Film > Le 5 Leggende
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Autore: Tinkerbell92    04/12/2013    3 recensioni
E' passato più di un anno da quando Jack è diventato un Guardiano.
Il Natale si avvicina, ma l'atmosfera sta per essere rovinata dall'imminente ritorno di Pitch.
Per evitare una situazione difficile come quella dell'anno precedente, Nord affida a Jack il compito di stringere un'alleanza con quattro creature leggendarie, prima che Pitch le trovi e le convinca ad unirsi a lui.
Una ragazza che viaggia attraverso gli specchi, un astuto irlandese capace di ingannare chiunque, una romanticona dal cuore spezzato ed un cane nero che si sposta alla velocità della luce formano il gruppo di creature ambite dall'Uomo della Luna e dal Re degli Incubi.
Ad aiutare Jack nell'impresa saranno il piccolo Jamie Bennett e la sua affascinante sorella maggiore.
Chi riuscirà a convincere i nuovi "Aspiranti Guardiani" a passare dalla sua parte?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Jamie, Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Coop!"
Il bagliore rossastro si era appena dissolto quando Jack si fiondò all'interno del vecchio salone.
Jay sbatteva le palpebre con aria stordita, probabilmente abbagliato dal fascio di luce improvviso.
"Cos'è successo?" domandò Emma ansimante, rischiando di sbattere contro Shucky che saltava qua e là allarmato.
Coop era sempre immobile e svenuta sul materasso ricoperto di sabbia dorata. Non mostrava alcun miglioramento, anzi, la sua carnagione aveva assunto una tonalità più accesa, come se il suo corpo fosse in via di surriscaldamento.
Baba Yaga scosse la testa con fare quasi innervosito: "Temo che dovruò consultare mia biblioteca personale. Cura per suo male è quasi impossibile da produrre artificialmente, quindi serviranno mie arti magiche più potenti."
"Produrre artificialmente?" ripetè Jack confuso "Cioè... esiste anche una cura naturale? Che cos'è? Magari possiamo trovarla senza ricorre alla stregoneria..."
"E' quello chè ho detto anch'io" lo interruppe Jay, un po' stizzito "Ma a quanto pare la nostra amica strega preferisce tenersi i segreti tutti per sè..."
"Non posso rivelare cura naturale!" replicò Baba Yaga senza batter ciglio " Possessore di quel tipo di antidoto deve accuorgersi da solo di suo potere. Altrimenti effetto sarà diverso!"
Jay si morse il labbro per evitare di rispondere male e si limitò a stringere la mano di Coop tra le sue: "Quindi dobbiamo affidarci al caso... e ai tuoi preziosi libri di magia..."
La donna annuì, dirigendosi verso le scale che conducevano al piano di sopra: "Userò portale magico per raggiungere velocemente mia casa in Russia. Tornerò prima possibile..."
"E chi ci assicura che non sparirai come tuo solito?"
Prima che la strega potesse trasformare il giovane irlandese in qualcosa di disgustoso, Sandy si fece avanti volteggiando. Sopra la sua testa si formò la scritta "La accompagno io"
Baba Yaga alzò un sopracciglio, ma Emma intervenne: "Forse Jay si fiderà se qualcuno verrà con Lei... Voi... insomma, te... possiamo accompagnarti io e Sandy!"
"Emma, non penso sia una buona idea" la interruppe Jack "Voglio dire, tu sei umana, non so se a Baba Yaga vada bene..."
"Nessun problema" rispose la strega "Se mi aiuterete a trovare libro giusto accetterò vostra compagnia."
"Accetto" sorrise la ragazza, voltandosi poi verso Jack "Quando mai mi ricapiterà l'occasione di visitare la capanna di una strega? E poi qui sono completamente inutile e non mi piace stare con le mani in mano!"
Il Guardiano sospirò, gettando un'occhiata dubbiosa alla donna russa e a Sandy che si trovavano già sugli scalini: "D'accordo. Solo... fà attenzione"
La ragazza allargò il sorriso, si alzò sulle punte e gli stampò un bacio sulla guancia: "Me la caverò, vedrai."
"Lei in buone mani" disse Baba Yaga con un mezzo sorriso "Torneremo presto. Non scioglierti nel frattempo, Frost."
Jack annuì rapidamente, rendendosi conto di essere arrossito, poi, quando i tre se ne furono andati, si voltò con aria pensierosa verso Coop.
Il volto immobile ed il rossore innaturale della sua pelle non prometteva niente di buono.
Si sedette a terra accanto a Jay, accarezzando la testa di Shucky che guaiva: "Perchè ce l'hai tanto con Baba Yaga?" domandò "Insomma, mi sembra stia cercando seriamente di prendersi cura di Coop..."
L'irlandese emise uno sbuffo stizzito: "Baba Yaga è tanto brava quando si tratta di puntare il dito contro gli altri... mai che si prenda le proprie responsabilità... a me le persone così danno i nervi perchè mi ricordano tanto..." si interruppe un secondo, scosso da un brivido "Mi ricordano tanto me... quand'ero umano..."
Jack sgranò gli occhi azzurri: "Tu... eri un irresponsabile? Oh, scusa, a voi non va di raccontarmi le vostre storie..."
Una luce particolare accese il volto del giovane dai capelli ramati, che sembrò vagare nel tempo con la mente. Gli occhi verdi brillavano sinistramente: "La mia storia... già, da quanto non penso alla mia storia? Jack O'Neill... il ragazzo che riuscì ad ingannare il Diavolo per ben due volte..."
Le sue dita si serrarono più forte attorno alla mano di Coop, mentre una maschera di malizia e, forse, leggero orgoglio gli ricoprì il viso, rendendolo ancora più affascinante.
Jack aprì la bocca per dirgli che non serviva raccontargli il suo passato doloroso, ma l'irlandese ormai pareva completamente assorto nei ricordi: "Sai una cosa, Jack? Chi se ne frega di quello che pensa Mary! Lei non è qui, no? Se Coop si è fidata di te, perchè non dovrei farlo anch'io? Mi fido molto più del suo giudizio, dopotutto..."
Una curiosissima atmosfera riempì la stanza: all'improvviso, Jack non vedeva più un salone cadente e polveroso, ma l'interno di una locanda nuova e pulita. Per magia, il buio tetro venne sostituito dall'accogliente luce dei lampadari a muro, mentre gli oggetti rotti e sporchi sparivano, lasciando il posto a delle loro copie nuovissime.
"Venni al mondo il 30 Ottobre del 1750 in un sobborgo di Dublino" cominciò Jay con voce assorta "Mia madre non riuscì ad arrivare in ospedale in tempo e poi non avrebbe nemmeno potuto pagarsi un medico specializzato. Fortunatamente, una delle sue, diciamo, colleghe conosceva un anziano dottore, in pensione da tempo ma ancora molto abile nel suo lavoro, che aiutò mia madre a partorire. Nessuno sapeva di chi fossi figlio, ma poco importava, perchè era certo che, chiunque fosse mio padre, non avrebbe mai accettato in casa il bambino di una prostituta.
Crebbi in un ambiente piuttosto malfamato ma, a dir la verità, non mi sfiorò nemmeno una volta il pensiero di vergognarmi delle mie origini. Vedevo certi ragazzini viziati ed insopportabili passare per strada, fissando gli altri con disprezzo e lagnandosi ogni tre secondi, e ti assicuro che mai e poi mai avrei voluto essere come loro.
Molto spesso, il denaro guadagnato da mia madre non bastava per pagare l'affitto della catapecchia in cui vivevamo, figurarsi per pagare il cibo, così, a partire dai cinque anni, cominciai a dilettarmi nell'arte del furto. Alla mamma non piaceva affatto che fossi costretto a rubare ma, piuttosto che vedermi morire di fame, si limitava a chiudere gli occhi e fingere di non sapere nulla.
Andò avanti così per una decina d'anni, fino a quando, finalmente, un colpo di fortuna non sembrò migliorare la nostra situazione: Ronan McDonnell, leader di una famosa organizzazione criminale, notò il mio talento e mi chiese di unirmi alla sua banda di truffatori.
Credo che quello sia stato il miglior periodo della mia vita da umano: la Banda McDonnell era una specie di grande famiglia. Rubavamo, ci spartivamo ingenti bottini e ci riunivamo spesso a festeggiare al Grugno di Porco, la locanda più famosa e malfamata di Dublino gestita dalla giovanissima Molly O'Brien, dove mi presi le peggiori sbornie e persi la verginità a quindici anni.
Ronan per me fu come un fratello.
Era più vecchio di me di circa cinque anni, ma la sua vita era stata così intensa e piena d'esperienze, per la maggior parte sgradevoli, che la differenza d'età pareva molto più grande. Era così forte e carismatico che perfino una piccola parte della Polizia Locale appoggiava segretamente i suoi crimini.
Condussi una vita completamente sregolata per un paio d'anni, tanto che, appena diciottenne, contrassi una misteriosa malattia che mi avrebbe condotto alla morte nel giro di poco tempo.
Fu allora che ebbi il mio primo faccia a faccia con Mefistofele, il Rappresentante Infernale, in un sobborgo poco distante dalla locanda, la sera di Halloween.
Capii all'istante che il diavolo era ansioso di mietere la mia anima per conto del suo signore, Lucifero, e, per nulla intenzionato a morire, decisi di sfruttare la mia astuzia.
Domandai a Mefistofele di pagarmi la mia ultima birra, trasformandosi in una moneta d'argento e, quando lui, un po' stupito, accosentì, lo sistemai nella tasca sinistra della mia giacca, accanto al piccolo crocifisso che mi aveva regalato Molly, preoccupata per la mia anima.
Ritrovandosi imprigionato, Mefistofele acconsentì di stringere un patto con me: se entro un anno non fossi riuscito a rimettermi sulla retta via l'avrei dovuto seguire all'Inferno.
Non penso che le mie intenzioni di allora fossero sinceramente predisposte al cambiamento: ero giovane, irresponsabile e mi importava soltanto di restare in vita.
Una volta che il diavolo fu libero, guarii miracolosamente e, per la gioia, mi dedicai con maggiore insistenza ai vizi che tanto amavo. Nemmeno mia madre riusciva a tenermi lontano dall'alcol e dalle prostitute.
C'era solo un motivo per cui, di tanto in tanto, mi trattenevo: Molly, la mia dolcissima amica Molly, che mi ammoniva spesso riguardo la mia pessima condotta, finendo il più delle volte col litigare con Ronan, che al contrario mi incoraggiava.
Dio, quanto adoravo entrambi! Mio fratello e mia sorella acquisiti, uno allegro e scavezzacollo, l'altra protettiva  e responsabile, anche grazie alle continue cure che riservava al padre pazzo. Avevo capito fin dall'inizio quanto fossero perfetti insieme.
Insomma, tra piccoli crimini e grandi vizi, passò un altro anno e, puntualmente, Mefistofele si ripresentò nel luogo in cui l'avevo incontrato la prima volta. Ma non avevo ancora intenzione di lasciare questo mondo, così lo ingannai di nuovo.
C'era un albero di mele nel giardino sul retro della locanda e, fingendo di essere affamato, domandai a Mefistofele di coglierne una per me, come ultimo desiderio.
Il diavolo accettò e, non appena giunse ai rami più alti, tirai fuori un coltellino ed incisi una croce sul tronco del melo.
Ritrovandosi intrappolato ancora una volta, Mefistofele mi domandò esasperato cos'altro volessi da lui ed io gli imposi di lasciare in pace la mia anima e non tornare mai più.
Finalmente, riuscii a sentirmi al sicuro e ripresi a vivere come più mi aggradava.
Passarono altri cinque anni stupendi, durante i quali venni scelto come testimone per il matrimonio di Ronan e Molly.
Ma se pensavo di averla fatta franca con il Fato, beh, mi sbagliavo di grosso.
Accadde tutto una fredda sera di Halloween, come tutte le cose strane che mi capitarono, naturalmente.
Ronan aveva deciso da un po' di mettere la testa a posto, preoccupato per il futuro del bambino che Molly aspettava, ed aveva stretto una tregua con uno dei capi di Polizia, George O'Malley.
Ci trovavamo tutti al Grugno di Porco, O'Malley compreso insieme ad un paio di agenti,  festaggiando la vigila di Ognissanti, quando una donna proruppe all'interno della Locanda, in lacrime, gridando che la sua bambina di dieci anni era sparita.
Subito, i tre agenti di Polizia diedero il via alle indagini e Ronan si offrì di dare una mano nelle ricerche.
Scelse alcuni membri della banda, io ero incluso tra loro, naturalmente, e ci affidò diverse zone della città da controllare. A me capitò un malfamato piccolo quartiere che noi criminali chiamavamo "Vicolo Nero", una vecchissima zona a Sud della città attorno alla quale circolavano misteriose voci.
Colta da un brutto presentimento, Molly mi pregò di non andare, ma io e Ronan la rassicurammo. Dopotutto, ero sempre stato un ragazzo in gamba.
Prima di partire, pensai di fare un salutino a mia madre, ma decisi quasi subito di rimandare la visita al mio ritorno. Non avevo idea che quella decisione sarebbe diventata il mio più grande rimorso.
Setacciai il Vicolo Nero per circa un'ora, senza trovare nulla, così valutai di tornare alla Locanda e aspettare i miei compagni, quando un grido femminile attirò la mia attenzione.
Mi fiondai di corsa in direzione di quell'urlo agghiacciante e, svoltando l'angolo, vidi un tipo secco e pallido che teneva una bambina immobilizzata contro un muro, schiaffeggiandola e cercando di strapparle i vestiti di dosso.
Credo di non aver mai assistito ad uno spettacolo più orribile in vita mia.
Mi avvicinai furtivamente alle spalle dell'uomo, lo presi per il colletto e, senza troppi sforzi, lo scaraventai a terra. Avrei tanto voluto pestarlo a sangue, non hai idea di quanto odi i pedofili, ma la bambina era già abbastanza terrorizzata e non volevo assistesse ad un'altra scena di violenza.
Appurato che si trattasse della piccola che tutti cercavano, mi avvicinai a lei e cercai di rassicurarla, promettendole che presto sarebbe tornata a casa. Lei si calmò e mi permise di prenderla in braccio, ma, non appena mi voltai, l'uomo che avevo gettato a terra si era rimesso in piedi e mi puntava una pistola contro. E sai quale fu la cosa più sconvolgente, Jack? Quel tipo faceva parte della Polizia Locale!
Non era uno che si vedeva spesso in giro, ma il suo volto non mi era nuovo e, per di più, indossava il distintivo. Sono certo che l'avesse mostrato alla bambina per indurla a fidarsi di lui.
Mi ordinò di posare la sua vittima a terra e di allontanarmi se non volevo passare guai. Obbedii soltanto al primo ordine, temendo che potesse ferire la piccola, ma non me ne andai: mi parai di fronte a lei, pronto a difenderla. Mai e poi mai avrei permesso a quel mostro di averla vinta.
Mi minacciò più volte, senza risultato, gridò che non si sarebbe fatto problemi a sparare. E sparò.
Per un attimo, mi sembrò che il tempo si fosse fermato. I suoni si erano fatti ovattati, le orecchie mi fischiavano ed un dolore atroce mi tormentava il petto. Stringevo in mano il crocifisso di Molly e mi sentivo soffocare. Ma non durò molto.
Quando il mio corpo colpì il suolo ero già morto.
Per un attimo, tutto si fece buio. E poi... mi ritrovai nello stesso vicolo sudicio, a fissare me stesso a terra, il sangue si allargava a macchia d'olio sulla mia camicia bianca.
La bambina che avevo salvato era chinata su di me e piangeva.
Fui assalito dal panico: chi l'avrebbe protetta dal suo aguzzino?
Fortunatamente, il mio uccisore non poteva fare mosse false, perchè un suo collega, attirato dal rumore dello sparo, l'aveva raggiunto.
Ti giuro, in un primo momento pensai che sarebbe stata fatta giustizia, che io e la piccola saremmo stati in qualche modo vendicati. Dio, quanto mi sbagliavo!
Non hai idea di come mi sentii furioso ed impotente quando sentii il bastardo raccontare la sua personale versione dei fatti: io ero il rapitore della bimba, l'avevo nascosta in quello schifoso vicolo per chiedere il riscatto alla madre. Avevo opposto resistenza ed ero armato, per quel motivo lui era stato costretto a spararmi.
Non appena si avvicinarono alla bambina, lei cominciò a gridare, ad accusare il poliziotto di essere un bugiardo, ma si sa, la parola di una ragazzina spaventata contro quella di un ufficiale... e poi, a dirla tutta, ero abbastanza noto a Dublino per la mia cattiva condotta, la versione del maledetto non era poi così inverosimile. Di sicuro, l'altro agente non poteva sapere che non avevo mai fatto del male a nessuno e che mi ero limitato a furti, sbronze e prostitute.
Credo che la parte più difficile della mia vita da spirito fu quando dovetti assistere alla reazione dei miei amici quando venne data loro la notizia. Alla reazione di mia madre, impazzita alla vista del mio corpo senza vita.
Poco importò che nessuno di loro credette alla versione del poliziotto pedofilo: io fui bollato come criminale giustiziato, lui come eroe salvatore. La mia città mi ricorderà per sempre come un esempio da evitare, nessuno saprà mai che, in realtà, Jack O'Neill non era il criminale che tutti pensavano, ma un semplice ragazzo, un po' irresponsabile, morto il giorno seguente il suo ventiquattresimo compleanno per difendere una bambina.
Ben presto, il mio spirito si rese conto che la Terra non era più un luogo adatto in cui passare il resto dell'eternità, così mi presentai alle porte del Paradiso, pensando che, forse, il mio sacrificio finale mi avrebbe garantito l'accesso al Regno dei Cieli.
Ma mi attendeva una brutta sorpresa: San Pietro, il Custode, mi disse che la mia anima non poteva essere accolta in Paradiso, poichè non ero stato assolto dai miei moltissimi peccati prima di morire.
Mi infuriai parecchio: come poteva permettersi di fare il fiscale, dopo che avevo dato la mia vita per salvare una bambina? Mia madre mi aveva sempre parlato della clemenza e della generosità di Dio. Possibile che le sue convinzioni fossero false?
'D'accordo, signor Pietro' dissi furibondo 'Se Voi, che compiste un peccato ancora più grave di tutti i miei messi assieme, rinnegando il Vostro Signore per ben tre volte, dite che la mia sudicia anima non è degna di sporcare le vostre candide nuvolette, allora me ne andrò all'Inferno solo perchè non c'era nessuno stramaledettisimo prete ad assolvermi quando mi hanno sparato! Sono morto a ventiquattro anni per salvare una bambina e nessuno sulla Terra lo saprà mai! Non sono i vostri monaci e compagnia bella a dire che ciò che ci è negato in vita ci verrà dato nel vostro regno? O è solo una specie di simpatica propaganda?'
Il santo sorrise, cosa che mi diede ancora più i nervi, e mi disse di aver frainteso le sue parole: l'accesso al Paradiso non mi era negato, ma prima mi serviva compiere un percorso di purificazione, anche perchè la mia anima non era ancora in pace.
Un modo gentile per dirmi: 'Vattene in Purgatorio!"
Non intendevo affatto passare qualche centinaio d'anni in quel posto di penitenti frignoni, così optai per l'Inferno, che mi sembrava una soluzione più dignitosa. Ma anche lì fui respinto: Mefistofele era vincolato al patto che l'avevo costretto a stringere con me cinque anni prima, per di più la mia ultima azione era stata troppo nobile per meritarmi il Tormento Eterno.
Mi restava solo una cosa da fare: vagare per la Terra come tutti gli spiriti inquieti.
Chiesi a Mefistofele di darmi qualcosa per farmi luce tra i sentieri oscuri e lui acconsentì, regalandomi un tizzone preso direttamente dalle fiamme dell'Inferno, che non si sarebbe quindi mai spento.
Trovai il guscio di una piccola zucca e con quella fabbricai una specie di lanterna, che illuminò per un po' il mio cammino sulla Terra.
Ogni giorno assitevo alle vicende della vita dei miei cari, senza poter mai interagire con loro, rassicurarli, scagionarmi. La mia unica consolazione stava nel fatto che nessuno di loro mi aveva dimenticato: mia madre visitava la mia tomba ogni giorno, Molly pregava per me ogni sera e Ronan, quando il loro bambino venne alla luce, decise di dargli il mio nome. Anche la piccola che avevo salvato si era mostrata riconoscente: portava dei fiori freschi in cimitero per me ogni domenica e non era raro che scoppiasse in lacrime davanti alla mia lapide.
Ero grato loro per tutto, ma non riuscivo comunque a trovare pace.
Vagai per l'Irlanda per circa un anno, fino a quando, stufo di quella condizione, l'anniversario della mia morte mi recai al cimitero, sedetti accanto alla mia lapide e cominciai a riflettere.
Ero sfiduciato, confuso e arrabbiato. Com'era possibile che, dopo tutto quello che mi era sempre stato predicato, invece che poter passare l'Eternità in pace mi ritrovavo in una situazione schifosa? Era davvero quella la mia ricompensa? Avrei potuto benissimo abbandonare la bambina al suo carnefice, continuare a vivere, anche solo per avere la possibilità di mettere la testa a posto, sposarmi, avere una famiglia...
Avevo fatto una buona azione  e per cosa? Per vedere il mio assassino acclamato da tutti ed essere io ritenuto un mostro?
Fu allora che successe qualcosa di incredibile: la luna che brillava in cielo quella notte sembrò ingrandirsi all'improvviso ed una voce maschile mi chiamò, parlandomi con tono comprensivo e gentile.
Non penso riuscii ad afferrare il senso di tutte le sue parole, ma di una cosa ero sicuro: mi stava offrendo l'opportunità di ricominciare, anche se in modo diverso da come mi aspettavo.
Una scia di luce mi investì e, in quel momento, fu pervaso da un'incredibile sensazione di pace. Non durò per molto, ma servì a darmi sollievo.
Non appena aprii gli occhi, mi resi conto del miracolo: avevo di nuovo il mio corpo, ero tornato in vita.
Pensai subito di correre dai miei cari ed abbracciarli, ma l'uomo misterioso mi disse che non sarebbe servito a nulla, non ancora almeno. Non ero più un semplice essere umano, ma una creatura leggendaria, e per poter essere visto avevo bisogno che la gente credesse nella mia esistenza.
Mi consigliò di allargare i miei orizzonti e riempire il mio operato di buone azioni, in modo da indurre i mortali a volermi bene e credere in me.
Ma di buone azioni ne avevo abbastanza, così, stanco di vane promesse ed incertezze, cominciai a viaggiare per il mondo, senza separarmi dalla mia lanterna magica, facendo la conoscenza di molte creature interessanti e scoprendo che, anche come ente leggendario, potevo fare molte delle cose che amavo fare quand'ero umano.
Passarono gli anni e non ricevetti più messaggi dall'Uomo della Luna, nè da San Pietro, nè da Mefistofele, ma mi andava bene così.
Tornai spesso in Irlanda, per scoprire come procedeva la vita dei miei amici, e provai una certa soddisfazione non appena scoprii che la gente aveva cominciato a raccontare storie sul mio conto.
Una cosa che però mi stupì fu il fatto di non aver più visto la bimba che avevo salvato. Ma il mistero non tardò molto a risolversi: un giorno, mentre mi trovavo in riva ad un piccolo lago, in compagnia di una fata sexy, mi accorsi che qualcuno mi stava spiando da dietro un albero.
Sì, Jack, era lei, ma al tempo stesso non lo era. Può suonare strano, ma la ragazzina che avevo salvato non era una semplice mortale: lei era Maeveen, una Banshee, lo spirito protettore della famiglia O'Neill. La mia famiglia.
Aveva assunto forma umana per tenermi d'occhio ed era rimasta colpita quando avevo dato la vita per salvarla, per questo aveva pregato l'Uomo della Luna affinchè mi desse una seconda possibilità.
Le sue richieste, unite alle preghiere di Molly, mi avevano aiutato.
Improvvisamente, capii di volermi dimostrare riconoscente, provare a portare il bene nel mondo, come mi era stato chiesto da Manny, ma non avevo proprio idea di come fare.
Ripresi così a vagare per il mondo, in cerca di una risposta, di un indizio, ma non trovai nulla.
Ero ancora alla ricerca del mio Centro, come lo chiamate voi, quando incontrai Coop, nel 1823. Non fui sorpreso quando mi rivelò di conoscermi: lei girava il mondo da molto più tempo di me, aveva avuto modo di osservarmi anche quand'ero ancora umano.
Continuammo a viaggiare insieme per quasi un centinaio d'anni, arrivando a perdere entrambi le speranze, fino a quando non incontrammo Mary. E il resto... beh, il resto non è poi così entusiasmante."
La curiosa atmosfera che aveva illuminato la stanza si interruppe con il racconto di Jay.
Fu allora che Jack si rese conto che era appena scesa la sera.

***
Angolo dell'Autrice: Capitolo molto lungo, spero non pesante, in cui ci è stata rivelata la storia di un altro personaggio :)
Naturalmente, ho tenuto come base la leggenda di Jack O'Lantern, aggiungendoci del mio. Devo dire che ho sofferto quando l'ho fatto morire, anche perchè, in sottofondo, avevo la canzone "A Thousand Years" di Christina Perry XD
Comunque sia, le rivelazioni su di lui non sono ancora finite, ad esempio bisogna ancora scoprire come ha avuto la Pumpkin Cross, dove è finita la zucca-lanterna, che fine hanno fatto gli altri personaggi del suo racconto... e, soprattutto, se riuscirà a capire di cosa Coop ha bisogno.
Grazie a tutti per aver letto, alla prossima! :) 
  
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