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Autore: misslittlesun95    13/11/2013    1 recensioni
Viola ha 18 anni e una vita normale quando una sera sviene in un locale e si risveglia con una diagnosi di cancro al cervello che fa iniziare il suo primo giro all'inferno.
Unica speranza un delicatissimo intervento che per un periodo le farà perdere la possibilità di camminare.
Dopo un anno terribile la malattia è scomparsa e lei cammina, riprendendo tutto come prima.
A 23 anni però, di punto in bianco, lascia Parma e va a vivere a Torino, lontana da tutto e tutti, tagliando i ponti con la sua vecchia vita.
Sei mesi più tardi suo fratello si presenta alla sua porta, e la trova cambiata.
Il male è tornato, più forte di prima, e con lui l'inferno.
Da una parte la lotta a diciotto anni, dall'altra quella a ventitré, da una parte la famiglia e il ragazzo storico, Alberto, dall'altra lei sola con Ivan, l'oncologo che la segue e che di certo è più di un semplice amico.
Una sfida diversa ma uguale, un capitolo nel passato e uno nel presente, nella speranza di vincere di nuovo, questa volta per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Parma, 2008.

La mattina seguente al malore di Viola, per suo padre, era iniziata più presto del solito, alle cinque meno dieci, quando un sogno terribile l'aveva svegliato impedendogli di addormentarsi di nuovo.
Si era preparato ed era filato in ufficio che ancora il sole finiva di sorgere, lasciando stupiti i colleghi che stavano smontando dal turno di notte.
- Oggi non posso fermarmi, alle nove devo andare via. È successo tutto in fretta e non posso ancora spiegarvi molto, appena vedo Morosi parlo con lui e vi dirà ciò che c'è da sapere.- Aveva risposto agli sguardi stupidi dei suoi subordinati.
Si era chiuso nel suo studio cercando di finire un paio di cose importanti che non poteva rimandare, ma non fu semplice come aveva sperato.
I pensieri relativi alla salute della figlia, come era naturale, gli riempivano la testa rendendo complessa qualsiasi cosa, e pensava di essere anche alquanto stronzo nei confronti di Viola standosene lì seduto a tentare di lavorare mentre lei dormiva in un ospedale senza neanche sapere di esservi ricoverata.
Drammatico era per lui pensare che, purtroppo, non poteva rimediare in nessun modo a quello.
A quell'ora in ospedale non poteva andare, e non c'erano altri modi per star vicino a sua figlia.
Leonardo Morosi, Tenente, arrivò in commissariato verso le otto, come era solito fare, e andò subito nell'ufficio di Mauro a farsi dare spiegazioni.
Sui quaranta ben portati aveva una bella moglie e tre piccoli che frequentavano ancora l'asilo e le elementari.
Una famiglia modello, tipo, felice.
La moglie era impiegata in banca, i soldi c'erano e non avevano alcun problema rilevante.
Lui e Mauro avevano fatto carriera assieme, ma poi era stato l'altro a diventare commissario e ne era stato anche felice.
Quell'incarico non era roba su cui scherzare, riempiva chi lo ricopriva di responsabilità e rischi, più dei soliti che comportava il loro mestiere, senza contare che levava molto tempo, impedendo di stare con le persone amate.
Lui non aveva fatto i figli per caso, voleva seguirli nella loro crescita, accompagnarli nella vita fino a quando sarebbe stato possibile.
Per lui era molto importante stare con loro.
Era figlio di un importante funzionario dell'esercito e di una donna nata proletaria e arricchitasi col tempo che si divertiva a fare la borghese, un'esperienza che ancora lo faceva sentire mutilato dell'affetto che ogni bambino si meriterebbe.
Per nulla al mondo avrebbe permesso che i suoi figli passassero lo stesso, e Mauro lo sapeva bene.
- Devo purtroppo avvisarti che per un periodo non sarà più così, mi spiace.- Gli aveva detto con aria triste.
Voleva bene a Leonardo, erano amici ancora prima che colleghi, ma in quel momento la situazione richiedeva un cambiamento dello status quo.
- È successo qualcosa per cui hanno bisogno di me lontano da qui?- Aveva domandato.

- No, ma potrebbe essere che io abbia bisogno che tu mi sostituisca per un periodo. Te lo chiedo in amicizia, ma potrà essere che dovò domandartelo come commissario.-
- Mauro perdonami ma non ti riesco a seguire.-

- Sì, scusa. Ieri... Ieri sera mia figlia ha avuto un malore, è ricoverata e il medico mi ha fatto capire che non sarà semplice, che potrebbe essere grave. E io voglio starle accanto, credo tu possa ben capire quello che mi passa nella mente in questo momento, no? Sei il più alto in grado, e se davvero prendessi una pausa tutto rimarrebbe nelle tue mani in via ufficiale, quindi te lo dico prima in modo ufficioso. Mi piacerebbe semplicemente “chiedertelo” ma purtroppo questo prima o tardi diverrà un ordine.-
- Oddio... Io... Sì, certo, è un ordine ma lo farei anche se non lo fosse. Ma lei come sta?- Il tono preoccupato di Leonardo lasciava ben intendere che tipo di rapporto ci fosse col superiore.
- Non lo so. Ieri sera non ha più ripreso conoscenza e oggi non sono ancora andato in ospedale, ma ho paura. Alle dieci devo vedermi con il medico. Anzi, volevo domandarti se tu potessi parlare con gli altri, io non me la sento....-
- Stai tranquillo, vai da tua figlia, noi qui ce la possiamo cavare anche da soli.-
Mauro non disse nulla, abbracciò l'amico in segno di ringraziamento e uscì lasciando tutto sul tavolo, sicuro che tanto sarebbe tornato in giornata, quando non gli sarebbe più stato permesso di stare accanto a sua figlia.
Il medico lo attendeva davanti all'entrata del reparto di Neurologia, con in mano una cartellina blu e una faccia che non prometteva nulla di buono.
- Venga nel mio studio, poi la porterò da sua figlia, non si preoccupi.- Disse al commissario cercando di non guardarlo neanche negli occhi.
L'altro non rispose nulla e seguì il sanitario, tentando inutilmente di scacciare i brutti pensieri.
Il medico lo aveva fatto accomodare e poi aveva iniziato a parlare.
- Allora, le analisi di sangue ed urine hanno rilevato qualche anomalia, ma nessuna causa esterna, come droga o altro, che possa aver scaturito il malore di sua figlia. Questo significa che i suoi amici sono stati sinceri, ma purtroppo significa anche che Viola è ammalata, e ancoraa non sappiamo quanto.
Le abbiamo fatto una Tac alla testa, entro domani avremo i risultati, ma quando si è svegliata, dopo averle spiegato cosa fosse accaduto, le ho fatto alcuni test neurologici riguardanti sensibilità ed equilibrio, e anche qui temo di aver ragione per essere preoccupato.-
Mauro sospirò.
Il medico. Era preoccupato il medico.
- Hai idee su cosa potrebbe essere? Ha un sospetto, una direzione qualsiasi in cui cercare?-
- Sì, ma preferirei non...sbilanciarmi prima di avere certezze, mi capisca.- Aveva detto il dottore agitando ancor più il padre di Viola.
Mauro però aveva scosso la testa. - La prego, in ogni caso meglio sapere qualcosa di errato che non sapere nulla.- Aveva risposto. - So che questo è ciò che voi medici dovete fare, evitare di dare notizie sbagliate per non preoccupare o dare false speranze alle famiglie dei pazienti, dopo tutto anche nel mio lavoro spesso mi capita di dover fare cose del genere, ma io ho bisogno di sapere.-
Il medico aveva sospirato, certo che tanto sarebbe stato inutile continuare quella prova di forza contro il padre della paziente.
- Senta, commissario, facciamo così.- Gli aveva proposto. - Lei ora va da sua figlia e la calmi, sicuramente sarà in grado di parlarle molto meglio di quanto non possa farlo io. Non potrà trattenersi molto, anche perché non è orario di visita, ma non è importante, è giusto che Viola la veda. Quando la chiamerò fuori, senza cattiveria ma solo per dovere, le dirò tutto. Forse in breve avremo i risultati di altre analisi, quindi potrò essere ancora più preciso di quanto non potrei ora. - Gli aveva detto.
Mauro l'aveva ringraziato e l'aveva nuovamente seguito verso la camere di sua figlia.
Appena l'aveva vista era corso ad abbracciarla, e subito dopo si era preparato a rispondere a tutte le domande, dovendo purtroppo ammettere che ancora non avevano idea di cosa le fosse accaduto di preciso la sera prima e che per il momento era probabile che il ricovero durasse a lungo.
- Hai avvertito Vittorio?- Aveva poi domandato Viola al padre.
Come se fosse appena uscito da uno stato di trance, Mauro si era ricordato in quel momento di avere un altro figlio.
In quelle ore, da quando aveva saputo del malore della ragazza a quel momento, il ricordo di Vittorio, felice e spensierato al mare con gli amici, era stato lontano, come se non esistesse.
- No, cioè... è che tutto è accaduto così in fretta, io non ho avuto neanche il tempo di pensare di avvertirlo, da ieri sera penso solo a quello che ti è successo, quello che potrà accaderti ora e... no, non ho avvertito tuo fratello, scusami.-
Viola scosse la testa. - Tranquillo, papà, è molto meglio così. Se non te lo fossi, per così dire, scordato tu ci avrei pensato io a dirti di non avvertirlo. Voglio evitare di farlo preoccupare inutilmente, ha due settimane di vacanza l'anno, tra lo studio e il lavoro, non voglio rovinargliele. -
- Non saprei.- Rispose il padre a ciò che la ragazza aveva spiegato. - Io penso che vorrebbe sapere, lui ci tiene molto a te, lo sai.-
- Sì, papà, lo so. E proprio per questo so che chiamarlo e dirgli che sono in ospedale e che non sanno cosa abbia gli farebbe male. Se chiama digli che gli quando tornerà a casa gli devi parlare, e se mi cercasse digli di farlo sul telefonino. Per favore, papà, dammi retta.-
Mauro aveva annuito, anche perché non credeva fosse una buona idea dare certe notizie al telefono.
A fare due conti lui sarebbe tornato quando sarebbero arrivate le analisi definitive, e quindi la figlia aveva ragione, bastava dirgli che avrebbe dovuto parlargli e poi attendere, Viola se la sarebbe vista poi in modo autonomo con il fratello, prima senza fargli capire nulla al telefono e successivamente ammettendo come stessero le cose di persona.
Rimasero insieme ancora una decina di minuti, e la ragazza chiese semplicemente al padre di avvertire i suoi amici delle novità, e di tranquillizzarli dicendo che lei si sentiva bene e pensava di tornare tra di loro entro poco.
Quando il medico lo chiamò fuori Mauro baciò la fronte della figlia e la salutò mentre lei tentava di riprendere sonno, ostentando una stanchezza strana, non tipicamente sua che il padre si obbligò ad attribuire alle visite della mattina e alla noia ospedaliera, tentando in ogni modo, per l'ennesima volta da parecchie ore, di non pensare al peggio.
Il dottore lo accompagnò poco lontano dalla camera di Viola, facendo in modo quindi che quella non potesse né sentire né vedere i due.
Rimasero qualche secondo in silenzio l'uno davanti all'altro, immobili, poi il medico parlò.
- Nella migliore delle ipotesi si tratta di un tumore all'encefalo, molto probabilmente maligno. Mi dispiace, commissario.-
Mauro, che tutti sapevano essere un uomo forte e impassibile, quasi come se mancasse di ogni tipo di sentimento, scoppio a piangere.

   
 
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