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Autore: Aoimoku_kitsune    20/11/2013    3 recensioni
La guerra sta distruggendo sogni e speranze. La notte di Natale si affaccia su tutto il paese del fuoco.
Sasuke, prima di raggiungere il campo di battaglia, si ritrova a vivere un sogno che alla fine gli piace e dalla quale non vuole svegliarsi. Quando torna alla realtà si rende conto che la strada che aveva scelto all'inizio gli ha rovinato l'esistenza, corrodendolo lentamente. Cosi' ritorna dal suo primo amore, mette via l'orgoglio e con coraggio cerca di dirgli che è cambiato.
Perché ha visto il loro futuro insieme.
Si può sempre tornare indietro nella vita, basta avere il coraggio di rimettersi in gioco.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Corse dal fratello, saltando di casa in casa, ancora con lo yukata.
Di Naruto, nessuna traccia.
Appena sveglio il posto accanto al suo era occupato solo da Mikoto, la quale dormiva profondamente. Dove doveva esserci Naruto, c’era solo il vuoto.
In un primo momento aveva pensato che si fosse alzato presto, ma poi lo aveva cercato per tutta casa, senza nessun risultato.
Non aveva niente da cui partire; un minimo indizio su dove potesse essere Naruto.
Dopo l’ultima chiacchierata con suo fratello un mese fa, si era sempre sentito ansioso, quasi preoccupato per quel Naruto. La volpe lo avrebbe portato lontano da lui.
Prese un grosso respiro e si alzò in volo verso la finestra dell’ufficio.
Itachi lo guardò sorpreso.
-Che ci fai qui?
Domandò.
Aspettò che il fratello prendesse aria per avvicinarsi di un passo.
-Naruto…
Il fiato non gli dava tregua.
A quel nome, Itachi si mise subito sull’attenti. Si avvicinò a gli prese le spalle tra le mani, stringendole forti.
-Dov’è?! Sta bene?
Chiese apprensivo.
Quella sensazione, a Sasuke, mancava. Scosse il capo e fissò il maggiore.
-Non lo trovo. Mi sono svegliato e non c’era. Pensavo che fosse uscito, ma non riesco a percepire il suo chakra.
Snocciolò le parole velocemente, e Itachi allentò appena la presa, scostando lo sguardo e poi si allontanò.
Sospirò pesantemente.
-La volpe.
Sussurrò, stringendo gli occhi.
Sasuke allargò i suoi e corse dal fratello, voltandolo verso di se.
-Che vorresti dire?!
Itachi fissò ogni piega preoccupata del fratello e poco dopo decise di rispondere.
-Non te lo ricordi. Il patto. Il kyuubi deve aver deciso di muoversi all’improvviso. Prima era solito farlo in un periodo specifico, ma…
Si accigliò e abbassò il capo.
-L’ultima volta…

Nel posto in cui stava riposando, il suo spirito galleggiava morbidamente. Si sentiva in pace, rilassato e senza alcun pensiero.
Aprì appena le palpebre.
-Perché?
Domandò col fiatone. Era talmente rilassato che anche parlare gli risultava difficile.
Lo spirito della volpe, preso possesso del biondo, camminava tranquillo tra i boschi.
Alzò un braccio e spostò un ramo, abbassandosi appena per non colpirsi.
-Non danneggerò il tuo corpo, tranquillo.
Sussurrò, stringendo gli occhi ai primi raggi del sole.
-Ho formato una barriera per sicurezza.
Chiarì.
La voce di Naruto gli arrivava leggera come un respiro.
Colpirlo di notte, e nel periodo di gravidanza aveva comportato dei rischi per il biondo, poiché il sigillo era molto più debole. Kurama si sentiva un po’ in colpa per aver anticipato i tempi.
Ma l’ultima volta si era sentito offeso dal comportamento dell’Uchiha maggiore.
Era sicuro che non fosse stato Naruto a dire il periodo in cui di solito partiva. Itachi se ne era accorto mano a mano che il tempo passava. Era stato attento, aveva studiato, e poi lo aveva fatto seguire.
Gli ANBU erano ritornati a Konoha sotto un’illusione.
Chiuse gli occhi e prese un grosso respiro. Mandò del chakra verso lo spirito di Naruto e lo assopì definitivamente.
Scusa.
Pensò, mentre attraversava l’ultimo ponte di legno dei confini del fuoco. Altri due giorni di cammino, e sarebbe arrivato a destinazione.

Spalancò gli occhi e poi digrignò i denti.
-Perché? Diamine Itachi, dovevi aspettartelo!
Urlò Sasuke, preso dal panico.
-Ero preoccupato per Naruto! Ogni volta arrivava con il chakra scarsissimo e il corpo ridotto ad uno straccio. Tu non l’hai visto, non puoi capire! Diamine!
Sbatté il pugno contro il muro e appoggiò la fronte sulla superficie fredda. Si morse il labbra dandosi dello stupido.
Che gli era passato in mente. Avrebbe davvero dovuto prevederlo. La volpe era furba e sveglia, e lui l’aveva sottovalutata.
E nella situazione in cui versava Naruto, non era concepibile quel piccolo errore.
Itachi sperava che la volpe non sforzasse troppo il corpo del giovane.
Dal canto suo, Sasuke era rimasto paralizzato dalle parole del fratello. Il suo sguardo era puntato al suolo, e le mani erano strette al kimono.
Lui non avrebbe mai capito.
Anche se si era illuso, quella non sarebbe mai stata la sua vita. Quel Naruto, Mikoto, Itachi… appartenevano a qualcun altro.
Strinse gli occhi.
-Mika?
Domandò il maggiore, preso da un improvviso flash.
Sasuke non alzò lo sguardo, si voltò verso la finestra pronto ad andarsene.
-Ho lasciato una copia.
Rispose monocorde.
Stava per balzare, quando una mano lo trattenne.
-Aspetta!
Il minore sospirò e si strinse nelle spalle. Voltò il capo verso Itachi e lo guardò con indifferenza.
-Grazie… per stargli vicino.

Il sole alto nel cielo batteva su quella terra fertile come una carezza primaverile. Il luogo che si stendeva davanti ai suoi occhi era senza tempo ne spazio; era un limbo per gli umani, ma per Kurama era solo uno specchio dei ricordi andati. Quel fiume che stipulava il confine tra il mondo dei vivi con quello dei morti gli avrebbe ricordato solo che lui era solo uno spirito errante, e che non era ancora pronto per passare oltre.
Si sedette in riva al fiume, chiuse gli occhi e si abbandonò ai ricordi.
Il velo dell’acqua si increspò, un venticello gli accarezzò i capelli biondi e dall’altra parte del fiume comparve una piccola volpe.
Gli occhi rossi di Kurama puntarono la figura e un piccolo e innocente sorriso d’angoscia nacque sulle labbra chiare.
-Sei tornato.
Kurama sorrise straffottente.
-Lo faccio sempre.

Sasuke era irrequieto.
Non aveva mai provato quello che in quel momento stava sentendo. Aveva voglia di urlare, ma al contempo ogni rumore lo mandava in bestia. Voleva distruggere, voleva stancarsi, voleva sentire dolore, ma l’unica cosa che riusciva a fare era solo camminare.
Due fottutissimi giorni. Erano già passati due giorni e di Naruto neanche l’ombra.
Itachi non si era mosso più di tanto, e Sasuke era scoppiato urlandogli contro. La sera stessa aveva chinato il capo e aveva chiesto scusa al fratello, torturandosi le mani.
Però erano già due giorni…
Due giorni.
Due giorni.
Alzò il capo verso il cielo terso, fermando la camminata nervosa.
Naruto.
Socchiuse gli occhi e un sospiro abbandonò le sue labbra.
Aveva una terribile paura che non avrebbe più rivisto quel Naruto. Che anche quella vita fittizia sarebbe svanita all’improvviso e lui si sarebbe svegliato, forse da un coma profondo, all’ospedale di Konoha dove gli avrebbero detto che se era ancora vivo lo doveva a Naruto. Ma Naruto non ci sarebbe stato per la sua gratitudine. Era questo che lo spaventava. Il rimanere solo con se stesso. Senza più nessuno che gli ricordasse chi fosse realmente; che era ancora Sasuke, anche dopo tutti quei sbagli, e che ci sarebbe stata un’altra occasione, un’altra possibilità. Un finalmente sei a casa! E lui avrebbe risposto con quel sono a casa che si era tenuto fin troppo dentro.
Socchiuse gli occhi, sospirò ancora e poi si voltò verso la scuola di Mika.
La piccola Mikoto.
Sorrise perché non poté trattenerlo.
Quella bambina era un vulcano di energia. Iperattiva e luminosa. Come Naruto. Era tutta Naruto. Stesso sorriso. Stesso sguardo profondo. Stesso carattere. Era una bambina così bella e Sasuke ne era rimasto affascinato; abbagliato. Perché dopo tutto quello che aveva fatto, le cose orribili che aveva commesso, era riuscito a creare una cosa così bella. Ne era orgoglioso.

Itachi si passo una mano dietro il collo e cercò di rilassare i muscoli tesi. Gli occhi cominciavano a bruciare per la stanchezza, e le poche ore di sonno si stavano facendo sentire proprio in quel momento.
Ho quasi finito.
Si ripeté per la centesima volta.
Bevve un sorso del tè caldo e si piegò ancora sulle solite carte d’ufficio.
… siamo ad informarle che per problemi atmosferici… il Kazekage è dispiaciuto per … chiediamo acqua e viveri al fronte…
Gli occhi scorrevano e le lettere cominciavano a confondersi con tutto il resto. Sbatté le palpebre e sbadigliò.
-Basta… concludo domani.
Sussurrò tirando le braccia verso l’alto.
Ormai era l’imbrunire ed era meglio che si avviava verso casa.
Voltò la sedia e guardò le poche luci che illuminavano Konoha, rendendo il paesaggio molto rilassante.
-Mh!
Un bussare leggero lo ridestò dai suoi pensieri.
-Avanti.
Dalla porta entrò la sua segreteria. Quello che lo mise in allarme fin da subito era il suo viso trafelato e le guance rosse. La ragazza aveva il fiatone e sembrava che stesse per crollare dalla stanchezza.
Si alzò di scatto preoccupato.
-Naruto-kun è stato portato all’ospedale. Le sentinelle hanno trovato il corpo al limite delle mura.

-Nany quando arriva?
Domandò un iperattiva Mikoto mentre saltellava al fianco del padre.
Sasuke deglutì e scostò lo sguardo in difficoltà. Ormai le bugie andavano a sommarsi alle altre e lui non riusciva più pensare ad altro.
-Presto.
Sussurrò, sorridendo forzato, mentre stringeva la piccola e calda mano della bambina.
Il sole dietro di lui stava tramontando.

Itachi arrivò all’ospedale col fiatone, spalancò la porta della stanza ed entrò velocemente.
Intorno al capezzale del giovane c’erano tre persone vestite di bianco e lo fissarono, inchinandosi.
-Uscite!
Tuonò.
I tre annuirono.
-Tu!
Indicò il più anziano.
-Manda a chiamare Haruno-San. Che arrivi il più presto possibile.
L’uomo annuì frettolosamente e uscì dalla camera.
Annaspando per un poco di aria in più e con una sensazione spiacevole al petto Itachi si avvicinò al ragazzo, allungando una mano per accarezzargli il volto pallido.

Sakura stiracchiò le braccia e sbadiglio. Si grattò appena il capo e i lunghi capelli rosa danzarono nel vento. Dietro di lei Sasuke era seduto sulle scale che davano al giardino di villa Haruno.
Il moro alzò gli occhi e fissò oltre la ragazza. Mika correva e rideva con la figlia di Sakura.
Sasuke ne aveva capito ben poco della storia di quella Sakura, però quello che era venuto a sapere non gli era piaciuto. Ogni volta che fissava la ragazza gli si bloccava qualcosa alla gola.
Midori, la bambina della compagna, era nata per un abuso in seguito ad un rapimento. Sakura era stata drogata per settimane e incatenata in una casa del piacere di Sengaku, nel paese della Roccia.
Quando Naruto e il lui di quella dimensione l’avevano trovata e portata in salvo, la ragazza era incinta già da due mesi.
Sasuke pensava a quanto forte fosse diventata negli anni per aver passato quel momento buio.
Si alzò anche lui e affiancò la ragazza.
-Sono bellissime.
Sorrise verso il moro.
Lui annuì, perché non avrebbe mai potuto negarlo.
Midori era snella, alta e con lunghi capelli color del tramonto. La pelle era chiara e metteva in risalto i suoi occhi azzurro ghiaccio e le labbra piene e rosse.
Era una bambina piena di energie, sempre in movimento.
Si voltò verso le bambine e le guardò giocare.
-Haruno-San!
Dietro di loro comparve un uomo.
Sakura si voltò di fretta, in viso un’espressione preoccupata.
-Shyog San, cosa la porta lontano dall’ospedale.
Nella sua voce c’era una nota di ammonimento.
L’uomo strinse le spalle, si inchinò velocemente e le si avvicinò.
Sasuke non sentì nulla, ma l’espressione della ragazza lo misero in allarme.
-Precedimi, arrivo.
L’uomo annuì, mandò uno strano sguardo al moro e si dileguò nel villaggio.
Sakura cercò di mettersi in volto un’espressione tranquilla e si voltò verso Sasuke.
-Potresti guardare Midori? È arrivato un paziente in ospedale che ha bisogno di me e…
Tentennò.
Uchiha strinse le palpebre e poi annuì.



   
 
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