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Autore: ValeryJackson    25/11/2013    10 recensioni
Skyler aveva sempre avuto tre certezze nella vita.
La prima: sua madre era morta in un incidente quando lei aveva solo sette anni e suo padre non si era mai fatto vivo.
La seconda: se non vuoi avere problemi con gli altri ragazzi, ignorali. Loro ignoreranno te.
La terza: il fuoco è un elemento pericoloso.
Tre certezze, tutte irrimediabilmente distrutte dall'arrivo di quel ragazzo con gli occhi verdi.
Skyler scopre così di essere una mezzosangue, e viene scortata al Campo. Lì, dopo un inizio burrascoso, si sente sé stessa, protetta, e conosce tre ragazzi, che finiranno per diventare i suoi migliori amici. Ma, si sa, la felicità non dura in eterno. E quando sul Campo incombe una pericolosa malattia, Skyler e i suoi amici sembrano essere gli unici a poterlo salvare.
Una storia d'amore, amicizia, dolore, azione, dove per ottenere ciò che vuoi sei costretto a combattere, a lottare, e ad andare incontro alle tue peggiori paure.
Ma sei davvero disposto a guardare in faccia ciò che più ti spaventa?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Angolo Scrittrice
Ahah ciaoo! Sorpresi di vedermi qui? ;D Beh, prima di inziare, volevo dirvi due cose. Uno: vorrei ringraziare tutte i miei Valery's Angels (eh si, da oggi c'è anche un ragazzo ;D) che, con i loro bellissimi commenti e tutto il loro supporto mi motivano ogni giorno di più. Grazie, grazie, grazie. Per sdebitarmi, dato che non ho altro modo, voglio dedicarvi questo capitolo, tutto per voi ^^
Secondo: non mi odiate. Poi capirete perchè vi sto dicendo questo, ma non mi odiate. Ho i miei buoni motivi ^^
Detto questo, buona lettura a tutti!
Bacii ;*


 
Era una mattina abbastanza soleggiata sulle coste di Long Island.
Le attività, al Campo, si svolgevano come sempre, monotone e regolari. Eccetto per Skyler.
Quella mattina, tutta trafelata e con i capelli scompigliati, si era presentata alla casa Nove una figlia di Demetra. La ragazza sembrava abbastanza preoccupata, e in semplici e rapide parole aveva spiegato ai figli di Efesto il suo problema.
Il tosaerba del campo era esploso, spargendo detriti, fango e erbacce secche dappertutto.
Ripulire non era un problema, ci avrebbero pensato loro insieme alle ninfe. Il punto è che avevano bisogno del tosaerba per poter estirpare le erbacce e rendere il campo quantomeno presentabile per il solstizio d’estate, che sarebbe stato a breve.
Lì per lì, i figli di Efesto le stavano ridendo in faccia, poi però si erano trattenuti, avevano soffocato tutti un sorriso, e infine Leo aveva chiesto a Skyler di occuparsene.
Skyler, all’inizio, era sembrata riluttante. Ma poi quella povera figlia di Demetra le aveva fatto, onestamente, un po’ pena, e così aveva acconsentito, seguendola fuori dalla fucina.
Per tutto il tragitto che le separava dal tosaerba incriminato, la ragazza non aveva fatto altro che parlare, lamentandosi del fatto che ora dovevano ricominciare tutto da capo e esponendo la sua ipotesi secondo la quale era tutta opera dei fratelli Stoll. Dopo un po’, Skyler aveva smesso di ascoltarla.
Aveva rivolto i pensieri da tutt’altra parte, ed era tornata sulla terra solo quando si era ritrovata il tosaerba mezzo rotto sotto il naso.
A quel punto, aveva chiesto alla ragazza di lasciarla sola, aveva esaminato la situazione, si era legata i capelli nella sua immancabile coda di cavallo e, dopo aver estratto un cacciavite dalla sua cintura degli attrezzi, si era messa a lavoro.
Ormai era da quasi mezz’ora che ci lavorava, ed era così concentrata da non accorgersi neanche che qualcuno, alle sua spalle, l’osservava.
John era arrivato lì quasi in contemporanea con la ragazza. Si stava dirigendo sovrappensiero verso il campo da basket, quando una chioma dalle striature rosse aveva attirato la sua attenzione. Quando aveva capito che si trattava di Skyler, non aveva smesso un attimo di guardarla.
L’aveva osservata mentre si piegava sul tosaerba, aveva ammirato la maestria con la quale si era legata i capelli, aveva studiato la curva sinuosa del suo collo, e aveva sorriso, quando lei, con uno sbuffo, si era scansata una ciocca di capelli dagli occhi.
Era bella anche vestita da meccanico, pensò, per poi mordersi la lingua.
Rimase lì a contemplarla per qualche altro minuto, poi capì di doverle parlare quando la sentì imprecare sottovoce per via di un filo bruciacchiato.
Si fece coraggio, prese un bel respiro e si avvicinò. << Ehi >> esclamò, sfoderando il suo miglior sorriso.
Skyler si voltò quel tanto che bastava per potergli sorridere. << Ehi >> disse, la voce schiacciata dallo sforzo di girare un bullone.
<< Ti serve una mano?>> chiese John.
<< No, no, ce la faccio >> ribatté prontamente lei, sforzandosi di sorridere.
John la osservò un attimo in silenzio, poi sospirò. << Allora… >> cominciò, tanto per dire qualcosa. << Come va?>>
Skyler si arrestò e lo guardò, un sopracciglio inarcato. << Da quant’è che non ci vediamo, John?>>
Lui corrucciò le sopracciglia, confuso. << Da ieri sera al falò, credo…>>
Skyler rise. << Beh, allora credo proprio che non sia cambiato niente da ieri sera.>>
A quel punto, John si sentì avvampare. Skyler rise un’altra volta, prima di rivolgere di nuovo l’attenzione al suo tosaerba.
Era così bella. I capelli erano raccolti perfettamente, lasciandole scoperto il bellissimo viso, ma alcune ciocche ribelli sfuggivano al nastro, e le ricadevano in avanti sfiorandole le guance. John era come estasiato da quella visione. Da come le sue guance fossero imporporate dallo sforzo, da come il suo naso si arricciasse ogni volta che si rendeva conto che qualcosa non andava, da come il suo corpo fosse sinuoso e fluido nei movimenti, da come si mordesse il labbro inferiore pensierosa, e da come le sue labbra, appunto, sembrassero così morbide…
John arrossì violentemente per quel pensiero assurdo, come se lei avesse potuto in qualche modo sentirlo.
Ma che cosa mi sta succedendo?, si rimproverò. È solo Skyler…
Già, era proprio questo il punto. Era Skyler. Negli ultimi giorni non aveva fatto altro che pensare a lei. A quanto fosse bella, a quanto fosse dolce. Alla sua risata e alle piccole striature dorate che addolcivano i suoi occhi, rendendoli bellissimi.
Ogni mattina si svegliava con le farfalle nello stomaco al solo pensiero di vederla, di parlarle, di scherzare con lei. Gli sarebbe bastato guardarla per sentir crollare le ginocchia.
Era strano, è vero, eppure si, era così. E più volte si era scoperto a chiedersi se anche lei provasse le stesse cose o se fosse tutto frutto della sua immaginazione.
Prima che potesse pentirsene, decise di dire qualcosa. << Skyler, posso farti una domanda?>>
<< Mh >> fu la risposta di Skyler, che nella sua lingua significava: ‘si, certo, in questo momento sono impegnata ad aggiustare un tosaerba per dei fanatici col pollice verde, ma andiamo, spara’.
John prese un bel respiro e aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto da alcuni risolini. Si voltò, curioso, per vedere da dove provenissero, e si accorse che alcune figlie di Afrodite stavano confabulando maliziosamente fra di loro, volgendo più volte lo sguardo verso una coppia di ragazzi seduti su una panchina.
Anche Skyler alzò lo sguardo e sorrise. << Bella coppia, vero?>>
John aggrottò la fronte. << Ma di chi parli?>>
<< Di loro.>> Indicò i ragazzi sulla panchina con un cenno del capo. << Non vedi come stanno bene insieme?>>
John li osservò. Erano seduti sulla stessa panchina, è vero, ma esattamente ai due lati opposti. Non si parlavano, non si guardavano, lei leggeva un libro mentre lui era impegnato a limare la sua spada. A vederli così, sembravano due perfetti estranei che si erano trovati sulla stessa panchina per caso.
<< Ma se non si parlano nemmeno >> rispose, confuso.
<< Appunto. Sono fatti così.>>
John sembrava non capire. << In che senso?>>
Skyler fece spallucce. << Scappano.>>
<< Scappano?>>
<< Si, scappano. Scappano da tutto. Da tutto quello che può fargli del male.>>
<< Credo di non capire…>>
Skyler alzò gli occhi al cielo. << Guardali >> intimò. << Ogni tanto si incrociano sguardi, sorrisi, molte volte senza neanche farlo apposta. Poi, quando uno si avvicina, l’altro si allontana.>>
John li osservò un attimo, in silenzio, e dopo un po’ si rese conto che la sua amica aveva ragione. << Ma perché non si parlano?>>
<< Perché non possono. Litigano. Loro si odiano.>> Quando non ci fu risposta da parte di John, Skyler sorrise. << Strano, vero? Scappano da loro stessi. Scappano pur sapendo che insieme si completano. Scappano perché non possono fare altro che sbagliare, finché non si perdono. Ma poi capiscono quanto l’uno completi l’altro e tornano punto e a capo.>>
John inarcò un sopracciglio. << Non capisco il senso di tutto questo.>>
Skyler rise. << Sei un ragazzo, non puoi capire.>> Poi, notando la sua finta faccia indignata, rise ancora di più. Gli diede un leggero pugno sul braccio e tornò al suo lavoro. Dopo un po’, parve ricordarsi di una cosa. Corrucciò le sopracciglia. << Ma tu non volevi farmi una domanda?>>
John  si sentì avvampare. Sgranò gli occhi e, preso alla sprovvista, iniziò a balbettare. << Oh, ecco, io… ehm… beh, il fatto è che… non so bene come spiegarmi.>>
Skyler fece un mezzo sorriso. << Provaci.>>
<< Ok, ehm… ok.>> John si grattò la nuca, imbarazzato. << Se ci fossero due amici. Due ragazzi, molto uniti, che condividono praticamente tutto e stanno sempre insieme. Ecco, poi… poi, ad un certo punto, uno dei due si ferma un attimo, a pensare, e si rende conto che in realtà la ragazza che ha accanto per lui non è una semplice amica, ma forse qualcosa di più. E sente le farfalle nello stomaco ogni volta che la vede, e pensa sempre a lei. Ecco, a quel punto, come fa il ragazzo a capire se la ragazza prova lo stesso?>>
Skyler ci pensò un attimo, aggrottando la fronte. << Beh, non lo so… Può provare a chiederglielo. Se la invita ad uscire e lei accetta senza esitare, vuol dire che non aspettava altro.>>
<< Mh.>> John annuì, ragionando sulle sue parole. Poi corrucciò le sopracciglia e prese un bel respiro. << Senti… >> cominciò, entrambe le mani nascoste nelle tasche dei jeans. << Hai da fare stasera?>>
Gli occhi di Skyler sembrarono illuminarsi più del sole che picchiava sulle loro teste. O forse se l’era solo immaginato. La ragazza fece un mezzo sorriso. << No >> rispose. << Perché, avevi in mente qualcosa?>>
<< No, io… no… cioè, si… insomma… pensavo che… che magari potremmo uscire. Io e te. Da soli.>> Si passò una mano fra i capelli, a disagio. << Ma se non ti va non fa niente. Lo capisco. Si, insomma, io…>>
<< Ok >> lo interruppe Skyler.
<< Come?>>
<< Va bene. Mi farebbe piacere uscire con te.>> Sorrise, raggiante. << Ci vediamo stasera.>>
<< Davvero? Cioè, si. Si, ok. Allora, ehm, a… a stasera. Passo a prenderti a…>>
<< Alle sette >> gli suggerì lei.
<< Alle sette.>> John annuì. << Perfetto. Si, si, perfetto.>> Sembrava un po’ confuso, come se la risposta immediata di Skyler lo avesse colto di sorpresa. << Allora a… a stasera.>> Dall’intonazione della sua voce, sembrava più una domanda.
Skyler sorrise. << A stasera.>>
A quel punto, il ragazzo parve rilassarsi. Fece mente locale, e si lasciò sfuggire un sorriso splendido e smagliante. Fece per andarsene, ma poi una domanda gli sorse spontanea. << Skyler?>> chiamò, al che la ragazza si voltò. Lui esitò un attimo.
<< Questo è un appuntamento?>>
La ragazza trattenne a stento un sorriso. Scrollò le spalle. << Non lo so. Vedremo.>> Lo guardò un attimo negli occhi.
<< Sorprendimi.>>
Si voltò di nuovo verso il tosaerba e si rimise a lavorare, lasciando lì un John un po’ interdetto. Poi, il ragazzo sorrise, soddisfatto e anche un po’ divertito dalla sfida che la ragazza gli aveva lanciato.
Si voltò e si diresse verso il campo da basket, stringendo un pugno a mezz’aria in segno di vittoria, ed era così perso nei suoi pensieri da non rendersi neanche conto che Skyler, alle sue spalle, stava esultando.
 
Ω Ω Ω
 
Michael era letteralmente saltato giù dal letto, quella mattina.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte, per via di un unico pensiero che gli ronzava nella testa da una settimana a quella parte.
Skyler…
Non pensava ad altro. Ai suoi capelli, ai suoi occhi, al suo sorriso. Ormai gli sembrava quasi di averla sempre di fronte, anche quando lei era dall’altra parte del campo.
Era stato alla casa di Efesto, poco prima, sperando di trovarla, ma i suo fratelli gli avevano detto che stava riparando il tosaerba dei figli di Demetra.
A quel punto non aveva perso un attimo. Si era precipitato fuori dalla capanna numero Nove ed era corso verso la numero Quattro, con il cuore che batteva a mille.
Non poteva più aspettare. Era da troppo tempo, ormai, che ci pensava, e vivere con l’interrogativo se anche lei provasse lo stesso oppure se fosse tutto un'illusione era straziante.
Non sapeva chi gli aveva iniettato questa dose di coraggio. Sapeva solo che l’adrenalina gli pompava nelle vene, e la sua iperattività gli impediva, in quel momento, di arrestare la sua corsa e chiedersi se davvero fosse la cosa più giusta da fare.
Si stava proprio domandando cosa le avrebbe detto quando sarebbe arrivato lì, quando qualcuno entrò nel suo campo visivo.
<< Michael!>> esclamò John, costringendolo a fermarsi.
<< Non adesso, John >> lo ammonì lui, con il fiato corto. Fece per andarsene, ma John gli posò una mano sul petto e gli impedì di correre via. Di correre da lei.
<< No, aspetta >> implorò il biondo. << Ho bisogno del tuo aiuto.>>
<< Ti aiuto dopo, ok?>> Michael temeva che ogni secondo speso per parlare con l’amico permettessero a Skyler di finire il lavoro che stava facendo e di andare da un’altra parte. << Ora ho una cosa urgente da fare.>>
<< Per favore, è importante!>> esclamò John. << Ho bisogno del tuo aiuto ora più che mai.>>
Michael si morse il labbro e prese un bel respiro. Guardò l’amico negli occhi e poi alzò i suoi al cielo, sbuffando. << Va bene. Spara.>>
<< Ok, ehm… >> John si sforzò di trovare le parole giuste per cominciare. << Tu sei il mio migliore amico, giusto?>>
<< Giusto.>>
<< Quindi in ogni caso saresti sempre dalla mia parte e non mi tradiresti mai, vero?>>
Michael non riusciva a capire cosa c’entrasse questo con il problema di John, ma confermò lo stesso.
Il biondo annuì. << Bene. Quindi se ti dicessi che mi sono innamorato di una ragazza, una ragazza impensabile e fuori dal comune, e se poi ti dicessi che l’ho invitata per un appuntamento romantico e lei ha accettato, e che me la sto facendo sotto, tu mi sosterresti, no?>>
Michael corrucciò le sopracciglia, e squadrò il volto dell’amico, con un mezzo sorriso. << John, ti senti bene?>>
<< Si. Certo, sto bene. Me la sto solo facendo sotto, te l’ho detto.>>
A quel punto, Michael trattenne a stento una risata. Lo guardò, divertito. << Per una ragazza? Chi è, Medusa, forse?>>
John si morse un labbro, indeciso se dirglielo o meno. Poi si fece coraggio. << No... >> rispose. << È Skyler.>>
La risata di Michael si interruppe bruscamente. Guardò l’amico, con gli occhi sgranati, sperando che quello fosse solo uno stupido scherzo, ma quando riconobbe l’espressione seria sul suo volto capì che forse non stava mentendo. << S… Skyler?>> balbettò. Si sentiva la gola secca. John annuì, e lui ebbe la sensazione di essere stato appena preso a schiaffi in faccia.
Notando il suo lungo silenzio, John sospirò. << Senti, lo so che ti sembra strano, e che Skyler è la nostra migliore amica, eccetera eccetera, ma… >> Guardò il moro negli occhi ora blu, e notò la sua faccia sconvolta. << Oh, per gli dei, Michael! Avevi detto che saresti stato dalla mia parte!>>
Il ragazzo deglutì, cosa che si rivelò più difficile del previsto. Guardò John e si sforzò di riprendere in mano la situazione.
<< S... si >> farfugliò. << Si è vero.>> Era scioccato. Il suo sangue era diventato così gelido che se ora qualcuno l’avesse pugnalato con un coltello affilato dal suo corpo non sarebbe uscita una goccia di sangue. Dopo un po’, corrucciò le sopracciglia. << Ma io che centro, scusa?>>
John sembrò esitare, poi parlò. << Ho bisogno di consigli. Devi aiutarmi ad organizzare l’appuntamento.>>
Michael strabuzzò gli occhi. << Io?>>
<< Si. Io… io non sono pratico con queste cose. Non sono mai uscito con una ragazza.>>
<< Ma se hai avuto migliaia di appuntamenti!>>
<< Si, ma non così. Non con queste farfalle nello stomaco. Io… io non so come comportarmi quando c’è Skyler. Lei è diversa da tutte le altre, capisci. È diversa da tutte le ragazze che ho incontrato. Lei è bellissima, è fantastica, è speciale. E voglio che anche il nostro appuntamento lo sia.>> Il suo tono, ora era implorante. << Ti prego, ho bisogno di te. Aiutami ad organizzare l’appuntamento perfetto.>> Notando la smorfia dell’amico, giunse le mani e sporse il labbro inferiore, in una posa da cucciolo bastonato. << Ti prego… >> supplicò. << Se non vuoi farlo per me almeno fallo per Skyler.>>
Forse John non lo sapeva, ma aveva appena toccato un tasto dolente per Michael. Davanti alle suppliche dell’amico e alla cruda realtà, capì che tutto ciò che poteva fare era rassegnarsi, e fare ciò che era più giusto. Fece roteare gli occhi.
<< Va bene >> mormorò. Il biondo esultò, contento, e per un attimo Michael sperò davvero che non gli si sarebbe ritorto tutto contro.
<< Prepara carta e penna.>>
 
Ω Ω Ω
 
Organizzare un appuntamento era molto più difficile di quanto Michael avesse immaginato.
Soprattutto perché non era lui a doverci andare.
<< … Allora poi vai dai satiri e gli chiedi aiuto per preparare i panini. Avviserò le ninfe del vostro arrivo. Sarà molto romantico, e Skyler adora l’acqua >> stava spiegando il figlio di Poseidone.
Presero entrambi appunti su dei taccuini. Alla fine, dopo una serie di discussioni e di idee strambe, avevano optato per un romantico pic-nic sul lago. L’idea era venuta da Michael, e John ne era stato subito entusiasta.
<< E poi?>> chiese infatti il biondo, continuando a prendere appunti. << Quando arriviamo lì che facciamo?>>
<< Aspettate.>> Michael pensò. << Chiederò alle ninfe di preparare uno spettacolino per voi. Intanto, però, parlale.>>
<< E che le dico?>>
<< Ehm, non lo so…>> Lo sguardo di Michael si perse nel vuoto. << Dille che ami il suo sorriso. Che è bellissima quando corruccia le sopracciglia e arriccia il naso. Che ti fa impazzire la sua risata, quando stringe gli occhi e si tiene la pancia. Che trovi fantastico il modo in cui si lega i capelli per concentrarsi o per costruire qualcosa…>>
<< Davvero?>> John sorrise. << Questa non la sapevo.>> Scrisse anche l’ultima nota sul suo taccuino. Poi, aggrottò la fronte. << Ma tu come sai tutte queste cose?>>
Michael arrossì violentemente, ma sperò che l’amico non lo notasse. << Oh, beh, io... >> balbettò. << Osservo. Mi piace tentare di capire la gente.>>
<< Ah >> mormorò John, scettico. Poi scrollò le spalle e riportò l’attenzione sull’appuntamento. << Comunque, che ne pensi se le preparassi una crostata di fragole?>>
<< Amarene >> lo corresse bruscamente Michael. Poi si rese conto di ciò che aveva appena detto e aggiunse. << La crostata preferita di Skyler è quella di amarene.>>
John annuì, pensieroso. Poi rivolse all’amico un sorriso sincero. << Grazie Michael.>>
Il figlio di Poseidone si sforzò di ricambiare il sorriso, abbassando lo sguardo. << Non devi ringraziarmi >> disse, scuotendo leggermente la testa. Poi gli fece l’occhiolino. << L’appuntamento non è ancora iniziato.>>
John rise, coinvolgendo anche Michael.
Dopo circa un’altra mezz’ora di suggerimenti, consigli e battute, il taccuino di John era completamente pieno, e non c’era neanche uno spazio bianco per disegnarci un piccolo fulmine.
Il biondo sorrise, soddisfatto. << Ecco fatto. Abbiamo finito, no?>>
Michael annuì, sospirando. << Si >> esclamò, alzandosi in piedi. Alzò lo sguardo e scrutò ad occhi socchiusi il cielo. << E dobbiamo anche muoverci. Il sole sta calando.>>
<< Oh, cavolo!>> John imprecò sottovoce. Iniziò a stringere e schiudere i pugni, agitato. << Io… io non sono pronto. Non ce la faccio >> balbettò.
<< Cosa?>> Michael sembrava scioccato. << Abbiamo studiato tutto il pomeriggio. Che cosa c’è che non va, adesso?>>
<< È Skyler >> rimbottò l’amico, come se Michael l’avesse dimenticato. << Ho paura che quando me la ritroverò davanti dimenticherò tutto.>>
Il moro si lasciò sfuggire un sorriso. << Ehi, non succederà, ok?>> lo rassicurò, dandogli una pacca sulla spalla. << Si te stesso e andrà tutto bene.>>
<< Vieni con me.>>
<< Come?>>
<< No. Non nel senso di un appuntamento a tre >> si corresse John, imbarazzato. << Nel senso… non lasciarmi solo con lei. Rimani in disparte, magari aiutami se qualcosa va storto. Io… mi sento più sicuro se so di non essere solo, anche se non fai niente.>> Si morse il labbro. << Per favore.>>
Michael esitò. Si, è vero, lo aveva già aiutato ad organizzare l’appuntamento perfetto con la ragazza che, con un solo sorriso, gli faceva ballare lo stomaco. Lo aveva consigliato, lo aveva aiutato. Ma ora addirittura assistere al loro appuntamento? No, mai. Questo era troppo.
Eppure, quando vide gli occhi imploranti dell’amico e si rese conto di quanto in realtà fosse agitato, non riuscì a rifiutare. << Va bene >> acconsentì.
John esultò, tirando un respiro di sollievo. A quel punto, Michael sospirò. << Va a farti una doccia >> gli disse. << E mettiti una camicia pulita. E ripassa tutto. Io vado ad avvertire le ninfe.>> Fece per andarsene, quando John lo chiamò. A quel punto, si voltò.
John gli sorrise, riconoscente. << Sei un ottimo amico.>>
Per Michael fu come uno schiaffo in faccia. No, non lo sono, pensò, ma non lo disse. Si sforzò invece di sorridere, per poi voltarsi e andare via.
Doveva aiutarli. Doveva farlo per John. Doveva farlo per Skyler. In fondo, se lo meritavano entrambi.
Si, era più che sicuro che fosse la cosa giusta da fare.
E allora perché in quel momento avrebbe voluto solo gridare?
 
Ω Ω Ω
 
Skyler era una frana in fatto di appuntamenti.
Non perché non sapesse come comportarsi o cosa fare, è solo che non sapeva mai, mai che cosa indossare.
Era per questo che, capito il suo problema, Emma aveva chiesto aiuto.
La ragazza era andata dall’amica non appena John era sparito dalla sua visuale, emozionata e anche un po’ agitata. All’inizio Emma era rimasta un attimo interdetta da quella notizia, ma poi si era ripresa, e, capendo che per l’amica era davvero importante, si era data da fare.
Aveva implorato Piper e le sue sorelle di darle una mano. Lei non era molto ferrata in fatto di vestiti, e un aiuto delle figlie di Afrodite non guasta mai.
Ora era seduta su un letto della capanna numero Nove, un giornale in mano, mentre aspettava paziente che Skyler e le altre ragazze uscissero dal bagno.
<< No, non voglio metterlo!>> gridavano.
<< Ma devi!>>
<< Ti sta benissimo!>>
<< Ti ho detto di no!>>
Dopo alcuni minuti di grida sommesse e imprecazioni, le figlie di Afrodite uscirono dal bagno, sul volto un’espressione soddisfatta.
Emma alzò gli occhi dal giornale e le guardò, curiosa. << Allora?>>
Piper sorrise. << Guarda tu stessa.>>
A quel punto, Emma si voltò per guardare l’amica. Rimase a bocca aperta.
Skyler era assolutamente… perfetta. Le figlie di Afrodite avevano pensato, per lei, ad un look comodo ma elegante. Le avevano fatto indossare degli shorts chiari, che mettevano in risalto le sue belle gambe, e poi un top di pizzo bianco e una camicetta, semplice, rossa, con le maniche a tre quarti e chiudibile da un solo bottone.
Trucco e parrucco erano semplici e aggraziati. Le ragazze avevano pensato di lasciarle i capelli sciolti, arricciati solo un po’ alle punte, e il trucco era lieve e appena accennato, ma caratterizzato da un bel rossetto rosso che evidenziava le sue labbra carnose.
A completare l’opera, poi, dopo molte lotte e qualche capello involontariamente bruciacchiato, erano riuscite nell’impresa di cui nessuno mai aveva neanche osato parlare: farle mettere i tacchi. Belli, laccati, erano rossi come la sua camicetta.
Vedendo la sua espressione sconcertata, Emma le regalò un sorriso. << Stai benissimo >> le disse.
Skyler inarcò un sopracciglio. << Dici?>>
Emma annuì, e Skyler sorrise. A quel punto le figlie di Afrodite si lanciarono in una serie di apprezzamenti su quanto fosse bella e su come fossero grandi nel loro lavoro.
Ad interrompere quello scambio di carinerie e buoni consigli fra ragazze ci pensò Leo, che entrò nella stanza proprio nel momento meno opportuno.
<< Che state facendo?>> chiese, sconvolto dalla vista di tante ragazze. Poi, quando il suo sguardo si posò su Skyler, sgranò gli occhi. << E tu dove devi andare vestita così?>>
<< Questi non sono affari tuoi >> lo ammonì Emma, accigliata. Lo indicò con un cenno, e le altre ragazze lo trascinarono fuori dalla stanza.
<< Aspettate!>> gridava intanto lui. << Dove deve andare? E lasciatemi, quella è mia sorella!>>
Skyler rise, mentre Emma scuoteva la testa divertita. Poi guardò l’amica. << Sta tranquilla. Lo teniamo a bada noi.>>
Skyler sorrise e andò a sedersi sul bordo del letto, accanto a lei. Emma incrociò le gambe e la guardò, raggiante. << Allora, sei pronta?>>
Skyler sospirò, mordendosi il labbro inferiore. << Non lo so. Mi sembra tutto così… irreale…>>
Emma soffocò una risata. << Tu e John. Chi l’avrebbe mai detto…>>
<< Sembra strano, eh?>> Skyler sorrise. << All’inizio non ci credevo neanch’io. Eppure, quando me l’ha chiesto, mi è sembrato come se non aspettassi altro da tutta la vita. Ero… emozionata, e il cuore mi batteva a mille, e non riuscivo a togliermi quel sorriso ebete dalla faccia e…>> Esitò, guardando l’amica. << Sembra strano?>>
Emma sorrise, scuotendo la testa. << Assolutamente no >> la rassicurò. Poi la squadrò per un secondo e non riuscì a trattenersi dall’abbracciarla. << Sono così felice per te >> le sussurrò all’orecchio.
Poi, qualcuno bussò alla porta. Le ragazze sciolsero l’abbraccio e Skyler lanciò un’occhiata all’ingresso di legno, agitata. << Oh no, è già qui…>>
Saltarono giù dal letto, come se l’avessero fatto migliaia di volte, e iniziarono a ricontrollare i dettagli per assicurarsi che fosse tutto perfetto.
Emma le risistemò un attimo i capelli. << Va tutto bene. Ma ora va.>> Skyler titubò. << Va!>> la rimbottò l’amica.
A quel punto, Skyler prese un bel respiro e si avvicinò alla porta.
<< Divertitevi >> le gridò dietro Emma, con un sorriso. << E non procreate.>>
Skyler le fece una smorfia, divertita, e aspettò che l’amica sparisse al piano di sotto prima di aprire l’uscio.
Non appena John la vide, sgranò gli occhi. Rimase senza fiato, e non riuscì a trattenere un flebile << Wow…>> Poi si ricompose, e rivolse a Skyler il suo miglior sorriso. << Sei…>> Non riusciva a trovare le parole adatte. << Bellissima.>>
Skyler arrossì fino alle punte dei già mezzi rossi capelli. << Grazie >> mormorò. Spostandosi distrattamente una ciocca dietro l’orecchio. Poi sorrise al ragazzo. << Allora, dove andiamo?>> chiese.
Lui sorrise malandrino. << È una sorpresa >> rispose, facendole l’occhiolino. Le offrì la mano e Skyler l’afferrò, curiosa ma anche divertita.
Si fece trascinare dal ragazzo per un po’, finché le sue scarpe col tacco non iniziarono a sprofondare nel fango. Skyler iniziò, involontariamente, a zoppicare.
<< Ahi >> si lamentò, con una smorfia. << Stupide scarpe >> imprecò poi.
<< Saranno anche stupide >> fece John, con un ghigno divertito. << Ma su di te fanno una certa figura.>>
<< Non la penseresti così se fossi tu ad indossarle. Hai mai arrancato su un prato con i tacchi alti? Io credo di no.>>
John rise, poi le diede le spalle e fletté leggermente le ginocchia. << Su, vieni >> disse, incitandola a salirgli sulle spalle. Skyler non se lo fece ripetere due volte, e con un sorriso si mise cavalcioni sulla sua schiena, stringendogli le braccia attorno al collo.
John ebbe un attimo un fremito, con i suoi capelli che gli solleticavano il volto e il suo respiro che gli accarezzava delicatamente il collo, ma decise di non darlo a vedere, e se la coricò meglio, distribuendo il peso.
Skyler rise divertita, mentre John, estasiato da quella risata, continuava a camminare.
Arrivarono dopo pochi minuti. Skyler non capì dove si trovassero finché non sentì l’odore dolciastro del lago invadere l’aria. Quando John si fermò, lei scese dalla sua schiena, ammirando il paesaggio.
Un piccolo telo era steso proprio sulle sue sponde, con sopra un piccolo cestino di vimini e un mazzo di rose.
Quando li vide, la bocca di Skyler si aprì in una ‘o’ perfetta. John lo notò, e sorrise, soddisfatto. << Andiamo >> le disse, prendendola per mano.
Skyler non riusciva a credere ai propri occhi. John raccolse il mazzo di rose da terra e glie lo porse. << Queste sono per te >> disse. Poi si strinse nelle spalle. << Spero ti piacciano.>>
<< Scherzi? La rosa è il mio fiore preferito!>> Skyler le annusò, inebriandosi del loro profumo. << Come facevi a saperlo?>>
John fece spallucce. << Ho anch’io i miei segreti.>>
Skyler rise. Poi osservò John sedersi sul telo sotto di loro, prima di imitarlo.
Il ragazzo aprì il cesto di vimini e ne tirò fuori qualche succo di frutta, una scatola di biscotti e dei tramezzini.
<< Non sapevo che gusto preferissi >> spiegò, porgendole un panino. << Così ne ho preparato più di uno.>>
Skyler sorrise e lo prese. Dentro c’erano uova e pomodori. Perfetto.
Mentre mangiavano in un dolce silenzio, la ragazza si guardò intorno, estasiata. Quel lago, quella sera, sembrava ancora più magico, e non poté fare a meno di notare di quanto gran parte della magia fosse dovuta dalla presenza di John al suo fianco.
Dopo aver finito di mangiare, i due iniziarono a parlare del più e del meno, ridendo e scherzando.
<< Sia, devo ammettere che sono rimasta alquanto sorpresa quando mi hai chiesto di uscire >> stava dicendo Skyler. Poi abbassò lo sguardo, imbarazzata. << Pensavo che non l’avresti mai fatto.>>
John sorrise, contento. Poi fece spallucce. << Ci ho messo un po’ per trovare il coraggio necessario.>> La guardò intensamente negli occhi. << Ma ne è valsa la pena.>>
Skyler arrossì, poi lanciò un’occhiata ai panini scartati e i biscotti mangiucchiati accanto a loro. << L’idea del pic-nic è stata fantastica >> si congratulò. << Non credevo che ti sarebbe venuto in mente.>>
John sorrise compiaciuto, spostando il peso sulle mani posate sul terriccio dietro di lui. << Ti ho sorpreso?>>
Skyler ci pensò un po’ su. << Si, John. Mi hai sorpreso.>>
Il ragazzo la guardò. Era davvero bellissima, con quei suoi occhi scuri e dorati. Era quasi convinto di non aver mai visto niente di così bello.
La osservò in silenzio, mentre giocherellava con le punte dei suoi capelli, quasi scocciata. Un angolo della sua bocca si alzò in un sorriso storto. Skyler lo notò e inarcò un sopracciglio. << Cos’hai da ridere?>>
A quel puntò il suo sorriso si allargò. Scrollò le spalle. << No, niente. Stavo solo pensando.>>
Skyler si riassestò sul posto, curiosa. << A cosa?>>
John scosse leggermente la testa. << Sai, ora ho capito perché ogni volta che sei pensierosa hai i capelli legati >> le disse. << Ti aiuta a pensare, no?>>
Skyler parve sorpresa. Sgranò gli occhi, ma sorrise. << S… si >> balbettò, stupita. << Io… mi aiuta a concentrarmi. Non lo so, è come se quando avessi i capelli legati davanti ai miei occhi apparisse una carta, su cui sono scritti tutti i codici, e le manovre, come riparare le cose… è come se si aprisse un file nella mia testa.>>
<< Si, lo so… >> mormorò lui. << Michael me l’aveva detto.>>
<< Cosa?>>
<< Eh?>> John si rese improvvisamente conto dell’errore. Boccheggiò qualche secondo in cerca di una risposta, quando un ramo si spezzò a pochi metri da loro.
Skyler si voltò di scatto, dandogli il tempo di riprendere fiato. << Hai sentito?>>
John sospirò, sollevato. << No >> rispose.
Poi guardò il suo orologio e sorrise. << Ho una sorpresa per te >> disse.
<< Un’altra?>>
John le fece l’occhiolino, indicandole con un cenno il lago.
Skyler spostò lo sguardo, assottigliando gli occhi per vedere meglio. Quando la vide. L’acqua, che si alzava e si abbassava, come se stesse respirando.
All’improvviso, una lieve musica si disperse nell’aria, e l’acqua iniziò ad alzarsi verso il cielo, modellandosi, fino a plasmare delle figure umane.
Skyler sgranò gli occhi quando si rese conto di cosa si trattava. Erano delle ninfe d’acqua, che li guardavano e li salutavano, sorridendo.
John si accorse del suo stupore e sorrise. << Su, vieni. Non fanno del male.>>
Skyler lo guardò, titubante. Lui si alzò da terra e le porse una mano. Dopo un po’, lei l’afferrò. Lentamente, si diressero sulle sponde del lago, verso le ninfe, che nel frattempo avevano iniziato a giocare con l’acqua e a formarvici tante piccole figure, come animali, fiori…
Skyler le guardò, sorpresa. Quasi sussultò, quando John le avvolse da dietro la vita con le braccia, posando il mento sulla sua spalla.
Lei avvampò, ma sorrise, osservando una ninfa che pian piano le si era avvicinata. Da quella distanza, Skyler poté constatare che il loro corpo era interamente fatto d’acqua, e che da vicino erano ancora più splendide.
Con un volto gentile, la ninfa alzò una mano, e subito su di essa si formò un fiore d’acqua. Poi lo porse a Skyler.
La ragazza lo sfiorò delicatamente, estasiata, prima che questo si dissolvesse e la ninfa tornasse dalle sue sorelle. A quel punto, iniziarono a fare una cosa che Skyler non si sarebbe mai aspettata. Iniziarono a danzare.
A ritmo della musica, che stava ancora, magicamente, vibrando nell’aria. I loro movimenti erano delicati, i loro passi aggraziati.
Skyler si rese conto solo in quel momento di avere ancora intorno alla vita le braccia di John, quando lui la strinse dolcemente.
<< Sono belle, vero?>> le chiese.
Skyler annuì. Poi lui le prese una mano e si posizionò davanti a lei. Skyler corrucciò le sopracciglia. << Che vuoi fare?>>
Lui sorrise, fingendo un inchino regale. << Mi concede questo ballo, milady?>>
Skyler lo guardò, senza capire. Lui si avvicinò ancora di più e le posò una mano sulla schiena, stringendo l’altra. Accostò le labbra al suo orecchio. << Ti avverto che non sono molto bravo >> sussurrò.
Skyler rise.
Iniziarono a danzare, impacciati, nel vano tentativo di andare a tempo con la musica. Per un attimo, si dimenticarono di tutto.
Delle ninfe che danzavano al loro fianco, del pic-nic, dell’appuntamento. Esistevano solo loro, le loro risate, e i loro occhi che di tanto in tanto si incrociavano.
Quando John fece fare a Skyler l’ennesima giravolte, lei rise. << Tu sei pazzo >> scherzò.
<< Per fortuna >> rispose lui, attirandola di nuovo a se. << Se no col cavolo che lo facevo.>>
Skyler corrugò la fronte. << Che cosa?>>
John la guardò negli occhi. Fu come se qualcuno avesse scattato loro una foto. Rimasero lì, immobili, avvolti da un velo di magia.
Erano così vicini che i loro nasi quasi si sfioravano, e Skyler riusciva a sentire il profumo della pelle di lui inebriarle piacevolmente le narici. Lo sguardo di John si spostava rapidamente dagli occhi di lei, al suo naso, alla sua bocca, mentre il suo volto si faceva sempre più vicino.
<< Questo >> mormorò, poi. Le prese il viso fra le mani e la baciò.
Skyler non aveva mai provato nulla del genere. Si sentì avvampare, il suo cervello si sciolse come burro fuso, e fu invasa da rivelazioni bellissime che prima ignorava. Come ad esempio quanto fossero morbide le sue labbra, e quanto fosse straordinario il fatto che lei espirasse esattamente quando lui espirava e viceversa.
Skyler schiuse leggermente le labbra, permettendogli di approfondire il bacio. Era come se le loro anime si fossero fuse in una sola.
E si resero improvvisamente conto che non aspettavano altro entrambi.
 
Ω Ω Ω
 
Michael si buttò di pesò sul letto, affranto. Osservò il soffitto, sospirando.
Come poteva aver fatto una cosa del genere? Come aveva fatto a non capire?
Aveva fatto proprio come John gli aveva chiesto. Era stato lì, tutto il tempo. Li aveva osservati, li aveva esaminati. Aveva detto alle ninfe quando uscire dall’acqua e danzare e aveva spezzato quel benedettissimo ramo per distogliere l’attenzione dall’errore di John.
Aveva fatto tutto, in modo soddisfacente. Eppure, quando li aveva visti danzare, gli era salito un groppo in gola. Erano felici, e spensierati, e lui avrebbe dovuto essere felice per loro, e contento che il suo piano fosse riuscito.
Ma quando si erano baciati… si, solo quando li aveva visti baciarsi si era reso conto di cosa in realtà avesse perso.
Si coprì il volto con un gemito.
In quel momento, la porta si aprì, e Percy entrò nella cabina numero Tre.
Guardò Michael, la fronte aggrottata. << Michael?>> chiamò. << Va tutto bene?>>
Lui si stropicciò gli occhi, che senza volerlo si erano appannati. << Alla grande >> mormorò, poco convinto.
Percy lo scrutò, posando distrattamente Vortice sul comodino. << Che cos’hai?>> chiese.
<< Niente >> rispose il fratello.
Percy inarcò un sopracciglio. << Michael, per favore. Sono tuo fratello.>>
<< Niente, davvero. Sto bene.>>
Percy non rispose. Si avvicinò al letto e fissò il fratello in silenzio finché quello non alzò lo sguardo. << Me lo dici tu che cos’hai o devo tempestarti di domande finché nella disperazione più totale non mi dai la risposta?>>
Michael sbuffò, frustrato. << E va bene >> mormorò, tirandosi su a sedere e posando la schiena alla testiera del letto. Guardò il fratello negli occhi. << È per una ragazza.>>
Percy annuì lentamente, poi si sedette sul bordo della branda. << A che grado siamo?>> chiese.
L’angolo della bocca di Michael si alzò in un sorriso amaro. Quello era un vecchio gioco che lui e Percy avevano inventato per poter parlare liberamente dei loro problemi con le ragazze senza il pericolo che dietro la porta ci fosse Rose ad origliare.
In realtà, era molto semplice. Secondo loro, ogni volta che soffrivi per amore attraversavi sei gradi diversi di dolore. E, man mano che si andava avanti, la situazione diventava sempre più grave.
Il primo: pensi che la cosa peggiore che ti possa capitare sia un cuore spezzato, e che tutto si possa rimediare. Ma quello che ti uccide davvero è il secondo grado, perché ti rendi conto che no, non riesci a guarire quel cuore spezzato. Ed è a quel punto che raggiungi il terzo grado, quello in cui il tuo mondo si spacca nel mezzo, travolgendoti con le sue macerie. Poi arriva il quarto grado. Bello, quasi piacevole, perché pensi di aver guarito te stesso, e che sei davvero pronto ad andare avanti. Convinzione errata. Perché poi c’è il quinto, in cui vedi la ragazza che domina il tuo cuore, la ragazza che ti piace insieme a qualcun altro. Ed è a quel punto che raggiungi il sesto grado. Il più crudele, il più amaro. Perché è qui che ti rendi conto che forse, con lei, hai fatto proprio una cazzata.
Michael sospirò, con voce tremante. << Credo che abbiamo superato da un pezzo il sesto.>>
Percy fece una smorfia, come se si fosse appena scottato. Poi guardò il fratello. << Racconta.>>
Michael esitò, abbassando lo sguardo. << Metti… metti che c’è una ragazza >> cominciò. << Forte, e simpatica. E bella. Bella da morire. Beh, tu sei convinto che una così non ti calcolerà mai, e invece, per una qualche ragione che non riesci ancora a spiegare, lei diventa la tua migliore amica, e iniziate a condividere tutto. Gioie, risate, lacrime, sorrisi. Tutto. E ogni giorno che passa ti rendi conto di quanto ti piacciano i suoi occhi, e di quanto sia musicale la sua risata. E di quanta voglia hai, irrefrenabile, di prenderla per un braccio e attirarla contro il tuo petto. E stringerla, stringerla più forte che puoi. Stringerla finché non senti le sue costole contro le tue. Stringerla perché vuoi inalare il suo profumo, che ti fa impazzire. E a quel punto realizzi... Realizzi di esserti innamorato di lei, realizzi di non poterne fare a meno. E la osservi, lì, da lontano, desiderando di andare a parlarle e di dirle tutto ciò che provi per lei. E lo fai. Oh, si, vuoi farlo. Un giorno ti alzi e ti dici: “Questo è il gran giorno”. E così vai da lei, carico di energia. Pronto a dirle tutto e a sapere cosa ne pensa. Ma scopri che qualcuno ti ha già preceduto. E che quel qualcuno è il tuo migliore amico.>> Tentennò un attimo. << Lui ti chiede aiuto per poterla conquistare. E tu che fai a quel punto? Lo aiuti, ovvio. Perché è il tuo migliore amico, e perché non vuoi tradire la sua fiducia. Organizzi per loro l’appuntamento perfetto. E loro, alla fine, si baciano. Ed è qui che crolla tutto. Si, perché… dovresti essere felice per loro, e invece senti il tuo cuore cadere a pezzi. E cadi giù, sempre più giù. E capisci che quella non era solo una cotta passeggera, e che forse hai perso la cosa più bella della tua vita. Ecco, a quel punto, che fai?>>
Percy rifletté un attimo, soppesando le sue parole. Poi sgranò gli occhi. << Oh, cavolo >> esclamò. << Ti sei innamorato di Skyler.>>
Michael avrebbe potuto negare, ma che senso aveva, ormai? Abbassò lo sguardo, affranto. << È così evidente?>>
Percy fischiò. << È un bel problema >> disse. Poi guardò Michael, preoccupato. << E che cosa intendi fare?>>
<< Che voglio fare? E che cosa dovrei fare?>> sbottò lui. << Starò a guardare, ecco che devo fare. Voglio bene a entrambi, e non farei mai nulla che possa fargli del male.>> Ci pensò un po’ su, poi fece una smorfia. << Bello schifo.>>
Percy sospirò. << Funziona così. Tra cento miliardi di neuroni nel cervello ce n’è uno disobbediente, temerario, ribelle, che sfuggirà alle sinapsi, abbandonerà il sistema nervoso centrale e si dirigerà per istinto vitale verso il cuore, contaminandolo. E a quel punto non hai scampo, e ti innamori.>>
Michael scrutò il fratello, con un sopracciglio inarcato. << Tu passi troppo tempo con Annabeth >> constatò.
Percy rise, divertito. << Sono d’accordo.>> Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio. << Ehi, non abbatterti >> esclamò poi il maggiore, dandogli una pacca su una gamba. << So come ci si sente >> gli disse. << Quando ami qualcuno e non sei corrisposto fa male qui, al centro del petto.>>
Michael fece una smorfia. << Questo non aiuta.>>
Percy riprovò. << Dovremmo imparare a dire quello che sentiamo subito, e non aspettare in continuazione. A volte aspettare e non dire niente è peggio che dire qualcosa e beccarsi una mazzata. Che alla fine, a furia di aspettare e non dire niente, uno le mazzate rischia di darsele da se. E fanno pure più male.>>
Guardò il fratello, che ora sembrava più abbattuto di prima. << Scusa… >> mormorò, dispiaciuto. << Come consigliere faccio un po’ schifo.>>
<< Sai cosa fa schifo, invece?>> ribatté Michael. << Vedere la persona che ti rende felice essere felice con qualcun altro.>>
Percy, a quel punto, non seppe proprio cosa rispondere. Vedeva suo fratello così triste, affranto mentre si sforzava di trattenere le lacrime, e si sentiva impotente, proprio come quando aveva visto Luke abbandonare la vita sotto il suo stesso sguardo. Allora non aveva potuto impedirlo, ma dopo quella volta si era ripromesso di non fare più lo stesso errore.
Si alzò dal letto di Michael e andò verso il suo. Aprì un cassettone che si trovava ai piedi di quest’ultimo e vi cercò qualcosa.
Michael non aveva idea di cosa ci fosse là dentro. Non aveva mai osato chiederlo, e sapeva che le cose del fratello, per lui, erano off-limits. Onestamente, poi, Vortice gli faceva un po’ paura.
<< Sai >> esclamò Percy, afferrando qualcosa e guardandolo. << La cioccolata contiene feniletammina, la stessa sostanza rilasciata dal nostro cervello quando ci innamoriamo.>> Sventolò in aria una barretta avvolta da una strana carta blu. Si risedette sul letto, la passò al fratello e sorrise. << Quindi perché innamorarsi?>> Fece spallucce. << Mangiamo cioccolata.>>
Michael osservò con le sopracciglia inarcate la barretta che aveva fra le mani. Poi alzò lo sguardo sul fratello e non riuscì a trattenere un sorriso.
Lo guardò riconoscente. << Grazie, Percy.>>
Il ragazzo gli fece l’occhiolino. << Quando vuoi.>>
Poi Michael scartò la barretta, la spezzò in due e, insieme al fratello, cominciò a mangiarla.
E, per un breve istante, smise di pensare a Skyler.

Angolo Scrittrice
Eccomi qua!! :D
Allora...
Chi ha scritto il capitolo più lungo di sempre?
*sventola convulsamente una mano in aria* Io! Io!
Bene... chi si è impegnata tanto per scriverlo?
*sventola di nuovo la mano* Io! Io!
Ok! E chi si beccherà tanti pomodori in faccia per ciò che è successo ai personaggi?
*alza la mano, abbattuta* Io... *un pomodoro la colpisce in piena faccia*
Wehlaa! (da dove è uscita questa? O.o) Come va?
Visto? Non posso crederci... Sono riuscita già ad aggiornare :D mi sento importante xD
Ok... prima che mi diciate qualunque cosa, voglio scusarmi. Si, perchè so che la maggior parte di voi odierà questo capitolo, e forse odierà me (ora sapete perchè) ma, ehi, non abbattiamoci. Grazie a questo capitolo possiamo affermare due cose. Uno: Michael è completamente innamorato di Skyler. Due: E' un idiota.
Ma questo lo sapevamo già, no? :D *qualcuno le lancia una zucchina* ahah
So che dopo questo colpo basso al nostro figlio di Poseidone molto probabilmente mi manderete al Tartaro, ma spero comunque con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. Mi sono impegnata tanto nel scriverlo, ci ho messo tutta me stessa, e spero che apprezziate.
E poi, come dice il grande John Lennon: "At the end, everything will be right. And if is not right, it is not the end"
**metafora a libera interpretazione**
Detto questo, è arrivato il momento di ringraziare tutti gli Angeli di Vale, che la sostengono, e che nello scorso capitolo le hanno fatto l'impagabile dono di ben 10 recensioni! *^* Quanto posso amarvi? Troppo! Sarei persa senza di voi! Un grazie grande quanto l'infinito a: giascali, Bibi96, Fred Halliwell, Fred_Becendorf99, bibrilove98, _percypotter_, Cielomagico, Greg Heffley, Ciacinski e francescool99. E poi un grazie speciale va anche a Elvisi01, che mi ha fatto sapere i suoi apprezzamenti sulla storia per messaggio privato.
Siete tutti fantastici! Grazie, grazie, grazie con tutto il cuore.
Bene, ora credo proprio di avervi scocciato abbastanza. Un bacione a tutti, e grazie ancora!
Alla prossima, la vostra
ValeryJackson ;*
P.s. L'ispirazione per il 'giochetto' sui sei gradi di dolore inventato da Michael e Percy mi è venuta ascoltando la fantastica canzone "Six degrees" dei mitici The Script. ^^
P.p.s. Scusate per evenutali errori di battitura ^^
P.p.p.s. Ehm... no, ho finito xD Ciaoo!
  
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