Capitolo Due
PRANKED
James e
Sirius si stavano avviando verso il piano di sopra, quando la signora Potter li
raggiunse e con aria cupa consegnò loro due lettere da parte del Ministero.
«È un
avvertimento» disse quando furono ai piedi delle scale. «Siete fortunati che
Charlus abbia ancora buoni conoscenti all’Ufficio Applicazione della Legge
sulla Magia, non vi hanno nemmeno schedati».
«Quindi
niente udienza?» chiese Sirius. «Nessun processo, né lavori forzati per la
comunità?»
«No,
niente di tutto ciò, anche se... se desiderate così tanto dedicarvi ai lavori
forzati, domani sarò più che lieta di indicarvi un nido di doxy di cui non
proprio riesco a sbarazzarmi, giù nel magazzino in giardino».
«Be’, i
doxy non sono... non sembrano molto... pericolosi.
Ed eliminarli non è affatto un lavoro forzato» disse James.
«Se fossi
in te, caro figliolo, non ne sarei tanto sicura» ribadì la donna scuotendo
minacciosamente un dito in sua direzione. «I denti dei doxy sono capaci di
staccarti le dita! Per non parlare del loro veleno…
un solo morso ti manderebbe dritto al San Mungo».
«Credo
per l’appunto che dovrai far intervenire gente esperta in dedoxizzazione» mormorò James quando si fermarono sul primo pianerottolo.
«Ma se mai nel futuro vorrai sbarazzarti del nido degli Erkling, ad esempio,
chiamami pure senza problemi».
Sirius
scoppiò in una risata che coprì lo sbuffo della madre di James; gli Erkling
erano creature simili agli gnomi, estremamente pericolosi, che grazie ad un
particolare suono che emettevano attiravano i bambini, li rapivano e poi li
mangiavano.
«Ebbene?»
gli chiese James arrogante, quando sua madre si fu allontanata.
«Credo
che tu ti dia ancora troppe arie da quella volta che hai catturato
quell’iguana, quando eri alle Galapagos con tuo padre» rispose Sirius con tono
annoiato. «E davvero non dovresti, dato che quella bestia ti ha staccato un
dito che a stento i guaritori ti hanno fatto ricrescere».
James
ignorò deliberatamente quest’ultimo commento e spinse una porta con una targa
penzolante che diceva “Stanza dei
Malandrini”.
La stanza
che James e Sirius condividevano era molto bella e spaziosa. C’erano due letti
di ferro battuto attaccati alla parete, addobbata completamente da una marea di
poster e fotografie che raffiguravano sempre le stesse sette persone in divisa
rosso-nera; ogni tanto, un grosso pipistrello si spostava velocemente da un
poster all’altro.
Sugli
strani scaffali a zig zag,
bene in mostra, le figurine dei giocatori di Quidditch facevano i loro piccoli
voli su altrettanto piccole scope di gesso. E sopra un grande camino di marmo,
un attrezzo di vetro costituito da un ampolla e un braciere si agitava cercando
di liberarsi del tappo per poter emettere un misterioso fumo. In un angolo,
c’erano ammucchiate tre scope da corsa tra cui l’ultima uscita, la Nimbus 1700
che James aveva comprato un anno prima; accanto ad esse erano ammucchiati un
paio di guantoni, una spazzola per la lucidatura del manico e qualcosa che
somigliava vagamente a una Pluffa sgonfia.
Le due
gabbie con Lux il barbagianni e Keeran, il gufo reale di Sirius, erano
appoggiate su uno dei due comò, e sopra di loro incorniciata pendeva un grande
fotografia raffigurante un gruppo di studenti alla fine dei loro esami G.U.F.O. Tra tutti i volti sorridenti, una ragazza dai
capelli rossi era segnalata da un cuore che batteva ritmicamente.
Ai piedi
del letto di Sirius, invece, quello più vicino alla finestra, si trovava un
grosso giradischi, una pila di giornali, fumetti della serie Il Guardiano degli Ippogrifi, e cassette
VHS che i due ragazzi avevano comprato a un caro prezzo in un negozio per
babbani adulti. Dopo settimane perdute in vani tentativi, non avevano poi
comunque scoperto come farle funzionare.
Lux fischiò
felice all’ingresso di James, e Keeran si innervosì dentro la gabbia.
James
agitò la bacchetta aprendo loro la finestra. Sapeva che avevano aspettato di
vedere lui e Sirius prima di andare a caccia. Non appena i due uccelli si
furono tuffati nell’oscurità della notte, James indossò il pigiama e s’infilò
nel proprio letto. C’era qualcosa di duro sotto il cuscino. Vi infilò la mano e
tirò fuori un libro dalla copertina color viola acceso, sopra la quale in
elaborate lettere d’oro c’era scritto: Manuale
di Seduzione, di Odilon Rugasecca. Parti alla
conquista della strega! Sorridendo tra sé, si accoccolò tra le coperte
aprendo il libro alla pagina indicata dal segnalibro, ignorando accuratamente
Sirius che roteò gli occhi alla vista della lettura serale dell’amico come se
fosse una sorta di comportamento vergognoso.
Quando,
dopo un paio di minuti, il suo sguardo stanco si arrestò su un paragrafo in
particolare, James si spinse gli occhiali in cima al naso con noncuranza, e
cercando di non farsi distrarre dal testo di una canzone babbana che Sirius
stava ascoltando, lesse:
Le streghe attraenti decidono se sei un mago
dall’aspetto accattivante e interessante entro pochi secondi dal momento in cui
ti incontrano. Ricorda però che la loro decisione è inconscia. È importante
incidere sulla sua decisione nelle prime frazioni di secondo, ma attenzione:
può capitare che passino anni prima che una strega si renda conto di essere
attratta da qualcuno…
Cerca di capire che tipo di strega è la tua amata, osservala e studia
il modo in cui si comporta per sapere se è interessata a te. Fondamentale è
però che tu, giovane mago, capisca che non si tratta di una scelta controllata.
La tua prediletta subisce l’attrazione, non la controlla, e la sua volontà è
quindi impulsiva e istintiva. Dunque, importa poco che cosa dici se parli come
un Troll. Il tono della tua voce, è una chiave fondamentale: deve creare nella
strega del tuo cuore un’attrazione a cui non potrà resistere. (cfr. capitolo 9,
per imparare a gestire il tono di voce)
James si
grattò la nuca. Capire che tipo era Lily Evans, ecco qual era il brillante
consiglio di quella racchia di Rugasecca. James frugò nella mente alla ricerca
di ricordi dell’avvenente fanciulla rossa, ma in ognuno di essi il punto era
sempre lo stesso, e così capì: Lily Evans avrebbe
potuto essere un Ungaro Spinato, un Ippogrifo inferocito o una Chimera
mestruata, ma anche in una qualsiasi di queste temibili forme gli avrebbe
sempre e comunque fatto battere il cuore allo stesso modo.
«Oh,
questa donna è straordinaria» sospirò, decidendo che c’era troppo silenzio in
quella stanza. «È un libro meraviglioso!»
«E se
solo Remus te l’avesse regalato un anno fa, ti saresti già sposato con Evans»
disse Sirius seccamente, in un bisbiglio ben udibile.
«Non
essere ridicolo, Felpato!» James scosse aggressivamente il manuale in sua
direzione. «La Rugasecca lo ripete ogni due pagine: non correre. Dice di agire con prudenza e cautela per non rischiare
uno schiantesimo... o peggio, un No!»
«Be’, li
hai ricevuti entrambi più volte finora, giusto?» rise Sirius.
«Come ho
potuto pensare che tu potessi capire... questo genio di strega...» brontolò
James ostentando un’espressione scioccata, rivolgendosi al soffitto.
Il
giradischi, alimentato a magia, fece risuonare nell’aria le note di Lucy In The Sky With
Diamonds.
«Chissà
chi saremmo stati nel loro mondo» fece Sirius un attimo dopo, guardando fisso
alcuni poster di ragazze babbane attaccati alla parete accanto al suo letto.
«Io
giocherei a quel loro sport. Laccio, caccio… o come si chiama» mormorò James togliendosi gli
occhiali. «Però, che razza di sport… senza le scope,
costretti a correre per prendere quella specie di Pluffa…»
«Tutto è
meglio senza scope» ribatté Sirius. «Io preferirei andare ovunque a piedi
piuttosto che muovermi per l’aria con un bastone fra le gambe. Serio, non
riesco a capire perché tutti siano tanto fissati…
Dove sono finiti i giorni in cui il desiderio di un mago decente era quello di
possedere un gran bel pezzo di tappeto…»
«Mi
sembra di sentir parlare il ritratto del mio bis bis
nonno» ridacchiò rumorosamente James.
«Be’…»
quasi ammise Sirius, ed esitò un po’ prima di aggiungere con voce profonda: «In
ogni caso, penso che nel loro mondo avrei lavorato più che volentieri in
un’officina. Faccia a faccia con quelle bestie spettacolari, e col fuoco dei
tubi di scappamento.»
«Stai
ancora parlando di automobili o sei passato ai draghi?»
Un
leggero sorriso si formò sulle labbra di Sirius, mentre il giradischi faceva
partire un altro pezzo dei Beatles.
James
nascose il Manuale sotto il letto e spense la luce.
«Io
continuo a meravigliarmi ogni volta, ma questo libro dice veramente tutto
quello che bisogna sapere sulle ragazze. L’ultimo capitolo contiene una serie
d’incantesimi e spiega pure come farle divertire usando la bacchetta.»
Ridacchiò e nell’oscurità distinse la sfumata sagoma di Sirius che lo stava
guardando.
«Comunque...
che cosa ne pensi di tutto questo, Ramoso?»
James non
dovette chiedere a cosa si riferiva l’amico con quel tono di voce così
improvvisamente serio.
«Io
uno... o forse anche due di quei Mangiamorte li conoscevo molto bene» aggiunse
riflettendo. «Con Regulus duellavamo già da bambini, i suoi movimenti li
riconoscerei con o senza quella maschera disgustosa».
«Penso
che tu abbia ragione» rispose James, pensieroso. «Sai, mi dispiace... è pur
sempre tuo fra...»
«Non è
mio fratello!» si affrettò a interromperlo Sirius. «Abbiamo solo un legame di
sangue, di cui a me importa meno che dello sterco di Drago. La questione è...
se uno giovane come Reg è stato già marchiato, a
Hogwarts ci aspetterà sicuramente un bel gruppo di neo Mangiamorte»
«Sì, hai ragio-o-o-one» disse James, non riuscendo a trattenere uno
sbadiglio.
«Una
nuova missione per i Malandrini» annunciò Sirius con aria cospiratrice. «Lo
smascheramento dei Mangiamorte tra i Serpeverde».
«Mi pare
la cosa più utile che potremo fare per l’Ordine» commentò James con amarezza.
«Oltre ad
aiutare a sconfiggere i Giganti, quando arriveranno» aggiunse Sirius, «Hagrid
come al solito ci spiffererà tutto quello che vorremo sapere.»
James
rise. «Giusto, Felpato» disse assonnato, e un attimo dopo essersi
appallottolato come un fagotto caldo sotto le lenzuola, si addormentò.
Non
poteva essere passato più di un minuto da quando si era lasciato andare al
sonno, con la bocca intorpidita e la guancia brutalmente coricata sulla mano
destra, quando la voce di Sirius riempì la stanza.
«Sveglia,
Ramoso, alzati! Buone notizie: sono arrivate le lettere da Hogwarts!»
«Oh»
replicò James svegliandosi di soprassalto quando si ritrovò la posta
spiaccicata in faccia. Cercò gli occhiali sul comodino e si sedette.
Da quando
era tornato a casa per le vacanze estive, la consapevolezza che a settembre
avrebbe ricevuto la sua ultima lettera da Hogwarts lo perseguitava, facendogli
venire costantemente mal di stomaco. Non voleva pensare che questa sarebbe
stata l’ultima volta che avrebbe preso l’Hogwarts Express. Era troppo triste.
Guardò la
lettera, scritta con l’inconfondibile inchiostro nero, indirizzata al Signor James Potter, Terza stanza al Piano
Primo, Villa Potter, Placida Hights, Berkshire.
Tirò
fuori il contenuto, buttando la busta giallognola nel cestino. Questa
immediatamente prese fuoco, lasciando dietro di sé niente più di una piccola
foschia grigia che scomparve all’istante.
Sirius
raccolse da terra una t-shirt nera con una strana serie di lettere -
probabilmente il nome di qualche band babbana - le diede una rapida annusata
per assicurarsi che fosse accettabile da indossare e se la infilò sopra al
torso nudo.
«Dopotutto
sembra che il vecchio Silente mi voglia anche quest’anno a scuola» disse Sirius
e con un sorriso s’infilò sotto il letto per cercare i pantaloni.
James
richiamò alla memoria lo scherzo che era quasi costato all’amico l’espulsione,
per non dire un bel soggiorno ad Azkaban. Lui quel giorno aveva salvato la vita
a Piton, sì, ma non perché lui se lo meritasse. Anche a distanza di tutti
questi anni, non poteva mentire a se stesso; sapeva di aver fatto l’eroe solo
perché non avrebbe mai voluto che i suoi amici diventassero assassini per colpa
di Mocciosus. Era questa la verità, pensò James; non era mai stato un eroe,
soltanto un ragazzino preoccupato a proteggere se stesso e gli amici. Sondando
preoccupato la propria disumanità, guardò la lista dei libri di Hogwarts...
«Impossibile»
mormorò alla volta di Sirius con voce soffocata, senza staccare gli occhi dalla
pergamena. «Silente è un pazzo!»
«Sì...
beh, abbiamo sempre detto che è un po’ matto, no?»
«No!» James fece un balzo in avanti e con
gli occhi spalancati guardò il corpo dell’amico disteso per terra. «Questa
volta, è veramente squilibrato! Completamente pazzo!»
«Mille
grazie, amico» disse Sirius emergendo da sotto il letto dove stava facendo
fronte a una lotta con il tappeto che non voleva restituirgli i jeans. «Speravo
che saresti stato un po’ più contento per il fatto che non mi abbiano espulso.»
«No!
Guarda questo!» rapido, James spinse
qualcosa contro la faccia di Sirius. «Allora? Non dici niente?»
Entrambi
fissarono l’oggetto fra le dita di James; una piccola spilla sulla quale,
dorata su sfondo scarlatto, la parola “Caposcuola” luccicava come uno dei più
bei diamanti alla luce del sole.
Ci volle un attimo e
poi un ghigno perfido incurvò le labbra di Sirius.
«Silente infine ha
perso del tutto le biglie» disse tra il riso e la serietà. «L’unico studente
meno idoneo di te per essere Caposcuola, sono io.»
James annuì
rapidamente e Sirius gli sfilò la lettera dalle mani.
«Sei sicuro che sia
davvero la scrittura di Silente?» chiese scansionando rapidamente
l’inconfondibile calligrafia elegante e inclinata. «Mm... sembra di sì».
Calò improvvisamente
il silenzio e poi entrambi giunsero ad un’unica spiegazione.
«È uno scherzo!»
esclamarono all’unisono.
«Deve esserlo!»
aggiunse James.
«Indubbiamente lo è»
affermò Sirius risoluto, restituendogli la lettera. «Quel cialtrone di
Lunastorta pensava di fartene uno bello grosso. Adesso vedremo...»
Si avvicinò al
caminetto dove fuoco danzava con ribellione, afferrò una manciata di polvere
scintillante da un barattolo e la lanciò tra le fiamme.
«Luna-stortaaaa!»
canticchiò Sirius nel fuoco. «Fai un salto qua, devo parlarti!»
James, decisamente
più risollevato, fissò le fiamme. Il volto del suo amico Remus Lupin era
apparso proprio lì, sciupato pieno di rughe e ferite, segnato dall’ultima notte
del plenilunio.
«Mi hai chiamato,
Sirius?» chiese placidamente Remus.
«Sì, be’, congratulazioni. Suppongo che non ci deluderai neanche
con questa nuova carica, eh?» disse Sirius, continuando a sorridere. «Oppure da
sensibile giovane uomo quale sei, terrai a freno i tuoi amici dispettosi ora
che sei Caposcuola?»
Lupin alzò gli occhi
stupito.
«Caposcuola?» ripeté
senza sbilanciarsi. «Penso che ci siano alcune mie qualità che mi impedirebbero
di diventarlo».
«Tipo?» s’intromise
James.
«Tipo girovagare come
un delinquente tutte le notti per Hogwarts, passare in punizione cinque volte a
settimana ed essere... be’, quel che sono» contò
sulle dita Remus.
«Diventare un leader
indubbiamente non fa per me. Ed è meglio così. Le mie continue assenze mensili
suscitano già fin troppo interesse.»
James e Sirius si
scambiarono uno sguardo.
«Quindi non hai
ricevuto tu il distintivo?» chiese James con voce preoccupata.
Tra le fiamme Remus
scosse la testa.
«No, e sono
profondamente grato a Silente per questo.»
Sirius scoppiò a
ridere.
Remus rimase stupito,
ma la pena di chiedere perché l’amico avesse reagito in questo modo gli fu
risparmiata da James che gli mostrò il distintivo e la lettera di nomina.
«James, ehm… Wow! Congratulazioni!» esclamò Remus con voce
falsamente eccitata. «Questa, be’... è davvero una
vera sorpresa!»
«No, questa è una
gran cavolata!» rise Sirius.
«No» disse Remus e
una strana ruga gli apparve sulla fronte. «Non lo è... James è sempre stato,
ehm... molto, se lo merita...»
«Ramoso si merita il
distintivo di Caposcuola quanto Codaliscia un Ordine di Merlino, Prima Classe
per il coraggio» concluse Sirius.
«Sirius ha ragione»
mormorò James mentre la depressione calava sul suo volto. «Non sono la persona
giusta per questo ruolo. Dev’essere tutto uno
scherzo.»
«Ma chi potrebbe...?
Cioè, non dubito del fatto che Silente ti abbia dato questo distintivo perché
sicuramente aveva le sue valide ragioni» disse subito Remus. «Ma se ci fosse
l’opzione dello scherzo, chi pensate potrebbe essere stato?»
«Evans» disse James
senza esitare nemmeno un istante. «È una delle persone che avrebbe sicuramente
potuto ricevere la spilla, e sicuramente ha architettato tutto questo per
farmela pagare per la Pozione Polisucco.»
«Io penso che anche
se l’anno scorso ti sei specchiato nudo sotto forma di Evans, non sia stata lei
a mandarti questa» disse Sirius dopo un attimo di ragionamento.
«Insomma, ti avrebbe
quanto meno spaccato in due la Nimbus sulla testa, sai, qualcosa che ti avrebbe
fatto veramente male. Non di certo questo.»
«Quindi pensi che...»
«Sia stato Mocciosus»
concluse Sirius. «È uno scherzo degno quell’inutile idiota.»
«Non penso Piton
manderebbe mai a James il proprio distintivo» obiettò Remus pulendosi
distrattamente le orecchie, da cui uscì una discreta quantità di cenere. «È più
il tipo da schiaffarglielo in faccia il primo giorno di scuola per dimostrargli
di essere stato migliore in qualcosa.»
«Non credo» disse
James dubbioso, guardando a sua volta il soffitto. «Ho sempre sostenuto che
solo i perdenti diventano Caposcuola… insomma, se
fosse diventato Capitano della squadra di Quidditch, ah... no, questo è
impossibile, quell’idiota sa usare la scopa giusto a livello di pulizie...»
La porta della loro
stanza si aprì e la signora Potter entrò all’improvviso, levitando un pacco.
«Pensavo la posta da
scuola fosse arrivata prima, e invece ecco qua un altro gufo... Oh, Remus,
tesoruccio, non pensavo anche la tua testa fosse qui. Ti fermi a pranzo?»
«No, la ringrazio,
signora Potter. Non mi sento abbastanza bene… eh sa,
la salute.»
«Allora magari
domani, preparerò un bello stufato e la zucca prima che i ragazzi partano...
James, Sirius, se mi date le vostre liste vi prendo i libri oggi pomeriggio,
mentre pulite la vostra stanza e fate i bagagli.»
«E se non te la do?»
esclamò James, sbattendo il pugno sul pacco che la madre aveva appena portato.
«Semplice: partirai
per Hogwarts senza i libri, giovanotto...»
«Ma se volessi andare
da solo a prenderli?!» protestò James, furibondo. «Per tutta l’estate ci hai
fatto lavorare come elfi domestici! Che razza di bacchetta di Merlino ti
passava per la testa quando hai liberato Trufolo?»
E fu così che scoppiò
il finimondo.
«Non ti azzardare a
parlarmi con questo tono, ragazzino!» replicò sua madre, decisa. «Se ho
spaccato il cuore alla mia adorata elfa è stato solo
per colpa tua! Come pensavi di mantenere la segretezza dell’Ordine con lei che
continuava a vivere in questa casa? E se qualcuno di famiglia le avesse fatto
qualche domanda su quello che succedeva qua? Ma per te è tutto un gioco, non è
vero?! Rischiare la vita tua e dei tuoi amici per... c-che cos’è questo?»
«Il mio piede!»
ribadì minacciosamente James, aggredendo per l’ultima volta il pacco da
Hogwarts.
«Lo so che è tuo
piede, ma intendevo... che cos’è questo?»
domandò la signora Potter con fare casuale, in un improvviso e sorprendente
ritorno ad un tono di voce tranquillo. Raccolse da terra il distintivo da
Caposcuola e lo fissò, come sconvolta.
«Oh... James lo ha
appena ricevuto insieme alla posta e...» Sirius cominciò a spiegare, ma un acuto
strillo della signora Potter lo interruppe.
«Non è possibile! Jamiuccio! Oh, il
mio Jamiuccio!»
esclamò la donna gettando le braccia al collo del figlio. Lo strinse in un
abbraccio così stretto che il volto di James prese un’inquietante sfumatura
viola.
«Ahia! Mamma... mi stai strangolando...!»
«Caposcuola! E io non
ho fatto altro che sgridarti!» esclamò la signora Potter, singhiozzando di
felicità. «Tuo padre sarebbe stato fiero! Io sono fiera! Che notizia
meravigliosa, Caposcuola... non è
vero ragazzi?»
«Sì, sì, sì» disse
rapidamente Remus.
«Meravigliosa
veramente» commentò Sirius.
«Sono così commossa»
proseguì la madre di James allegra. «Oh, che bella cosa... devo informare la
zia Filomena... Quella megera, ha sempre sostenuto che nella vita non avresti
fatto altro se non far esplodere caccabombe sotto le
sedie altrui... voglio proprio vedere ora cosa dirà...»
Diede a James un
altro bacio e uscì agitata, portandosi dietro Lux.
Nella stanza calò un
silenzio carico di terrore. Sirius, che si era rannicchiato ai piedi del letto,
aveva lo sguardo vitreo fisso sul muro, quando Remus con un improvviso colpo di
tosse si fece uscire una nuvoletta di fumo dalla bocca.
«Non è mai successo»
si affrettò a dire James guardando i due amici, del tutto incapace di
raccapezzarsi. «Lei non l’ha fatto davvero... come ha pensato di poter...»
«Sbaciucchiarti
tutto, Jamiuccio?»
chiese Remus senza riuscire a trattenersi, e accanto a lui Sirius diede nella
sua risata tanto simile a un latrato.
Il Manuale di
Seduzione volò per la stanza finendo dritto tra le fiamme, dove la testa di
Remus era appena svanita in un’ultima risata.
L’ultimo pacco
arrivato rivelò contenere decine di rulli di pergamene con il Codice
Studentesco e il Regolamento di Hogwarts, che James - a quanto diceva l’ultima
lettera della McGranitt – avrebbe dovuto imparare a menadito prima di mettere
piede al castello.
Tutto il materiale, e
le lettere con le varie raccomandazioni che quella mattina arrivarono dal
Comitato Studentesco, non lasciarono più dubbi sul fatto che James fosse
realmente stato nominato Caposcuola, nonché Capitano della Squadra di Quidditch
di Grifondoro. James, così, si arrese all’evidenza che non potesse trattarsi di
uno scherzo e con il passare delle ore, mentre il baule per Hogwarts si
riempiva, iniziò ad abituarsi all’idea di essere diventato Caposcuola.
Specialmente quando la signora Potter, di ritorno da Diagon Alley, gli annunciò
soddisfatta di aver fatto tappa alla Gringott per intestare la camera blindata
del padre a nome suo.
Fu strano vedere a
che velocità l’umore di James fosse cambiato, anche se era rimasto silenzioso
per la maggior parte della giornata; esaltava ad alta voce la spilla da
Caposcuola appoggiata sul comodino come un trofeo, scompigliandosi i capelli
ogni volta che le passava accanto. Capitava di tanto in tanto che non riuscisse
a resistere e la prendesse in mano, e in quel caso se la passava tra le dita o
la strofinava con la manica della camicia, sempre più stupito e innamorato
della sua lucentezza. Solo quando un Sirius indignato e scocciato scosse la
testa lanciandogli un pettine, James si risolse a infilarsela nella tasca dei
jeans.
Quella sera, parecchi
membri dell’Ordine che di solito andavano e venivano, fermandosi per scambiarsi
informazioni top secret, rimasero a cena ospiti dei Potter.
La signora Potter
aveva decorato prodigiosamente la cucina e l’atrio, un’opera talmente pomposa
che sarebbe stata perfetta anche per la nomina di James a Ministro della Magia.
Era forse l’unica a non essersi accorta che il pupazzo che trovava tanto
tenero, appeso al lampadario sopra il tavolo, era un Doxy che Sirius aveva
catturato mentre ripuliva la soffitta. Gonfiato, con addosso un paio di
occhiali rotondi dipinti di nero, ficcato dentro una piccolissima divisa da
Hogwarts su cui spiccava orgoglioso un tappo di birra babbana con la scritta Caposcuola, si agitava guardandoli
minacciosamente, finché Sirius non si stancò e lo colpì con un Incantesimo di
Congelamento non verbale.
James dal canto suo,
rosso di rabbia e di imbarazzo scivolava via da una sedia all’altra, un po’
allarmato quando la gente faceva complimenti alla festa e sua madre in quel
caso si fermava, diceva di quanto Sirius l’avesse aiutata e mostrava, fiera, il
doxy immobilizzato.
Così dopo un paio
d’ore James si ritrovò in piedi affamato solo di vendetta nei confronti
dell’amico. E quando alla Villa arrivò anche Moody, scandalizzato per la
baldoria in atto quando c’era invece un mucchio di lavoro da fare, e sbraitando
che durante la guerra non c’era tempo per festeggiare, la sua gioia per la
nomina a Caposcuola scomparve in fretta com’era venuta; desiderò di essere di
sopra, a letto e di smettere di sentirsi un codardo perché obbediva a Silente,
restando fuori dalle missioni mentre altri combattevano anche per lui.
Sperava che una
vocina gli sarebbe apparsa nella mente, all’improvviso, rassicurandolo e
dicendogli che c’era un valido motivo per cui era diventato Caposcuola; che
Silente si fidava di lui e delle sue capacità per tenere al sicuro gli studenti
di Hogwarts, ad esempio. Ma nessuno, fra tutti quelli che si congratularono e
gli strinsero la mano tutta la sera, disse assolutamente nulla del genere.
Storia betata da splendida bFree <3