Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: MelKaine    23/11/2013    15 recensioni
Il piccolo Harry Potter ha sei anni e non ha assolutamente idea di cosa significhi essere felice. Quando viene portato via dalla famiglia dei suoi zii la sua vita è destinata ad intrecciarsi con quella di Severus Snape, giovane maestro di Pozioni. Una storia sulla compassione e l'affetto, il cuore di tutto ciò che è amore.
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Heart of everything 23
 Disclaimers: These characters don’t belong to me. Eventual issueing gets me no profits. All rights reserved to the legitimate owner of the copyright.

Eccomi con un altro capitolo. Grazie a tutti per il bentornata nonostante tutto il tempo che ci ho messo ^^

Mel Kaine

 

 

 

 

 



The Heart of Everything

 

 

 

 23 - / Things I thought I put behind me  /


 


In quei giorni la calma apparente di Sirius vacillava pericolosamente, soprattutto verso sera. Quando il sole scompariva e l’ultima luce moriva sugli infissi delle invisibili finestre di Grimmauld Place il suo animo mutava con l’arrivo dell’oscurità.
Era come se il buio avvolgesse anche la sua anima, oltre alla sua figura emaciata.
I suoi occhi diventavano come privi di vita e la sua mente rimaneva lontana, mentre lui restava immobile per ore, affrontando in silenzio i demoni delle tenebre.
In un paio di occasioni Lupin aveva provato, da amico fedele, a salvarlo.
Ma niente di quello che poteva offrire sembrava interessare Sirius e quello sguardo morto lo inquietava più di quanto Remus gradisse ammettere.
Non sapeva cosa pensare, sentiva che le cose non si sarebbero aggiustate con la vittoria dell’imminente causa per l’affidamento del piccolo Harry, ma non sapeva come sistemarle.
Intanto aspettava nell’ombra, indeciso se recarsi da Dumbledore oppure no.




Incredibile come non ci avesse pensato molto prima.
Veramente sorprendente.
Sorprendentemente stupido, ovvio.
Perché una delle discipline più alte che era riuscito a conquistare con il sudore della sua fronte e che in ben più di un’occasione gli aveva salvato la vita non si era affacciata per prima alla sua inetta mente?

L’Occlumanzia rappresentava una speranza, una speranza vera per la vittoria.

Quella sera, si ripromise Severus, avrebbe iniziato il bambino-Potter alle prime nozioni di preparazione all’Occlumanzia, sperando così di fortificare la sua mente ed aiutarlo definitivamente ad allontanare gli incubi che lo tormentavano.
L’Occlumanzia era una pratica magica molto complessa e le sue infinite varianti e possibilità la rendevano un soggetto affascinante ed intricato anche per i maghi più esperti.
Un po’ per sete di conoscenza, un po’ per necessità Severus ne aveva appreso i più reconditi segreti e tuttora ne studiava le applicazioni e fortificava le sue barriere, giorno dopo giorno. In attesa del conflitto che inevitabilmente stava per iniziare nuovamente.
Era vero che l’Occlumanzia non era certo argomento per un bambino di sei anni, analfabeta e spaventato dalla magia, ma alcuni degli esercizi preparatori allo studio della disciplina stessa servivano a liberare la mente da tutti gli influssi, a rendere più forte la volontà e ad individuare ed eliminare ogni influenza o pensiero nocivo per il proprio equilibrio mentale.
Questo era esattamente ciò di cui il bambino-Potter aveva bisogno.
Adesso doveva soltanto scoprire perché, per l’amor del cielo, il bambino non era nel letto con lui.


 
Harry pensava che impegnarsi a scrivere sarebbe stata una bellissima idea. Dopo aver provato senza riuscire a dormire da solo, aver svegliato l’uomo-Sevreus ed essere finito di nuovo a dormire con lui dandogli un sacco di disturbo il piccolo si sentiva stupido e inutile, esattamente come gli avevano detto tante volte i suoi zii. Perché non era in grado di rendere felice il suo uomo-Sevreus? Perché faceva sempre peggio degli altri e non riusciva a fare quello che sicuramente gli altri bambini sapevano fare? Harry si vergognava molto per la notte precedente e per cercare di rimediare almeno un pochino si era alzato prestissimo e aveva già scritto diversi fogli quando l’uomo-Sevreus apparve dal corridoio.
Sembrava come aver perso qualcosa e poi, quando si guardarono, subito gli sembrò più calmo.

“Buongiorno, Harry”.

“Buongiorno, maestro” pigolò il bimbo. E se il maestro era arrabbiato? Era vero che Harry glielo aveva chiesto, ma Harry sapeva anche che spesso i grandi dicevano una cosa e poi il giorno dopo un’altra.
Improvvisamente si sentì in colpa anche per quello, perché dubitava del suo maestro? Il suo uomo-Sevreus gli aveva sempre detto la verità e non gli aveva mai mentito e adesso era molto cattivo da parte sua pensare che il maestro fosse come tutti gli altri grandi.
Non sapeva cosa dire né come far andare via quella brutta sensazione di aver pensato male del maestro-Sevreus così prese i fogli in mano per fargli vedere il suo lavoro, perché forse quella era l’unica cosa buona che aveva fatto dalla sera prima.


Snape alzò un sopracciglio.
Il bambino-Potter non era certo un bambino come gli altri, per tutta una serie di motivi, sia pubblicamente noti che non, ma certo talvolta aveva degli atteggiamenti molto particolari e non sempre era chiaro il perché delle sue azioni.
Adesso per esempio esibiva decine di fogli di esercizi e lo guardava come un carcerato in attesa della grazia.
Ma certo.
Come non comprendere.
Severus fece per sospirare, ma si fermò.
Poteva essere frainteso.
Sedette quindi sulla sua poltrona mentre ordinava la colazione per entrambi e si mise a scrutare attentamente il lavoro del bambino.
Poi sollevò lo sguardo su di lui.
Severus lesse in quegli occhi verdi ed enormi quanto un complimento fosse necessario al bambino, quasi come l’aria che respirava, ne poteva percepire l’anelante desiderio nella stretta serrata delle sue piccole labbra e nell’agitazione del suo respiro, nella forza della sua presa sui fogli e nell’incessante tensione del suo corpicino.

“Molto bene, Harry. Hai lavorato molto e sei stato bravo”.

Un sorriso radioso lo ricompensò per quel dono così raro – Severus Snape che si complimentava sinceramente con uno studente – mentre arrivava la colazione.

Con finta noncuranza Snape sedette al tavolo e iniziò la vera conversazione che andava fatta una volta espletate le formalità vitali per l’autostima del piccolo Potter.

“Naturalmente, Harry, sai bene che quello che è successo ieri notte non è stato un problema, ma un rischio calcolato, diciamo, più semplicemente, una cosa che sapevo poteva accadere. Quindi il tuo alzarti molto presto per fare i compiti, benché io lo apprezzi molto, non è certo perché ti senti di non aver fatto… bene… ieri notte, vero?”

Il bambino lo guardava perplesso. Immediatamente Snape fece per trovare altre parole con le quali spiegarsi quando Harry rispose, piegando di lato la sua testolina ancora arruffata.

“Harry… ha fatto bene ieri sera?”

Severus posò lentamente sul tavolo la sua tazza di tè.

Non rimpiangeva di aver utilizzato una sintassi non immediatamente comprensibile nel formulare la sua precedente frase. Il bambino andava stimolato nell’acquisizione di nuovi vocaboli e di concetti via via più complessi o non sarebbe mai migliorato.
Naturalmente adesso aveva frainteso, ma non per niente Severus era un insegnante, un insegnante occasionalmente dotato di grande pazienza.
Almeno nel momento giusto, con lo studente adatto e nella propria personalissima visione.

“Intendevo dire, Harry, che quello che è successo ieri notte è perfettamente normale. Sapevamo, sia io che tu, che non eri pronto, dico bene?”

“Sì, signore”.

Severus  ignorò la forma della risposta, proseguendo.
“Quindi era facile aspettarsi che avresti avuto altri incubi. Bisogna lasciar passare ancora del tempo, non eri pronto e non dovevo lasciarti fare quel tentativo, è colpa mia, Harry”.

Il bambino Potter si agitò improvvisamente.
“No, signore, non è colpa del signore, è colpa di Harry, il signore… il maestro non ha fatto niente, maestro. Harry non è bravo abbastanza, ma…”

Snape interruppe quel fiume di parole, in terza persona oltretutto.

“No, Harry. Io sono la persona che si occupa di te ed io dovevo sapere cos’era meglio fare, dovevo fermarti e … non farti soffrire”.

“Perché è questo che devono fare i grandi, sign… maestro?”

“Sì, Harry, anche se spesso non riesce loro così bene” un tono amaro che sperò il bambino non cogliesse. Severus Snape era certamente un uomo che sapeva alla perfezione in quanti e quali modi un grande poteva fallire.

Il bambino lo guardò un attimo, poi disse seriamente.
“Sì, signore, ”.

Al di là dell’uso della solita, ingranata risposta improvvisamente sembrò molto più maturo della sua età, ma Severus non se ne stupì. In qualche modo erano simili, soli e spezzati, abbandonati in balia di una tempesta che li aveva quasi distrutti e lasciati senza più sogni e adesso lui era per il figlio di Lily ciò che Dumbledore era stato per lui, anche se un pensiero si affacciò alla sua mente, potente come la marea.

“Io farò meglio di lui…”

Subito dopo scacciò l’irritante sensazione di inadeguatezza che lo aveva colto e riprese la sua tazza, proseguendo nella conversazione.

“Comunque non devi preoccuparti, da questa sera, se lo desideri, possiamo iniziare delle lezioni speciali”.

Incredibile come lo sguardo rapito del bambino-Potter lo riempisse d’orgoglio. L’amore incondizionato per la conoscenza e la curiosità erano state le prime cose che aveva condiviso con Lily ed era dolce ricordarle e ritrovarle in suo figlio. Era come se, dopotutto,  lei non fosse mai andata via…

Di nuovo soffocò i propri pensieri, le proprie forti emozioni, schiarendosi la voce in un sorso di tè nero.

“Sì, Harry. Delle lezioni speciali per imparare a tenere lontani i brutti sogni e i brutti pensieri. Non sarà come imparare l’alfabeto, ma sono sicuro che riuscirai”.

Entusiasta il bambino-Potter annuì, poi come ricordandosi improvvisamente dell’educazione ricevuta rispose tutto compito.
“Sì, maestro, grazie maestro”.

“Molto bene, adesso mangia. Più tardi ne parleremo di nuovo”.

La giornata trascorse senza alcuna novità, così come piaceva a Snape. L’esistenza gli aveva ormai insegnato che le sorprese a lui destinate non erano mai piacevoli e che un giorno monotono era preferibile ad uno di inseguimenti, omicidi, rapimenti e pericoli potenzialmente – o sicuramente – mortali.
La sera arrivò adagio, i giorni lentamente si allungavano anche se attraverso le spesse mura di pietra non se ne aveva mai una percezione reale. Presto sarebbe arrivato il periodo più freddo dell’anno e fortunatamente, a parte un piccolo, come al solito immodesto, regalo da parte di Albus e Minerva, il suo compleanno era passato del tutto inosservato.

Quella sera si ritrovò quindi nel letto con il suo più attento ed estasiato studente.
Il bambino-Potter attendeva quietamente, ma si poteva leggere l’eccitazione per quella novità promessa in ogni fibra del suo corpo e del suo atteggiamento.

Senza indugiare oltre Severus si dispose ad impartirgli la prima lezione.

“Questa sera, prima di lasciarti provare, ti spiegherò cosa faremo. La disciplina, cioè la materia della quale parleremo, si chiama Occlumanzia. Questa parola deriva dal latino, una lingua antica molto diffusa in Europa molto tempo fa, e vuol dire  ‘chiudere la mente’. Quello che faremo è solo una piccola parte dello studio di questa pratica, perché il suo apprendimento completo richiede moltissimo tempo e un’ottima conoscenza della magia e tu Harry non hai ancora nemmeno la tua bacchetta”.

Il piccolo Harry sussultò senza poterci fare niente.
Avrebbe avuto anche lui una bacchetta? Come tutti quei personaggi meravigliosi che qualche volta era riuscito a sbirciare di nascosto durante le sue faccende quando Dudley guardava la tv? Proprio come la bacchetta del maestro? Sì, il maestro l’aveva detto, allora sarebbe successo questo ormai era sicuro.

Per impedire al bambino di perdere la concentrazione della quale avrebbe presto avuto bisogno Severus proseguì nella sua introduzione.
“Non solo non sarà niente di difficile, ma se eseguito correttamente ti permetterà di allontanare gli incubi che non ti lasciano dormire. E’ importante concentrarsi, cioè prestare tutta la propria attenzione a quello che ti dirò di fare. Pensi di voler provare, Harry?”

Il bambino non rispose subito, era positivo sapere che comprendeva l’importanza di decidere senza lasciarsi immediatamente travolgere dal bisogno di compiacere il suo interlocutore.

Finalmente Harry lo guardò e c’era adorazione nel suo sguardo, sì, lo sapeva, ma sotto tutto quel bene che Severus aveva ottenuto senza dare quasi niente c’era qualcosa che per la prima volta rendeva palpabile la speranza di insegnare al bambino quello che tutti avevano e avrebbero cercato di portargli via.
La consapevolezza di poter decidere.

“Sì, maestro. Voglio provare”.

A distanza di anni Snape avrebbe ripensato a quel momento come il punto di rottura che avevano così affannosamente cercato. Quell’istante aveva rappresentato il culmine dei loro sforzi congiunti, la prova inconfutabile che c’era la possibilità di cancellare il passato e di vincere i propri, crudeli, mostri.
Sì, più dell’Occlumanzia stessa quell’attimo rappresentò un incantesimo racchiuso nel tempo che finalmente restituiva a quel piccolo essere vivente la sua dignità.

“Molto bene, Harry. Iniziamo”.




Le strade per le quali camminava erano oscure e ogni ombra fra due lampioni celava presagi ai quali lui non voleva più pensare. L’agonia della scelta fra la fiducia che provava e l’istinto che lo mordeva alla gola era dilaniante. Desiderava avere pace da quell’incessante risacca di dubbi che a volte allagava la sua mente per poi lasciarla, la volta dopo, in secca.
Una cosa sola gli appariva chiara. Nei momenti lieti, come in quelli tristi aveva sempre affidato se stesso alle parole e adesso ne aveva bisogno. Avrebbe ascoltato il proprio bisogno, ma comunque una decisione definitiva non era necessaria quella notte stessa, perché la luna, ormai, si era fatta piena.




“Respira lentamente, Harry. Lascia uscire il nero dei pensieri ed entrare la luce chiara e pulita”.
La voce bassa e profonda di Severus riempiva la stanza assieme alla tenue luminosità di qualche candela. Il silenzio era ovunque e aiutava il bambino a rilassarsi. Naturalmente non lo avrebbe confessato mai, ma il maestro di Pozioni era realmente orgoglioso dei progressi ottenuti. Considerata l’età e la fisiologica, brevissima durata della soglia dell’attenzione nei bambini piccoli Harry rappresentava quasi una miracolosa eccezione.
Il suo incredibile  bambino-Potter.
Dentro di sé quasi sorrise, come spesso faceva in quei giorni.

“Concentrati sul tuo corpo, adesso, senti bene dove appoggia? È rilassato. Il tuo respiro è lento, profondo, risale verso la luce, verso la calma. I pensieri diventano quello che vuoi, puoi cancellarli o tenerli con te, scegliere quali preferisci e respirare. Lentamente”.

Il piccolo Harry faceva quello che il maestro gli insegnava e sapeva di saperlo fare. Era una sensazione così forte e bella essere capaci. Lo rendeva orgoglioso di se stesso davanti al suo maestro-Sevreus e poi quelle lezioni gli piacevano veramente.
Oh, era sempre stato bravo ad immaginare cose… aveva avuto tantissimo tempo, notti e notti in cantina, nel sottoscala, in giardino, nel buio, da solo, con l’unica compagnia di quelle storie che inventava nella sua testa, ma non aveva mai pensato che ‘concentrarsi’, come diceva il maestro, lo avrebbe aiutato così tanto. Il giorno prima si era addirittura addormentato da solo sulla poltrona del maestro mentre lui era a insegnare e non aveva avuto nessun brutto sogno. Tutte le sere il maestro si prendeva del tempo per spiegare ad Harry come cancellare i cattivi ricordi e ad Harry piaceva tanto perché sapeva anche che il maestro era contento di lui, lo vedeva nei suoi occhi neri e tutto era… perfetto.


La voce di Snape riprese a scorrere lenta, vellutata.
“Questa sera, imparerai una cosa nuova. Creerai il tuo spazio mentale, un luogo speciale che da oggi sarà tuo per sempre, che potrai ritrovare nei tuoi pensieri tutte le volte che ne avrai bisogno. Un posto dove mai niente di brutto potrà toccarti. Lo potrai raggiungere in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo sulla Terra, semplicemente chiudendo gli occhi e concentrandoti. E’ un posto che ti rende sicuro, che ti dà conforto e nel quale ti senti protetto. Un posto nei tuoi pensieri che puoi vedere nella mente, dove puoi fare qualsiasi cosa ed essere… felice. Adesso smetterò di parlare, ma non devi aprire gli occhi. Continua ad immaginare fino a che non avrai ben chiaro ogni particolare del tuo luogo speciale, prendi tutto il tempo che ti serve per crearlo e quando avrai finito aprirai gli occhi”.

Così Snape tacque e cercando di muoversi il meno possibile si stese a sua volta accanto al bambino-Potter, in attesa di vederlo riaprire gli occhi.
Harry era davvero un discepolo eccellente e anche se Severus sapeva perfettamente che buona parte di quello che gli spiegava non era chiara per il bambino, il figlio di Lily seguiva alla lettera i suoi insegnamenti e stava già traendo i primi benefici.
Naturalmente Snape non aveva nessuna certezza dei risultati, non poteva sapere se l’effetto di quelle tecniche così superficiali sarebbe stato duraturo o meno, ma aveva tutta l’intenzione di sperimentarlo prima di ripetere un’altra notte come quella passata da poco.
Mentre rifletteva su questo il tempo era scorso veloce, quando si volse per verificare i progressi del bambino si rese conto che Harry non avrebbe affatto riaperto gli occhi, non per quella sera almeno.
Si era addormentato profondamente, alla ricerca del suo luogo speciale ed aveva un’espressione così serena sul piccolo viso che Severus fu certo che l’avesse davvero trovato.




Remus passeggiava nervosamente costeggiando il lago. Il vento soffiava a tratti, gelando le sue mani anche attraverso il tessuto sdrucito delle tasche nelle quali erano infilate. Quell’attesa non ci voleva. Il suo animo era ancora incerto e aspettare lo riempiva di dubbi. Il suo era da considerarsi un tradimento o un segno di matura amicizia? Lo faceva per dovere o per dimostrare a Sirius di avere, una volta di più, ragione? Detestava interrogarsi, ma Dumbledore non lo aveva potuto ricevere. Un colloquio con alcuni membri del Ministero. Segni di attività di Mangiamorte ad ovest. L’Ordine naturalmente sapeva già tutto, ma il Ministro cercava conferme dell’assoluta ignoranza circa quegli avvenimenti da parte di Albus. Insomma un gioco di potere fra burattinai. Niente d’insolito, ma terribilmente fastidioso, soprattutto con quel freddo e quella terribile esitazione. La sua mente era alla ricerca di una distrazione qualsiasi quando il suo finissimo udito lo spinse ad avventurarsi verso la capanna di Hagrid. Sentiva dei rumori provenire da lì vicino e nella peggiore delle ipotesi persino le sospettose ‘annusate’ di Fang sarebbero state ben accolte.
Così avanzò lentamente, ma appena scostate delle frasche fradice di neve si fermò, come pietrificato.
Severus Snape ed il piccolo Harry Potter erano lì, a qualche decina di metri da lui.
Ecco qui, come in un quadro dipinto davanti ai suoi occhi, tutti i suoi problemi.
Il bambino e Snape.

Rimase immobile, senza voler restare nell’ombra a spiarli, ma senza riuscire a ritrarsi, sommerso com’era da tutti i pensieri che aveva tentato di tenere lontano fino a quel momento.
I movimenti del piccolo lo distrassero e Remus lo guardò correre un po’ più avanti per poi voltarsi indietro.
Il suo piccolo viso era luminoso di gioia, le guance bianche e rosse per il freddo, la sciarpa ben avvolta attorno al collo e alle spalle.
I suoi occhi verdi brillavano come il sole sulla neve, i suoi capelli erano stati arruffati dal vento.
“Maestro Sevreus, Maestro Sevreus, guarda, là è dove ‘vige’ Hagrid”.
Ed il silenzio dopo quell’affermazione fu rotto da un suono che Remus poteva giurare sulla sua testa, su quella di tutta la sua intera famiglia e su quella di Merlino stesso di non aver mai sentito prima in vita sua.

La risata di Severus.

Non aveva certo il tono di chi era abituato a ridere ed era bassa e pacata, ma era reale, genuina.
Una risata vera, che gli tirava le labbra in modo diverso dai soliti sorrisetti sprezzanti e dai ghigni di disgusto. Un qualcosa che nessuno, nessuno mai aveva strappato all’austero insegnante di Pozioni di Hogwarts, Remus ci si sarebbe giocato la vita.

L’aveva vista e sentita, eppure sapeva già che non l’avrebbe mai potuta raccontare.
Nessuno gli avrebbe creduto.

Di nuovo la sua sconcertante sorpresa fu interrotta dalle loro voci.
Snape stava raggiungendo il bambino.

“Harry, Hagrid non ‘vige’, non è una regola, tutt’al più ‘vive’, ‘abita’ in quella capanna dal gusto… discutibile”.

Il bambino lo guardava adesso e Snape colse qualcosa che Remus non aveva affatto intuito.
“Sai cosa vuol dire ‘discutibile’?”

“No, Maestro”.

“Discutibile è qualcosa sul quale si avrebbe molto da parlare, ma che spesso viene definito così proprio perché non se ne vuol parlare dato che non ci piace”.

Remus vide Harry annuire, pensieroso.
Snape interruppe entrambe le loro riflessioni.

“Vieni, vediamo se Hagrid può salutarti”.

E così dicendo, con estrema naturalezza, scostò la propria mano dalla lunga veste nera e subito Harry la prese.
Anche dopo che furono spariti dalla sua vista Remus rimase immobile. Molto tempo dopo si ritirò nuovamente sulle rive del lago e quando un elfo apparve per informarlo che Albus lo poteva ricevere Remus non avrebbe affatto saputo dire quanto tempo era passato.



L’anziano mago spostò il piatto con le sue caramelle preferite verso il suo ospite. Bevve un altro sorso di tè mentre attendeva di conoscere il motivo di quella visita, almeno in parte, inattesa. Albus sapeva che Remus non era accecato dalla rabbia e dal risentimento come Sirius, aveva letto domande nei suoi occhi durante la riunione sul futuro del figlio di Lily e James. Forse quegli stessi interrogativi ai quali non avrebbe mai potuto dare risposta da solo l’avevano spinto a venire da lui ed Albus era immensamente lieto di quell’opportunità che finalmente gli permetteva, per così dire, di volgere a suo favore – e a favore di Severus – le circostanze.

Quello che successe negli attimi successivi, però, lo colse alla sprovvista come tutti i comuni mortali.

La statua di pietra a guardia del suo ufficio ruotò su se stessa e Sirius apparve, muovendosi lentamente, ma con ferocia, verso di loro.
“Non voglio sapere cosa pensavi di fare venendo qui, Remus, ma ogni altra parola o macchinazione è inutile. Ho qui il foglio di affidamento preventivo, Albus. Manda un elfo a prendere il bambino”.











Continua…

 

 

 

 

Nota grammaticale: per mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
 

   

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MelKaine