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Autore: AlbertoZeusSon    02/12/2013    4 recensioni
Questa storia basata sul mondo di Percy Jackson narra di Albert Stone un ragazzo americano che viene a conoscenza di una notizia che gli cambierà la vita: è un figlio di Zeus
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Credo di avere le vertigini.

 
 
 
 
 
 
Ci potrebbe davvero servire. Federica si guarda il taschino ed ha una faccia strana.
-“A cosa ti serve? Una donna me lo ha regalato tre giorni fa. Mi ha detto di tenerlo con me.”- Diana la guarda con uno sguardo dolce, come per rabbonirla.
-“Per lui”- dice indicando Luke che sta molto peggio di prima, ora si contorce per il dolore, i suoi organi si stanno distruggendo.
Federica si toglie il rametto dal taschino e lo porge ad Anthony che si strappa un pezzo di stoffa dalla maglietta e lo poggia su una pietra e con il manico di un suo pugnale la pesta con molta energia. Poi prende il risultato e la ficca in bocca a Luke tappandogli la bocca per non fargliela sputare. Un po’ rude come metodo, ma si rivela efficace, anche se Luke lo guarda con occhi da killer.
Il mio amico si contorce un altro paio di volte, poi sembra migliorare.
Sbadiglia, si gira sul fianco e chiude gli occhi. Quella medicina deve essere soporifera. O come sempre, ha sonno. Mi meraviglio che non sia figlio di Ipno.
Andie gli si avvicina, e gli accarezza la fronte e i capelli mentre dorme. Sono molto dolci insieme.
Ci sediamo attorno ad un fuoco che Red ha gentilmente acceso, e iniziamo a parlare-“Da dove venite?”- accenna Dylan ancora con aria diffidente.
-“Ottawa, Canada.”- dice Diana, scuotendo i capelli e mostrando gli occhioni verdi. Red ci rimane secco guardando i suoi occhi. Mi sa che è un mio colpo. Un colpo di fulmine -“Voi? Ah giusto, dal campo.. Avete per caso incontrato una ragazza con i capelli rossi? È figlia di Ares. Di solito fa coppia con un’altra ragazza dai capelli rossi, che è figlia di Zeus.”- continua Diana.
-“No. Perché le cercate?”- prendo io le redini del discorso.
-“Le stiamo cercando. Si chiamano Martina Spark ed Elena Bons. Cacciavano insieme. Le chiamavano “La Morte Rossa” per via dei capelli.”- Red sembra ansioso di dire qualcosa. Sta contando fino a dieci come fa per le decisioni importanti, o quelle che lo emozionano.
-“Perché non restate con noi? Se siamo in più persone abbiamo maggiori possibilità di trovarle.”- dice Anthony tutto d’un fiato.
Le due ragazze si consultano, e poi accettano la nostra proposta.
-“Andiamo a letto?”- dice Joker, che sembra avere molto sonno.
Annuiamo e ci mettiamo a dormire.
-“Albert? Dove sei? Vieni a giocare con noi. Ti divertirai.”- sono in un prato verde, e dei semidei stanno giocando a pallavolo. Qualcuno mi passa la palla, io la tocco e questo prato si infiamma, le persone che stanno giocando si sciolgono, e ritorno nella caverna dei miei incubi. Ci sono gli stessi semidei con la maglia arancione del campo che stanno attaccati al muro. Tutti hanno la faccia impaurita. C’è una ragazza che mi stupisce. Non ha paura. È solo sdegnata ed arrabbiata. Ha i capelli rossi come l’alba, ed ha un anello all’anulare con sopra inciso “Martina”. È la ragazza di cui parlavano Diana e Federica. Cerco Elena tra le persone vicine a lei, ma non c’è. Una ragazzina inizia a piangere disperata. La donna che ho sempre sognato le si avvicina e le tocca la fronte con due dita, e questa cade in un sonno profondo, mentre io mi sveglio.
Mi alzo dal sacco a pelo. Tutti dormono, tranne Luke.
-“Buongiorno. Come ti senti?”- lui si gira e mi vede. Mi sorride e ricambia il mio saluto con la mano.
-“Sto bene, grazie Al.”- dice lui.
Passiamo qualche minuto a parlare di lui ed Andie. Poi decido che è il caso di svegliarli. Ma lo faccio in modo originale.
Mi arrampico su un albero e grido-“DRACENEE!!”- tutti si alzano di scatto con le armi pronte. Quando capiscono che era uno scherzo mi lanciano imprecazioni in greco e in altre lingue a me sconosciute.
 
 
Siamo tutti pronti. Così ripartiamo. Camminiamo per diversi minuti fino a che non entriamo in un ipermercato per rifornirci di cibo e per diciamo prendere in prestito una macchina.
Io mi avvio verso la corsia del pane insieme a Dylan. Luke, Andie e gli altri vanno a prendere roba in scatola, acqua ed altre cose che servono a loro.
Paghiamo tutto, ma continuiamo a passeggiare un po’ nell’ipermercato.
Passiamo davanti a numerosi negozi, il mio preferito è un negozio di musica con in esposizione una Gibson Diavoletto con quella di Angus Young, quanto la vorrei comprare..
Usciamo dall’imponente costruzione in cemento e vetro e ci dirigiamo al parcheggio per trovare qualche bella macchina.
Ci sono una Maserati, un paio di Ford vecchio modello. Poi trovo la macchina perfetta per noi. Una BMW da sette posti, anche se siamo in otto.
 
 
Dylan si occupa dell’accensione e disinnesca l’allarme. Io mi metto alla guida, ed usciamo dal parcheggio.
Sfreccio fra la macchine. Mi sento libero. Quando guido, quelle poche volte che guido dato che ho sedici anni e non potrei, mi sento come se nessun problema mi possa raggiungere.
Sorrido vedendo che i miei amici si reggono alle cinture di sicurezza.
-“Albert rallenta. Sei un pazzo!!”- dice Diana, io accelero ancora di più, e Ciro insieme a Dylan mi istigano.
-“Vai Albert, sei un grande. Più forte, più veloce!!!”- accelero ancora un po’, aumentando l’attenzione sulla strada.
-“Albert, rallenta ora.”- Federica si impone, il suo tono di voce sembra serio, così decido di rallentare. Sento dei sospiri di sollievo e  degli sconsolati “Oh”, come per un gioco finito.
 
 
Fermo la macchina in un parcheggio. Dylan mette un adesivo con un caduceo disegnato sopra sulla portiera della macchina. Chiedendo spiegazioni, Dylan ci ha rivelato che con quell’adesivo la macchina può essere portata via solo da noi e non può essere tolto che da un figlio di Ermes.
Saliamo nel centro di New York, e ci dirigiamo all’Empire State Building, per parlare con quei geni del male dei nostri padri.
 
 
Arriviamo di fronte all’immensa struttura, e decidiamo di entrare. Chirone ci aveva detto-“Entrate nell’Empire State Building, e chiedete del seicentesimo piano al tipo strano.”
Ci avviamo verso il tipo alla reception. Ha i capelli sparati in modo assurdo, fin qui tutto normale. Quello che mi fa pensare che sia lui sono due particolari: il fatto che abbia del ghiaccio attaccato alle narici, e la sua targhetta che dice “Impiegato Olimpo”.
-“Hmm”- tossisco per attirare la sua attenzione, lui alza lo sguardo -“Salve, dovremmo andare al seicentesimo piano. Siamo in sette, loro ci aspettano qui”- dico indicando Diana e Federica.
-“Scusami, figliolo. Cosa hai detto?”- penso di aver trovato il tipo strano sbagliato.
-“Mi ha capito benissimo.”- Luke e Dylan tentano di farmi ragionare, prima che il tizio chiami il manicomio più vicino.
-“Hai appuntamento? Zeus, non riceve senza.”- tiro un sospiro di sollievo.
-“No, ma mio padre”- parlo con un tono minaccioso -“sarà felice di conoscermi.”- il tipo annuisce, si alza, prende una chiave elettronica e ci guida in un ascensore grande quasi quanto la mia vecchia stanza. Inserisce la chiave in una fessura, e ci dice -“Premete quel tasto”- ci giriamo e vediamo apparire un tasto rosso con scritto sopra “600”.
Lo premo e le porte si chiudono. Iniziamo a salire.
 
Di sottofondo c’è “My Baby Just Cares For Me” di Nina Simone.  
 
Passano diversi minuti e le porte si aprono e strizziamo gli occhi per la forte luce che entra dal pianerottolo dove siamo arrivati. Mah… altro che pianerottolo, questo è un centro abitato in aria.
-“Ragazzi…”- inizia Dylan.
-“Questo…”- continua Anthony.
-“È…”- Red interviene.
-“Stratosferico?”- concludo io.
-“No, è l’Olimpo”- mi corregge Mr. Sapientino. Si, Luke.
 
Entriamo nella città bassa dell’Olimpo. Abbarbicati lungo i versanti ci sono dozzine di eleganti palazzi — una città di ville — tutti provvisti di portici e colonnati bianchi, terrazzi dorati e bracieri di bronzo che scintillano di migliaia di fuochi. Le strade si arrampicano con un tragitto folle e tortuoso fino in cima, dove il palazzo più grande di tutti brilla sullo sfondo candido della neve.
È un perfetta città dell’antica Grecia. Ma è in perfette condizioni. Un aereo passa sotto il pavimento dove sto camminando, così mi butto a terra come un idiota, ma il pavimento non trema minimamente. È come se ci fosse una barriera che ci isola.
Iniziamo a inerpicarci su per la strada principale, verso il grande palazzo che si erge sulla vetta del monte.
L'ultima scalinata termina su un cortile interno. Superato questo, siamo nella sala del trono.
Ma "sala" non è la parola giusta. In confronto a quel posto, la stazione centrale di New York sembra lo stanzino delle scope. Massicce colonne si levano fino a un soffitto a volta, ornato di costellazioni dorate in movimento.
 
Dodici troni sono disposti come una U capovolta, proprio come le capanne del Campo Mezzosangue. Ci sono molti altri troni più piccoli posti alle due estremità.
Sui troni sono sedute sei persone. Volevo dire, sei giganti. Quattro uomini e due donne. Un uomo ha la barba folta vestito con un completo scuro che ha alle spalle una minacciosa folgore azzurra. Il secondo è vestito in modo casual, è perfettamente raso, e impugna un caduceo. Il terzo è sporco di olio motore, e sta maneggiando con un V8 tra le mani, imprecando di tanto in tanto. Il quarto invece è completamente vestito d’oro, e sta accordando una lira strimpellando qualche nota di tanto in tanto. Le donne stanno guardandosi con disprezzo, ma senza dire una parola. La prima ha un gufo accanto a se e lo sta accarezzando. Ha le così dette rughe dello studio sotto il collo. La seconda invece cambia aspetto ogni volta che la guardo. Un secondo è Angel, un altro sembra Angelina Jolie vestita da Lara Croft. Sembrano ignorarci. Sono Dei, è normale.
-“Ciao papà”- dico io rivolgendomi all’uomo elegante. Gli sorrido, ma lui non contraccambia il mio sorriso. Sembra sempre arrabbiato, come una tempesta sul nascere.
-“Benvenuti”- dice Ermes, battendo il caduceo a terra -“Cosa volete da noi divini?”- finisce la frase e ci strizza l’occhio sinistro.
-“Vorremmo sapere chi sono gli dei che vi hanno tradito?”- dice Dylan facendo un passo avanti. Vuole fare colpo su suo padre e noi sui nostri.
Ermes si acciglia ma poi parla-“Nessuno ci ha tradito.”- mi passo una mano tra i capelli e Angelina/Angel mi ammicca con gli occhi. Penso sia un complimento, ma lascio stare la questione -“Loro ci hanno pugnalato alle spalle. Per ora non ne siamo certi. Io stesso mi sto occupando della questione.”  
-“Ok, allora noi, ce ne andiamo”- dice Joker salutando con la mano destra.
-“Fermi.”- L’uomo con l’abito, Zeus, ci ferma -“Provate a Las Vegas. So che dei traditori sono in un casinò.”
-“Casinò? Fantastico! Finalmente questa missione prende una piega interessante.”- gli sorridiamo e andiamo via.
Un’incontro inutile. Ci ha solo rallentati.
Ciro sembra essere triste. Forse perché non ha mai incontrato suo padre, mentre noi li abbiamo incontrati.
 
Ci incamminiamo verso l’ascensore.
-“Nella prossima missione andremo negli inferi. Te lo prometto.”- lui abbozza un sorriso.
Entriamo nella stanza mobile. Anche detta ascensore.
 
Questa volta la canzone di sottofondo è “The Look of Love” di Diana Krall.
 
-“Ding!”- le porte si aprono, usciamo dall’ascensore ed usciamo salutando mister Ghiacciolo. Ritroviamo le ragazze che stanno mangiando delle caramelle prese dal distributore. Facciamo loro segno di seguirci.
Chiamiamo un taxi per riportarci al parcheggio.
Ci si avvicina una limousine, con su scritto “Casinò Lotus”. Le porte si aprono e dentro c’è una ragazza dai capelli rossi.
-“Avete bisogno di una mano ragazzi?”- Diana e Federica le sorridono. C’è da fidarsi?
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
Salve a tutti ragazzi. Ho finito il settimo capitolo.
Il prossimo arriverà forse dopo le feste natalizie. Spero continuerete a leggerlo.
Un saluto,
Alberto.

  
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