Ciao
carissimi!
Sono
arrivata faticosamente
ai cento accessi e visto che mi sono portata avanti anticipo il secondo
capitolo oggi.
Spero
davvero che questa
storia vi piaccia perché, personalmente, mi sento molto
ispirata da Chyna e
tutta la compagnia.
Ringrazio
tantissimo le
tre persone che mi hanno recensito, corretto e incitato a continuare.
Adesso
vi lascio al
secondo capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
La mano diafana di Alfie continua a
girare i biglietti
e a andare sempre più in profondità, sino a che
decide e lentamente estrae il
cartoncino giallo, lo apre e annuncia il nome riportato.
«Chyna
Mellark!».
Un
urlo sovrasta tutto il
mormorio successivo all’annuncio del mio nome e so
già che appartiene a mia
madre.
Esco
frettolosamente dal
recinto mentre alcune ragazze mie coetanee borbottano acide sul fatto
che
ovviamente sono stata favorita in quanto figlia di due vincitori.
Il
mio stomaco si stringe e
vorrei solo voltarmi e schiaffeggiare quelle stupide. Come possono
pensare che
io volessi entrare nell’arena? Loro non sanno cosa significa
vivere con gli
strascichi di quanto è capitato trenta anni fa. Loro non
sanno cosa vuol dire svegliarsi
di soprassalto sentendo tua madre urlare di non uccidere zia Prim,
oppure
Jayson.
Loro
non sanno come fa
soffrire ascoltare tua madre che piange la tua morte, quando tu sei a
una
stanza di distanza e piangi con lei sul cuscino, soffocando i
singhiozzi perché
non si preoccupi più di quanto già non sia.
Sono
solo delle stupide.
Esco
nel corridoio che porta
al palco e guardo preoccupata dove dovrebbero essere seduti i miei
genitori ma
non li trovo.
Mia
madre deve essere svenuta
perché è coricata a terra e mio padre
è in ginocchio da lei e le sostiene la
testa, chiedendo a gran voce un bicchiere d’acqua.
Mi
volto verso Jayson
bloccando il suo tentativo di andare verso il palco «Stai
fermo lì» gli ordino
e salgo di corsa i gradini ignorando Alfie e gettandomi a fianco di mio
padre
per cercare di dare aiuto.
Sono
una allieva di medicina,
dovrei essere in grado di fare qualcosa, ma l’unica cosa che
riesco a fare è
cercare le pulsazioni al polso con le mani sudate e tremanti. Adesso
capisco
perché ai corsi dicono sempre di non occuparsi personalmente
dei famigliari, si
è troppo coinvolti per ragionare lucidamente. Infatti saprei
perfettamente cosa
fare se la svenuta non fosse mia madre.
Arriva
un addetto al pronto
soccorso e posiziona subito le gambe di mia madre sulla sedia in modo
che il
sangue irroghi bene il cervello. Controlla anche la respirazione che
comunque è
buona e le passa un panno leggermente umido sulla fronte per togliere
le tracce
di sudore.
Appena
mamma sbatte gli occhi
tiro un profondo sospiro di sollievo e solo in quel momento mi accorgo
che non
stavo neanche respirando.
Dopo
pochi minuti, lentamente
e sostenuta da mio padre, la mamma si siede e si volta verso di me
scoppiando
in un pianto isterico ed abbracciandomi stretta.
«Bene…
sono lieto di
informare che Katniss Everdeen sta bene e si è
ripresa» pigola agitato al
microfono Alfie Down. Probabilmente non gli era mai successo uno
svenimento in
diretta da parte di un vecchio tributo vincitore e vista la figura
importante
che rappresenta la Ghiandaia Imitatrice, non può far altro
che accertarsi che
lei stia bene prima di continuare con la mietitura.
Anche
questo è spettacolo.
«Deve
essere svenuta per la
contentezza che la sorte abbia estratto sua figlia» si
azzarda a dire.
Io
e mio padre ci guardiamo
mentre aiutiamo la mamma a sedersi sulla poltroncina e lui sorride
sarcastico.
So cosa pensa: Alfie Down può solo ringraziare che adesso
Katniss Everdeen non
abbia un arco e una freccia tra le mani o lui sarebbe morto nello
stesso
istante in cui ha aperto bocca per dire quelle scempiaggini.
«Dai,
vai a fare la tua
presentazione. Ci penso io alla mamma» sussurra mio padre
accompagnando le
parole con una lieve carezza alla guancia. Ha ragione, meglio evitare
di far
restare mia madre sotto i riflettori più di quanto ci stia
normalmente. Questa
dimostrazione di debolezza che tutto il paese rivedrà sino
alla nausea, sarà il
suo cruccio per diverso tempo.
«Ecco
a voi Chyna Mellark, la
candidata del distretto
Mi
posiziono accanto a lui e
aspetto che si proceda al sorteggio del mio compagno di avventura.
«E
adesso i signori» dichiara
a voce alta iniziando a mescolare velocemente i cartoncini gialli che
contengono i nomi dei maschi. In pochi secondi torna al microfono con
il
cartoncino che apre e annuncia il candidato
«Dick
Hemington» scandisce.
Trattengo
il fiato sconvolta.
Tra tutti quelli che potevano essere sorteggiati proprio lui?
Perché non
esistono regole per escludere persone così deboli?
Come
me il malumore serpeggia
in tutta la piazza e vedo distintamente mio fratello che agita le
braccia
mentre discute con il suo vicino di posto, sicuramente per protestare a
questa
nomina.
Purtroppo
non esistono
candidati volontari e Dick non è tanto menomato da essere
dichiarato inidoneo
alla partecipazione, quindi nessuno può farci niente.
Lui
è stato estratto e lui
parteciperà alla settima edizione degli Hunger Games della
Pace.
Guardo
il recinto degli
uomini e vedo il movimento dei ragazzi strattonati che si spostano per
far
passare Dick. Solo a vederlo incute paura e timore reverenziale.
Dick
è un ragazzone alto
quasi due metri, massiccio tutto muscoli e spalle enormi, ha venti anni
e una
intelligenza di un ragazzino di dieci.
Dick
è quello che nel
distretto chiamano ritardato o diverso. Viene spesso preso in giro per
il suo
modo ingenuo di comportarsi.
I
suoi genitori sono morti
per una esplosione al distretto 6 dove si erano trasferiti per lavorare
e lui è
stato affidato a sua nonna, una dolcissima donna che però
può fare ben poco per
il nipote.
Fin
da subito ci si è accorti
che Dick non era ‘normale’. Il problema
è sorto quando, stringendo in un
abbraccio un bambino che aveva diviso con lui la merenda, gli ha
incrinato due
costole mandandolo alla clinica ospedaliera.
È
molto forte ma non si rende
conto di cosa può fare ed è per questo che
è sempre stato isolato da tutti gli
altri. Qualcuno voleva addirittura rinchiuderlo come un animale
pericoloso e
solo con l’intervento di mio padre e zio Haymitch si
è impedito che questo
avvenisse.
Sua
nonna era talmente
commossa da questo che ci chiese di aiutarla con suo nipote e fu
così che zio
Haymitch lo prese sotto la sua ala protettiva, cercando di insegnargli
cose
semplici che frenassero la sua indole. In fin dei conti era la stessa
cosa che
i tributi vincitori degli Hunger Games facevano per non impazzire: si
attaccavano a cose semplici per frenare la follia che li attanagliava
quando si
abbandonavano ai ricordi.
Per
questo conosco Dick. Mia
madre non era molto contenta che noi lo frequentassimo e
perciò sia io che
Jayson abbiamo cercato di evitare contatti prolungati che potessero
confondere
il ragazzo e fargli pensare che il nostro rapporto fosse più
forte di una
semplice conoscenza.
Tutto
questo non è servito un
gran che, visto che ci è molto affezionato e ci segue sempre
da lontano per
evitare che ci facciano del male. Una volta ha nascosto una mazza che
un amico
di Jayson aveva agitato davanti al naso di mio fratello. Serviva a
giocare ma
secondo Dick poteva essere uno strumento per picchiarlo e una settimana
dopo la
mazza venne trovata spezzata in quattro punti.
Una
persona del genere non
può entrare in una arena, potrebbe far male ai candidati con
le sue mani nude.
È potenzialmente più pericoloso di un'arma vera e
dall'occhiata preoccupata che
colgo negli occhi dei miei genitori intuisco che anche loro pensano la
stessa
cosa.
Dobbiamo
convincere Dick a
rinunciare al gioco non appena entrato nell'arena o rischieremo un vero
e
proprio bagno di sangue.
Dick
attraversa il corridoio
tra i due recinti incurante del mormorio di disapprovazione che lo
accompagna e
si dirige con passo svelto verso il palco che sale letteralmente di
corsa e si
posiziona accanto a me.
«Chyna!
Ci sarai anche tu!»
esordisce prima di abbracciarmi con le sue braccione. Non sono molto
alta, come
del resto tutta la mia famiglia, e sono sicura di avere l'aspetto di
una che
scompare letteralmente coperta dalla sua figura.
Sento
che le persone attorno
a me stanno trattenendo il fiato con la paura che mi stringa troppo e
mi faccia
del male. Idioti! Zio Haymitch mi diceva sempre che Dick bisogna
trattarlo con
calma e gentilezza e lui non ti farà mai del male.
«Dick.
Dick, su lasciami respirare...
Dick, certo, ci sarò anche io con te» gli rispondo
sorridendo e staccandomi dal
suo abbraccio.
«Sarà
come quando sono andati
via la tua mamma e Peeta, come con Haymitch!» ride prendendo
la mia mano e
facendola oscillare.
Con
la coda dell'occhio vedo
mio padre con una espressione corrucciata e perplessa che fissa le mani
allacciate. Probabilmente gli torneranno in mente i baci che la mamma
gli ha
dato durante gli Hunger Games e non credo che voglia vedere un tale
spettacolo
da sua figlia.
In
qualche modo mi diverto a
farlo agitare e perciò assecondo Dick per il momento.
«Certo,
proprio come la mia
mamma e il mio papà» ma poi mi ricordo con chi ho
a che fare e cerco di
rettificare un poco «Saremo amici anche nel gioco e ci
proteggeremo a vicenda».
Sottolineo
la parola amici e
so che Dick non ha in mente altro. È ancora fermo a
un'età dove non c'è nulla
di romantico in un abbraccio e un bacio viene dato in segno di affetto
verso
una persona a cui si vuole bene.
“Perfetto”
penso “Non solo
devo andare in un posto dove non ne ho alcuna voglia ma devo anche fare
da baby
sitter a questa grande montagna con la spiccata tendenza a mettersi nei
guai”.
Non
ho intenzione di sentirmi
responsabile per lui. Una volta spiegato agli altri candidati come
comportarsi
con l'omone, saranno solo problemi loro, io alzerò il mio
drappo bianco e me ne
tornerò a casa.
Non
mi interessa se mi
daranno della codarda o se rinuncerò alla vincita e alla
gloria, io ho il mio
futuro come medico e non mi interessano altre cose. Sono in grado di
vivere
bene anche senza il sostegno degli Hunger Games della Pace.
«Ecco
a voi i nostri
candidati per il distretto 12: Chyna Mellark e Dick
Hemington» annuncia Alfie
rientrando nel suo personaggio. È quasi esilarante vedere
come va in panico non
appena succede qualcosa di appena lontano al copione che deve recitare
e che lo
ha visto uguale a se stesso per anni.
Così
prende le nostre mani e
le alza verso il cielo, per quanto possa alzare il braccio taurino di
Dick al
di sopra della sua testa.
Ci
allontaniamo dal bordo del
palco e ci sediamo composti su due sedie imbottite in attesa che la
cerimonia
finisca. Dobbiamo sorbirci ancora il discorso del sindaco e due parole
da parte
dei miei genitori.
Come
al solito è mio padre a
parlare. Mamma dice sempre che lui ha il dono della parola e che tutti
pendono
dalle sue labbra quando parla alla gente. Lui risponde che lei
è il braccio
armato, è quella che spinge all'azione con la sola presenza
e che è molto più
efficace di lui. Quando sono in quei periodi di complimenti
vicendevoli, io e
mio fratello usciamo dalla stanza perché sono i momenti
degli abbracci e dei
baci e non è il massimo osservare i propri genitori che si
scambiano effusioni
come se fossero ragazzini.
A
volte mi scopro invidiosa
dell'amore tra i miei genitori. Anche a me piacerebbe incontrare
qualcuno che
mi spingesse ad abbracciare e baciare come loro. Una persona che mi
sostenesse
e mi supportasse nelle mie azioni, una persona su cui poter contare in
tutti
gli aspetti della vita. Una persona come mio padre è per mia
madre.
Una
volta pensavo di aver
trovato una persona simile. Era gentile e affabile. Lo avevo incontrato
quattro
anni prima quando ero andata a trovare Finnick e sua madre Annie Cresta
nel
distretto 4.
La
nonna ha tante conoscenze
lì e i miei sono affezionati agli Odair.
Ricordo
come rimasi spiazzata
a incontrare quegli occhi verde chiaro. Non ci sono occhi simili nel
distretto
12. Ebbi la sensazione di perdermi al loro interno e mi riscossi solo
quando
Finnick mi diede una spallata cercando di farla apparire una cosa
naturale e
portandomi a conoscere il suo ultimo figlio nato da poco. In quel
momento mi
accorsi che l'oggetto della mia attenzione sorrideva compiaciuto a
braccia
incrociate, mostrando tutta la gloria del suo fisico allenato in mare.
Diventammo
amici e mi insegnò
a non avere paura dell'acqua, cosa che mia madre al lago non era mai
riuscita.
Mi
ci ero affezionata o
magari innamorata e accantonai tutte le mie insicurezze dichiarandogli
quello
che mi sembrava un grande amore. E lui mi rise in faccia. Secondo lui
ero
troppo piccola per sapere cosa fosse un sentimento così
grande, come se lui
fosse un adulto! Non aveva ancora compiuto sedici anni.
Tornai
al distretto 12 con il
cuore incrinato e l'orgoglio sotto i piedi e mi impegnai a dimenticare
quella
parentesi così umiliante. Tornai altre due volte al
distretto 4 ma non lo
incontrai più e man mano dimenticai l'episodio.
Volevo
solo trovare qualcuno
come mio padre. In casa dicevano che fossi innamorata di lui e forse
era vero.
In lui vedevo la perfezione di un uomo: era bello, era forte, era dolce
e
sapeva sempre cosa fare per proteggere e far sorridere la mamma.
Mio
padre si volta verso di
me e sorride incoraggiante prima di salutare il pubblico e allontanarsi.
Aveva
terminato il suo
intervento, adesso saremmo tornati a casa per i preparativi della
partenza che
ci sarebbe stata il giorno dopo.
Non
era più come una volta, i
candidati non venivano più isolati, anche perché
non c'era alcuna ragione di
scappare. Questa sera ci saremmo trovati tutti in casa e avremmo avuto
le
visite di chi ci veniva a fare le sue congratulazioni.
Anche
io mi ero recata a casa
di un paio di compagni quando era stato il loro turno di essere stati
estratti.
I miei genitori invece non si muovevano mai, tanto avrebbero conosciuto
bene i
candidati all'inizio dei giochi e non ritenevano di dover anticipare
l'incontro
alimentando delle speranze di vittoria che non sapevano se erano in
grado di
mantenere.
Mi
era sempre stato spiegato
che l'aiuto del mentore con gli sponsor e per i consigli è
fondamentale ma la
cosa più importante è il candidato. Se tu non ti
sai muovere, se non sai
lottare allora i mentori fuori non possono fare nulla.
È
vero che le armi non
uccidono e non feriscono ma bisogna essere un pochino convincenti o
nessuno
crederà mai che vi sia una lotta per la vittoria in
televisione.
Per
questo i miei genitori
tendono a non esaltare troppo i candidati mentre sono al distretto in
famiglia.
I genitori potrebbero farsi idee sbagliate e poi accusarli di non aver
fatto
abbastanza. Meglio avere a che fare solo con i ragazzi che si accorgono
di
quanto sia difficile nella realtà solo al momento dei primi
allenamenti.
«Quest'anno
mi occupo io del
12» esordisce mia madre appena la porta di casa si chiude.
I
miei genitori fanno da
mentori al distretto 12 e al distretto
Normalmente
fanno un anno a
testa e quest'anno l'undici toccava alla mamma.
«Sei
sicura? Sai che riesco a
parlare con Dick. Lui mi rispetta e posso convincerlo»
obietta mio padre. È
vero, Dick ha sempre adorato mio padre, sin da quando lo ha aiutato
anni fa.
«Io
gli incuto più timore e
ha paura di farmi arrabbiare. Credo che questo sarà un
incentivo migliore per
quando dovrò convincerlo a rinunciare ai giochi appena
entrato nell'arena»
ribatte mamma.
Ha
ragione, Dick ubbidisce
quando ha paura, purché non si ribelli e non controattacchi,
allora la paura
deve averla il suo obbiettivo. Però è anche vero
che tutte le volte che mia
madre gli ha ordinato qualcosa lui ha sempre ubbidito senza fiatare, ha
quasi
del miracoloso.
«Non
è giusto che sia stato
sorteggiato lui! Io avrei fatto una figura migliore!»
protesta Jayson
accasciandosi sul divano. Lo sapevo che sarebbe uscito questo problema.
Sono
almeno tre anni che sogna la mietitura e la possibilità di
mettere in pratica
le sue conoscenze in una vera arena.
È
molto più bravo di me nella
caccia, è agile nell’arrampicarsi ed è
forte nel sollevare dei pesi, è il degno
figlio di Katniss Everdeen.
«Non
potete lasciarmi qui a
casa al forno! Voglio venire anche io a Capitol City a vedere da vicino
gli
Hunger Games. Prometto che non darò fastidio, mi metto in un
angolino e guardo
solo… ti prego papà…
mamma…» ed ecco che inizia la solita solfa. Tutti
gli anni
la stessa storia, mio fratello vuole andare ai giochi e, vederli da
vicino come
spettatore, è meglio di niente.
Negli
anni passati gli veniva
vietato per la giovane età e per non lasciare me da sola
(anche se poi ero io a
dovermi occupare di lui). Oggi ho la sensazione che questa tradizione
cambierà.
Infatti
vedo mio padre
sorridere indulgente alle occhiate imploranti del figlio «Io
farò il distretto
11 e tu verrai con me, così ti impediremo di far dannare tua
nonna. Preferisco
averti sotto controllo in mancanza di Chyna». Ecco spiegato
il motivo. Ero il
parafulmine, la baby sitter affidabile.
Non
so se essere orgogliosa
per questa dimostrazione di considerazione o offesa per essere stata
sfruttata
senza avere nessuna contropartita se non un grazie.
La
sera iniziano ad arrivare
alcuni vicini e i miei compagni di scuola. Mio padre aveva preparato
qualche
torta e qualche dolcetto e altri aveva mandato Jayson a prenderli al
forno.
L’occasione delle congratulazioni per essere stata estratta
crea la scusa per
fare un festino.
Sono
questi i momenti dove io
e mia madre sentiamo di più la mancanza dello zio Haymitch.
Lui era sempre
disponibile per un po’ di rilassato, allegro e alcoolico
divertimento, e mi
avrebbe dato ottimi consigli per affrontare i giochi.
A
metà serata arriva anche
Dick in compagnia della nonna. Probabilmente sono andate poche persone
da loro
e poi credo che la donna voglia parlare con i miei genitori. Infatti,
poco dopo
i tre spariscono nello studio lasciando noi nella grande cucina a fare
gli
onori di casa.
Nonostante
le dimensioni
enormi della stanza che fa da cucina, sala da pranzo e salotto,
sembriamo tutti
schiacciati dalla mole dell’altro candidato ai giochi.
È quasi divertente
vedere come si scansano tutti non appena lui fa un gesto o un passo,
sembra di
vedere la rivolta dei ranocchi in uno stagno contro un’onda
anomala.
«Dick,
siediti qui e prendi
una fetta di torta» lo invito indicando una sedia accanto al
tavolo. Mi guarda
quasi con venerazione mentre annuisce e si siede dove ho indicato.
Aspetta
diligente che gli porga il dolce e lo trangugia in tre bocconi facendo
scoppiare
a ridere mio fratello e qualche suo amico tra i più
coraggiosi, cosa che non
sembra neanche scalfire il gigante.
«Mia
nonna voleva parlare con
Peeta e tua madre. Mia nonna dice che devo ubbidire a tutto quello che
mi
dicono e anche a quello che mi dici tu» asserisce di punto in
bianco.
Sospettavo
che la ragione
della venuta fosse quella e annuisco seria «E’
vero. In questi giochi sarà mia
madre a farci da mentore e noi dobbiamo ubbidirle in tutto quello che
ci dirà,
così non ci faremo male e torneremo a casa sani e
salvi» cerco di spiegare con
i termini più facili che conosco.
«E
vinceremo noi due, proprio
come Peeta e K… tua madre» mi fa sorridere pensare
che non riesce neanche a
dire il nome di mamma. Deve proprio incutere un grande timore in questa
montagna
di muscoli. Mi spaventa solo demolire le sue speranze.
«No,
Dick. Non vinceremo i
giochi. È pericoloso e nella lotta qualcuno potrebbe farsi
male, è meglio
tornare presto a casa».
«Io
non mi faccio male»
ribatte lui con sguardo fermo «E neanche tu ti fai male. Io
non voglio che tu
ti fai male e io non ti faccio male, tu sei mia amica… sei
mia amica e io non
ti faccio male…» inizia a balbettare con gli occhi
lucidi. Ecco che ho fatto il
disastro. A volte parlo troppo e con Dick è sempre difficile
farsi capire.
«Dick…
Dick ascoltami!»
ordino con voce ferma prendendo una sua mano e aspettando che alzi il
volto
verso di me «Tu non mi farai mai del male, lo so. Noi siamo
amici. Ma ci sono
altri candidati ai giochi, altre persone che possono farti del male o
tu puoi
fare del male a loro e noi non vogliamo questo, giusto?»
parlo con calma e
lentezza per fargli capire tutto il concetto.
«No.
Peeta dice che fare male
è brutto» sia lodato mio padre!
«Esatto,
quindi noi non
faremo male agli altri candidati e torneremo a casa il prima
possibile»
concludo soddisfatta. Ma il sorriso mi muore sulle labbra quando lui
aggiunge.
«Vinceremo
noi due come Peeta
e tua madre».
“Ci
rinuncio… Katniss
Everdeen, è tutto tuo!” penso sconfitta.
Questo
scambio si svolge nel
più assoluto silenzio e mi accorgo solo allora che tutti i
presenti non si sono
persi una sola sillaba di quanto detto tra me e l’altro
candidato.
«Così
hai intenzione di
alzare il drappo bianco e tornare subito a casa come una
fifona?» chiede di
getto Jayson. Credo che se davvero facessi una cosa simile non me lo
perdonerebbe per il resto della sua vita.
«Non
ho detto questo. Ma
credi davvero che lui sia adatto a lottare corpo a corpo con gli altri
candidati? Sarebbero i primi giochi con un vero bagno di sangue e morti
da
ammirare» rispondo sarcastica. Non possono volere che Dick
rimanga a giocare,
sarebbe una follia. Non sappiamo cosa può combinare se messo
sotto pressione e
basandosi su come si è comportato anni fa credo che non ci
siano dubbi su
quanto possa essere potenzialmente pericoloso.
Se
questi sono gli Hunger
Games della Pace, di sicuro non possiamo lasciarci dentro un ragazzo
ritardato
come lui.
«Perché
non l’hanno esentato
prima? Potevano escluderlo dalla mietitura e tutto questa
preoccupazione non avrebbe
motivo di esserci» interviene una ragazza che frequenta la
mia classe.
«Non
è pericoloso in
condizioni normali e i giochi non prevedono morti o feriti e quindi non
si
ritengono pericolosi. Ecco perché non l’hanno
escluso» avevo fatto io stessa la
domanda l’anno precedente a mio padre e da lui avevo avuto
questa risposta.
Anche mia madre non era ritenuta pericolosa ma solo mentalmente
instabile,
infatti ha ucciso la Coin. Aveva le sue ragioni che nessuno ha chiesto
però.
Pazzesco che neanche il passato insegni qualcosa.
Non
che voglia paragonare
Dick a lei… però…
«Vi
ringrazio tantissimo…
andiamo Dick». La nonna Hemington prende per mano suo nipote
e lo trascina
fuori da casa nostra. L’ultima cosa che sento è un
«Ciao, Chyna. Ci vediamo
domani alla stazione».
Tiro
un lungo sospiro che mi
sembra essere il primo di una serie infinita. Andrò in
iperventilazione prima
che i giochi finiscano, questo è sicuro.
Guardo
interrogativa i miei
genitori che, come se nulla fosse, iniziano a conversare amabilmente
con gli
altri ospiti senza fare cenno a questa interruzione. Muoio dalla voglia
di
sapere che cosa si sono detti in privato e anche mio fratello non vede
l’ora
che rimaniamo soli per scoprire nuovi succulenti dettagli. È
sempre lui il
pettegolo di famiglia.
Questa
specie di festa si
dilunga ancora per mezz’ora, poi mio padre invita
cortesemente a tornare a casa
perché la candidata e i due mentori devono riposarsi prima
di recarsi a Capitol
City.
Con
l’augurio di vincere,
tutti mi salutano augurando buona fortuna e rimango stupita da questa
dimostrazione di affetto e simpatia, visto che sono due cose molto
lontane da
me.
Mio
padre sogghigna alla mia
faccia perplessa e prende sottobraccio me e la mamma avanzando verso le
scale
«E’ incredibile vedere quanto siete simili,
asociali e incapaci di accettare un
semplice gesto di affetto da parte di uno sconosciuto» sia io
che mia madre
facciamo una smorfia irritata e lui scoppia a ridere lasciandoci salire
in
camera da sole.
Ha
capito che adesso devo
metabolizzare con chi, prima di me, ha provato sensazioni ancora
più intense di
queste.
«Credi
che ce la farà?» sento
mio fratello che chiede mentre ripuliscono la cucina.
«Con
la mamma al suo fianco
affronterà tutto. Non ti preoccupare, lei è
preparata e noi ormai abbiamo
capito come assolvere il nostro compito. Andrà tutto
bene» lo rassicura mio
padre ed io sorrido guardando mia madre che annuisce a quelle parole.
Entriamo
in camera sua e ci
sediamo vicine sul lettone.
«La
nonna di Dick è
preoccupata per lui. Ha paura che possa compiere qualche gesto
avventato o
farsi del male» esordisce.
«Non
è una cosa nuova. È la
stessa paura che abbiamo tutti noi» rispondo io atona.
Sappiamo il problema ma
quello che io voglio ora è la soluzione, la panacea di
questo male grazie alla
quale staremo presto tutti sani e salvi a casa nostra.
«Non
ci sono molte soluzioni.
Io cercherò di spiegargli come deve comportarsi nei giorni
dell’allenamento e
parlerò con gli altri mentori in modo da chiarire bene come
devono muoversi i
candidati con lui. Tu dovrai tenerlo d’occhio direttamente e
cercare di
calmarlo appena lo vedi un po’ agitato». Sa
perfettamente che non potrò fare da
completo parafulmine. È una follia solo pensarlo.
«Non
riuscirò mai a
controllarlo» protesto.
«Non
ti sto chiedendo questo,
solo di cercare di calmarlo se va in escandescenza. Con te non
è pericoloso, ho
già visto come ti ascolta quando parli, sembra che ti veneri
quasi. Devi farti
forza su questo sentimento, poi potrai chiarire meglio la situazione al
distretto quando tornerete».
La
guardo perplessa. Penso di
non aver capito bene. «Mi stai chiedendo di fingermi
innamorata di lui?» è
impossibile. È incredibile. È assurdo.
«Non
dire sciocchezze! Né io
né tuo padre sopporteremmo che ti mettesse le mani addosso
in quel modo, e
secondo me neanche lui lo penserebbe mai. Ti vuole bene come a una
sorellina da
proteggere e tu devi far forza su questo ascendente che hai su di
lui».
Annuisco.
Questo lo posso
fare.
Mi
guarda e mi carezza i
capelli scuri sospirando.
«Non
avrei mai pensato di
affrontare un giorno come questo. Tu estratta alla mietitura che devi
partire
per gli Hunger Games. È come un incubo che
ricomincia» mi dice lieve.
«Mamma…».
«No.
Non devi convincermi del
fatto che andrà tutto bene. Lo so che al massimo uscirai
dall’arena con qualche
livido e una serie di racconti che basteranno per una vita intera, ma
permettimi di spiegarti cosa vuol dire per me» a questo punto
taccio e ascolto
attentamente.
«Io
mi sono offerta
volontaria come tributo per salvare la vita a mia sorella Primrose. Lei
aveva
solo dodici anni e non sarebbe sopravvissuta cinque minuti
nell’arena. A quel
tempo chi andava agli Hunger Games era quasi certo di morire. Andavamo
in
ventiquattro e ne usciva vivo solo uno. Tutto quel sangue…
tutto quell’orrore,
quella violenza… non puoi immaginare quanto sia stato
terribile vivere quelle
giornate». Dai suoi occhi scende una lacrima che si affretta
ad asciugare.
«So
perfettamente che non ci
saranno ibridi a darvi la caccia e non capiterà di dover
assistere qualcuno
mentre questo chiude gli occhi per sempre, non dovrai uccidere
nessuno… queste
però sono cose che ti segnano, che mi hanno segnata ed io
non respirerò più
sino a quando non uscirai da là sana e salva. Non vincere.
Non mi interessa.
Basta che rimani viva» le ultime parole le escono con un
sussurro mentre mi
abbraccia forte. Sento il suo cuore battere contro il mio e capisco
quanto le
costi riuscire a farmi salire sul treno domani mattina. Forse questa
è la prima
volta che sento tutto l’amore che mia madre mi porta e ne
sono commossa.
Altre
braccia avvolgono i
nostri corpi. Mio padre si siede accanto a me e Jayson mi avvolge le
ginocchia
e vi appoggia la testa, accucciato ai miei piedi.
«Non
aver paura, Katniss. Se
qualcosa dovesse andare storto potremo sempre intervenire noi. Siamo
mentori e
siamo famosi. Il vecchio Plutarch e i suoi strateghi ci adorano e
nessuno
vorrebbe scatenare la tua ira. Tutti sanno che fine ha fatto la Coin
quando si
è messa contro di te… Chyna sarà al
sicuro te lo prometto».
«Non
farmi promesse che non
puoi mantenere. Cerchiamo di fare un buon lavoro e di tirarli fuori in
fretta e
senza danni» mia madre torna a essere la donna pratica di
sempre. Mi sento
meglio se lei è forte perché è come se
anche io ne traessi forza.
Mio
padre ci accarezza tutti.
«Ce la faremo anche questa volta» e sorride
rassicurante.
«Domani
mattina voglio le
focaccine al formaggio» dice Jayson facendo ridere tutti.
Andiamo
a dormire e riesco ad
appisolarmi a scatti. Non sento urlare questa notte ma so che non
è per il
fatto che nessuno ha degli incubi. Semplicemente nessuno sta dormendo a
parte
mio fratello e mi sento in colpa per le preoccupazioni che do ai miei
genitori.
Il
giorno dopo arriviamo
presto alla stazione e c’è già una
folla che è venuta a salutarci. Vedo Bruce
parlare con Damien e spero che il forno non bruci, altrimenti il mio
primo
omicidio lo compirei qui al distretto.
Aspettiamo
il treno
pazientemente. Visto il regime di ristrettezze si è ritenuto
più conveniente
utilizzare il treno per più candidati e visto che noi siamo
tra i distretti più
lontani divideremo le carrozze con il distretto 13 e il distretto 11 a
cui mio
padre farà il mentore.
Dick
e sua nonna si
avvicinano e lei ringrazia ancora mia madre per tutto quello che
farà per suo
nipote. Quando il treno arriva ci facciamo strada grazie anche
all’aiuto dei
militi e veniamo accolti dai due candidati del distretto 13 e il loro
mentore.
«Così
tu saresti Chyna
Mellark! Ciao, io sono Rudy e lei è
Sakìa» si presenta un ragazzo che dovrebbe
avere la mia età accompagnato da una ragazza più
grande. Non so se mi sono
simpatici o meno. A pelle sento un brivido freddo quando stringo la
mano di lei
che è gelida come il suo sguardo. Se questo è
l’inizio non mi aspetto molto dal
proseguo di questa conoscenza.
Sento di essere ufficialmente entrata nei giochi.
---ooOoo---
Angolino
mio:
e
così abbiamo scoperto
chi è il secondo candidato ai giochi per il distretto 12.
Dick
è il classico
ragazzone enorme e ritardato. Con un cuore d’oro e isolato
dagli altri
insensibili. Sarà l’incognita di questi giochi.
Già
da ora sono tutti
preoccupati perché nessuno (tranne il vecchio Haymitch) si
era preso la briga
di provare a conoscerlo e capirlo.
Cerchiamo
anche di capire
il terrore di Katniss. Lei rivede i vecchi Hunger Games nella sua
mente. Ragionandoci
sa che non sono pericolosi ma è una mamma e questo la rende
irrazionale.
Chyna
è una ragazzina di
diciassette anni. Come tutte a quell’età ci sono
momenti di ragionamento
profondo e adulto e momenti di infantilismo totale. Questo
sarà il suo modo di
comportarsi per tutta la storia e verrà fuori
prepotentemente nel prossimo
capitolo quando faremo conoscenza di altri candidati.
Ringrazio
per l’attenzione
che mi avete concesso sino a questo punto e vi consolo per il fatto
che, più o
meno, i capitoli avranno tutti questa lunghezza (se non di
più).
Posterò
il prossimo capitolo
tra una settimana, visto che l’ho già scritto
tutto.
Questo
è un piccolo
assaggio:
… «Voglio vedere subito
Plutarch. Ci deve spiegare cosa
ha in mente. Sono sicura che la sua mente malata ha organizzato qualche
cosa di
assurdo... ma se pensa che permetterò che lui possa mettere
in pericolo la vita
di mia figlia ha sbagliato a fare i conti e anche di molto!».
In altri termini
questa è una dichiarazione di guerra e se fossi in questo
Plutarch starei ben
attento a come mi muovo, perché normalmente, il passo
successivo a questo sfogo
di mia madre è l'aggressione…
E
ora, alla prossima!
baciotti