracondo e folle, a volte bramoso, sulla pelle, era il suo incubo, così come lo era il figlio e gli amichetti che si erano apprestati a picchiarla a sangue qualche giorno prima. E infine, proprio nel momento in cui sembrava essere arrivata a calmarsi un po', sentì l'improvvisa veemenza di un colpo, così tremendo che tutta l'abitazione ne fu scossa, e la porta venne a spezzarsi assieme al rumore del legno frantumato. E l'uomo, grugnendo e imprecando batteva ancora con la grossa ascia per abbattere quell'ultima barriera che lo teneva lontano, e in un'altra decina di sferzate riuscì a ricavarsi un varco per entrare nella casa, avvolto in una vistosa pelliccia nera, i pantaloni pesanti chiazzati di fango e gli stivali sporchi. Nyvàr non ci mise molto a trovare la ragazza con gli occhi, ancora in preda al terrore, e con passo tozzo le fu addosso immediatamente. La strattonò per un braccio e la fece alzare con prepotenza, senza riguardo alcuno per le sue condizioni, prima di urlarle contro, ruvido.
< Maledetta cagna ingrata! Qua te ne stavi! Ma tu non hai capito come stanno le cose, tu sei di mia proprietà, ti spezzerò le ossa una ad una e ti trascinerò a casa a calci!>
< Quella non è mai stata casa mia!>
Gli aveva risposto di getto, spinta da una forza che nemmeno pensava di possedere, ma subito la voce le si gelò di nuovo nella gola, quando uno schiaffo le rigirò la faccia, e dovette ricadere sul fianco, stesa sul pavimento. In quel momento furioso la tenne bloccata a terra tenendola per i polsi e la rigirò con vigore tenendola pressata con il proprio peso, dopo essersi inginocchiato sopra di lei. 
< Stupida puttana, non hai ancora imparato a tenere la tua stupida bocca chiusa. Tu sei mia, non c'è niente che tu possa fare per cambiare le cose. E quella donna dov'è? Nh? Non viene ad aiutarti?>
< Lasciami andare!>
Cercava di divincolarsi ma la presa dell'uomo le impediva di muoversi e la sua faccia grossa le alitava addosso sfiatando e sbuffando come avrebbe fatto un grosso cinghiale selvatico, strinse gli occhi e cercò di voltare il viso, ma arrivò a baciarla comunque, con irruenza, senza dolcezza, lasciandole addosso una sensazione di disgusto. Aveva preso a piangere, frustrata, cercava di spingerlo via con le gambe, senza risultati, ma non demordeva, non smetteva di resistere, spinta da una tenacia che non voleva ancora abbandonarla.
< Sporca cagna, ti sei permessa di scappare via>
Le aveva poggiato una mano sulla gola e le parlava addosso sussurrando parole oscene ed orribili mentre cercava di toglierle di dosso i vestiti, sordo alle proteste di lei, e permaneva curvo, senza darle alcuna via di scampo. Yana aveva chiuso gli occhi e ancora pregava senza smettere di muoversi, mentre sentiva il suo animo tormentato intento a morire secondo dopo secondo in un dolore ancora più grande di quanto potrebbe esserlo quello derivato dall'amputazione di un arto. Credeva davvero di non avere più scampo, alla mercé di quel bruto, quell'aguzzino che si era auto-proclamato suo padrone, trattandola alla stregua di un animale da macellare e non sapeva ancora se sarebbe morta per quella presa sul suo collo che la stava privando del fiato o per l'immensa vergogna. Ma non era ancora giunto il momento della sua fine, il suo animo non sarebbe ancora andato in frantumi e la sua vita non si sarebbe spenta come una stella lontana.
Sopraggiunse con la stessa rapidità di un fulmine all'interno della casa, afferrando con entrambe le mani la pelliccia di Nyvàr per toglierlo di peso dalla ragazza inerte a terra, lei, implacabile e statuaria avvolta nell'armatura nera, il copricapo ancora addosso che la faceva apparire ancora più iraconda, alta per essere una donna, forte e piena d'indignazione. Rìv era stata capace di spostarlo e l'aveva fatto rotolare al centro della sala, poco distante dal tavolo, mentre la ragazza riprendeva a respirare con avidità l'aria santa che prima le era stata preclusa dalla morsa d'acciaio di quelle dita.
< Fuori da casa mia porco infame!>
< Mi hai rubato la mia serva, maledetta!>
< L'ho salvata da te! E' sotto la mia protezione adesso, vedi di uscire alla svelta da qui o non risponderò delle mie azioni>
< Non mi faccio comandare a bacchetta da una stupida donnicciola>
Infuriata e adirata non aveva atteso molto per assestargli un calcio sulla faccia, appoggiando il peso di quel piede sul naso grosso con il chiaro intento di spaccarglielo, mentre ancora se ne stava a terra ad insultarla, brontolando nel suo stesso sangue e bestemmiando contro antiche divinità degli uomini.
< FUORI!>
Lei, sempre così contenuta e garbata nei metodi, sempre così elegante, era stata capace di una furia degna della più feroci tempeste, come un uragano impossibile da frenare. Accompagnò con altri spintoni e calci l'estraneo fuori dalla sua casa e l'aveva fatto ruzzolare lungo il sentiero di montagna intimandogli di non farsi più vedere da quelle parti. Aveva urlato così forte che non sarebbe stato difficile pensare che già tutto il villaggio oramai fosse a conoscenza della loro lite. Yana era ancora scossa, ma stava bene, tremava ancora mentre si rimetteva seduta prendendo grandi boccate d'aria, gli occhi arrossati le bruciavano mentre cercava di sistemare le spalline dell'abito che però erano state stracciate e ricadevano malamente rischiando di scoprirle il seno che pudicamente, con imbarazzo e rabbia cercava di occultare, quasi volesse nascondere l'accaduto. La cacciatrice tornò rapida dall'allieva, lanciando l'elmo a terra, pronta a sedersi lì, al suo fianco, allungando la mano destra per carezzarle la faccia, dove uno schiaffo le aveva lasciato un segno rosso ancora piuttosto chiaro.
< Scusami, non avevo pensato che sarebbe arrivato a tanto, non avrei dovuto lasciarti da sola>
La voce era tornata vellutata e dolce, e lo sguardo era pieno di rammarico e preoccupazione, incredibile che fosse la stessa persona che pochi istanti prima s'era agitata con tutta quella cattiveria contro l'aggressore. Non le rispose, comunque, tenendo la faccia bassa. La stanza restò avvolta in un silenzio quasi irreale per un tempo che sembrò infinito, i gatti cuochi spiavano dalla loro stanza, curiosi, mentre Nathalie e Rain aspettavano fuori osservando le condizioni della porta oramai distrutta. La donna restava a guardare la ragazza ben più giovane, con i capelli ancora raccolti, le stava vicina ma poco sicura sul da farsi, come se le mancasse da molto una vicinanza così stretta con una persona. Poi calma, senza movimenti bruschi l'abbracciò tirandosela più vicino, con garbo, facendole appoggiare la testa sul petto, e un poco sussultò al contatto di quell'armatura gelida e liscia, rifinita da squame scure compattate assieme, ma si ridistese poco dopo. La cacciatrice era alta e il suo abbraccio per quanto morbido e gentile era saldo e le dava una sensazione di sicurezza che temeva d'aver perduto, la strinse di rimando spostando appena la fronte per non urtare contro una parte troppo pungente dell'armatura, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso, singhiozzando solo di tanto in tanto.
< Ti proteggerò fino a quando avrò fiato nel mio petto>
E mai una promessa le fu mossa con tanto fervore, così salda nel suo significato, così profonda l'essenza stessa di quella donna da rendere vani e futili tutti gli altri esseri umani, così incorotta nell'animo, permeata di valori che oramai molti sembravano aver dimenticato.

Yana era stata rincuorata dai Felyne della cucina, che si erano prodigati tutto il resto della giornata a coccolarla e a muoverle scuse e parole cortesi, mentre Nathalie ancora non si dava pace per l'accaduto e restava mogia in un angolo assieme a Rain, che al contrario stava semplicemente riposando per conto proprio. Rìv si era adoperata per chiedere aiuto a Mikke per la riparazione della porta e aveva avvisato il capo del villaggio del temperamento di Nyràv denunciandone le azioni disdicevoli. Poi avevano stipulato un patto e la ragazza le venne affidata ufficilamente in modo che non dovesse più mantenere legami con l'uomo, ma c'era voluto molto per convincerlo a cedere e la cacciatrice probabilmente aveva pagato molto per la liberazione della sua allieva. Tuttavia doveva ammettere che da quando aveva preso ad essere essenziale per il benessere cittadino, le persone avevano iniziato a vederla di buon occhio e non circolavano più cattiverie sul suo conto, inoltre l'arrivo dei Felyne non era passato inosservato e le cibarie provenienti da Pokke erano state condivise generando un clima più disteso. I rapporti stessi con il centro abitato era quindi andato a rinsaldarsi e a migliorarsi, e per quanto non lo desse a vedere doveva averle pesato molto l'ostilità con cui era stata accolta nei primi tempi, nonostante i suoi sforzi.
La ragazza si stava scaldando vicino al fuoco, volgendo di tanto in tanto delle occhiate in direzione della gatta guerriera acciambellata su se stessa in un silenzio che non le apparteneva. Yana allungò le gambe per un attimo, comoda negli abiti che la sua maestra le aveva donato, estremamente femminili, con orli lavorati finemente, mentre quelli vecchi erano stati buttati, come a voler cancellare ogni ricordo di quel momento scandaloso di qualche ora prima. E la donna era stata gentile tutto il tempo e si era premurata delle sue condizioni, anche se non era stata effettivamente violentata, era rimasta traumatizzata psicologicamente,ferita molto in profondità.
" Ti proteggerò fino a quando avrò fiato nel mio petto"
Restava abbracciata a quella frase come se la scaldasse a pari del calore del caminetto acceso, e sentiva una leggerezza nuova nel petto, ogni cosa di quella persona le suscitava ammirazione, se fosse stata uno di quei ragazzetti del villaggio sicuramente se ne sarebbe innamorata perdutamente. La faceva sentire meglio, e con tutta la sua forza cercava di scacciare i pensieri negativi che le ronzavano nella testa.
Rìv era tornata presto, non voleva lasciare la ragazza da sola per troppo tempo e aveva assicurato che nei prossimi giorni si sarebbe adoperata per sistemare la porta, al momento coperta da un telo di un vivace blu scuro che serviva a tenere in parte bloccata l'aria gelida e a schermare dalle occhiate dei curiosi che si erano avvicinati alla dimora sull'altura della collina. 
< Bentornata padrona - nyah.>
Rain in effetti non aveva occhi che per lei, anche Yana le andava piuttosto a genio, certo, ma non si sprecava a parlare per lei, era difficile che si sforzasse di trovare un motivo per conversare con qualche umano che non fosse la sua padrona, quasi fosse scettico. Era atipico, diverso da tutti gli altri suoi simili che l'avevano accompagnato nel suo viaggio, anche Nathalie combatteva eppure solitamente era piuttosto loquace. 
< Grazie per aver tenuto d'occhio la porta, Rain, puoi riposare adesso>
E la rossa s'era tolta la pelliccia pesante di dosso visto che in casa faceva caldo, facendo segno agli altri felini di cucinare la cena con quello che era rimasto, mentre con passo leggero si muoveva per accomodarsi su una sedia, stanca. 
< Dovresti riposare un po', torni sempre più stanca>
< Sei gentile a preoccuparti per me, Yana, ma ho solo bisogno di mangiare qualcosa, è mio dovere provvedere a fare queste cose per la salvaguardia del villaggio, è il mio compito di cacciatore>
< Potresti portarmi con te, ti aiuterei, o potresti chiedere a qualcun altro del villaggio di farlo>
< Molti hanno ancora timore d'addentrarsi nel bosco e tu non sei ancora pronta>
< Ma potrei aiutarti in qualche altro modo>
< Al momento opportuno>
Non c'era modo di piegarne il volere, se s'impuntava su qualcosa era impossibile ammorbidirla con le richieste, tenace e solida nelle sue convinzioni come le fondamenta stabili di una statua in ferro.
< Adesso comunque non devi più preoccuparti del tempo che passi qui in casa mia>
< Ma il capo villaggio..>
< Non preoccuparti, ho accordato un patto con lui e sei stata affidata a me, non sarai costretta ad andartene via, non sei più vincolata a quello che hai dovuto sopportare>
Le venne da piangere di nuovo, ma qualcosa la trattenne. Non le rispose, in effetti non esistevano parole per esprimere quell'immenso senso di gratitudine che le invadeva il cuore, le stupide limitazioni del linguaggio umano avrebbero contaminato quel sentimento puro ed assoluto, sarebbe bastata quella luce incredibilmente brillante in quegli occhi, puntati su quelli della maestra, sì, sarebbe bastata. 
In realtà era una combinazione bizzarra , Yana era rimasta per molti mesi costretta a soffocare ogni cosa nel profondo della sua stessa essenza e le risultava difficile aprirsi, dall'altra parte Rìv sembrava non essere più abituata a trattare con le persone, come se la via della caccia l'avesse costretta ad allontanarsi da coloro che più amava. Tutte e due erano accomunate dall'ostinazione e da quel vigore che il loro animo emanava, tutte e due davano l'idea d'aver sofferto molto per una cosa o per l'altra. Eppure di Yana si conosceva la sua storia, il suo vissuto, mentre la cacciatrice restava ben muta sul suo passato, e si guardava bene dal farne parola, e quello restava un mistero affascinante, come una gemma nascosta nel fondo di una grotta buia e gelida.

La porta era stata riparata, la mattina seguente due uomini del villaggio avevano portato il materiale e avevano aiutato Rìv a montarla sui cardini una volta sistemata. Rain era stato mandato da solo alla ricerca di cibo all'interno dei sentieri di montagna e sarebbe ritornato solo a pomeriggio inoltrato, ma la sua padrona non sembrava minimamente preoccupata, fiduciosa nelle capacità della piccola creaturina grigia. Nathalie si era ripresa e così pure Yana, almeno in parte, e la gatta era tornata particolarmente gioiosa e metteva di buon umore la nuova proprietaria, mentre gli altri gatti pulivano la casa. Il clima era tornato nuovamente accogliente, e l'irruzione del bruto Nyrvàn sembrava oramai un ricordo lontano parecchie migliaia di decadi.
< Le tue ferite mi sembrano guarite del tutto adesso>
< Vuol dire che mi insegnerai adesso?>
< Certo, com'era negli accordi>
< E quando mi porterai a cacciare con te?>
< Sei molto entusiasta, però ti ho detto che ci vorrà del tempo>
La ragazza era vestita con abiti un po' più adatti per l'addestramento, più mascolini, un paio di pantaloni larghi che le erano stretti alla vita con una cintura ben stretta e una casacca scura che le copriva larga il petto, tenendola calda. Si sarebbero allenate all'aperto, poco fuori dalla casa, in un punto in cui il terreno era piuttosto piano, là dove il carro dei Felyne era stato portato. Vi era uno sprazzo erboso piuttosto ampio, in cui l'erba rinsecchita dal freddo permaneva rada sospinta da un vento leggero ma gelido come la lama di un pugnale, e non vi erano ceppi o tronchi o grossi massi. Probabilmente un tempo doveva esservi anche una seconda casa sulla collina che poi per motivi ignoti era stata smantellata lasciando sgombro quella parte del territorio. Uno dei due bauli era stato portato all'esterno, e Rìv vi stava frugando dentro per ricercare qualcosa. L'allieva era in attesa morbosa, erano molti giorni che non faceva che leggere e leggere e pregare la donna d'insegnarle l'arte della caccia, il suo chiodo fisso. Se questo bisogno d'apprendere fosse dettato ardentemente da un sentimento di vendetta rancorosa o da un sincero interessamento mosso dalla parte del suo animo versato per la caccia questo non poteva dirlo, però questo desiderio lo sentiva crescente e bruciante, sempre più intenso. Non era nervosa, non particolarmente, ma era in preda all'eccitazione e all'esuberanza tipica dei ragazzi, non vedeva l'ora di iniziare e continuava a gettare occhiate curiose, senza parlare.
< Una parte importante per il tuo addestramento sarà quello di prendere confidenza con delle armi, quindi per prima cosa è necessario darti dei rudimenti basilari che possano servirti più avanti>
< Quindi mi farai usare le tue armi?>
< Assolutamente no. Finiresti per mozzarti un braccio da sola. Per prima cosa vedrai di fare pratica con questo!>
E le passò un bastone liscio che aveva estratto dopo la sua ricerca, lungo poco meno di un metro era piuttosto leggero e la ragazza se lo rigirava tra le dita piuttosto contrariata, quasi s'aspettasse qualcosa di differente, armi fantastiche che non aveva mai visto, al pari delle sciabole sante che aveva visto quando le era stata affidata Nathalie.
< Un bastone?>
< Sì, un bastone>
< Non posso di certo abbattere un mostro prendendolo a bastonate>
< Di certo no, ma al momento più di quel bastone non otterrai>
< Ma non posso andare a caccia armata solo di questo bastone!>
La donna sospirò e lanciò un'occhiata sull'allieva permanendo silenziosa per qualche secondo nel notare ancora una volta il disappunto sul viso della mora.
< D'accordo, prova ad attaccarmi con quel bastone, se riesci a colpirmi ti darò l'arma che più preferisci>
< Sul serio?!>
< Sì, sul serio>
Nathalie e Rain stavano seduti poco distanti a fissarli interessati, mentre la ragazza afferrava meglio il bastone con le dita della mano destra quasi fosse una spada, in maniera piuttosto azzardata, ispirandosi a quello che aveva potuto imparare nel guardare da lontano cacciatori di passaggio o nell'ascoltare leggende sui grandi eroi valorosi del passato. Esitò per qualche istante, nel notare che la rossa non s'era preoccupata di prendere a sua volta qualcosa per difendersi, ma solo per un breve istante, perché la tentazione di poter ottenere a scelta qualcosa di straordinario la rendeva cieca e meno razionale. Sarebbe stata invincibile, questo pensava, e nessuno l'avrebbe più fermata, insultata, messa in discussione e avrebbe potuto riprendersi la rivincita contro il destino, quel fato ingrato che tanto le aveva negato. Così, spinta dall'arroganza giovanile e dalla cupidigia ingorda cercò di sferrare un colpo verso la donna, dall'alto verso il basso, muovendo sgarbatamente un passo troppo in avanti. Ma era troppo abile la sua avversaria perché potesse anche solo pensare di sfiorarla, lei, che andava ad ammazzare i draghi. Rìv scattò in avanti più rapida con un movimento fluido, semplice nella sua eleganza, e bloccò il bastone con la propria mano senza difficoltà visto che la potenza della ragazza era ancora acerba, infine terribile come una punizione fece scivolare con forza il piede, spazzando bassa all'altezza delle caviglie, e la postura instabile di Yana crollò su se stessa facendola rovesciare a terra. La cacciatrice la fissava severa dall'alto, ma era tanto imperscrutabile il suo sguardo che era davvero impossibile cercare di capire cosa realmente stesse pensando in quel momento.
< Parli di abbattere mostri, ma non riesci nemmeno a colpire me mentre sono disarmata. Devi capire che queste basi sono importanti, colpire senza vigore restando scoperti ti renderà una preda facile. E se cadi al fianco di una bestia quella non ti darà il tempo di rialzarti, prima di tentare l'impossibile devi avere la certezza di poterti reggere sulle tue gambe, se perdi l'equilibrio al momento sbagliato è la fine, basta un piccolo errore, anche il più piccolo per finire fatti a pezzi>
La voce era contenuta come sempre ma era più fredda nel parlare, cinica, abituatasi nel tempo a schermare il cuore dalle emozioni disastrose che rischiano di distrarre nel momento della caccia. 
< Adesso ascolterai i miei insegnamenti senza contraddirmi?>
< Sì, ho capito>
L'aiutò a rialzarsi in piedi porgendole la mano, e di certo non era stata sua intenzione quella di umiliarla o di mortificarla, ma aveva bisogno di impartirle una lezione di questo tipo, in modo che il ricordo le restasse marchiato a fuoco nella testa. Yana era rimasta colpita in effetti dalla cosa e il suo orgoglio ne avrebbe risentito per qualche tempo, ma non avrebbe più protestato e le avrebbe dato retta incondizionatamente. La donna sapeva quello che faceva, era abile ed esperta, per quanto ancora bella e giovane, e questo continuava a far crescere interrogativi sul perché non avesse voluto prendere allievi prima di lei, ma non aveva ancora il coraggio di domandarglielo.
< Devi sapere che prima di scendere sul campo, solitamente, bisogna addestrare il proprio corpo per almeno un anno>
< Per tutto questo tempo?>
< Il fiato deve essere allenato per consentirti di correre rapidamente e molto a lungo, devi essere in grado di sopportare la stanchezza fisica e di portare il peso di grosse armi o di armature, devi imparare ad usare le varie tipologie di armi e scegliere quella a te più affine. Devi sviluppare resistenza e forza fisica. Ci vuole del tempo per essere pronti>
< Ma ..>
< Non preoccuparti, conosco la tua impazienza. Nel tempo in cui hai riposato per guarire dalle tue ferite ho studiato un piano di lavoro piuttosto concentrato, ma dovrai sputare sangue e probabilmente arriverai ad odiarmi>
< Io posso farcela, te l'ho già detto farò tutto quello che mi chiederai di fare>
< Non sai proprio quello che ti aspetta, e sappi che non mi farò incantare da lamenti e pianti, arriverò a distruggere tutte le ossa del tuo corpo pur di prepararti>
< Se cerchi di mettermi paura non ci riuscirai di certo a questo modo, ho già preso la mia decisione, lo farò. Quanto tempo dovremmo impiegarci con questo sistema?>
< Lavorando a pieno regime, tre mesi. E' il compromesso migliore che ho trovato, l'allenamento di per sé sarebbe stato già duro comunque, in tre mesi ti porterò al limite, non si potrebbe ridurre ulteriormente, il fisico non avrebbe tempo d'assimilare e moriresti sul serio per la fatica. Tra l'altro questi tre mesi sono i mesi dell'inverno, nei villaggi montani come Pokke o Mikke gli inverni sono tosti e implacabili, la cosa ti aiuterà a migliorare in fretta>
< Mi garantisci che dopo questo addestramento sarò pronta per cacciare?>
< Dammi solo tre mesi Yana e stenterai tu stessa a riconoscerti>
L'ennesimo gioco di sguardi, si fissarono intensamente come se non servissero altre parole, anche questo oramai era stato deciso, avrebbe dato anima e corpo per il tempo richiesto, ma effettivamente ancora non poteva minimamente sospettare quello che la donna più grande le avrebbe fatto passare.
  
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