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Autore: Laylath    03/12/2013    5 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 1: Country boys. 

 

La famiglia Havoc, padre, madre e due figli, aveva un grande emporio a circa due chilometri dalla città, dove tutta la comunità agricola andava a rifornirsi di materiale per il lavoro nei campi, quello edilizio e quanto altro. James Havoc mandava avanti quell’attività da quasi dieci anni, ossia da quando era morto il padre, assieme alla moglie Angela. Era un uomo alto e biondo, con la risata sempre pronta e un innato senso di solidarietà verso gli altri: se succedeva qualche disastro, come un incidente, una tempesta violenta o qualcosa di simile, lui era sempre tra i primi ad intervenire mettendo a disposizione oltre che tutte le sue merci, anche il suo fisico robusto e allenato. Era una persona semplice, convinta sostenitrice di determinati valori, amata da tutta la comunità. Sua moglie Angela era altrettanto benvoluta per il carattere gioviale e generoso: oltre che del negozio, si occupava anche di mandare avanti la sua adorata famiglia, la cui casa era proprio dietro l’emporio.
 
Jean Havoc, dall’alto dei suoi quasi quattordici anni, riteneva che una delle cose più belle dell’estate fosse oziare a letto fino alle nove.
Il fatto di essere primogenito di una famiglia con una vita molto attiva non gli consentiva di dormire troppo: per lui alzarsi a quell’ora era un vero e proprio lusso che si concedeva durante tutta la bella stagione. Alla sua età era ovvio che si pretendesse che aiutasse in casa ed in negozio e lui non se ne lamentava mai, anzi lo faceva con piacere… ma l’estate era l’estate e lui riteneva doveroso concedersi dei privilegi dopo l’estenuante anno scolastico.
Tuttavia, con settembre, la pacchia finiva sempre e dunque era meglio godersi fino all’ultimo quelle preziose e rilassanti ore di sonno in più che gli erano concesse e…
“Fratellone! – esclamò una vocetta acuta, facendo irruzione nella sua camera ancora silenziosa – Avanti, fratellone, in piedi!”
“Oh, sparisci!” protestò Jean, tirandosi il lenzuolo sopra la testa e tenendo ancora gli occhi chiusi, come se questi gesti potessero cacciare via la seccante proprietaria di quella voce.
“Sono le sette e mezza e la mamma ha detto che è ora di alzarsi!” con quelle parole Janet prevenne qualsiasi altra protesta e afferrato un lembo del lenzuolo con le sue manine, lo tirò via dalla sagoma sonnecchiante del fratello maggiore. Poi, con un agile balzo, si portò sopra il letto, atterrando su di lui e sistemandosi comodamente a cavalcioni sul suo stomaco
“Ti do cinque secondi per scendere da me! – sbottò il ragazzo, aprendo gli occhi azzurri e puntandoli su quelli del medesimo colore della sorellina – Poi le prendi.”
“E io lo dico a mamma! - rispose sfacciatamente lei, per nulla intimidita, mentre il giovane si metteva a sedere nel letto, cacciandola malamente da sopra la sua pancia – Ah, lo vedi che ti sei alzato!?”
“Insomma, si può sapere che vuoi?” sospirò Jean, chiedendosi per la milionesima volta che cosa avesse fatto di male per meritare una seccatura simile.
“Ti devi alzare: oggi comincia la scuola!”
“Vorrai dire domani – protestò lui – oggi è domenica!”
“No, - ridacchiò Janet, sdraiandosi con sommo divertimento sul cuscino – oggi è lunedì.”
Il ragazzo sgranò gli occhi rendendosi conto che effettivamente era proprio l’inizio della nuova settimana;  poi si passò una mano tra gli arruffati capelli biondi, emettendo un profondo lamento e lasciandosi cadere all’indietro nel letto con il pericolo di travolgere la sorellina: ecco, era giunto di nuovo il fatidico momento. Per altri nove mesi ogni maledetta mattina sarebbe stato imprigionato in quei dannati banchi a fondersi il cervello sui libri… ma perché non c’erano tre mesi di scuola e nove di vacanza?
“Janet, Jean! – chiamò la voce della madre, dal piano di sotto – La colazione è quasi pronta.”
“Arriviamo, mamma! – esclamò la piccola saltando giù dal letto, con le trecce bionde come il grano che seguivano i movimenti irrequieti della testa – Forza fratellone, cambiati! Oggi la mamma ha preparato anche le frittelle con lo sciroppo.”
Jean Havoc si alzò senza troppo entusiasmo: sua madre faceva sempre così.
Le frittelle erano solo un modo di addolcire il tragico rientro a scuola.
Secondo anno delle superiori: ancora più compiti, ancora più libri… ma perché l’estate finisce sempre così presto?
 
Dalla casa degli Havoc si doveva percorrere un sentiero in mezzo ai campi che poi andava a collegarsi ad un bivio a circa quindici minuti dalla scuola: una passeggiata di circa mezz’ora che Jean stava affrontando con passo svogliato, mentre Janet, al contrario, era più vispa del previsto, eccitata all’idea di andare a scuola per la prima volta.
“Sì, sì, fai pure l’allegra adesso, – borbottò mentre la bambina saltellava felice davanti a lui – ma aspetta di andare oltre le prime classi elementari e poi ne riparliamo.”
Ma i suoi cupi pensieri sulla tragicità del nuovo anno scolastico che stava per iniziare vennero interrotti da un richiamo lanciato dalla bambina.
“Ciao Heymans!”
Jean alzò lo sguardo e vide che la vocetta squillante di Janet aveva fatto girare di scatto il robusto ragazzo dalla chioma fulva che attendeva appoggiato pesantemente ad una staccionata di legno che delimitava un campo incolto. In contemporanea al saluto, la bambina aveva iniziato una corsa sfrenata che terminò tra le braccia del ragazzo i cui occhi grigi si sgranarono per la sorpresa.
Heymans Breda posò le mani sulle spalle esili di Janet, per bloccare l’ondata di entusiasmo, e volse lo sguardo verso Jean che li stava raggiungendo con passo strascicato.
“Oggi inizia le elementari, – spiegò il biondo con aria di seccata scusa – e ovviamente mia madre ha preteso che la portassi con me. Ha paura che si perda per strada… idiozie: non si può sbagliare strada.”
“Inizio del nuovo anno scolastico col botto, non c’è che dire. – commentò il rosso, con un sorriso sarcastico, iniziando ad avviarsi – Coraggio, Jean, nell’arco di un paio di settimane pretenderà di andare con le sue amichette piuttosto che con noi… anche con Henry è stato così.”
Però intanto la bambina si era messa in mezzo ai due amici e aveva preso le mani ad entrambi, orgogliosissima nel suo nuovo vestitino azzurro e con la tracolla color panna.
“Heymans, anche quest’anno verrai a casa da noi per aiutare Jean a fare i compiti?”
“Non mi aiuta! – protestò Jean – Non più… il fatto che a volte studiamo insieme è per finire prima.”
Il ragazzo rosso ridacchiò sommessamente: certo, non aiutava più il suo amico come era successo anni prima, ma se avesse smesso di studiare assieme a lui, molto probabilmente Jean avrebbe visto un drastico abbassamento dei suoi voti.
A dire il vero la loro amicizia era nata proprio grazie alla tanto detestata scuola. Jean Havoc non era quello che si poteva definire uno studente brillante, tutt’altro: era svogliato, annoiato dalla maggior parte delle materie, propenso a marinare le lezioni… insomma si era trascinato fino alle medie grazie alla buona volontà degli insegnanti, restii a lasciare indietro un solo bambino. Però a quel punto la situazione era cambiata: già dalla prima media le materie più approfondite e complicate, a cui si aggiungevano notevoli lacune, l’avevano messo in difficoltà tali che era impossibile un salvataggio come quello degli anni precedenti… e c’era stato il concreto rischio di una bocciatura.
Proprio per lo stesso spirito di non lasciare indietro nessuno, gli insegnanti avevano deciso di affiancargli Heymans, sicuramente uno degli studenti più svegli del suo anno: nonostante si conoscessero sin dalle elementari (il numero dei ragazzi della comunità era tale che c’era una sola classe per ogni anno), i due non si erano mai considerati, tanto diametralmente erano opposti di carattere.
Jean aveva l’argento vivo addosso ed era impensabile che piacesse ad uno responsabile e selettivo come Heymans. Fino a quel momento i loro rapporti erano stati di fredda conoscenza, ma dopo quella richiesta da parte degli insegnanti i due erano stati costretti a conoscersi meglio. 
Jean si era dovuto arrendere all’idea di farsi aiutare: suo padre non avrebbe mai tollerato che il suo primogenito venisse bocciato… e la minaccia di numerosi incontri tra il suo fondoschiena e la cintura paterna, l’aveva portato a più miti consigli.
“Se non sbaglio quest’anno tuo fratello inizia le scuole medie.” commentò il biondo, ricordandosi che era stato proprio in quell’anno che erano diventati amici.
“Sì, – ammise Heymans senza troppo entusiasmo – spero che non combini troppi disastri come l’anno scorso: a undici anni mi aspetto più maturità da parte sua.”
“La storia della sospensione è acqua passata, ormai. Perché te la prendi tanto? Capita a tutti di fare cavolate nella vita: pensa a me.”
“Sì, ma in quinta elementare mica ti è venuto in mente di rubare la bandiera della scuola… l’ha definita una prova di coraggio tra lui ed i suoi amici, ma poco ci credo.”
Jean sospirò, sinceramente dispiaciuto che il suo migliore amico non avesse molta stima del proprio fratello minore. Per quanto considerasse Janet una seccatura, il biondo era veramente fiero e orgoglioso della sorellina e si chiedeva spesso perché tra Heymans e suo fratello non potesse essere lo stesso.
Henry in fondo era solo particolarmente vivace… certo, una vivacità che la maggior parte delle volte lo metteva nei guai.
Forse il fatto che fosse maschio e che tra loro ci fossero solo tre anni di differenza, contro gli otto che c’erano tra lui e Janet, rendeva le cose molto diverse. Ma anche se fosse stato così, una delle cose che aveva sempre lasciato spiacevolmente perplesso Jean era che, mai una volta, aveva sentito Heymans prendere le difese del fratello minore.
Se fossero stupide ragazzate, lo farei, ma… che senso ha che prenda io la sua parte quando a casa c’è chi lo sostiene ad occhi chiusi a prescindere da quello che ha fatto?
Erano parole che il rosso aveva detto quell’estate, mentre oziavano in un campo abbandonato, sdraiati uno accanto all’altro: era stata l’unica volta in cui Jean aveva sentito il suo amico dire qualcosa di esplicito a proposito dei suoi genitori. A dire il vero Jean non sapeva molto della famiglia Breda: nonostante la forte e sincera amicizia lui non ne parlava quasi mai: vedeva la madre qualche volta all’emporio e gli era sembrata una brava persona, forse un po’ riservata mentre il padre non l’aveva intravisto che qualche volta di sfuggita in paese ed Henry… beh, lui lo vedeva a scuola.
Un fatto altrettanto curioso: non era mai andato a casa dell’amico a studiare, veniva sempre lui nella grande casa dietro l’emporio tanto che i suoi genitori erano arrivati a considerarlo come un terzo figlio e anche Janet gli si era affezionata tantissimo. Di questo Jean era molto felice: ormai considerava lui stesso Heymans come un vero fratello, ma proprio per questo gli dispiaceva capire che la sua vita familiare non doveva essere molto idilliaca.
“Sono sicuro che le cose miglioreranno.” dichiarò Jean con sincera speranza, cercando di compensare il pessimismo che Heymans mostrava sempre in queste circostanze.
Poi, girando lo sguardo di lato, la sua vista acuta colse qualcosa che sicuramente avrebbe smorzato il fastidioso silenzio che si era appena creato. Mollando la mano di Janet,  scavalcò agilmente la staccionata che delimitava quei campi di erba alta.
“Non fare cavolate, Jean! – lo richiamò Heymans, tenendo la bambina per mano – Non vorrai fare tardi il primo giorno!”
“Mi è sembrato di vedere una tana di conigli! – esclamò lui, avanzando nel campo – Infatti! Dai, venite a vedere: Janet ci sono tre cuccioli!”
“I coniglietti!” esclamò estasiata la bambina, tirando la mano del rosso.
Con un sospiro ad Heymans non restò che aiutarla a scavalcare ed unirsi ai due fratelli in quella piccola scoperta tipica della campagna: ne avevano viste decine e decine di tane di animali, ma ogni volta l’entusiasmo era tantissimo.
E vedendo Jean che metteva tra le braccia di Janet un tremante animaletto, raccomandandole di fare piano per non spaventarlo troppo, Heymans si chiese per la millesima volta perché le cose non fossero andate così anche per la sua famiglia.
 
Il grande cortile risuonava delle risate e delle chiacchiere dei ragazzi.
Si erano tutti visti durante le vacanze estive, eppure ritornare a scuola dava loro la sensazione di essere stati lontani per troppo tempo. Ragazze che si abbracciavano, ragazzi che si davano pacche sulle spalle… la piccola comunità di circa poco meno di centocinquanta giovani era lì: dai sei ai diciassette anni.
“Allora, Janet, i bambini di prima elementare devono stare qui. – spiegò Jean lasciando la mano della sorella – Vedi quella signora? E’ la tua maestra… tra poco vi farà mettere tutti in riga e il direttore farà un discorso di benvenuto.”
“E voi non restate con me?” chiese Janet, timorosa, capendo che il fratello ed Heymans si stavano per allontanare.
“Noi siamo in seconda superiore, stupidina: dobbiamo andare dall’altra parte del cortile.”
“Ma io…” balbettò lei, aggrappandosi ai suoi pantaloni.
Jean alzò gli occhi al cielo, imbarazzato ed esasperato da quello che immaginava perfettamente che sarebbe successo: mettere Janet in un ambiente nuovo voleva dire renderla insicura e timorosa, in barba al comportamento sfrontato che aveva avuto sino al minuto precedente.
Ma prima che potesse dire o fare qualcosa, intervenne l’amico.
“E dai, Janet, vedrai che andrà tutto bene. – la consolò Heymans, inginocchiandosi e accarezzandole una delle trecce – Quando ci sarà l’intervallo veniamo a trovarti, promesso. E tra nemmeno cinque ore saremo sulla strada di casa… e se non piangi e fai la bambina forte, sono sicuro che Jean ti porterà in spalla, vero?”
“Promesso?” chiese la piccola, guardando supplicante il fratello.
“Promesso, sorellina.” le strizzò l’occhio lui, con un sorriso.
“Vedrai che non è così brutto come sembra: guarda… sono bambine come te, non hai nulla da temere. Vedrai che diventeranno tue amiche, però ti devi presentare, non credi?” le suggerì ancora Heymans dandole una lieve spinta verso le altre bambine della prima elementare.
E con passo esitante Janet si avvicinò a loro, con sommo sollievo di Jean che si poté in questo modo allontanare assieme ad Heymans senza avere troppi sensi di colpa.
“Grazie.” mormorò, dando una pacca sulle robuste spalle dell’amico.
“Oh, figurati… tanto vedrai che tra un paio di minuti si sarà già dimenticata di noi.”
Annuendo, Jean si guardò intorno, cercando di riconoscere i loro compagni di classe in quel caos che era il cortile colmo di ragazzi vocianti. Ogni tanto alzava la mano in gesto di saluto o rispondeva a qualche battuta assieme all’amico… in fondo il primo giorno non era male: anche l’insegnante era in genere propenso a non essere troppo seccante.
I suoi occhi azzurri individuarono di sfuggita i capelli rosso fuoco di Henry, il fratello di Heymans: era ulteriormente cresciuto quell’estate… le sue scorribande all’aria aperta dovevano averlo aiutato ad aumentare d’altezza: ma nonostante l’aria di famiglia era molto diverso da Heymans per quanto concerneva lineamenti e stazza.
Nonostante tutti i suoi buoni propositi su quel ragazzino, Jean non poté far a meno di notare con disappunto che era sempre con la sua cerchia di amici non proprio raccomandabili, anche di qualche anno più grandi di lui. Lanciò un’occhiata di sbieco ad Heymans e notò che se anche aveva visto il fratello, questi aveva fatto finta di niente.
Però non gli piaceva pensare a queste cose e così riprese a parlare:
“Credi che quest’anno il programma di storia sarà noioso come l’anno scorso?”
“Tu e la storia! – rise il rosso – Due mondi destinati a non incontrarsi.”
“Se riesco ad andare bene al compito di ripasso generale giuro che… Fermo! – i suoi occhi lampeggiarono di malizia – Aspetta, aspetta, aspetta! Ecco il mio piccolo secchione preferito!” e con rapidi passi raggiunse un ragazzino molto più basso di lui che, appena l’aveva visto, aveva cercato di defilarsi.
“Kain Fury! – salutò Jean, afferrandolo per il colletto della camicia – Ma come, non sei felice di rivedermi? Eppure sono tre mesi che non ti tormento un po’.”
“Ciao Jean… - sorrise timidamente il ragazzino che, palesemente, voleva essere ovunque tranne che in quel posto – è… è andata bene l’estate?”
“Non credo che ti riguardi, nanetto. Allora, prima media, eh?”
“Sì…” annuì il piccolo, con un paio di occhiali spessi, neri come i suoi capelli dritti: sembrava più un bambino delle elementari, con i libri stretti al petto e quell’espressione spaventata e timorosa.
“Bene, sono sicuro che ti farai valere…”
“Jean…” sospirò Heymans, scuotendo la testa con indulgenza.

“… ma stai attento ai libri!” esclamò il biondo, afferrandone uno con uno scatto rapidissimo.
“Oh no! – protestò Kain, facendo cadere tutti gli altri, tra le risate divertite dei ragazzi che stavano lì vicino e conoscevano le dinamiche di quella storia che andava avanti ormai da due anni – Per favore, Jean, ridammelo!”
“Prova a prenderlo! – lo prese in girò il ragazzo, sollevando il braccio e portando il libro decisamente fuori dalla sua portata – Andiamo! Voglio vedere come salti, ranocchietta!”
“Possibile che anche quest’anno debba fare lo stupido con lui?” chiese una voce irritata.
“Ciao, Riza, – salutò Heymans – tutto bene?”
“Oooh, uffa! Ecco che arriva la paladina dei secchioni: – protestò Jean, restituendo il libro a Kain – Riza Hawkeye, sei una vera guastafeste.”
“Perché non metti un minimo di sale in quella testa bionda e non cresci?”
“Stavo solo salutando il mio secchione preferito – spiegò Jean con aria sfacciata, posando il gomito sulla testa bruna di Kain, manco fosse un tavolino – vero, nano?”
“Ahia!” protestò lui, spinto in basso da quel peso, mentre anche quel libro salvato gli cadeva a terra.
“Ti ho detto di smetterla!” ribadì Riza, afferrando il bambino per la spalla e sottraendolo bruscamente dalle grinfie di Jean.
Proprio questi sbuffò: quella ragazza che gli aveva appena rovinato uno dei suoi migliori diversivi alla monotonia scolastica gli dava davvero sui nervi.
“Sparisci nanetto, o potrei cambiare idea sul tuo libro!” disse rivolto a Kain, ma continuando a squadrare Riza con aria irata.
Con un guaito il ragazzino raccolse il resto del suo materiale scolastico e corse via, confondendosi tra i compagni.
Heymans lo guardò sgusciare tra i vari ragazzi con una velocità disarmante, favorita dalla sua esilità; poi spostò l’attenzione sulla ragazzina bionda che reggeva senza alcun timore lo sguardo irato di Jean: con quella maglietta bianca e la gonna marrone chiaro che le arrivava al ginocchio, Riza esprimeva tutta la sua disapprovazione.
“Se io sono una guastafeste, tu sei uno scemo! – dichiarò, mentre alcuni ciuffi dei corti capelli biondi le cadevano sulla fronte - Te la prendi sempre con quel ragazzino.”
“E’ solo per giocare un po’.” si difese Jean scrollando le spalle con aria sfastidiata.
“Gli fa vivere qualche emozione.” gli fece da spalla Heymans, che tutto sommato sapeva che quelle attenzioni non avevano niente di particolarmente nocivo per il giovane Kain: Jean non avrebbe mai alzato un dito su di lui per fargli davvero male.
“E poi che arie ti dai, Riza? – continuò Jean, mettendosi le mani sui fianchi in gesto di sfida – Tu sei in prima superiore e noi in seconda: rispetto per i più grandi, prima di tutto.”
“Oh, è una sfida?” replicò lei, assumendo la medesima posa.
“Finitela, voi due – li riscosse Heymans – il direttore sta arrivando: dobbiamo formare le classi.”
E con un’ultima occhiataccia i due contendenti si separarono, con la giovane che si dirigeva verso i suoi compagni.
“Ma quanto può essere antipatica…” borbottò Jean, sistemandosi in fila dietro all’amico.
“Chissà, magari crescendo Janet diventerà come lei.” lo stuzzicò Heymans
“Assolutamente no!”
Il nuovo anno scolastico era iniziato….

 

 

 




(aggiunto il primo capitolo perché l'introduzione mi pareva davvero una presa in giro -.-'')
I bellissimi disegni sono opera di Mary_ ^___^
  
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