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Autore: layla_black    25/11/2013    0 recensioni
"È un momento cruciale nella vita di James Potter: ormai è un mago maggiorenne, con i pregi e i difetti di un normale, inquieto adolescente. Il suo adorato padre è morto e le notizie di scomparse, incidenti strani e morti continue non lasciano dubbi: la guerra contro Lord Voldemort è inevitabile. Vuole combattere, vuole sognare la bella Lily... Vuole finalmente poter partecipare alle missioni dell’Ordine della Fenice. La sua vita acquista una luce più complessa e cupa, in cui l’infanzia da giocherellone ha ceduto il posto a una determinazione più adulta, alla maturità e alla consapevolezza.
Questa nuova fanfic - della quale forse alcuni di voi ricorderanno pezzi/capitoli già precedentemente pubblicati da me qualche anno fa - raccoglie avvenimenti e aneddoti di vita quotidiana, alcuni dei quali citati da J.K.Rowling stessa, che raccontano l’ultimo anno a Hogwarts di James e dei Malandrini.”
Questa nuova fanfic- della quale forse alcuni di voi ricorderanno pezzi/capitoli già precedentemente pubblicati da me qualche anno fa- raccoglie avvenimenti alcuni citati da J.K.Rowling che fecero parte dell’ultimo anno di Hogwarts di James.
Buona lettura! E un Grazie a bFree- la migliore beta magica
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo Due

PRANKED

 

James e Sirius si stavano avviando verso il piano di sopra, quando la signora Potter li raggiunse e con aria cupa consegnò loro due lettere da parte del Ministero.

«È un avvertimento» disse quando furono ai piedi delle scale. «Siete fortunati che Charlus abbia ancora buoni conoscenti all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, non vi hanno nemmeno schedati».

«Quindi niente udienza?» chiese Sirius. «Nessun processo, né lavori forzati per la comunità?»

«No, niente di tutto ciò, anche se... se desiderate così tanto dedicarvi ai lavori forzati, domani sarò più che lieta di indicarvi un nido di doxy di cui non proprio riesco a sbarazzarmi, giù nel magazzino in giardino».

«Be’, i doxy non sono... non sembrano molto... pericolosi. Ed eliminarli non è affatto un lavoro forzato» disse James.

«Se fossi in te, caro figliolo, non ne sarei tanto sicura» ribadì la donna scuotendo minacciosamente un dito in sua direzione. «I denti dei doxy sono capaci di staccarti le dita! Per non parlare del loro veleno… un solo morso ti manderebbe dritto al San Mungo».

«Credo per l’appunto che dovrai far intervenire gente esperta in dedoxizzazione»  mormorò James quando si fermarono sul primo pianerottolo. «Ma se mai nel futuro vorrai sbarazzarti del nido degli Erkling, ad esempio, chiamami pure senza problemi».

Sirius scoppiò in una risata che coprì lo sbuffo della madre di James; gli Erkling erano creature simili agli gnomi, estremamente pericolosi, che grazie ad un particolare suono che emettevano attiravano i bambini, li rapivano e poi li mangiavano.

«Ebbene?» gli chiese James arrogante, quando sua madre si fu allontanata.

«Credo che tu ti dia ancora troppe arie da quella volta che hai catturato quell’iguana, quando eri alle Galapagos con tuo padre» rispose Sirius con tono annoiato. «E davvero non dovresti, dato che quella bestia ti ha staccato un dito che a stento i guaritori ti hanno fatto ricrescere».

James ignorò deliberatamente quest’ultimo commento e spinse una porta con una targa penzolante che diceva “Stanza dei Malandrini”.

La stanza che James e Sirius condividevano era molto bella e spaziosa. C’erano due letti di ferro battuto attaccati alla parete, addobbata completamente da una marea di poster e fotografie che raffiguravano sempre le stesse sette persone in divisa rosso-nera; ogni tanto, un grosso pipistrello si spostava velocemente da un poster all’altro.

Sugli strani scaffali a zig zag, bene in mostra, le figurine dei giocatori di Quidditch facevano i loro piccoli voli su altrettanto piccole scope di gesso. E sopra un grande camino di marmo, un attrezzo di vetro costituito da un ampolla e un braciere si agitava cercando di liberarsi del tappo per poter emettere un misterioso fumo. In un angolo, c’erano ammucchiate tre scope da corsa tra cui l’ultima uscita, la Nimbus 1700 che James aveva comprato un anno prima; accanto ad esse erano ammucchiati un paio di guantoni, una spazzola per la lucidatura del manico e qualcosa che somigliava vagamente a una Pluffa sgonfia.

Le due gabbie con Lux il barbagianni e Keeran, il gufo reale di Sirius, erano appoggiate su uno dei due comò, e sopra di loro incorniciata pendeva un grande fotografia raffigurante un gruppo di studenti alla fine dei loro esami G.U.F.O. Tra tutti i volti sorridenti, una ragazza dai capelli rossi era segnalata da un cuore che batteva ritmicamente.

Ai piedi del letto di Sirius, invece, quello più vicino alla finestra, si trovava un grosso giradischi, una pila di giornali, fumetti della serie Il Guardiano degli Ippogrifi, e cassette VHS che i due ragazzi avevano comprato a un caro prezzo in un negozio per babbani adulti. Dopo settimane perdute in vani tentativi, non avevano poi comunque scoperto come farle funzionare.

Lux fischiò felice all’ingresso di James, e Keeran si innervosì dentro la gabbia.

James agitò la bacchetta aprendo loro la finestra. Sapeva che avevano aspettato di vedere lui e Sirius prima di andare a caccia. Non appena i due uccelli si furono tuffati nell’oscurità della notte, James indossò il pigiama e s’infilò nel proprio letto. C’era qualcosa di duro sotto il cuscino. Vi infilò la mano e tirò fuori un libro dalla copertina color viola acceso, sopra la quale in elaborate lettere d’oro c’era scritto: Manuale di Seduzione, di Odilon Rugasecca. Parti alla conquista della strega! Sorridendo tra sé, si accoccolò tra le coperte aprendo il libro alla pagina indicata dal segnalibro, ignorando accuratamente Sirius che roteò gli occhi alla vista della lettura serale dell’amico come se fosse una sorta di comportamento vergognoso.

Quando, dopo un paio di minuti, il suo sguardo stanco si arrestò su un paragrafo in particolare, James si spinse gli occhiali in cima al naso con noncuranza, e cercando di non farsi distrarre dal testo di una canzone babbana che Sirius stava ascoltando, lesse:

 

Le streghe attraenti decidono se sei un mago dall’aspetto accattivante e interessante entro pochi secondi dal momento in cui ti incontrano. Ricorda però che la loro decisione è inconscia. È importante incidere sulla sua decisione nelle prime frazioni di secondo, ma attenzione: può capitare che passino anni prima che una strega si renda conto di essere attratta da qualcuno…

Cerca di capire che tipo di strega è la tua amata, osservala e studia il modo in cui si comporta per sapere se è interessata a te. Fondamentale è però che tu, giovane mago, capisca che non si tratta di una scelta controllata. La tua prediletta subisce l’attrazione, non la controlla, e la sua volontà è quindi impulsiva e istintiva. Dunque, importa poco che cosa dici se parli come un Troll. Il tono della tua voce, è una chiave fondamentale: deve creare nella strega del tuo cuore un’attrazione a cui non potrà resistere. (cfr. capitolo 9, per imparare a gestire il tono di voce)

 

James si grattò la nuca. Capire che tipo era Lily Evans, ecco qual era il brillante consiglio di quella racchia di Rugasecca. James frugò nella mente alla ricerca di ricordi dell’avvenente fanciulla rossa, ma in ognuno di essi il punto era sempre lo stesso, e così capì: Lily Evans avrebbe potuto essere un Ungaro Spinato, un Ippogrifo inferocito o una Chimera mestruata, ma anche in una qualsiasi di queste temibili forme gli avrebbe sempre e comunque fatto battere il cuore allo stesso modo.

«Oh, questa donna è straordinaria» sospirò, decidendo che c’era troppo silenzio in quella stanza. «È un libro meraviglioso!»

«E se solo Remus te l’avesse regalato un anno fa, ti saresti già sposato con Evans» disse Sirius seccamente, in un bisbiglio ben udibile.

«Non essere ridicolo, Felpato!» James scosse aggressivamente il manuale in sua direzione. «La Rugasecca lo ripete ogni due pagine: non correre. Dice di agire con prudenza e cautela per non rischiare uno schiantesimo... o peggio, un No

«Be’, li hai ricevuti entrambi più volte finora, giusto?» rise Sirius.

«Come ho potuto pensare che tu potessi capire... questo genio di strega...» brontolò James ostentando un’espressione scioccata, rivolgendosi al soffitto.

Il giradischi, alimentato a magia, fece risuonare nell’aria le note di Lucy In The Sky With Diamonds.

«Chissà chi saremmo stati nel loro mondo» fece Sirius un attimo dopo, guardando fisso alcuni poster di ragazze babbane attaccati alla parete accanto al suo letto.

«Io giocherei a quel loro sport. Laccio, caccio… o come si chiama» mormorò James togliendosi gli occhiali. «Però, che razza di sport… senza le scope, costretti a correre per prendere quella specie di Pluffa…»

«Tutto è meglio senza scope» ribatté Sirius. «Io preferirei andare ovunque a piedi piuttosto che muovermi per l’aria con un bastone fra le gambe. Serio, non riesco a capire perché tutti siano tanto fissati… Dove sono finiti i giorni in cui il desiderio di un mago decente era quello di possedere un gran bel pezzo di tappeto…»

«Mi sembra di sentir parlare il ritratto del mio bis bis nonno» ridacchiò rumorosamente James.

«Be’…» quasi ammise Sirius, ed esitò un po’ prima di aggiungere con voce profonda: «In ogni caso, penso che nel loro mondo avrei lavorato più che volentieri in un’officina. Faccia a faccia con quelle bestie spettacolari, e col fuoco dei tubi di scappamento.»

«Stai ancora parlando di automobili o sei passato ai draghi?»

Un leggero sorriso si formò sulle labbra di Sirius, mentre il giradischi faceva partire un altro pezzo dei Beatles.

James nascose il Manuale sotto il letto e spense la luce.

«Io continuo a meravigliarmi ogni volta, ma questo libro dice veramente tutto quello che bisogna sapere sulle ragazze. L’ultimo capitolo contiene una serie d’incantesimi e spiega pure come farle divertire usando la bacchetta.» Ridacchiò e nell’oscurità distinse la sfumata sagoma di Sirius che lo stava guardando.

«Comunque... che cosa ne pensi di tutto questo, Ramoso?»

James non dovette chiedere a cosa si riferiva l’amico con quel tono di voce così improvvisamente serio.

«Io uno... o forse anche due di quei Mangiamorte li conoscevo molto bene» aggiunse riflettendo. «Con Regulus duellavamo già da bambini, i suoi movimenti li riconoscerei con o senza quella maschera disgustosa».

«Penso che tu abbia ragione» rispose James, pensieroso. «Sai, mi dispiace... è pur sempre tuo fra...»

«Non è mio fratello!» si affrettò a interromperlo Sirius. «Abbiamo solo un legame di sangue, di cui a me importa meno che dello sterco di Drago. La questione è... se uno giovane come Reg è stato già marchiato, a Hogwarts ci aspetterà sicuramente un bel gruppo di neo Mangiamorte»

«Sì, hai ragio-o-o-one» disse James, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio.

«Una nuova missione per i Malandrini» annunciò Sirius con aria cospiratrice. «Lo smascheramento dei Mangiamorte tra i Serpeverde».

«Mi pare la cosa più utile che potremo fare per l’Ordine» commentò James con amarezza.

«Oltre ad aiutare a sconfiggere i Giganti, quando arriveranno» aggiunse Sirius, «Hagrid come al solito ci spiffererà tutto quello che vorremo sapere.»

James rise. «Giusto, Felpato» disse assonnato, e un attimo dopo essersi appallottolato come un fagotto caldo sotto le lenzuola, si addormentò.

Non poteva essere passato più di un minuto da quando si era lasciato andare al sonno, con la bocca intorpidita e la guancia brutalmente coricata sulla mano destra, quando la voce di Sirius riempì la stanza.

«Sveglia, Ramoso, alzati! Buone notizie: sono arrivate le lettere da Hogwarts!»

«Oh» replicò James svegliandosi di soprassalto quando si ritrovò la posta spiaccicata in faccia. Cercò gli occhiali sul comodino e si sedette.

Da quando era tornato a casa per le vacanze estive, la consapevolezza che a settembre avrebbe ricevuto la sua ultima lettera da Hogwarts lo perseguitava, facendogli venire costantemente mal di stomaco. Non voleva pensare che questa sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe preso l’Hogwarts Express. Era troppo triste.

Guardò la lettera, scritta con l’inconfondibile inchiostro nero, indirizzata al Signor James Potter, Terza stanza al Piano Primo, Villa Potter, Placida Hights, Berkshire.

Tirò fuori il contenuto, buttando la busta giallognola nel cestino. Questa immediatamente prese fuoco, lasciando dietro di sé niente più di una piccola foschia grigia che scomparve all’istante.

Sirius raccolse da terra una t-shirt nera con una strana serie di lettere - probabilmente il nome di qualche band babbana - le diede una rapida annusata per assicurarsi che fosse accettabile da indossare e se la infilò sopra al torso nudo.

«Dopotutto sembra che il vecchio Silente mi voglia anche quest’anno a scuola» disse Sirius e con un sorriso s’infilò sotto il letto per cercare i pantaloni.

James richiamò alla memoria lo scherzo che era quasi costato all’amico l’espulsione, per non dire un bel soggiorno ad Azkaban. Lui quel giorno aveva salvato la vita a Piton, sì, ma non perché lui se lo meritasse. Anche a distanza di tutti questi anni, non poteva mentire a se stesso; sapeva di aver fatto l’eroe solo perché non avrebbe mai voluto che i suoi amici diventassero assassini per colpa di Mocciosus. Era questa la verità, pensò James; non era mai stato un eroe, soltanto un ragazzino preoccupato a proteggere se stesso e gli amici. Sondando preoccupato la propria disumanità, guardò la lista dei libri di Hogwarts...

«Impossibile» mormorò alla volta di Sirius con voce soffocata, senza staccare gli occhi dalla pergamena. «Silente è un pazzo!»

«Sì... beh, abbiamo sempre detto che è un po’ matto, no?»

«No!» James fece un balzo in avanti e con gli occhi spalancati guardò il corpo dell’amico disteso per terra. «Questa volta, è veramente squilibrato! Completamente pazzo!»

«Mille grazie, amico» disse Sirius emergendo da sotto il letto dove stava facendo fronte a una lotta con il tappeto che non voleva restituirgli i jeans. «Speravo che saresti stato un po’ più contento per il fatto che non mi abbiano espulso.»

«No! Guarda questo!» rapido, James spinse qualcosa contro la faccia di Sirius. «Allora? Non dici niente?»

Entrambi fissarono l’oggetto fra le dita di James; una piccola spilla sulla quale, dorata su sfondo scarlatto, la parola “Caposcuola” luccicava come uno dei più bei diamanti alla luce del sole.

Ci volle un attimo e poi un ghigno perfido incurvò le labbra di Sirius.

«Silente infine ha perso del tutto le biglie» disse tra il riso e la serietà. «L’unico studente meno idoneo di te per essere Caposcuola, sono io.»

James annuì rapidamente e Sirius gli sfilò la lettera dalle mani.

«Sei sicuro che sia davvero la scrittura di Silente?» chiese scansionando rapidamente l’inconfondibile calligrafia elegante e inclinata. «Mm... sembra di sì».

Calò improvvisamente il silenzio e poi entrambi giunsero ad un’unica spiegazione.

«È uno scherzo!» esclamarono all’unisono.

«Deve esserlo!» aggiunse James.

«Indubbiamente lo è» affermò Sirius risoluto, restituendogli la lettera. «Quel cialtrone di Lunastorta pensava di fartene uno bello grosso. Adesso vedremo...»

Si avvicinò al caminetto dove fuoco danzava con ribellione, afferrò una manciata di polvere scintillante da un barattolo e la lanciò tra le fiamme.

«Luna-stortaaaa!» canticchiò Sirius nel fuoco. «Fai un salto qua, devo parlarti!»

James, decisamente più risollevato, fissò le fiamme. Il volto del suo amico Remus Lupin era apparso proprio lì, sciupato pieno di rughe e ferite, segnato dall’ultima notte del plenilunio.

«Mi hai chiamato, Sirius?» chiese placidamente Remus.

«Sì, be’, congratulazioni. Suppongo che non ci deluderai neanche con questa nuova carica, eh?» disse Sirius, continuando a sorridere. «Oppure da sensibile giovane uomo quale sei, terrai a freno i tuoi amici dispettosi ora che sei Caposcuola?»

Lupin alzò gli occhi stupito.

«Caposcuola?» ripeté senza sbilanciarsi. «Penso che ci siano alcune mie qualità che mi impedirebbero di diventarlo».

«Tipo?» s’intromise James.

«Tipo girovagare come un delinquente tutte le notti per Hogwarts, passare in punizione cinque volte a settimana ed essere... be’, quel che sono» contò sulle dita Remus.

«Diventare un leader indubbiamente non fa per me. Ed è meglio così. Le mie continue assenze mensili suscitano già fin troppo interesse.»

James e Sirius si scambiarono uno sguardo.

«Quindi non hai ricevuto tu il distintivo?» chiese James con voce preoccupata.

Tra le fiamme Remus scosse la testa.

«No, e sono profondamente grato a Silente per questo.»

Sirius scoppiò a ridere.

Remus rimase stupito, ma la pena di chiedere perché l’amico avesse reagito in questo modo gli fu risparmiata da James che gli mostrò il distintivo e la lettera di nomina.

«James, ehm… Wow! Congratulazioni!» esclamò Remus con voce falsamente eccitata. «Questa, be’... è davvero una vera sorpresa!»

«No, questa è una gran cavolata!» rise Sirius.

«No» disse Remus e una strana ruga gli apparve sulla fronte. «Non lo è... James è sempre stato, ehm... molto, se lo merita...»

«Ramoso si merita il distintivo di Caposcuola quanto Codaliscia un Ordine di Merlino, Prima Classe per il coraggio» concluse Sirius.

«Sirius ha ragione» mormorò James mentre la depressione calava sul suo volto. «Non sono la persona giusta per questo ruolo. Dev’essere tutto uno scherzo.»

«Ma chi potrebbe...? Cioè, non dubito del fatto che Silente ti abbia dato questo distintivo perché sicuramente aveva le sue valide ragioni» disse subito Remus. «Ma se ci fosse l’opzione dello scherzo, chi pensate potrebbe essere stato?»

«Evans» disse James senza esitare nemmeno un istante. «È una delle persone che avrebbe sicuramente potuto ricevere la spilla, e sicuramente ha architettato tutto questo per farmela pagare per la Pozione Polisucco.»

«Io penso che anche se l’anno scorso ti sei specchiato nudo sotto forma di Evans, non sia stata lei a mandarti questa» disse Sirius dopo un attimo di ragionamento.

«Insomma, ti avrebbe quanto meno spaccato in due la Nimbus sulla testa, sai, qualcosa che ti avrebbe fatto veramente male. Non di certo questo.»

«Quindi pensi che...»

«Sia stato Mocciosus» concluse Sirius. «È uno scherzo degno quell’inutile idiota.»

«Non penso Piton manderebbe mai a James il proprio distintivo» obiettò Remus pulendosi distrattamente le orecchie, da cui uscì una discreta quantità di cenere. «È più il tipo da schiaffarglielo in faccia il primo giorno di scuola per dimostrargli di essere stato migliore in qualcosa.»

«Non credo» disse James dubbioso, guardando a sua volta il soffitto. «Ho sempre sostenuto che solo i perdenti diventano Caposcuola… insomma, se fosse diventato Capitano della squadra di Quidditch, ah... no, questo è impossibile, quell’idiota sa usare la scopa giusto a livello di pulizie...»

La porta della loro stanza si aprì e la signora Potter entrò all’improvviso, levitando un pacco.

«Pensavo la posta da scuola fosse arrivata prima, e invece ecco qua un altro gufo... Oh, Remus, tesoruccio, non pensavo anche la tua testa fosse qui. Ti fermi a pranzo?»

«No, la ringrazio, signora Potter. Non mi sento abbastanza bene… eh sa, la salute.»

«Allora magari domani, preparerò un bello stufato e la zucca prima che i ragazzi partano... James, Sirius, se mi date le vostre liste vi prendo i libri oggi pomeriggio, mentre pulite la vostra stanza e fate i bagagli.»

«E se non te la do?» esclamò James, sbattendo il pugno sul pacco che la madre aveva appena portato.

«Semplice: partirai per Hogwarts senza i libri, giovanotto...»

«Ma se volessi andare da solo a prenderli?!» protestò James, furibondo. «Per tutta l’estate ci hai fatto lavorare come elfi domestici! Che razza di bacchetta di Merlino ti passava per la testa quando hai liberato Trufolo

E fu così che scoppiò il finimondo.

«Non ti azzardare a parlarmi con questo tono, ragazzino!» replicò sua madre, decisa. «Se ho spaccato il cuore alla mia adorata elfa è stato solo per colpa tua! Come pensavi di mantenere la segretezza dell’Ordine con lei che continuava a vivere in questa casa? E se qualcuno di famiglia le avesse fatto qualche domanda su quello che succedeva qua? Ma per te è tutto un gioco, non è vero?! Rischiare la vita tua e dei tuoi amici per... c-che cos’è questo?»

«Il mio piede!» ribadì minacciosamente James, aggredendo per l’ultima volta il pacco da Hogwarts.

«Lo so che è tuo piede, ma intendevo... che cos’è questo?» domandò la signora Potter con fare casuale, in un improvviso e sorprendente ritorno ad un tono di voce tranquillo. Raccolse da terra il distintivo da Caposcuola e lo fissò, come sconvolta.

«Oh... James lo ha appena ricevuto insieme alla posta e...» Sirius cominciò a spiegare, ma un acuto strillo della signora Potter lo interruppe.

«Non è possibile! Jamiuccio! Oh, il mio Jamiuccio!» esclamò la donna gettando le braccia al collo del figlio. Lo strinse in un abbraccio così stretto che il volto di James prese un’inquietante sfumatura viola.

«Ahia! Mamma... mi stai strangolando...!»

«Caposcuola! E io non ho fatto altro che sgridarti!» esclamò la signora Potter, singhiozzando di felicità. «Tuo padre sarebbe stato fiero! Io sono fiera! Che notizia meravigliosa, Caposcuola... non è vero ragazzi?»

«Sì, sì, sì» disse rapidamente Remus.

«Meravigliosa veramente» commentò Sirius.

«Sono così commossa» proseguì la madre di James allegra. «Oh, che bella cosa... devo informare la zia Filomena... Quella megera, ha sempre sostenuto che nella vita non avresti fatto altro se non far esplodere caccabombe sotto le sedie altrui... voglio proprio vedere ora cosa dirà...»

Diede a James un altro bacio e uscì agitata, portandosi dietro Lux.

Nella stanza calò un silenzio carico di terrore. Sirius, che si era rannicchiato ai piedi del letto, aveva lo sguardo vitreo fisso sul muro, quando Remus con un improvviso colpo di tosse si fece uscire una nuvoletta di fumo dalla bocca.

«Non è mai successo» si affrettò a dire James guardando i due amici, del tutto incapace di raccapezzarsi. «Lei non l’ha fatto davvero... come ha pensato di poter...»

«Sbaciucchiarti tutto, Jamiuccio?» chiese Remus senza riuscire a trattenersi, e accanto a lui Sirius diede nella sua risata tanto simile a un latrato.

Il Manuale di Seduzione volò per la stanza finendo dritto tra le fiamme, dove la testa di Remus era appena svanita in un’ultima risata.

L’ultimo pacco arrivato rivelò contenere decine di rulli di pergamene con il Codice Studentesco e il Regolamento di Hogwarts, che James - a quanto diceva l’ultima lettera della McGranitt – avrebbe dovuto imparare a menadito prima di mettere piede al castello.

Tutto il materiale, e le lettere con le varie raccomandazioni che quella mattina arrivarono dal Comitato Studentesco, non lasciarono più dubbi sul fatto che James fosse realmente stato nominato Caposcuola, nonché Capitano della Squadra di Quidditch di Grifondoro. James, così, si arrese all’evidenza che non potesse trattarsi di uno scherzo e con il passare delle ore, mentre il baule per Hogwarts si riempiva, iniziò ad abituarsi all’idea di essere diventato Caposcuola. Specialmente quando la signora Potter, di ritorno da Diagon Alley, gli annunciò soddisfatta di aver fatto tappa alla Gringott per intestare la camera blindata del padre a nome suo.

Fu strano vedere a che velocità l’umore di James fosse cambiato, anche se era rimasto silenzioso per la maggior parte della giornata; esaltava ad alta voce la spilla da Caposcuola appoggiata sul comodino come un trofeo, scompigliandosi i capelli ogni volta che le passava accanto. Capitava di tanto in tanto che non riuscisse a resistere e la prendesse in mano, e in quel caso se la passava tra le dita o la strofinava con la manica della camicia, sempre più stupito e innamorato della sua lucentezza. Solo quando un Sirius indignato e scocciato scosse la testa lanciandogli un pettine, James si risolse a infilarsela nella tasca dei jeans.

Quella sera, parecchi membri dell’Ordine che di solito andavano e venivano, fermandosi per scambiarsi informazioni top secret, rimasero a cena ospiti dei Potter.

La signora Potter aveva decorato prodigiosamente la cucina e l’atrio, un’opera talmente pomposa che sarebbe stata perfetta anche per la nomina di James a Ministro della Magia. Era forse l’unica a non essersi accorta che il pupazzo che trovava tanto tenero, appeso al lampadario sopra il tavolo, era un Doxy che Sirius aveva catturato mentre ripuliva la soffitta. Gonfiato, con addosso un paio di occhiali rotondi dipinti di nero, ficcato dentro una piccolissima divisa da Hogwarts su cui spiccava orgoglioso un tappo di birra babbana con la scritta Caposcuola, si agitava guardandoli minacciosamente, finché Sirius non si stancò e lo colpì con un Incantesimo di Congelamento non verbale.

James dal canto suo, rosso di rabbia e di imbarazzo scivolava via da una sedia all’altra, un po’ allarmato quando la gente faceva complimenti alla festa e sua madre in quel caso si fermava, diceva di quanto Sirius l’avesse aiutata e mostrava, fiera, il doxy immobilizzato.

Così dopo un paio d’ore James si ritrovò in piedi affamato solo di vendetta nei confronti dell’amico. E quando alla Villa arrivò anche Moody, scandalizzato per la baldoria in atto quando c’era invece un mucchio di lavoro da fare, e sbraitando che durante la guerra non c’era tempo per festeggiare, la sua gioia per la nomina a Caposcuola scomparve in fretta com’era venuta; desiderò di essere di sopra, a letto e di smettere di sentirsi un codardo perché obbediva a Silente, restando fuori dalle missioni mentre altri combattevano anche per lui.

Sperava che una vocina gli sarebbe apparsa nella mente, all’improvviso, rassicurandolo e dicendogli che c’era un valido motivo per cui era diventato Caposcuola; che Silente si fidava di lui e delle sue capacità per tenere al sicuro gli studenti di Hogwarts, ad esempio. Ma nessuno, fra tutti quelli che si congratularono e gli strinsero la mano tutta la sera, disse assolutamente nulla del genere.

 

 

 

 

 

 

Storia betata da splendida bFree <3

 

 

  
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