Ehilà,
sono tornata! Mi spiace di non essermi fatta sentire per un po’…
Comunque ci tengo innanzitutto a ringraziare per i loro commenti sul precedente
capitolo Sakura182blast (grazie
mille dei complimenti… Eh, già, Shaoran è diretto proprio
dagli Elfi, chissà cosa succederà!), Evans Lily (grazie mille, amica mia, conto di sentirti presto anche
se non ho ancora risolto… Ebbene sì, mi dichiaro colpevole, la
mappa l’ho disegnata io… -///-”) e Sakura Bethovina (già, è un po’ difficile
vedere Shaoran come cavaliere, però vedrai che la sua scelta ha un senso…
Grazie mille anche a te per i complimenti!). Spero di non deludere le vostre aspettative,
ragazze.
In
questo capitolo apparirà l’eroina principale e… Beh,
preferirei non sbilanciarmi, non si sa mai!
Buona
lettura…
Aamyan degli Elfi
3
La guerriera e
Il cervo
saltellava e sfrecciava come un’antilope, apparendo e scomparendo a
tratti quasi regolari nel fogliame del sottobosco. Si divertiva a prenderla in
giro, a cercare di confonderla. Ma lei era ben addestrata per quel genere di
preda. Si fermò tra gli arbusti e chiuse gli occhi, respirando
profondamente, cercando di percepire l’animale non con la vista, ma con
gli altri quattro sensi. Quando sentì un lievissimo spostamento di
foglie dritto davanti a sé, si portò la mano al fianco, estrasse
il coltello da caccia dalla guaina e, senza aprire gli occhi, lo scagliò
in quella direzione. Un colpo sordo e un tonfo le fecero capire che ancora una
volta il suo metodo aveva dato frutti.
Sakura riaprì gli occhi e si diresse al cespuglio
di rovi dove aveva sentito cadere il cervo. Si chinò e vide
l’animale riverso nell’erba, trafitto alla gola. Con reverenza
recuperò il pugnale e si accucciò accanto alla carcassa.
«Sono desolata, nobile creatura»,
sussurrò accarezzandone il dorso, «ma si deve pur mangiare per
vivere.»
Sciolse un altro coltello dal laccio che aveva alla vita
e, sistemandosi tra i cespugli, iniziò a scuoiare l’animale.
Era un’incombenza in cui ormai eccelleva; da che
ricordava, per sedici anni era sempre vissuta così, alla macchia,
selvaggia e, soprattutto, sola. Perciò aveva imparato presto a cavarsela
in ogni circostanza. Aveva passato gli ultimi anni a vagare per
Sakura rise tra sé, una risata amara, chiedendosi
come mai scuoiare un cervo per il pranzo le provocasse tali e tante meditazioni
sulla propria esistenza.
Quando finì di preparare l’animale alla
cottura, affastellò alcuni rami che aveva trovato precedentemente,
sistemandoli all’ombra di un alto albero. Poi, con due pietre e tanta
pazienza, iniziò a cercare di generare scintille per appiccare il fuoco.
Ci riuscì, e mentre le fiamme si stabilizzavano prese alcuni bastoni,
improvvisando uno spiedo, per poi tagliare la selvaggina a pezzi e disporli
finalmente a cuocere.
Poco dopo il cervo era cotto e fumante, e Sakura si
riempiva lo stomaco, con la schiena contro la dura corteccia e le gambe
raccolte contro il corpo.
«Ti soddisfa davvero mangiare una creatura vivente?»
Al suono della voce, Sakura balzò in piedi,
impugnando di nuovo entrambi i coltelli, e prontissima ad usarli. Si
allontanò dall’albero, guardandosi intorno, finché i suoi
occhi si posarono su una figura, apparentemente apparsa dal nulla, che si stava
avvicinando.
Era una ragazza, forse della sua età. Lunghissimi
capelli scuri le fluivano morbidi sulle spalle, e gli occhi, di una sfumatura
tra il blu e il viola, erano incredibilmente penetranti. Indossava un abito
modesto, in tessuto leggero, ma aveva un’aria innaturalmente celestiale.
Sakura la fissò sbalordita, chiedendosi chi diavolo fosse. Rendendosi
poi conto che l’estranea non costituiva una minaccia, abbassò le
armi.
«Si dà il caso», sbuffò,
«che non si tratta affatto di una creatura vivente, non più, dal
momento che per mangiarla l’ho uccisa.»
La ragazza sconosciuta le si avvicinò ancora, con
un’espressione vagamente contrariata, ma non aggiunse altro. La
guardò da capo a piedi, come se volesse valutarla, prima di parlare di
nuovo.
«Tu sei Sakura, la guerriera senza radici.»
Non era una domanda; Sakura ebbe l’improvvisa
sensazione che la sconosciuta sapesse tutto di lei. La guardò di
rimando, incrociando le braccia.
«Esatto. Posso sapere chi sei tu?»
L’altra le sorrise, enigmatica.
«Non so se mi crederai…»
Sakura iniziava a spazientirsi.
«Beh, vediamo… Se non me lo dici non potrai
saperlo, giusto?»
«Giusto.» La ragazza tornò seria e
assunse un tono grave. «Bene, allora, siamo sincere fino in fondo. Io
sono Tomoyo, Dama degli Elfi, Principessa della Foresta d’Est. E sono
venuta a cercarti perché ho bisogno di te.»
Immediatamente sulla pianura calò il silenzio.
Sakura la fissava interdetta e incredula. Poi la sorpresa
lasciò il posto allo scetticismo e al rifiuto. Ma come poteva
aspettarsi, quella ragazza, che lei le credesse? Chi si credeva di essere?
«Ma davvero? Non sembri affatto un Elfo»,
proruppe, pungente.
La fanciulla che affermava di chiamarsi Tomoyo sorrise di
nuovo.
«Quanti Elfi hai visto nella tua vita,
Sakura?»
Colpita nel vivo, la giovane senza patria sbuffò.
«Non ho bisogno di vederne uno per sapere che sono
diversi dagli Esseri Umani. E tu, chiunque tu sia, sembri in tutto e per tutto
un’umana.»
«Non posso darti torto. Ma del resto, questo non
è il mio vero aspetto. Ho assunto una forma umana per mostrarmi a te in
modo da non turbarti. Sakura, ascoltami: io ho davvero bisogno del tuo
aiuto…»
Nella sua voce era comparsa una traccia di urgenza.
Incerta, Sakura la guardò negli occhi. Sembrava davvero sincera. Senza
contare che il suo sguardo decisamente non era umano. Occhi così
penetranti non sembravano nemmeno appartenere a questo mondo…
«Cosa potrebbe mai volere da me
Lei sospirò profondamente.
«Dovrò raccontarti la mia storia, Sakura. Ti
prego di ascoltarmi fino in fondo.» Si sedette nell’erba,
allargando attorno a sé il vestito, e con la mano colpì il suolo.
«Vieni qui.»
Ancora diffidente, Sakura si sedette a una certa distanza
da lei, allacciandosi controvoglia i coltelli in vita.
Tomoyo, o chiunque fosse, sospirò di nuovo e la
guardò, iniziando poi il suo racconto.
«Nacqui dalla stirpe elfica… sedici anni fa,
secondo la tua concezione del tempo. Venni in questo mondo in cui la componente
essenziale della vita degli Uomini sembra essere diventata la guerra. Appresi
molto presto la storia della donna appartenente al mio popolo che, pur
involontariamente, insieme ad un uomo causò l’inizio di questo
scempio, e subito mi dissi che doveva pur esserci un modo per cancellare quella
storia, per evitare tutto questo dolore, per andare avanti… sebbene
sapessi che la pace sarà sempre una condizione difficile da mantenere,
ora che l’Uomo ha messo in gioco le proprie ambizioni, ora che i tempi
sono diversi e che ciò che conta è solo il potere.» Abbassò
lo sguardo, lisciando una piega nell’abito bianco da popolana. «Ma
non mi importava. Volevo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per il Regno. Fu
così che decisi di andare dagli Angeli.»
Sakura la fissò, incapace di reagire. Angeli?
«Comprendo il tuo stupore. Gli Angeli sono ormai
una razza quasi sconosciuta all’Uomo. Eppure, è dall’unione
degli Angeli con gli Elfi che sono nati gli Esseri Umani… Essi vivono in
una regione senza nome all’estremo nord del Regno. La loro saggezza non
ha eguali, ma sono anche estremamente orgogliosi, e da quando è iniziata
la guerra tra le due terre hanno rifiutato ogni contatto con le altre genti,
reputandosi il migliore dei Popoli, l’unico meritevole di
salvezza.» La ragazza scosse lentamente la testa. «Non mi importava
nemmeno di questo. Avevo bisogno della loro conoscenza, e delle loro arti, ben
superiori a quelle degli Elfi. Mi recai da loro e chiesi umilmente di stabilire
un’alleanza tra le nostre due razze. Fortunatamente mi ascoltarono, e
questo mi servì per chiedere loro se ci fosse un modo per far cessare
ogni guerra nel Regno. Mi dissero di sì. Così nacque
Aamyan.»
Totalmente dimentica della confusione in cui
l’aveva gettata la notizia dell’esistenza degli Angeli e del loro
ruolo nella nascita dell’Uomo, Sakura assaporò il dolce suono di
quel nome, intriso di un qualche piacevole mistero capace di parlare alla sua
anima. Lo ripeté mentalmente a se stessa, mentre Tomoyo seguitava con la
sua storia.
«Si trattava di uno Specchio magico, che poteva
essere usato solo dagli animi più puri. Gli Angeli dissero che solo se
un Essere Umano dal cuore puro avesse guardato il proprio riflesso in Aamyan e
avesse desiderato la fine della guerra, questa sarebbe cessata. E così
io divenni la detentrice dello Specchio, la cui esistenza divenne presto nota a
pochi saggi delle Terre della Luce e del Buio, fino a giungere
all’orecchio di coloro che si rifiutavano di combattere. Puoi immaginare
come molti si siano decisi a tentare di specchiarsi…»
Sakura annuì vagamente, attenta.
«Tuttavia», sospirò Tomoyo,
«molto spesso, esaltando un valore, si diventa ipocriti. Gli Uomini che
intendevano rifuggire dal male del Regno diventavano impuri, quando si
profilava l’eventualità di usare Aamyan. Pur di giungere ad esso,
ricorrevano ad ogni genere di violenza. E ciò ovviamente li rendeva
indegni di riflettersi nello Specchio.»
Tomoyo si interruppe improvvisamente. Ci fu una pausa,
poi guardò di nuovo Sakura in viso e le sorrise.
«Percepisco la tua incredulità, e la
capisco. Per dimostrarti che non mento, ti mostrerò la prova delle mie
parole.»
Sakura la vide unire le mani, chiudendo gli occhi, e vide
le sue labbra muoversi silenziosamente. Quando la giovane disgiunse le dita,
una luce improvvisa brillò tra le sue mani, inducendo Sakura a chiudere
gli occhi per non restare accecata da tanta intensità. Quando la ragazza
riuscì a sollevare le palpebre e ad abituarsi alla luce, distinse una
figura aleggiare all’altezza del petto di Tomoyo. Trattenne il fiato,
rendendosi conto che si trattava di uno specchio.
«Guarda», disse Tomoyo, e come animato di
vita propria l’oggetto volò verso Sakura.
La luce si diradò, e lei poté finalmente
distinguere il manufatto finemente lavorato e intarsiato di gemme. Lo Specchio
rimase sospeso davanti ai suoi occhi, ma non le permise di guardare il proprio
riflesso. Sakura ebbe la certezza che se lo avesse fatto le sarebbe successo
qualcosa di terribile.
Poi, lentamente, Aamyan tornò tra le mani di
Tomoyo e svanì com’era apparso.
Stordita, Sakura incontrò lo sguardo della Dama
degli Elfi.
«Ma… Ma io cosa c’entro con tutto
questo?», articolò, sempre più confusa.
Tomoyo si rabbuiò e riprese a parlare in tono
sommesso.
«Molte cose mi hanno fatto capire che Aamyan deve
essere distrutto.»
«Che cosa?» Sakura si sentì crollare
addosso il cielo. «No! Potrebbe far finire la guerra… Perché
vuoi farlo?»
«Perché è giusto. Uomini ed Elfi
continuano a morire per questo Specchio; gli uni per averlo indegnamente, gli
altri per difenderlo dagli indegni. Io non posso più permetterlo. Mi
capisci? Aamyan fu creato per contrastare la violenza… Che senso ha, ora
che invece ne genera di nuova?»
Sakura non disse nulla. Credeva di capire cosa intendesse
«Ho deciso di riportarlo nella terra degli
Angeli», continuò Tomoyo, «e di fonderlo nello stesso lago
di acqua lavica dove fu forgiato. Ma per giungere fin lì ho bisogno del
tuo aiuto, Sakura, poiché tu, così libera e priva di vincoli, sei
forse l’unica umana in questo Regno totalmente disinteressata ad Aamyan,
e io posso fidarmi solo di te.»
Calò di nuovo il silenzio. Sakura evitava lo
sguardo della Dama degli Elfi, sentendosi totalmente inadeguata. Alla fine
sbottò, lasciando emergere la propria confusione.
«Io dico che ti sbagli. Non sono adatta a questo
genere di compito. Io non c’entro niente, ecco tutto. E poi… E poi,
l’hai detto tu stessa, io sono priva di vincoli: perché dovrei
decidere di seguirti, di aiutarti a distruggere quel dannato Specchio, se
questa storia non mi riguarda?»
Tomoyo si alzò in piedi. Sakura continuava a non
guardarla, ma si sentiva addosso il suo sguardo, insistente come una lama rigirata
in una ferita aperta. Poi Tomoyo parlò di nuovo.
«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che io so chi
sei?»
Sakura si voltò di scatto a guardarla, alzandosi
velocemente a sua volta.
«Come hai detto?»
«Io so chi sei, Sakura.» Tomoyo la guardava
duramente. «Io conosco il tuo passato. Posso mettertene a conoscenza, se
lo desideri. So che ti fai tante domande. Vuoi sapere da dove vieni, non
è così?»
Sakura non riusciva a parlare. Si limitò a
fissarla, sentendo il cuore rimbombarle nelle orecchie. Si avvicinò a
Tomoyo, la cui espressione si addolcì.
«Le tue origini sono proprio lassù, nel
paese degli Angeli. Tu nascesti da uno di loro, che fu irretito dalle grazie di
una donna umana. La tua nascita fu causa di scandalo per entrambe le razze. Tuo
padre fu bandito dai suoi simili, tua madre fu rinnegata dalla sua famiglia ed
esiliata dalla Terra della Luce. I segni erano così infausti che su di
te fu enunciata una profezia, dall’esito certamente negativo… Ma
ormai nessuno la ricorda più, perché tutti fecero
l’impossibile per spazzare via il ricordo di quello che veniva
considerato un errore. Ed è per questo che sei cresciuta sola e
libera… e disinteressata. E questo, tuttavia, al momento non può che
essere un bene. Tu infatti sei l’unico Essere Umano rimasto incorrotto,
non toccato da questa guerra; sei la sola che potrebbe forse utilizzare
Aamyan… Ma so che non lo vuoi. So che senti che la tua vita è
vuota, che credi di non avere uno scopo. Lo so, e lo rispetto. Ma io ho bisogno
di te, Sakura. Ti prego di aiutarmi.»
Ancora una volta Tomoyo tacque e cadde il silenzio.
Sakura si scoprì improvvisamente gli occhi pieni
di lacrime. Una vita intera senza sapere nulla di sé, e adesso…
Tomoyo aveva ragione: non le importava praticamente nulla
della guerra, di Aamyan, del Regno; lei era disinteressata a tutto questo, ma
non poteva ignorare il fatto che ora anche lei aveva un passato.
Non si curò di asciugarsi gli occhi. Invece, li
fissò in quelli di Tomoyo, maturando una decisione. Ora si sentiva
legata da qualcosa di indefinibile a quella ragazza che regnava un popolo. E
poi… La terra degli Angeli, la terra di quello che era stato suo
padre…
«Non so bene perché lo faccio»,
mormorò bruscamente. «Ma verrò con te.»
Tomoyo le sorrise. Sakura non ricambiò, ma si
voltò verso i resti del fuoco e li spense col tallone, iniziando da
subito a prepararsi per il viaggio che l’aspettava.
Vorrei precisare
una cosa. Descrivendo Sakura come una guerriera senza radici è
inevitabile che lei risulti diversa da come appare tradizionalmente nell’anime
il suo personaggio. Spero che non me ne vogliate, però ovviamente non
è escluso che lei possa cambiare secondo le circostanze e… gli
incontri! Ehm, sto dicendo troppo!! ^^
Appuntamento
al prossimo capitolo… Spero il più presto possibile!