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Autore: skippingstone    02/12/2013    3 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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7. Lunga vita ai Giochi, corta vita a me?
 
Livius sta accarezzando i petali di rose bianche. Accanto a lui ci sono molti vasi che contengono altri fiori: petunie, orchidee, mimose, edere velenose, minuscole piante carnivore. 
Siamo nella sua stanza e la scrivania è diventata il suo piccolo laboratorio speciale. Sta mischiando del polline e un fango fatto con acqua e terre della vecchia caverna del distretto. Io sto sfogliando il suo libro che tratta di veleni.
«Snow, un giorno creerò delle medicine che chiamerò con il nostro nome. La medicina Livius che serve a curare ferite di scottatura e la pozione Corolianus che serve a far ricrescere un arto.»
Sorrido. La passione di Livius mi ha sempre affascinato, colpito.
«No, Livius, il mio nome lo devi dare a un veleno.»
Livius sbuffa e continua a girare con un cucchiaio di legno rubato in cucina.
«Snow, io non creerò mai veleni.»
«Livius, è scritto anche qua: non tutti i veleni sono cattivi. Anche se il mio preferito è il silenziudile.»
Livius lascia stare gli attrezzi e si volta.
«Divertente. Tu, che sei la persona aggressiva che resta in silenzio solo per trovare parole migliori per insultare, ami un veleno letale che ha, nel nome, la parola silenzio?»
«A volte bisogna solo star zitti... e far zittire.»

È notte fonda. Io sono rimasto con Victor nel vagone in cui mi ero nascosto per piangere. Inevitabilmente abbiamo parlato di Livius, della nostra amicizia, dei ricordi. Il treno si ferma e ci alziamo.
«È arrivata l'ora di andare, Snow.»
Sospiro. Mi affaccio al finestrino e, con sorpresa, una folla sta aspettando la mia uscita dal treno.
Controllo le loro teste e scorgo, per ognuno di loro, dei cappelli che si illuminano intonati al colore dei vestiti. Level scende senza di noi e, subito, la lodano, le urlano parole di gioia, la salutano. 
Io mi chiedo come facciano ad avere la forza e l'energia di celebrare noi tributi visto che, solitamente, si dorme a quest'ora. Victor mi tira per un braccio e mi intima a scendere ma io vorrei restare qua, per sempre.
Prendo un altro gran respiro, chiudo gli occhi e mi dico che andrà tutto bene: la parte peggiore ancora deve arrivare.
Riapro gli occhi e anche le porte di quest'altro vagone si sono aperte. Il popolo di Capitol City mi guarda e non parla. Nessuno mi festeggia, nessuno chiama il mio nome, nessuno mi saluta. Inizio a scendere e metto piede sul suolo della capitale. Cammino lentamente perché i miei occhi studiano i loro. Ho paura che mi vedano come io vedevo il gatto del Presidente Morse.
Comunque anni di bullismo mi hanno fortificato e, infatti, loro sembrano i coetanei che non mi accettavano. Neanche questi adulti hanno intenzione di accettarmi, e, di conseguenza, io mi chiudo in un muro di mattoni stabili. Avrò molto tempo per pensare a cosa fare: se attaccarli (come vorrebbe il mio "soccorritore" Morse) o cercare di comprarmeli (come vorrebbe il mio mentore Victor).
Il mio camminare lento e il loro guardarmi in modo indiscreto si interrompono perché siamo tutti catturati da ciò che appare su degli schermi giganti situati sulla cima di due grattacieli. Dapprima un rumore acuto e, poi, l'inizio di un filmato. Tutti possono riconoscere la mia figura di schiena. È un fatto accaduto durante la mietitura perché riconosco i panni che indossavo. La scena si allarga e si vede Livius sul palco. Lui mi guarda e, colpo di scena, la mia testa fa uno strano movimento prima che Livius prenda il fucile dalle mani del soldato e si spari. La camera restringe su di me e poi fa una leggera curva per riprendere il mio viso in primo piano: io sto quasi sorridendo. 
Lo schermo diventa nero e una scritta a caratteri cubitali di color argento illumina tutto: "E se fosse stata un'architettura?" Questa prima scritta scorre verso il basso e ne arriva una nuova dall'alto: "Se Livius e Snow avessero deciso tutto solo per poter colpire Voi, cittadini di Panem?"
Scompare questa, ne arriva un'altra: "Se loro fossero nemici della capitale? Se volessero distruggere i Giochi solo per poter sembrare buoni e, poi, salire al potere?" Va via la frase ed ecco una mia foto. "Lunga vita ai Giochi, lunga vita a Panem, lunga vita a Morse! Corta vita a Snow?" Quest'altro testo sovrasta la mia foto che, dopo un po', prende fuoco e diventa cenere. 
Cerco di ricordare la realtà, di pensare bene a quello che ho fatto durante quel giorno, quell'ora, quel minuto e sono il primo ad ammettere che, forse, è davvero andata così. Ma non è come dice questo video, non sorridevo perché il nostro piano era andato a gonfie vele in quanto non esisteva nessun piano. La morte del mio migliore amico era arrivata come un fulmine a ciel sereno. 
Un altro rumore acuto: questa volta sono le urla di dissenso. 
Io decido di restare zitto, anche se vorrei far zittire loro.
Victor mi spinge facendo accelerare il mio passo, entro nel palazzo e tutti si allontano dalla mia persona, prendono le dovute distanze. Victor continua a spingermi e chiama Level.
Arriviamo in una stanza e il nostro mentore parla ma io non riesco ad ascoltarlo perché continuo a pensare a quel mio sorriso e a quell'architettura creata da chissà chi. La mia mente incolpa una sola persona, l'unica persona che poteva avere questi video e il potere di farli andare in diretta su mille schermi.
Victor accende la tv per scoprire la reazione generale. Stanno trasmettendo quello che mi è capitato prima. Ora stanno intervistando quegli stessi signori di Capitol City che mi analizzavano. Molti, quando viene chiesto loro chi sia il tributo per cui tifano, rispondono Tacito.
Victor ci dice che egli è il tributo del distretto 1, perciò uno dei Favoriti. Infatti il distretto 1 è quello che ha più vincitori nella storia degli Hunger Games. 
Sempre nella mini-intervista, quando viene chiesto chi sia invece il tributo più odiato, rispondono il nome di Snow e non serve che Victor dica chi sia questo Snow. 
«Siamo fottuti.» - Level spegne la televisione e commenta l'accaduto - «Mai come quest'anno noi siamo fottuti!» 
Io la guardo senza capire come io possa intaccare il suo percorso, come io possa essere un "noi".
«Perché siamo? La folla urlava contro di me mentre tu eri acclamata come se fossi una regina del paese di chi cazzo si ricorda il nome.»
«Non c'entra niente, re del chi cazzo si ricorda il tuo di nome! Io e te siamo il distretto 2. Se tu affondi, io affondo.»
Al sentire questa affermazione, io rido e lei mi guarda in modo infastidito.
«Cosa c'è da ridere?»
La ragazza caccia gli artigli. Tutta quella dolcezza dimostrata nella piccola conversazione avuta sul treno va a farsi benedire per dare spazio ad una giocatrice che pensa sia già spacciata.
«Non vedo come la gente possa considerare me e te nello stesso modo. Io sono una persona, tu un'altra. Ciò che farai nell'Arena sarà completamente diverso da quello che farò io. Noi non siamo né alleati né amici né una sola persona perché veniamo dallo stesso posto.»
Le dico quello che davvero penso e lei si offende. Forse era partita con un'idea e, ora, se la trova stravolta a causa mia, ma poco importa. Meglio chiarire da subito che io e lei abbiamo poco in comune se non il fatto che siamo due tributi. Per le altre cose io non ho intenzione di creare alleanze con nessuno, nemmeno con Morse che mi ha incastrato.
«Bene, allora è così. Ognuno per la sua strada e se ci incontreremo, beh, sarà fortunato quello che avrà in mano un'arma.»
Mando all'aria, sin da subito, la mia prima probabile alleanza utile e Victor non ne rimane stupefatto. 
«Chi sono quei due?»
Level indica i due ragazzi che sono seduti su un divano arancione. 
«Per un attimo ho creduto di essere un fantasma.» - tra i due è la ragazza che parla.
Lei si mette in mostra sia per il suo abbigliamento appariscente sia per il suo carattere che, da subito, appare forte e deciso già dai suoi movimenti. I suoi capelli sono raccolti in mille ciocche di dreads di color corvino e verde elettrico. Indossa un vestito che le arriva fino al ginocchio, anch'esso nero con dei richiami verdi elettrico.
Si alza e ci saluta con un cenno della mano.
«Questo conflitto mi ha ispirato così tanto che ho cambiato idea su tutto quello che avevo in mente per voi. Siete stati come l'orgasmo che mi fa provare nuove sensazione.»
Victor socchiude gli occhi mostrando il completo dissenso nelle parole della ragazza ancora sconosciuta.
«Oh, Victor, ti prego. Secondo te loro due non sanno cosa sia un orgasmo? Sai quante notti passate a trastullarsi con le loro cose personali? Soprattutto lei.»
Indica Level ed è palese che la stia spogliando con la fantasia. Starà, perfino, immaginando l'intimo scivolare giù.
«Io sono Cosima, Cosima Flickerman e lui è mio fratello Caesar. Insieme saremo i vostri stilisti.»
Anche il ragazzo si alza. Indossa una parrucca blu elettrico, i suoi vestiti hanno lo stesso colore dei capelli sintetici.
«Vogliamo iniziare dalla ragazza?»
  
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