Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Saerith    23/04/2008    7 recensioni
Sanae sta cercando di dimenticare Tsubasa, ma sarà poi così facile? E che cosa succederebbe se si ritrovasse di fronte il suo unico grande amore? Intanto la famiglia Hiyuga si ritroverà riunita dopo tanti anni. Incontri e separazioni che aiuteranno i cuori dei nostri amici a sbocciare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19

Punto di rottura

La notte era passata tranquillamente, portandole un sonno ristoratore, dopo le emozioni travolgenti della giornata passata. Aprì gli occhi, destata dalle grida gioiose dei bambini che passavano sotto casa sua. Si alzò a sedere sul letto, ma una fitta alla testa la costrinse a sdraiarsi nuovamente. Si sentiva appesantita e tastandosi la guancia si accorse che il suo viso scottava. In preda ai brividi, si avvolse bene nelle coperte rannicchiandosi. Chiuse gli occhi, cercando di mettere a fuoco quello che era accaduto nelle ultime settimane, ma soprattutto l’esperienza unica che aveva vissuto il giorno prima. Tsubasa era rientrato nella sua vita come un ciclone a cui non aveva voluto opporsi. Per un attimo, la sua mente rivisse quegli attimi di travolgente passione dentro la cascata e il cuore iniziò a batterle forte. Il telefono la riscosse da quei pensieri e sentì sua mamma che rispondeva.

- Sanae! C’è Shiratori al telefono.- gridò dal piano terra.

Il momento era venuto, avrebbe confessato tutto a Yosuke, era inutile continuare a mentire a se stessi e al mondo: lei amava Tsubasa, non aveva smesso un attimo, aveva solo creduto di poterlo cancellare dal suo cuore.

Facendosi forza, si alzò dal letto e procedette febbricitante, appoggiandosi al muro per arrivare al cordless in corridoio.

- Pronto…-

- Ah, sua maestà ci concede udienza oggi?- domandò sarcastico.

- Ciao, Yosuke.- rispose piatta. Quei suoi modi di fare, che fino a ieri aveva difeso a spada tratta, le risultavano veramente odiosi.

- Iniziavo a pensare che sarei invecchiato aspettando…-

- Scusa Yosuke, ma non sto bene.- tagliò corto, incapace di sopportare ancora oltre la sua arroganza.

- Quando mai?- ribatté annoiato.

- Dovrei parlarti, potresti venire da me per favore?- chiese ignorando i suoi commenti acidi. Doveva chiarire la sua posizione con lui ed era inutile attendere ancora.

Yosuke scoppiò in una risata maligna.

- Non ti fai viva per una settimana e pretendi che ora io venga da te? Mi hai preso per un bamboccio?-

- Devo parlarti.- insistette.

- Certo che parleremo, ma quando ne avrò voglia, non sono il tuo burattino, Sanae, e ora ti saluto.- buttò la cornetta sulla forcella.

- Brutto idiota!- esclamò rivolta contro il ricevitore che emetteva il suono ripetitivo della linea interrotta.

Ripose il cordless sulla base e si tastò la fronte che le pulsava per l’emicrania. Il telefono squillò di nuovo. Escluse che potesse essere Yosuke: figurarsi se quel pallone gonfiato la richiamava per chiedere scusa.

- Pronto…-

- Buongiorno fiorellino, dormito bene?-

La voce dolce e pacata di Tsubasa la fece sentire già molto meglio.

- Ciao…- rispose col cuore al galoppo.

- Tutto bene?- chiese subito, sentendo la sua voce indebolita.

- Temo di avere la febbre.- rispose esausta, anche stare in piedi le dava noia.

- Ah, mi dispiace. Posso venire a trovarti?-

Sanae aspettava con ansia l’arrivo di Tsubasa, mentre pensava a come affrontare il discorso con lui. Temeva la sua reazione, ma voleva dirgli che aveva sbagliato, che aveva tentato di dimenticarlo, cedendo alle attenzioni di Yosuke. Avrebbe dovuto mettersi un cerotto sulla bocca, il giorno che gli aveva detto che accettava di diventare la sua ragazza. Ora riusciva a capire che Yosuke non era affatto il tipo giusto per lei. Le aveva telefonato per provocarla e non si era nemmeno preoccupato di chiedere come stesse o se avesse bisogno di qualcosa.

Il campanello della porta suonò e il suo cuore iniziò a battere forte di conseguenza. Sentì sua madre cinguettare allegramente per accogliere Tsubasa: decisamente, quel ragazzo era nelle grazie della signora Nakazawa. Sentendoli salire le scale, Sanae afferrò lo specchietto che teneva nel cassetto del comodino e si sistemò i capelli per cercare di apparire almeno un po’ in ordine.

- Sanae, guarda chi c’è?- esclamò felice sua mamma.

La signora li lasciò soli e richiuse la porta dietro di sé.

Tsubasa si avvicinò sorridente al suo letto e le posò un bacio sulla fronte.

- Sei bollente, piccola, hai la febbre alta?-

Annuì e tese le braccia verso di lui per stringerlo. Chiuse gli occhi aspirando il suo profumo.

- E’ colpa mia, ieri hai preso freddo.- disse, riandando con la mente a quei momenti meravigliosi.

Sanae scosse la testa.

- E’ stato bellissimo.- confessò, intuendo a cosa stesse pensando.

Prese il suo viso caldo tra le mani e la baciò memore delle sensazioni provate. Sanae si strinse di più a lui con le poche forze che aveva. Con le dita gli accarezzò il viso, mentre con gli occhi nei suoi cercava di raccogliere un po’ di coraggio e confessargli tutto.

- Tsubasa, devo…- il ragazzo le posò un altro bacio sulla bocca. Non c’era spazio per le parole in quel momento, solo per gesti d’amore che da troppo tempo attendevano di potersi compiere.

Sanae stava perdendo la determinazione, ma più fosse andata avanti più avrebbe peggiorato le conseguenze del suo silenzio. Con dolcezza lo allontanò da sé e guardandolo seria gli confessò che gli doveva assolutamente parlare.

- Ora è meglio che ti riposi. Mi dirai tutto più tardi. Devo scappare, perché ho appuntamento con Manabu e gli altri: li volevo salutare prima di andare in ritiro.- le diede un ultimo bacio, prima di congedarsi. Sanae avrebbe dovuto bloccarlo, ma le mancò il coraggio, aggrappandosi alla scusa che gli avrebbe spiegato tutto in seguito.

- Ci vediamo dopo, amore.- corse a salutare la signora Nakazawa e uscì.

Sanae si sporse per vederlo attraverso la finestra, mentre usciva dal cancello. Si morse le labbra, dove era ancora vivo il sapore della sua bocca e sbuffando per aver fallito, si ributtò nel letto.

Tsubasa arrivò al campetto della Nankatsu, dove i sostenitori della squadra lo accolsero felicissimi di poterlo riabbracciare. Normalmente, il campo sarebbe stato vuoto in quel periodo, ma notò che nell’area di rigore stava un ragazzo alto, in divisa da calcio, che da solo si stava allenando a fare tiri in porta.

- Manabu, chi è?- chiese indicando il giovane che aveva appena insaccato l’ennesima palla nella rete incustodita.

- Quello? E’ Yosuke Shiratori.-

Tsubasa si avvicinò per fare conoscenza con il ragazzo.

- Ciao..-

Shiratori si voltò scocciato e l’ira gli montò in maniera esponenziale, quando si trovò di fronte la persona che più odiava in quel momento.

- Ah, ma guarda un pò: il grande Tsubasa Ozora.-

Finse di non avvertire il tono sarcastico del ragazzo e gli porse la mano.

- Yosuke Shiratori.- si presentò, stringendo energicamente la presa.

- Il capitano della Nankatsu.- aggiunse Tsubasa.

- Ex capitano, sono stato estromesso dalla squadra. Per ora, sono solo il ragazzo di Sanae.- sentenziò con un lampo di sfida negli occhi.

Il sorriso del ragazzo si spense immediatamente, mentre si ripeteva mentalmente ciò che aveva appena sentito: sicuramente aveva capito male. Notando l’espressione incredula del rivale, Yosuke rincarò la dose.

- Ma come? Sanae non ti ha detto che stiamo insieme? Eppure sono già quattro mesi.- ghignò soddisfatto, mentre il viso di Tsubasa rivelava il turbinio di delusione e sofferenza che stava provando. Senza dire una parola, si congedò da Shiratori che soddisfatto lo vide salutare distrattamente gli altri e trascinarsi fuori della scuola come un cane bastonato.

- Questa volta ho vinto io Ozora.- bisbigliò a se stesso soddisfatto.

Tsubasa iniziò a correre, ansioso di arrivare a casa di Sanae e sentirsi dire che era tutto falso, una stupida bugia inventata per…perché non avrebbe voluto nemmeno saperlo, desiderava solo che la ragazza gli dicesse che Shiratori s’era inventato tutto. Doveva essere così, non poteva essersi presa gioco di lui.

La porta di casa Nakazawa si aprì, ma la signora non ebbe nemmeno il tempo di salutare l’ospite, perché si era lanciato verso le scale con la velocità di un fulmine. Sanae trasalì e per poco il bicchiere colmo di succo d’uva non le cadde di mano, quando la porta si spalancò e apparve uno Tsubasa sconvolto. Abbozzò un sorriso, che le morì subito sulle labbra, notando la tristezza negli occhi di lui. Non ebbe il tempo di chiedergli cosa avesse, perché il ragazzo chiarì subito il motivo della sua apparizione improvvisa.

- Tu non sei la ragazza di Shiratori, vero?- la supplicò.

Il respiro le mancò di colpo e si portò una mano al petto, non poteva averlo saputo da qualcun altro.

Tsubasa s’inginocchiò al bordo del letto, in posizione orante, ma qualcosa dentro di lui si spezzò, quando lesse la realtà negli occhi di Sanae.

- Non puoi avermi fatto una cosa simile.- la sua voce tremava per la disperazione.

Sanae cercò di trovare le parole adatte, ma le uscì un suono soffocato.

- Mi dispiace.- scoppiò in lacrime.

Tsubasa si sentiva totalmente svuotato, l’umore opposto alla gioia euforica che aveva provato fino a poco tempo prima.

Si alzò in piedi e come aveva fatto in quegli anni lasciò andare le lacrime: Sanae non lo aveva aspettato, non era vero allora tutto quello che si erano detti il giorno prima, anche quello che era successo era stato una farsa. Era tutto sbagliato!

- Tu non mi hai aspettato…- sibilò astioso.

Sanae lo guardò implorante.

- Io credevo di non contare niente per te.- cercò di giustificarsi singhiozzando.

- Non ti avevo chiesto di aspettarmi, ma cazzo, Sanae, avresti dovuto dirmelo.- ribatté ostile.

- Non ce l’ho fatta, ho provato a confessartelo, ma…-

Tese una mano tremante per chiederle di tacere.

- Tu stai già con un altro e hai fatto l’amore con me. Ti rendi conto, Sanae?- domandò furioso.

Sanae scosse la testa.

- Perdonami, io…io ti amo, come potevo respingerti?- chiese, affranta.

Tsubasa la fulminò con lo sguardo, le gote bagnate dalle lacrime che stava cercando disperatamente di frenare. Strinse i pugni.

- Come pensi che possa crederti, dopo quello che hai fatto?- domandò glaciale.

Sanae si strinse nelle spalle, mentre il pianto le scuoteva le membra.

- Non puoi dubitare dei miei sentimenti!- gridò esasperata.

- E Shiratori?- domandò, ricordandole perché stavano discutendo.

Sanae raccolse un po’ di coraggio per riuscire finalmente a spiegarsi.

- E’ vero, io e lui stiamo insieme, ma lo volevo…lo voglio lasciare. Io non provo niente per lui, amo te, ti ho sempre amato.- confessò con la voce rotta dal pianto.

- Bugiarda.- replicò astioso.

Sanae si bloccò, era odio quello che leggeva nei suoi occhi. Si voltò per concentrare lo sguardo altrove: non poteva sopportare che lui la guardasse con disprezzo.

Tsubasa sospirò.

- Tse…che idiota sono stato, tre anni a disperarmi e a smaniare per te, sperando che mi aspettassi e ora che sono tornato ho fatto anche la figura del fesso. Dovevi vedere come mi guardava tronfio il tuo ragazzo, mentre mi parlava di voi due.- puntualizzò, calcando il tono sulle due parole più odiose.

- Se mi avessi detto quello che provavi, ti avrei aspettato!- ribatté offesa dal suo tono pungente.

- Io ho sbagliato, ma credi di essere migliore di me? Mi hai preso in giro Sanae. Ti sei divertita a vedere questo bamboccio, innamorato pazzo, ai tuoi piedi?-

- Io sono stata tua. Senza un momento di esitazione. Ti ho dato anche me stessa. Come puoi accusarmi di averti preso in giro?- domandò addolorata.

- Non me lo ricordare, tu mi hai usato!- gridò.

La sua mano partì istintivamente e colpì con forza il suo volto, ma rendendosi conto del gesto, fissò per un istante il palmo che aveva schiaffeggiato il ragazzo che amava.

- Ti…ti chiedo scusa.-

Tsubasa si toccò la guancia bruciante, incredulo e umiliato.

- Ora basta, Sanae. Questo è veramente troppo. Io ti amavo e da bravo idiota ti amo ancora, ma adesso è finita. Tu hai preso la tua strada e io sparirò dalla tua vita per sempre.-

Si diresse alla porta.

- Tsubasa, ti prego…- lo trattenne tra le lacrime aggrappandosi alla sua schiena.

Si sentiva totalmente schiacciato da quella situazione, ciononostante, trovò la forza per voltarsi e guardarla un ultima volta.

- Non c’è più niente da dire. Anch’io ho un cuore e tu me lo hai fatto a pezzi.- sentenziò con voce tremante. Le prese la mano e gliela strinse forte, poi si allontanò e sparì uscendo da casa sua e dalla sua vita.

Sanae rimase imbambolata, in preda alla febbre e al dolore, poi si buttò in ginocchio accanto al letto e pianse disperata. Aveva perso Tsubasa, proprio ora che aveva capito che lui era tutto ciò che desiderava dalla vita. Lo aveva perso, perché non aveva saputo aspettare, lo aveva perso per…per cosa poi? Era stata una vigliacca.

Tsubasa corse al parco Hikarigaoka e ripercorse il cammino che aveva fatto con Sanae. Arrivò fino alla cascata, quel luogo dove i suoi sogni erano diventati realtà. La magia del giorno precedente era svanita ed ora rimirava quel luogo fiabesco con disgusto. In cuor suo, desiderò che la collina crollasse, sommergendo con le macerie, le stesse che ora battevano nel suo petto, quel luogo d’illusioni che lo aveva cullato dolcemente, per sbattergli in faccia la realtà in un modo tanto orribile.

Yosuke era tornato a casa e si stava crogiolando al sole in giardino con i capelli ancora bagnati dalla doccia. Si sentiva finalmente soddisfatto, dopo tanto tempo. La faccia addolorata di Ozora era stato quanto di più sublime i suoi occhi avessero potuto ammirare. Nel suo sadico autocompiacimento gongolava della “rivincita” su Tsubasa. Il pallone è rotondo caro Ozora. Pensò ghignando.

Si andò a preparare, perché c’era qualcuno che doveva andare a trovare.

La signora Nakazawa aveva intuito dall’espressione sconvolta di Tsubasa che qualcosa di grave doveva essere accaduto, ma preferì non fare domande alla figlia. Andò alla porta e il suo umore peggiorò, quando si vide di fronte Shiratori. Il ragazzo entrò e dopo aver salutato distrattamente la signora, si diresse in camera di Sanae senza troppe cerimonie.

Quando lo vide entrare Sanae lo squadrò torva.

- Avresti potuto bussare.- sentenziò.

- Non fare la difficile, sei la mia ragazza, non credo di aver bisogno del permesso per entrare qui.- si andò a sedere sul letto e avvicinò la bocca alla sua, ma Sanae si scostò disgustata.

Yosuke la squadrò accigliato: quel gesto lo innervosì e non poco. Sanae sostenne il suo sguardo, mentre dentro di sé la rabbia montava. Era colpa di Yosuke se Tsubasa aveva saputo tutto nel modo peggiore. Pur essendo lei la principale colpevole di quella situazione, irrazionalmente doveva incolpare lui: lui che l’aveva convinta ad essere la sua ragazza, lui che aveva rivelato come stavano le cose a Tsubasa.

- Adesso ascoltami bene- lo anticipò, prima che dalla sua bocca potessero uscire altre frasi sgradevoli.

- Ora che sei qui, posso anche dirti che tra noi è finita.- sentenziò lapidaria.

Yosuke scoppiò a ridere: il suo ego smisurato gli impediva di accettare quanto aveva appena sentito.

- Scusa non ho capito bene?- domandò ironico.

- Oh, hai capito benissimo. Ti lascio Yosuke, non provo niente per te, io amo…-

- Ozora?- chiese con un ghigno malefico sulla bocca.

Sanae lo fissò incredula, poi annuì decisa.

- Chissà come sarà felice.- rise con la stessa espressione di un demonio.- Oggi sembrava un cane bastonato.-

Sanae sentì la rabbia prendere possesso di ogni parte del suo corpo e facendo leva sulle braccia si alzò in piedi.

-VATTENE!- gridò, disperata.

- Oh, con piacere bellezza.- uscì lentamente, torturandola piano con la sua sadica espressione. Varcata la soglia si voltò e le mandò un bacio al volo.

- Grazie, tesoro. Non sai che piacere è stato cancellare quel sorriso ebete dalla faccia di Ozora.-

Si congedò lasciandola sola con il suo dolore.

Sanae si buttò sul letto affondando il viso nel cuscino per soffocare i singhiozzi. Ora capiva tutto, Yosuke provava attrazione per lei, ma niente di più, l’aveva usata per far del male a Tsubasa.

Tsubasa amore mio perdonami! Sono stata una stupida!

Le sue grida attutite dal cuscino riecheggiarono nella stanza, che era diventata ancora più vuota dopo quella visita sgradita.

Il suo unico amore era entrato ed uscito dalla sua vita come un tornado, che arriva improvviso e spazza via tutto ciò che incontra con il suo impeto.

L’amore è un castigo. Siamo puniti di non aver saputo restare soli.*

*Marguerite Yourcenar, Fuochi

  
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