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Autore: LaGraziaViolenta    03/12/2013    15 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove gli unicorni la fanno da padrone, Rarity mostra il suo amore per la moda nonché una certa predilezione per la lana e dove un tè un po’ rustico scioglie l’atmosfera. E non solo quella. Parte 2
 
 
Sigla di apertura: http://www.youtube.com/watch?v=xGWFa6k-LlY
 
 
Hagrid spinse la porta di legno, anche se io avrei potuto tranquillamente definirlo portone, ed entrammo nella capanna.
Il calore del fuoco mi scaldò subito il viso. Con un sospiro di sollievo tolsi sciarpa e guanto e li ritirai nella borsa. Il guanto masticato come una cicca decisi di tenerlo appoggiato sopra la borsa, così non avrebbe sporcato tutto il resto.
«Sedetevi pure» disse Hagrid. Da un gancio prese un bollitore.
Mi guardai intorno. Era senza dubbio una capanna, ma le misure erano tutte taglia Hagrid. Albus si sedette su una poltrona e si tirò indietro per appoggiarsi allo schienale. I suoi piedi non toccavano terra. Mi sorrise e con un cenno col mento indicò la poltrona di fronte a lui.
Mi affrettai a sedermi. Cavolo, ora sì che sapevo cosa provava Alice nel Paese delle Meraviglie.
«Ecco… Tra poco sarà pronto il tè. Sì.» Hagrid si sedette su un’altra poltrona. Prese un ciuffo della barba grigia tra le dita e iniziò a rigirarla.
Avevo la vaga sensazione che il guardiacaccia fosse imbarazzato quanto me. Mi guardai la punta dei piedi. Le scarpe erano più scure ai lati e sulla punta c’erano ancora dei pezzetti di neve. Puntellai le mani sul cuscino della poltrona e mi tirai indietro per appoggiarmi anch’io. Tirai indietro la testa e mi accorsi che picchiava contro lo schienale. Era immenso in confronto a me. Abbassai lo sguardo e con l’unghia iniziai a grattare pian piano il tessuto ruvido della poltrona.
«Hai avuto una bella idea, Hagrid, a iniziare il semestre con gli unicorni» disse Albus. «Sono un argomento interessante, piacciono a tutti.»
«Oh, lo so che agli studenti gli unicorni ci piacciono!» disse Hagrid. Si aprì in un ampio sorriso, o almeno così sembrava sotto la barba grigia. «Ho fatto una fatica a pigliarne uno… Il puledro però ho dovuto liberarlo, avevo intravisto la mamma tra gli alberi. Probabilmente era venuta a prenderlo.»
Il caldo nella capanna stava iniziando ad essere soffocante. Slacciai il montgomery e lo feci scivolare giù dalle spalle.
«È un peccato» disse Albus. «I puledri sono davvero dei begli animali. Avresti potuto tenerlo ancora un po’, oppure prendere anche la madre.»
«Mica è facile!» disse Hagrid. «Ho preferito tenere il maschio.»
Mi irrigidii. La mia schiena aderiva perfettamente allo schienale. Sentivo i miei muscoli pietrificati come quelli di una statua… «Il maschio
Hagrid intrecciò le dita grandi come salsicce e rise. «Sì, è amichevole tanto quanto le femmine, e almeno la mamma ha potuto portarsi via il puledro. È una bella bestia anche lui.»
Rarity. O almeno, quello che credevo essere Rarity. Non era Rarity. Era trans Rarity.
L’immagine dell’unicorno nella mia mente fu attraversata da una crepa. Il tintinnio del cristallo rotto. L’immagine tremò, poi esplose in mille pezzi.
«É…» Deglutii. Inspirai. «É… Così…»
«Ci mancano le parole, eh?» fece Hagrid con un sorriso a trentadue denti. «Ma però tu non frequenti Cura delle Creature Magiche, vero?»
Trans Rarity. Questo sì che era uno shock.
Oppure no, magari poteva perfino diventare qualcosa di accettabile. Tipo una versione genderbend.
Male Rarity.
Poteva. O no?
«No, no» mormorai.
«Ah, ecco, mi pareva.»
Gli pareva? Corrugai la fronte. Ah, già, Hagrid aveva fatto una domanda. Aveva preso i miei borbottii come una risposta. Cos’aveva chiesto?
Il bollitore fischiò.
«Oh, deve essere pronto, datemi un attimo.»
Hagrid si alzò.
Di fronte a me Albus si mosse sulla poltrona. Gli lanciai un’occhiata implorante. Lui si strinse nelle spalle. Girai gli occhi verso Hagrid, senza muovere la testa, poi tornai a guardare Albus. Lui mi sorrise.
«Come mai non hai scelto Cura tra le materie opzionali? Mi sembra che gli animali ti piacciano.»
Ah, perciò si stava parlando di Cura delle Creature Magiche. Accennai un sorriso di gratitudine ad Albus. Quant’era difficile sostenere una conversazione.
«Mi piacciono gli animali, sì. Ehm… A casa ho dei pesci rossi. Ma se ne occupa mamma.»
Hagrid appoggiò sul tavolino un vassoio di biscotti e si allontanò di nuovo. Mi sporsi verso il vassoio. I biscotti assomigliavano vagamente alla ghiaia di un vialetto. Guardai Albus. Lui finse di guardarsi intorno e scosse il capo.
Hagrid tornò e posò sul tavolino le tazze di tè, poi prese la propria tazza. La sua aveva le dimensioni del secchio di un pozzo, ma era un dettaglio trascurabile.
«Servitevi pure, niente complimenti.»
Mi staccai dallo schienale e scivolai sul bordo della poltrona. Presi la mia tazza. Era bollente. Il calore cominciò a invadermi le mani.
Cavolo, non c’era il latte da aggiungere. Sperai che fosse già zuccherato, visto che Hagrid aveva dimenticato la zuccheriera. Soffiai sul tè fumante.
«Hai detto che hai pesci rossi?» chiese Hagrid. «E che te ne fai dei pesci rossi?»
Mi strinsi nelle spalle. «ۛEhm… Li guardo?»
«Per una strega non potrebbe essere più interessante avere, chessò, un’Acromantula?»
«Dubito che Serena voglia un ragno gigante in casa sua» intervenne Albus.
Un ragno gigante, eh? Mi morsi un labbro. «C’è sempre il DDT.»
«Come?»
«Niente.» Soffiai sul tè e ne bevvi un sorso. Era bollente e amarissimo. Mi costrinsi a deglutire senza fare smorfie. Fui scossa da un brivido. Imprecai contro il palato criminale degli inglesi.
«Magari se ti piace il corso puoi venire lo stesso a lezione» mi disse Hagrid. «Per interesse personale. C’ho spesso animali molto interessanti, adesso a quelli del quarto anno ci sto mostrando gli Schiopodi Sparacoda.»
Povero Hagrid, sembrava tenerci davvero molto. Non volevo deluderlo. Forse potevo provare ad essere cortese. «Sembrano interessanti.»
«Moltissimo!»
Di fianco ad Hagrid Albus si agitò sulla poltrona. Si schiarì la voce. Se la schiarì un’altra volta. Finalmente lo guardai. Albus mi fissò negli occhi e scosse appena il capo.
«… ma credo che il mio piano di studi sia un po’ troppo fitto. Ho poco tempo libero, purtroppo.»
«Veramente? È un peccato. Che corsi segui?»
Arricciai il naso. Prima Paciock, ora Hagrid. Professori ficcanaso, che si tagliassero la lingua.
«Giusto, Serena, non te l’ho mai chiesto, che corsi segui?»
Ah, già. Albus! Come avevo fatto a non includerlo nella lista! Potevano organizzare gli Hunger Games a Hogwarts, come fascia d’età ci stavamo. Qualche Senza Voce sarebbe tornato utile, ogni tanto.
«Ehm, be’… Seguo Pozioni ed Erbologia.»
«Con Neville!» esclamò Hagrid. «Me lo ricordo a scuola, ci aveva un talento tutto speciale per le piante.»
Un talento tutto speciale? Bene, così Jeanie e il professor Paciock avevano in comune il loro cutie mark. Ma se fosse stata Jeanie a diventare la prossima professoressa di Erbologia, probabilmente piuttosto che affrontare un suo esame gli studenti avrebbero preferito il canto delle Mandragole.
«Poi seguo Rune Antiche, Storia della Magia…»
«Divertente fino alla morte» borbottò Albus.
Sorrisi. «…Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure e Babbanologia.»
Albus sollevò le sopracciglia. «Babbanologia?»
Mi strinsi nelle spalle. «Mi piace vincere facile.»
«Difesa contro le Arti Oscure non è un corso facile» fece Hagrid. «Facci attenzione. E come mai niente Trasfigurazione?»
Strinsi più forte il tè tra le mani. Il calore della tazza mi invadeva le dita e i palmi. «Non ho passato il G.U.F.O.»
«Ah.» Hagrid guardò Albus, poi tornò a guardare me e si stropicciò la barba grigia. Io abbassai lo sguardo e fissai il tè scuro.
«Difesa contro le Arti Oscure è più importante» proclamò Albus.
«Sicuro» gli fece eco Hagrid.
Stavano cercando di non sminuirmi. Era un’impresa difficile visto che vicino a me perfino Mirtilla Malcontenta sembrava Terminator. Erano davvero gentili. Arrossii e accennai un sorriso.
Io e Albus finimmo di bere il tè. Quando mi alzai in piedi urtai il vassoio sul tavolo e un paio di biscotti rotolarono per terra. Il tonfo che produssero mi fecero pensare a delle palle da bowling su una pista. Ringraziai il cielo di non averli mangiati.
Io e Albus uscimmo dalla capanna e ci avviammo verso il castello. Indossavo un solo guanto visto che il suo gemello era ancora fradicio. Se non altro il sentiero ci risparmiava di dover sprofondare nella neve.
Passammo di nuovo davanti al pupazzo col cappello verde. Vederlo in mezzo al giardino, a una distanza che lo faceva apparire grande due dita, lo faceva somigliare alla decorazione di una boccia di neve. Una boccia di neve a tema The Nightmare Before Christmas, s’intende.
Finché non si mosse.
Strabuzzai gli occhi. Strizzai le palpebre per metterlo meglio a fuoco.
Da dietro al pupazzo di neve vidi spuntare una sagoma. Una sagoma rotonda. La sciarpa rossa e gialla. Dietro a questa spuntò un’altra sagoma. Un’altra sciarpa rossa e gialla. Capelli rossi.
Chelsea mi fece ciao ciao con la mano e poi si coprì la bocca. Perfino da quella distanza, da cui mi appariva grande come un dito, potevo vedere come le venisse da ridere. Rose le diede un colpo sulla spalla. Scomparvero di nuovo dietro al pupazzo.
No, cioè. Mi passai la mano sugli occhi. La lana morbida e gelata del guanto sfregò contro la mia pelle.
Come si sarebbe dovuto dire in inglese?
Facepalm.
Albus si schiarì la voce.
Mi voltai verso di lui. «Hai mal di gola?»
O hai visto tua cugina?
«No.» Afferrò la sciarpa verde e argento. Mi fissò. «Volevo chiederti… Se ti va di prendere qualche dolce, in cucina. Un dolce commestibile, intendo. Per scaldarci un po’.»
In cucina? Quindi illegalmente. E con gli elfi. «Oh.» Abbassai lo sguardo sulla neve grigia e pestata.
«Non ti va?»
«No, è che…» Mi portai la mano senza guanto sulla guancia. Era bollente.
«Non ci scopriranno» disse Albus. «Non sono molti gli studenti che sanno dove sono le cucine. Be’, a parte la tua amica Grifondoro…»
La mia amica Grifondoro in questo momento sta sghignazzando insieme alla tua cugina rossa, dietro a quel pupazzo di neve. Dovresti riservare loro lo stesso trattamento che hai riservato a tuo fratello.
Dovetti fare violenza su me stessa per resistere alla tremenda tentazione di dirglielo.
Quindi, le cucine.
Potevo dirgli la verità?
Pillolina rossa o pillolina blu?
Dovevo decidere. Mi morsi il labbro.
Avanti. Gli avrei detto la verità.
«Ho dimenticato di dare a Merry e Pepper… Cioè, intendo dire, ai due elfi domestici…»
«Hai due elfi domestici?» fece Albus.
«No! Ecco, Merry e Pepper sono due… Ovviamente nelle cucine… Quando Chelsea vuole andare nelle cucine loro ci aiutano sempre e ci danno sempre dei dolci in più, perciò avevo preso due biglietti musicali per loro per Natale, ma non sapevo se i gufi portassero la posta agli elfi domestici, così non glieli ho mandati, e… E… Insomma, non glieli ho ancora portati.» Ormai il mio viso era bollente. «E ho vergogna ad andare da loro senza regalo di Natale. Ma ormai sono in ritardissimo, e ho ancora più vergogna a portaglieli.»
La neve continuò a scricchiolare sotto le suole delle nostre scarpe. Albus si grattò la punta del naso. «E li hai qui a Hogwarts, questi biglietti musicali?»
«In dormitorio…»
«Allora non vedo il problema. Valli a prendere, ti aspetto, e poi glieli puoi portare.»
«Dici che non faccio una brutta figura?»
«Figurati. Gli elfi domestici non si aspettano mai dei regali. Noi ne abbiamo uno a casa. Ti assicuro che regali di Natale proprio non se li aspettano. Non se la prenderanno per il ritardo, ne saranno solo contenti.»
«Se lo dici tu…»
Fu un sollievo raggiungere l’atrio d’ingresso. Sulla soglia picchiettai la punta delle scarpe per staccare la neve dalle suole.
«Ti aspetto nelle cucine, allora» disse Albus.
Corsi nel dormitorio dei Tassorosso, presi i biglietti musicali e mi avviai verso le cucine più velocemente che potei. Davanti al quadro di frutta non trovai Albus. Probabilmente era già dentro. Solleticai la pera ed entrai.
Non appena misi piede in cucina fui assalita da un’ondata di calore, profumo di carne e patate arrosto e dal vociare acuto di centinaia di elfi.
«Signorina! È tornata signorina!»
«La signorina Serena è tornata!»
Dal mare di elfi emersero Merry e Pepper. Si inchinarono. Fecero due passi verso di me e si inchinarono ancora. Fecero altri due passi e piegarono di nuovo la schiena.
«Basta, basta inchini!» dissi. Mi avvicinai ai due elfi. Piegai le ginocchia e mi sedetti sui talloni, per poterli guardare in faccia.
«Signorina Serena vuole dolci, signorina?»
«Pepper! Signorina Serena prende sempre dolci, non lo sai ancora? Vero signorina Serena, signorina?»
Mi sfuggì una risatina nervosa. I due elfi mi fissarono con i grandi occhi. Pepper alzò la mano e si sfiorò il fiocco rosa sull’orecchio.
Deglutii. Tesi loro i biglietti di Natale. «Per voi, cuccioli. Scusate il tremendo ritardo… Non sapevo se i gufi vi portassero la posta e questa settimana avevo da fare…»
Questa settimana mi sono depressa, poi sono ritornata forzosamente alla vita per colpa di Paciock, poi ho dovuto fare indagini su Jeanie Joy e poi sono dovuta uscire con Albus, maledizione. Decisamente troppo da fare.
Pepper corrugò la fronte. «Per noi, signorina?»
Annuii. Sentii il calore salirmi al viso, ma non ero sicura che fosse colpa del caldo delle cucine.
Merry e Pepper presero i bigliettini. Li aprirono e le musichette partirono contemporaneamente. Merry sussultò.
«Cos’è?»
«Un bigliettino babbano. Apritene uno per volta…»
Pepper aprì il bigliettino e iniziò a suonare Santa Claus is coming to town.
Fui assalita da un dubbio atroce. «Conoscete le canzoncine di Natale, vero?»
Pepper mi guardò con gli occhi sgranati.
Mi sembrò di sentire una goccia di sudore rotolarmi giù dalla tempia. Stiracchiai un sorriso. «You better watch out, you better not cry, better not pout, I'm telling you why, Santa Claus is coming to town…»
Un secondo dopo ricevetti un colpo in pieno petto. Allungai le mani indietro e i miei palmi trovarono il pavimento di pietra gelata. Mi ritrovai con Pepper in braccio, le braccine magre dell’elfa che mi stringevano il collo.
«Pepper! Vergogna!» esclamò Merry. «Signorina Serena!»
Pepper lanciò un ululato acuto che rischiò di lasciarmi sorda da un orecchio. Oddio, che avevo combinato? Picchiettai una mano sulla spalla scheletrica di Pepper. «Dai, dai…»
Vidi Albus passare in mezzo alla folla degli elfi e arrivare di fianco a me. Gli lanciai uno sguardo disperato. «Cos’ho sbagliato?»
«Nessuno aveva mai fatto un regalo a Pepper, signorina Serena, nessuno!» squittì Pepper in prossimità del mio orecchio. «Pepper è felice! Pepper non merita ricompensa! Pepper fa solo il suo lavoro, signorina Serena, un elfo non vuole ricompensa! Non merita, non merita!»
Albus si strinse nelle spalle e sollevò un sopracciglio come a dirmi “che ti avevo detto?” Però sembrava che gli venisse da ridere.
Mi schiarii la voce. «Oh. Ecco. S-sono contenta che ti sia piaciuto, Pepper. È solo un bigliettino musicale, però. E pure in ritardo.»
Iniziò a risuonare nella cucina anche Jingle Bells rock. Guardai Merry e vidi i suoi occhioni marroni riempirsi di lacrime.
«Dai» fece Albus. Si abbassò verso di me, tese le braccia e le fece passare sotto le ascelle di Pepper. Per un istante il viso di Albus fu vicino al mio, ma il suo sguardo restò basso sull’elfa. Quando la staccò da me e la sollevò mi sembrò che il cuore stesse per uscirmi dalla gola.
«Signorina Serena troppo buona, troppo buona!»
Albus posò Pepper a terra e lei si asciugò gli occhi. Tirò su col naso. Di fianco a lei, Merry mi fissava ancora impietrito.
Temetti di averli traumatizzati.
Mi rimisi in piedi e diedi qualche colpo alla gonna per togliere la polvere.
«Andiamo di là, Serena?»
«Ehm.» Lanciai un’occhiata ai due elfi. Diedi loro un buffetto sulla testa. Non ero più tanto sicura che prender loro un regalo di Natale fosse stata una grande idea.
«Signorina Serena…» mormorò Merry. Pepper si soffiò il naso in uno straccio, il bigliettino di Natale al sicuro sotto l’ascella. «Signorina Serena» mormorò ancora Merry. «Lei è la più buonissima signorina di Hogwarts.»
Avvampai. «G-grazie.» Nascosi le mani dentro le maniche del maglione. «Ah, ehm… Vado un attimo… Con Albus…»
Indietreggiai. I due elfi si inchinarono. Indietreggiai di un altro passo. Merry e Pepper si inchinarono ancora. Diedi loro le spalle e fuggii verso Albus. Lui era appoggiato allo stipite della porta e aveva le labbra sollevate in un sorriso saccente.
«Te l’avevo detto che ne sarebbero stati felici.»
«Lasciamo perdere» mormorai.
Feci per entrare nella sala dei forni, ma mi bloccai sulla soglia.
Al centro del grande tavolo c’era una torta. La lucida glassatura di cioccolato la rendeva riconoscibilissima anche senza muovere un passo di più.
Guardai Albus. Lui si staccò dallo stipite della porta e arrossì. «Ho poca fantasia.»
Arrossii a mia volta. Guardai di nuovo la torta.
Albus si avvicinò al bancone. Lo seguii.
Il cuore ricominciò a martellare nel petto. Potevo sentirlo sobbalzare e chiudermi il respiro ad ogni battito.
Se lo avessi ringraziato poteva sembrare che dessi per scontato che la torta era per me. Sarebbe stato superbo da parte mia. Magari anche ad Albus piaceva la Sachertorte.
Raggiungemmo il bancone. Mi appoggiai sulla superficie fredda e mi sporsi verso la torta. Il piano e il piatto erano immacolati. La glassa era lucida ed omogenea, senza un grumo, e la scritta era perfetta. Il delizioso profumo di cioccolato si spandeva nell’aria.
Albus appoggiò i gomiti sul bancone, accanto a me. «La cosa più difficile è la glassatura. Se la spalmo con la spatola rimangono delle imperfezioni. Se è troppo densa non la ricopre a dovere. Se è troppo liquida la torta l’assorbe e diventa molliccia. Ci ho messo un po’ a capire come farla.»
Ai miei occhi quella glassa era perfetta. Mi sporsi un po’ a destra e un po’ a sinistra per osservarne i lati. «A me sembra… Sembra bella.»
«L’ho preparata stamattina.»
All’improvviso il mio lato destro si irrigidì. Il mio corpo era più consapevole del mio cervello di quanto Albus fosse vicino.
Incrociai il suo sguardo. Non eravamo mai stati così vicini. Neanche da Madama Piediburro. Neanche a Pozioni. Eravamo gomito a gomito.
Se non sentiva il martellare del mio cuore era un miracolo.
Albus era rosso in viso, ma mi sorrise. Non sembrava un sorriso forzato. Sembrava sincero. «Non dirmi che l’ho preparata per niente. La vuoi assaggiare?»
«Sì» risposi subito.
Albus si staccò dal bancone e andò a frugare in un cassetto. Ne approfittai per tirare un ampio respiro. Calma. Dovevo rimanere calma. Mi chiesi se sarebbe tornato vicino a me o se si sarebbe messo in un altro punto del tavolo.
Albus tornò con un coltello e due piattini. Si mise di fianco a me e trascinò il piatto della Sachertorte verso di noi. Puntò il coltello al centro.
«Pronta?» chiese con un sorriso.
«Vai» mormorai.
Il coltello ruppe la glassa e affondò nella torta. Lo sfilò e lo affondò di nuovo dentro, con più decisione. Lo infilò sotto la fetta, la sollevò e la posò sul piattino.
Sperai che non notasse che le mie mani tremavano. «Aspetta… Le forchette.»
Fuggii dal tavolo e andai verso i cassetti. Ne aprii uno e trovai le posate. Al primo colpo, che culo. Presi due forchette e tornai da Albus.
«A te l’onore» disse Albus.
La mia bocca era umida e piena di saliva. Deglutii. Con la forchetta ruppi la punta della torta. L’impasto era morbidissimo. Lo misi in bocca. Il sapore appena aspro della confettura di albicocche fu il primo. Poi il cioccolato amaro della glassatura si sciolse sulla lingua e si mischiò al dolce dell’impasto.
Era divina. Se fossi stata da sola mi sarei messa a piangere per quanto era buona.
Albus mi guardò. «Com’è?»
Mandai giù il boccone. Ruppi un altro pezzo con la forchetta. Punzecchiai la torta. Scossi il capo.
«Non è buona?»
Scossi di nuovo il capo. «Non ho parole.»
Albus sporse la testa in avanti. I suoi occhi verdi mi fissarono. «Non…»
«È buonissima» lo interruppi. «È la torta più buona che io abbia mai mangiato qui in Gran Bretagna. La mangerei tutti i giorni, se potessi.»
Inspirai. Gliel’avevo detto. Credevo che non ci sarei riuscita. E invece gliel’avevo detto. Senza balbettare. Senza mangiarmi le parole. Ce l’avevo fatta.
Le spalle di Albus si rilassarono. E inaspettatamente scoppiò a ridere. «Meno male! Cavolo, avevo capito che non ti era piaciuta!»
«No, no…»
Albus assaggiò un boccone. Arricciò il naso. «Forse c’è troppa marmellata…»
«Smettila di fare il modesto.»
Immediatamente gli occhi verdi di Albus incrociarono i miei. Fui travolta da una vampata di calore ed andai in panico. Ero stata inappropriata? Ero stata maleducata?
«Senti…» Albus abbassò lo sguardo. Ruppe un altro pezzo di torta, poi passò la forchetta sulla glassatura. «Io oggi mi sono divertito. Mi… Mi piace, passare il tempo con te.»
Sbattei le palpebre. Impiegai qualche secondo per capire cosa mi stava dicendo.
Il mio cuore iniziò a battere a velocità sfrenata.
«So che a volte non mi sono comportato in modo… In modo giusto, corretto… Non so come dire.»
«Non fa niente…» mormorai.
«No, davvero. Mi dispiace, perché… Perché vorrei uscire seriamente con te. Non così, ogni tanto, incontrarsi come capita, se capita.»
Trattenni il respiro. Cercai di ragionare.
Se avessi detto no, probabilmente si sarebbe rassegnato.
Se avessi detto sì, sarei diventata la sua ragazza.
Se avessi detto forse, magari si sarebbe arrabbiato. Ormai era impossibile anche per me non capire perché si comportava in quel modo.
E gli dovevo rispondere. Ora. In quel momento.
Albus mi guardò negli occhi. «Se non vuoi… Non fa nulla. Dimmelo, però. Preferisco che tu mi dica di no piuttosto che… Che continuare. Ecco.»
Gli dovevo rispondere.
Sì o no.
Non c’erano alternative.
Inspirai, trattenni il fiato ed espirai. Agitai la mano per liberarla dal polsino del maglione. Non riuscivo a farla smettere di tremare. Afferrai la bacchetta.
Sul volto di Albus comparve un’espressione allarmata. «Serena?»
Con un colpo di tosse mi schiarii la voce. La bacchetta davanti a me tremava. La puntai sulla Sachertorte.
«Sere…»
«Expecto Patronum.»
Dalla punta della bacchetta schizzò fuori un proiettile d’argento. Un secondo dopo il colibrì si librò sopra la Sachertorte, poi schizzò verso Albus. Si fermò a pochi centimetri dal suo viso e rimase sospeso in aria. Svanì in uno sbuffo di fumo argento.
 
 
Sigla di chiusura: http://www.youtube.com/watch?v=ydEUkvwGvTo
 
 
Nota dell’autrice: molto importante, leggete per favore.
Visto che la pubblicazione dei capitoli può subire dei ritardi, non posso mandare messaggi a tutti voi che seguite la storia e i capitoli avviso sono vietati, ho escogitato questo metodo.
Se volete sapere le ultime notizie riguardo al capitolo successivo controllate la pagina dell’autore. Dove c’è la bio d’ora in avanti ci sarà sempre anche la scritta AVVISO, la data di pubblicazione dell’avviso e le previsioni sull’aggiornamento/scrittura del capitolo/eventuali ritardi.
Spero così di riuscire a venirvi incontro. :) Cercherò di tenere aggiornati gli avvisi. :)

L’idea della sigla di inizio e di chiusura la devo a Eljzabeth, che ignara di ciò che le sue innocenti parole avrebbero scatenato ha citato la sigla di Beautiful. Grazie, Eljzabeth! :D
  
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