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Autore: skippingstone    19/11/2013    3 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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6. Appoggiarsi al primo scoglio prima di buttarsi, di nuovo, in acqua

Il saluto dei genitori mi aveva destabilizzato ma confermava ciò che ho sempre pensato: viene prima la società, il distretto 2, Capitol City e poi io, sangue del loro sangue. Stare nel treno che mi porta a Capitol City, inoltre, non aiuta a bloccare i flussi di parole che mi ossessionano. Il treno è il luogo meno adatto per non pensare. Col fisico ti allontani da qualcosa, ma la mente resta sempre là.
Il sole sta tramontando e colpisce i miei occhi. Guardo la vegetazione, i vari cartelli e, in sottofondo, immagino una canzone malinconica. Questo è il mio vero addio al distretto 2.

Ormai è sera. Nel treno fa freddo, tremo. Sento prudermi i capelli, ho mal di pancia e il cuore non vuole calmarsi. Ho un malessere interiore e dovrò conviverci per tutta la durata dei Giochi perché credo che non andrà mai via.
Di fronte a me c'è Level e io la contemplo. Sta provando le stesse cosa che provo io? Lo sente anche lei quel dolore? Vorrebbe anche lei rompere il vetro dei finestrini del treno e scappare? Se faccio queste domande al mio cervello, non riceverò mai una risposta da lei. Quindi decido di chiederglielo.
«Tu non lo senti questo bisogno di scappare, di andare via, di voler mandare a fanculo tutto e tutti?»
Level, finalmente, smette di guardare fuori e muove leggermente la testa, l'ho fatta tornare alla realtà.
«Io.. non so cosa sento.»
Non mi aspettavo quella risposta da lei. Mi aspettavo una risposta del tutto negativa, credevo mi avrebbe detto che era tranquilla perché così mi era parso di vederla durante il suo cammino verso il palco.
«Allora perché hai sorriso quando hanno chiamato il tuo numero?»
Lei alza le spalle e si stringe nella coperta.
«Questo era il mio ultimo anno. Sono scampata all’estrazione tutte le volte e, ora, che stava per finire l’incubo Hunger Games, è diventato realtà. Il gioco si è preso gioco di me... ma non sarà così facile.»
Lei cerca un contatto con me, cerca di capire se comprendo quello che dico.
«Scusa per il gioco di parole con la parola gioco.» - le spunta un lieve sorriso quando capisce che si sta ingarbugliando con quella parola.
«L'ho fatto di nuovo, scusa.»
«Non preoccuparti.»
«Tu, vorresti scappare?»
Anche io la imito e alzo le spalle. Attualmente vorrei tante cose e nemmeno capisco cosa siano tutte queste cose.
«So solo che vorrei che finisse tutto.»
Level abbassa lo sguardo e si guarda le scarpe. Le guardo anche io e rimango senza fiato per un minuto.  Tremano le sue gambe, e non è per il freddo. Le sue scarpe sono macchiate ancora di sangue.
«Mi dispiace per Livius, il tuo amico.»
Apro leggermente la bocca, la gola è secca e non riesco più a sentire il rumore delle rotaie. Mi alzo in apparente stato confusionale e vado a nascondermi in qualche vagone. 
Non posso far altro che continuare a credere di essere una persona orrenda: oggi è morto il mio migliore amico e io l'ho quasi dimenticato, non ho sentito il forte dolore che avrei dovuto sentire, non ho pianto, non ho rivolto un pensiero a lui se non pensando prima a me. Mi accovaccio a terra e stringo le gambe al petto. 
«Livius non c'è più.»
Me lo dico una volta, due volte poi tre fino a quando non scoppio. Inizio a piangere e, come un bambino che non trova la sua copertina, inizio a fare i capricci. Dov'è finita la mia coperta preferita? Dove sono mamma e papà? Dov'è Livius?
Ritorno a dirmi che è uno scherzo ma, sulla pelle, rivedo le chiazze viola che mi sono procurato da solo quando mi ero pizzicato per vedere se ero sveglio o meno.
Continua a non essere uno scherzo, ma le sue promesse lo sono state. Aveva promesso che ci sarebbe stato per me, sempre. Ci eravamo detti che non avremmo fatto stronzate per gli Hunger Games e lui, invece, ha ben deciso di fare la stronzata più grande. Con la lingua mi bagno le labbra mentre le lacrime scendono lungo il viso. Essendo i miei occhi umidi, non riesco a capire se quelle cose nere che ho davanti siano scarpe o topi. Quando riesco a distinguere meglio le cose, scopro che quelle sono delle scarpe di qualcuno. Mi asciugo immediatamente le lacrime con il dorso della manica e mi alzo da terra.
«In tutto questo, non ti ho detto che mi dispiace.»
Victor mi ha trovato nel mio angolo e, nelle sue parole, sento un po' di Livius, un po' di mio fratello, un po' del mio maestro preferito. Io non muovo nessun muscolo, non faccio nessun passo, non ringrazio. Rimango in silenzio sperando che lui vada via, che mi lasci solo e che non mi veda piangere perché sento che verserò lacrime ancora per un po'. Lui, però, mi abbraccia. Rimango impacciato perché non mi aspettavo un'azione del genere. 
Io ricambio l'abbraccio. Non ho più nessuno a cui aggrapparmi e penso che lui sia lo scoglio giusto su cui riposare e riprendere fiato perché non ce la faccio più a nuotare senza il compagno che era in acqua con me.
«Io...»
Victor mi chiede di non parlare, non devo dirgli niente solo perché sento che sia giusto farlo, posso restare in silenzio. Io evito le sue direttive e mi apro ancora di più.
«Ho detto addio a quel distretto di merda e non ho detto addio a lui. Non sono un amico, sono un mostro.»
Lui mi stringe più forte.
«I mostri sono altri, Snow. Non hai detto addio a Livius perché non sei pronto, non vuoi dirglielo.»
«Non tutti abbiamo quello che vogliamo, no? Non voglio dirgli addio ma devo: lui ha scelto per entrambi.»

Erano passate tre ore ed io e Victor avevamo parlato un po' del distretto 2, della miniera di diamanti nascosta, del cibo, della spazzatura. Avevamo parlato del distretto ma non dei giochi, non di Livius, non di me, non di lui.
«Posso chiederti una cosa?»
«Dimmi!»
«Perché avete scambiato il mio numero sul palco?»
Ecco una domanda a cui non riuscivo a trovare risposta. Victor prende un gran respiro ed inizia a raccontarmi.
«Immagina di essere un telespettatore di qualsiasi distretto. Assisti alla Mietitura e un ragazzino decide di uccidersi perché è stato scelto lui come tributo. Quel ragazzino potrebbe essere un figlio, un fratello, un amico, un conoscente e, allora, scoppi. Non puoi sopportare tutto questo e ti ribelli ma, sai, le rivolte non sono quello che dobbiamo e che vogliamo fare adesso. Livius avrebbe potuto essere la goccia che faceva traboccare il vaso, ma il vaso deve restare intatto. Se nessuno si ribella ci sarà un perché. I Giorni Bui non sarebbero solo un video, sarebbero la realtà. Perciò abbiamo smesso di registrare appena abbiamo visto Livius andare contro il Pacificatore ma, essendo tutto in diretta, Panem voleva il tributo del distretto 2 e tu eri l'unica soluzione sotto tutti i punti di vista: eri la seconda scelta, eri quello più vicino a noi e dovevamo dare un tributo. Abbiamo cercato di rimuovere al più presto le tracce di sangue, di morte e non abbiamo ripreso gli altri ma solo me e te.»
Io gioco con le mie unghia ascoltando la versione dei fatti del mio mentore. Provo ad immedesimarmi nei signori che mi hanno condannato e sento un po' di rimorso. Non possono reagire o non vogliono reagire? Io ho sempre pensato che la risposta giusta fosse la seconda ma se fosse la prima? Se Victor avesse ragione? Non avevo mai creduto che i Giorni Bui potessero diventare il presente se ci fossimo fatti sentire. Ma, anche se si volesse giustificare quel comportamento, non posso accettarlo. Non possono continuare a nascondersi dietro ad un dito mentre si buttano ragazzi in Arene inimmaginabili.
«...poi, però, è successa una cosa inaspettata.»
Smetto di tormentare le unghia e voglio sapere cosa sia questa cosa inaspettata. 
«Le immagini di Livius sono uscite in televisione, il tuo discorso al distretto 2 è diventato di dominio pubblico. Ora tutta Panem è concentrata su di te: vuole capire chi tu sia, cosa tu voglia fare e sono divisi. Chi tifa per te, lo fa perché ha visto dei valori in te e nella tua amicizia verso Livius, vede il cambiamento, il segno della rivolta; chi non tifa per te, invece, ti odia senza pudore.»
«Perché?» - chiedo confuso. La cosa non mi entusiasma molto ma non mi delude nemmeno. Essendo abituato ad essere la pecora nera nella vera vita, sono abituato ad esserlo anche nei giochi.
«Perché hai criticato il distretto 2. Ma ciò che ha fatto il distretto 2 lo ha fatto anche l'1, il 3, il 4, il 5, il 6, il 7, l'8, il 9, il 10, l'11 e il 12. È come se tu avessi detto a tutta Panem che loro sono mostri e, ovviamente, non hanno apprezzato il gesto.»
«Scusa, ma... queste immagini come sono uscite fuori?»
Già ho una mezza idea ma voglio, pretendo una risposta detta da qualcuno che non sia il mio cervello.
«Non sappiamo chi sia stato.»
Io ci vedo, senz'ombra di dubbio, il marchio di Morse. Aveva detto che mi avrebbe aiutato. Se questo era il famoso aiuto, il miracoloso soccorso che mi stava offrendo, aveva sbagliato di gran lunga. Farmi odiare da tutti non era un aiuto, ma una condanna a morte sicura.
  
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