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Autore: mattmary15    06/12/2013    2 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Capitolo I : La vita salvata da Seiya

“E infine ci sono da decidere gli eventi di chiusura delle Panatenee” disse Saga chiudendo il grande libro che aveva tra le mani e guardando la donna che sedeva sull’erba. Lei non lo stava ascoltando. Sorrideva fissando un gruppo di ragazzini giocare urlando e correndo.

“Proporrei un sacrificio umano, fuori moda ma d’effetto. Opterei per un cavaliere d’oro, Scorpio forse o Ioria di Leo!”
Solo allora la donna si voltò a guardarlo e sorrise.
“Grande sacerdote, perdona la mia distrazione” disse tornando con lo sguardo ai ragazzi “non sono adorabili? Fanno pensare che questo posto sia stato sempre così allegro e pacifico!”
“Non dovete domandare scusa mia signora. I vostri doveri tuttavia devono essere adempiuti. I cittadini del Santuario aspettano i giochi con grande ansia. E’ motivo di grande festa. Credete che quest’anno i ragazzi abbiano l’età per partecipare? Soma me l’ha chiesto diverse volte.”
“Soma o suo padre?”
Saga sorrise.
“Ioria è impaziente di vedere suo figlio nell’arena. So che scommette già sulla sua vittoria finale!”
La personificazione della dea Atena tese una mano a Saga e lui l’aiutò a sollevarsi.
“Non dovrebbe desiderare di vedere suo figlio combattere.”
“Nella famiglia di Ioria si nasce già cavalieri, credo” disse il grande sacerdote seguendola dentro la tredicesima casa.
Saori sorrise pensando che Soma aveva come padre un cavaliere d’oro e come madre un cavaliere d’argento.
“Di certo ha un albero genealogico di tutto rispetto, eppure nella sua classe ci sono molti allievi dotati!”
“La sua classe ha un ottimo maestro!”
“Hyoga è molto severo, ma ha ottenuto splendidi risultati con i ragazzi!”
“Già, hanno già meritato tutti un’armatura di bronzo!”
Saori si fermò e Saga abbassò gli occhi.
“Quasi tutti ...”
“Non siate triste. A memoria l’armatura di Pegasus non è mai stata conquistata facilmente”
Mentre discutevano, udirono urla e baccano.
Un ragazzino li superò correndo veloce. Le urla di Shaina lo raggiunsero mentre cercava di guadagnare una porta.
“Kouga!!! Torna. Subito. Indietro.”
“Shaina, cosa ha combinato stavolta?” chiese il cavaliere di Gemini.
“Ha saltato la lezione di Hyoga! Di nuovo! E ha trascinato gli altri con lui!”
A quel punto il ragazzo tornò indietro e le si parò innanzi con una bruciante determinazione negli occhi.
“E’ stato Soma a dire di svignarcela!”
“Kouga!”
La voce di Saori risuonò decisa nell’aria. Il ragazzino si voltò a guardarla con il viso trafelato.
Saori pensò che era veramente un ragazzino grazioso. Bei lineamenti, una cascata di capelli rossi e un paio d’occhi chiari pieni di vita.
“Kouga, non devi scaricare le tue colpe sugli altri. Anche se Soma avesse deciso di saltare le lezioni, tu potevi andarci lo stesso. Poco fa vi guardavo giocare, se avessi saputo che dovevate essere a lezione, vi avrei richiamati io stessa!”
Kouga abbassò gli occhi e strinse i pugni.
“Ora andiamo. Hyoga ti darà la tua punizione!”
Kouga si divincolò.
“Io non vengo. E’ una perdita di tempo per me! Io non sono un cavaliere! Io non ho un’armatura come Soma! E soprattutto io non voglio essere come Soma!”
Così dicendo riprese a correre inseguito da Shaina,
“Che ragazzino insolente!” mormorò Saga “Ha preso tutto da suo padre!”
Saori non riuscì a sorridere. Pensò solo alle parole di Kouga e dimenticando ogni altra incombenza, decise di chiudersi nelle sue stanze private.

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Kouga era riuscito a sfuggire alla sua tutrice e ora gironzolava nei dintorni della nona casa. Di tutte le dimore dei cavalieri d’oro, quella rimaneva sempre chiusa. Per questo motivo era un ottimo rifugio per il ragazzo. Vi si intrufolò e si sedette in una delle grande aule. Passò le dite sui fregi degli scalini e si chiese perché.
Perché doveva stare al grande Tempio quando ea chiaro a tutti che non aveva alcun motivo per vivere lì? Perché doveva frequentare le lezioni del cavaliere del Cigno quando il suo cosmo era di proporzioni ridicole? Perché doveva allenarsi con Shaina quando era chiaro che non aveva speranza alcuna di impossessarsi dell’armatura di Pegasus? Perché doveva obbedienza ad una persona che, per quanto sapesse, lo aveva allontanato dai suoi genitori? Perché non poteva tornare da loro?
Kouga sospirò. Fu allora che udì il fruscio di un paio d’ali. Si nascose dietro due grandi colonne e lo vide.
Stava in piedi, occhi chiusi, fermo davanti ad una parete su cui era scritto qualcosa in greco. Si sporse per cercare di leggere.
“Vieni avanti, Kouga”
Il ragazzo si morse la lingua.
“So che sei lì. Vieni fuori.”
Kouga uscì allo scoperto e tirò fuori la solita impudenza.
“Cosa vuoi? Visto che la serpentona non è riuscita a trovarmi, la strega ha mandato te?”
Il cavaliere d’oro si voltò. Aprì i suoi grandi occhi scuri e li fissò in quelli di Kouga.
“Non parlare così. Saori si è sempre occupata di te come una madre. Le daresti un grande dolore se ti sentisse ora.”
“Quella non soffre. Non ride. Quella non prova niente!”
“Rimarresti sorpreso nello scoprire cosa prova se le dessi un’opportunità!”
“Non me ne importa niente! E’ colpa sua se mi trovo in questa prigione da cui non posso scappare! Io vorrei tornare dai miei genitori, invece lei è fissata con questa storia dell’armatura! Io non sono un cavaliere. Durante gli allenamenti non faccio che prenderle! E’ così che mi vuole bene? Quella si diverte a vedermi soffrire, te lo dico io!”
“Ti sbagli.”
“Davvero? Perché con te è più gentile? Tu sei un cavaliere d’oro come gli altri, però non puoi stare qui. Questa è la tua casa no? Invece te ne devi stare sempre lassù non so dove a fare che! E’ un’ingiustizia!”
Seiya sorrise.
“Questa non è la mia casa. Questa è la casa del cavaliere del Sagittario.”
“Davvero? E tu non sei il cavaliere del Sagittario?” chiese Kouga ironico.
“Io sono Seiya, cavaliere di Atena, vesto l’armatura di Sagitter poiché il suo legittimo custode me l’ha prestata per difenderla.”
“Certo che tu sei strano! Non sei stanco di servire quell’arpia?”
Seiya sorrise. Quando le aveva già sentite quelle parole? Gli sembrava di ricordare che le avesse pronunciate lui stesso tanto tempo prima.
“Io servo Atena perché è il dovere di ogni cavaliere. Sarà anche il tuo!”
“Io non ho nessuna voglia di diventare servo della dea e inoltre non ne avrei comunque la possibilità. Sono scarso..”
Seiya si concentrò e sentì fluire il cosmo di Kouga insieme al proprio. Come faceva quel ragazzino a non sentire quanto fosse possente il nucleo del proprio cosmo? Si inginocchiò davanti a lui e lo prese per le spalle.
“Conosci il settimo senso?”
“Il maestro Hyoga dice che non siamo ancora a quel livello. Dice che dobbiamo solo bruciare il cosmo.”
“Il maestro ha ragione, ma voglio che tu sappia una cosa. Ogni persona è dotata di cinque sensi: vista, olfatto, udito, tatto e gusto. Esiste poi il sesto senso. Per gli uomini è l’intuizione, per i cavalieri è la consapevolezza di possedere un cosmo. Tu non mi sembri convinto di averne uno.”
Kouga abbassò lo sguardo. Seiya proseguì.
“Non pensare al sesto senso come ad un punto di arrivo della tua ricerca. Pensa che sia un punto di partenza. Esiste il settimo senso.”
“Che cos’è il settimo senso?”
“La differenza fra me e te Kouga. E’ quello che ha fatto di me un cavaliere d’oro. Pensa, cos’è avere la consapevolezza appena percepita di un senso se sai che occorre uno sforzo ancora maggiore per espanderlo al suo massimo?”
Kouga alzò gli occhi e vide che Seiya brillava di una calda luce dorata.
“Com’è bella quest’armatura!”
“Non è l’armatura ad essere bella, è il cosmo. L’energia vitale di una persona. La forza di un cavaliere.”
“Il settimo senso è l’ultimo?”
Seiya scosse il capo.
“Ne esiste un ottavo, l’ultimo e il più elevato!”
“Uffa ma non finiscono mai!”
Seiya sorrise e si alzò.
“Torniamo alla tredicesima casa, ora.”
“Aspetta, vuol dire che è così che sei diventato un guerriero leggendario? Con l’ottavo senso?”
“Io non possiedo l’ottavo senso”
“Allora non ce l’ha nessuno? Dicono che tu sei il più forte dei cavalieri d’oro!”
“Tu hai la fortuna di vivere accanto a l’unica persona che può costringermi in ginocchio! Lei possiede il più elevato di tutti i sensi.”
“La signorina Saori?”
Seiya annuì e tese la mano a Kouga. Non appena questi la strinse, sentì lo stesso calore dolcissimo di prima avvolgerlo interamente. Seiya lo sollevò e, con un balzo, si librò in cielo. Qualche istante più tardi planava dinanzi alla statua di Atena.
“Ricorda quello che ti ho detto e cerca di fare il bravo. Ogni cosa andrà a posto.”
“Kouga!”
La voce di Saori li sorprese. Aveva dismesso il solito abito e indossava una tunica leggera a maniche lunghe che lasciava solo i piedi nudi scoperti. Il cavaliere del Sagittario si inginocchiò senza guardarla in viso.
“Eravate insieme dunque! Bene. Ora però saluta Seiya e va in casa. Shaina ti ha conservato la cena.”
Kouga fece un cenno del capo al cavaliere che non accennava ad alzarsi e fece finta di rientrare. La sua camera era confinante con quella della signorina Saori e spesso, la sera li vedeva scambiarsi un cenno di saluto. Era come se Seiya, nell’assolvimento dei compiti che Atena gli aveva assegnato, volesse rendersi conto che lei era li. Vederla e basta. Che senso avesse, lui non lo comprendeva. Shaina diceva che era perché era ancora un bambino. Tuttavia sapeva che quei due nascondevano qualcosa. Anche se non parlavano mai, si dicevano qualcosa con gli occhi.
“Grazie di aver riportato Kouga” disse ad un tratto lei.
“Di niente. L’ho fatto con piacere.”
Lei gli passò accanto e gli posò una mano sulla spalla dorata.
“Prenderai freddo a piedi nudi” disse lui alzandosi e improvvisamente la sovrastò. A Kouga sembrò che stesse per abbracciarla, invece rimase immobile.
“Torno dentro, buonanotte Seiya”
“Buonanotte Saori”
Lei gli passò di nuovo accanto, questa volta senza toccarlo.
“Saori, lo sai”
Lei si voltò e gli sorrise.
“Si, lo so. Anche io Seiya”
Le tende la coprirono alla vista di lui.
Kouga lo vide rimanere ancora qualche istante come se fosse indeciso sul da farsi poi, con un gesto fulmineo, si lanciò nella notte stellata dei cieli di Grecia.

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L’allenamento era iniziato come al solito. Stava prendendo un sacco di botte. Prima le aveva prese da Soma e ora si stava facendo ridicolizzare da Paride, l’allievo prediletto di Aphrodite.
“Certo che sei proprio scarso Kouga! Mi domando cosa la dea Atena abbia visto in te per portarti al grande tempio e prenderti sotto la sua ala protettrice!”
Kouga sputò sangue e si alzò.
“Lo sai Paride? Hai ragione. Tanto vale che continui da solo!” disse allontanandosi.
“Bravo sparisci! Per questo ti hanno candidato all’armatura di Pegasus, un’armatura fantasma come il suo proprietario! Dicono che sia il più forte dei cavalieri d’oro! Come no! Uno che ha smesso di combattere! Saresti il suo degno allievo!”
A quelle parole Kouga sentì il fuoco accendersi nelle sue vene. Non poteva dimenticare quello che Shaina gli aveva detto tempo prima. Le aveva raccontato che doveva la sua vita a Seiya. Che, quando era ancora in fasce, era stato esposto ad un pericolo mortale e che Seiya lo aveva salvato. Gli aveva salvato la vita. Si ricordò delle parole che gli aveva detto la sera prima. Improvvisamente sentì che qualcosa, come una rabbia, montava in lui. Non si accorse realmente di quello che accadde.
Vide soltanto i suoi compagni e il suo maestro che lo fissavano e Paride che giaceva riverso in terra.
Fu il maestro a scuoterlo.
“Kouga! Basta. Per oggi hai finito. Shaina, portalo a casa.”
Per tutto il tragitto non scambiarono una parola. Kouga ancora sentiva una strana forza scuotergli le membra. All’ingresso della tredicesima casa Shaina gli passò una mano fra i capelli. Un gesto dolce che la donna non gli riservava quasi mai.
“Non devi avere paura della tua forza. Oggi hai fatto un ottimo lavoro. Forse adesso smetterai di dire che possiedi un cosmo ridicolo. Vorrei solo sapere come hai fatto. Lezioni e lezioni senza lo straccio di un risultato poi, te ne stai un pomeriggio per conto tuo e improvvisamente tiri fuori un cosmo devastante. Certo che Paride se la ricorderà la lezione!” concluse Shaina ridendo.
Kouga non smetteva di fissare il pavimento.
“E’ stato Seiya. Lui mi ha detto di pensare che il sesto senso è solo una piccolissima parte del settimo.”
Shaina sospirò. Ormai Atena aveva abolito la regola per cui le donne erano costrette a portare una maschera per diventare cavaliere. In quel momento però avrebbe voluto averla sul viso per non mostrare a Kouga la propria espressione. Fece fatica a reprimere la tristezza che le si posava sul cuore ad ascoltare quelle parole.
“Ora vai a casa. Di a Saori che finalmente hai vinto uno scontro. Ne sarà felice. Non tutti possono vantare la preferenza della dea Atena!”
Kouga sollevò lo sguardo.
“Davvero?”
Shaina annuì.
“Ricorda tuttavia che Atena deve essere giusta ed imparziale! Per cui non prendertela se non mostrerà la sua gioia”
Kouga corse in casa e le  cose andarono esattamente come gli aveva predetto la sua maestra. Ricevette i complimenti di Saga e un sorriso da Saori. Nulla più.
La fanciulla si congedò presto quella sera e anche Kouga andò a dormire presto.
Si sentiva sfinito. Possibile che lanciare un solo colpo fosse stato così difficile e faticoso? Chiuse gli occhi e gli sembrò di sognare.
“Kouga è stato molto bravo oggi”
La voce dell’uomo era calda e gentile.
“E’ merito tuo. Tu sai come prenderlo...”
La donna sembrava stanca.
“Non dire così. Lui vuole diventare un cavaliere solo che ancora non lo sa... deve essere una tara di famiglia!”
I due sorrisero e Kouga sentì che c’era qualcosa di familiare in loro. La voce della donna se la ricordava bene. Era piccolo e lei cantava una nenia per farlo addormentare.
“Non scherzarci su. Deve crescere in fretta per proteggersi dai pericoli cui sarà naturalmente esposto. Io non posso farlo...”
Ora la voce della donna era molto triste.
“Lo proteggerò io per entrambi. Sono suo padre. E’ mio dovere. Anzi vi proteggerò io entrambi! Abbi fiducia in me. Non l’ho sempre fatto?”
Kouga era certo di avere sentito la voce di suo padre. Ordinò a se stesso di svegliarsi. Urlò.
“Papà!!!”
“Kouga, cosa c’è?”
Kouga si strofinò gli occhi. Accanto a lui c’era solo Saori. La donna gli sorrise.
“Hai fatto un brutto sogno?”
“Qui... c’era mio padre...”
“Qui, Kouga ci sono solo io, mi spiace. Hai sognato.”
“Ma io l’ho sentito! Ha detto che mi avrebbe protetto. Che avrebbe protetto me e la mamma!” disse Kouga agitandosi.
“Qui, Kouga, ci sono solo io.”
Il ragazzo senti le lacrime formarsi agli angoli degli occhi. Non voleva piangere, voleva essere forte.
Saori si sentì stringere il cuore in una morsa e fece una cosa che non si concedeva mai. Lo abbracciò. Kouga sussultò a contatto con il suo corpo e non riuscì più a trattenersi.
“Shh...non devi piangere... non ne hai motivo...sei al sicuro. Facciamo un patto Kouga. Se riuscirai a conquistare l’armatura di Pegasus, ti racconterò tutto quello che so sui tuoi genitori.”
Kouga sembrò dimenticare ogni cosa.
“Potrò andare a trovarli?”
“Con l’armatura potrai andare dove vorrai Kouga”
“Promesso?”
“Promesso. Ora dormi.”
Lui si adagiò tra le coperte e chiuse gli occhi umidi.
Lei usci dalla stanza e raggiunse a passo lento la statua di Atena. Allungò una mano per toccarla ma la testa cominciò a girare e non riuscì ad arrivare al marmo.
Un braccio forte la sostenne e la tirò a sé.
Lei sentì il freddo del metallo e intravide la luce dorata.
“State chiedendo troppo alle vostre condizioni. Vi porto a letto”
Il cavaliere la distese tra le lenzuola candide e si alzò. Sapeva che non aveva il diritto neppure di sfiorarla eppure desiderava toccarla più di qualunque altra cosa al mondo. Lei si lamentò e gettò il capo all’indietro. Mormorava qualcosa di incomprensibile.
“mmhh... iya...”
“Milady” disse il cavaliere accarezzandola sulla fronte anche se sapeva che era la spalla  a dolerle.
Stava per scostarle l’abito e controllare la ferita quando sentì un cosmo di proporzioni enormi avanzare nella stanza. Sorrise.
“Sono qui Saga. Puoi andare”
Il cavaliere di Gemini si voltò e lo fissò dritto negli occhi.
“Tempismo perfetto, Seiya di Sagitter!”
Seiya agganciò il suo sguardo senza cedere.
“Bene. Come grande sacerdote, ho fatto il mio dovere. Lascio Atena nelle mani del suo primo cavaliere.”
Quando Saga lo oltrepassò, gli occhi di Seiya caddero su Saori e da lì non si mossero più. La fanciulla sembrava soffrire molto. Si inginocchiò al suo fianco e le prese una mano.
“Saori...”
“Se...iya”
“Sono qui.”
“Non preoccuparti per me. Devi tornare all’altura delle stelle o la barriera si indebolirà...”
“Non stanotte. Resto qui.”
Saori si sforzò di sorridere.
“La tua forza, Seiya, devi metterla al servizio di tutti, non mio. La barriera è troppo importante. Se dovesse cedere saremmo esposti tutti di nuovo all’influsso di Marte e tu sai cosa accadrebbe. Abbiamo lottato così tanto..”
Il cavaliere non smise di stringere la mano della fanciulla.
“La barriera non si romperà. E’ una promessa. E se Marte dovesse tornare, lo combatterò di nuovo come quella notte di tredici anni fa. Non smetterò mai di proteggere te e ciò che tu ami. Questo è il mio compito. Io proteggo.”
La donna chiuse gli occhi e una lacrima scese sul suo viso.
“Saori, ti prego, non piangere. Mi ferisce.”
Lei li riaprì subito e cercò di sorridere.
“Cerca di riposare. Io sarò qui al tuo fianco.”
“Ho detto a Kouga che se conquista l’armatura di Pegasus, gli rivelerò ciò che so dei suoi genitori.”
Seiya ripensò immediatamente a quando Saori lo convinse a partecipare alla guerra galattica con la promessa che gli avrebbe rivelato informazioni importanti su sua sorella.
“Saori non dovresti alimentare le speranze di Kouga di ritrovare i suoi genitori. Lui deve accettare l’idea di essere orfano e che tutto ciò che può desiderare si trova qui.”
“A volte penso che abbiamo sbagliato” disse in un sussurro.
“Abbiamo avuto scelta?”
“Non ci siamo sempre trovati in situazioni che sembravano non avere via d’uscita? Come quella notte a Nuova Luxor..”
Seiya ritornò con la mente ad una notte stellata e ad un crepaccio profondo e minaccioso.
“Anche allora non abbiamo avuto scelta, Saori.”
La donna scosse il capo.
“Quella notte avresti dovuto batterti con un braccio rotto e lasciarmi nelle mani del nemico. Ma abbiamo trovato un altro modo.”
“Siamo stati dei pazzi e saresti potuta morire. Tentare una volta la sorte può andare bene, ma sfidarla due volte? Ora sono un cavaliere d’oro. Non posso più prendere decisioni avventate.”
Lo disse in modo leggero, per farla sorridere.
Lei sollevò una mano e gli sfiorò il viso. Lui chiuse gli occhi come ogni volta che riusciva ad avere un contatto con lei. Forse la paura di guardare l’universo dentro di lei o il desiderio di assorbire la sensazione di calore che lei gli provocava.
“Seiya”
“Dimmi”
“Tutte le scelte che ho fatto, tu le hai sempre accettate ma a volte io ho sbagliato e tu ne hai molto sofferto.”
“Ho sofferto solo quando mi hai allontanato da te. Finché mi vorrai, io starò bene. Credimi. E ora non parlare più di queste cose. Devi riposare e rimetterti. La spalla ti fa molto male?”
Lei scosse la testa, ma Seiya sapeva che mentiva. La macchia scura sulla spalla sembrava più grande dell’ultima volta che l’aveva vista. Abbassò lo sguardo e strinse i pugni.
“Non posso pensare che se fossi arrivato un istante prima, non ti sarebbe successo.”
“Se fossi arrivato un istante più tardi io e Kouga saremmo morti.”
Seiya si sentì rabbrividire e, per un momento, un momento soltanto, vide Saori senza vita distesa in terra stringere il corpicino freddo di Kouga.
Tuttavia tredici anni prima le cose non erano andate così. Nella battaglia finale al grande tempio fra le truppe del dio della guerra e quelle della dea Atena, il primo colpo lanciato da Marte aveva colpito Saori che si era protesa a difendere Kouga. Il secondo, il più forte, lo avevano parato con le sue possenti ali. Quando aveva visto partire l’attacco non si era chiesto se l’armatura d’oro avrebbe resistito o meno e neppure se il suo cosmo sarebbe stato abbastanza forte da contrastare l’oscuro potere di Marte. Aveva semplicemente protetto. Era quello che sapeva fare meglio. Aveva volato fino a lei e l’aveva abbracciata. Aveva stretto le sue braccia forti intorno a lei e al piccolo e aveva lasciato bruciare ogni singola particella del proprio cosmo. La luce immensa sprigionata da quella energia aveva impedito a chiunque di vedere al suo interno. Nessuno aveva visto le sue labbra posarsi sulla spalla ferita di Saori, né la sua mano distendersi sul capo del bambino. Il suo cosmo era entrato in risonanza con quello della dea e la luce aveva prevalso sull’oscurità. Ancora accecato da quella esplosione, Marte non aveva visto partire la freccia di Sagitter. Se la strega Medea non fosse giunta in suo soccorso, forse lui e Atena lo avrebbero sconfitto. Invece la vittoria era stata amara.
Marte era riuscito a battere in ritirata anche se gravemente ferito. Saori era rimasta vittima del suo marchio che continuava ad assorbire la sua energia vitale. L’unica cosa che poteva mantenerla in vita era il potere della fiamma della Nike che si trovava sull’altura delle stelle. La fiamma poteva essere alimentata solo dal cosmo di un cavaliere che le donava la propria anima. La fiamma produceva, inoltre, la cupola protettiva che si estendeva sul tempio e consentiva ai cavalieri di vivere in pace lontano dallo sguardo di Marte, Medea e di qualsiasi altra divinità. Seiya aveva stipulato il patto della fiamma e da allora doveva vivere esiliato sull’altura per alimentarla con il proprio cosmo. Oltre a Saori solo Saga, Mur, Shaina, Marine , Shun e Hyoga conoscevano la verità. Per tutti gli altri Seiya era in missione. Quale fosse la missione tanto importante che teneva il primo cavaliere di Atena lontano dal tempio, nessuno se lo chiedeva più. Col tempo, il cavaliere leggendario, così come era stato chiamato, era stato dimenticato. Nessuno lo nominava più. Questo non perché gli altri cavalieri d’oro lo avessero cancellato. Semplicemente erano infastiditi dall’idea che quello tra loro che maggiormente aveva brillato, aveva deciso di abbandonarli.
A ciò si aggiungevano altri fatti. Shun si era sposato e aveva abbandonato la via del cavaliere; Ikki non era tornato in Grecia per restare con Pandora e di rado visitava il fratello. Shiryu era partito per i cinque picchi con l’intento di restare con Shunrei; Hyoga era partito alla volta di Asgaard per poi tornare e assumere il ruolo di maestro degli allievi cavalieri. Aveva detto a Camus che non intendeva diventare cavaliere d’oro. Sembrava che i cinque prodigi che un tempo avevano messo a soqquadro il grande tempio, fossero svaniti per lasciare il posto a delle loro copie sbiadite. Per questo i cavalieri d’oro non desideravano più rivangare il passato. Il nome di Seiya divenne sempre più simile a quello degli eroi mitologici di un tempo che fu.
Tutti questi pensieri disegnarono sul viso di Seiya un’espressione di rassegnazione mista a malinconia. Davvero aveva creduto che le lotte che aveva affrontato con i suoi compagni li avrebbero condotti alla fine, nelle dodici case vestiti dell’oro delle armature che avevano meritato più e più volte. Shiryu con quella della bilancia, Hyoga con quella dell’acquario, Shun con quella dei pesci e Ikki con la tremenda armatura dei gemelli. Invece il destino aveva mischiato le carte. Dagli inferi i cavalieri d’oro erano tornati sani e salvi. Shun aveva mostrato subito un’insofferenza verso il santuario. Ikki addirittura non vi era tornato. Ancora ricordava lo stupore con cui aveva appreso del suo legame con Pandora. Tutti lo avevano attaccato. Soprattutto Shun, che aveva vissuto la scelta di Ikki come un tradimento. Forse solo Seiya sapeva davvero cosa significava provare qualcosa per una donna come Pandora, come Saori. La scelta di Ikki era stata la sua scelta e, Seiya credeva, anche quella di Hyoga. Questi però, dopo una breve permanenza ad Asgaard, era tornato e aveva detto che non avrebbe più messo piede nelle terre del nord. Shiryu infine aveva messo su famiglia con Shunrei. Niente di più prevedibile. In fondo però, Seiya invidiava il suo più caro amico. La normalità della sua vita ai cinque picchi e la semplicità con la quale gli aveva detto che Shunrei era incinta. Sapeva, il cavaliere di Sagitter, che anche se il legame con i cuoi compagni era fortissimo, qualcosa tra loro si era incrinato. I segreti non fanno bene a nessuno, pensò.
Saori sapeva esattamente a cosa stava pensando il cavaliere e gli strinse forte la mano.
“Ogni cosa ha un senso Seiya. Anche tutte quelle che abbiamo sacrificato. Ora vorresti fare una cosa per me?”
Seiya annuì.
“Va a vedere se Kouga riposa.”
“Voglio restare qui”
“Non mi succederà niente!”
“Hai detto così anche la notte dell’incendio..”
Saori sospirò e sentì il suo battito accelerare pensando alle fiamme nei dormitori, alle urla dei bambini dell’orfanotrofio e poi all’odore del fumo che la soffocava, delle mani che la stringevano prima e costringevano poi a terra, al rumore delle vesti che si strappavano e della risata di quell’uomo che l’aveva ingannata e rapita con l’intento di ferirla, umiliarla, usarle la peggiore violenza che una donna possa subire.
Seiya se ne accorse e le passò una mano sulla fronte.
Saori sentì quel tocco leggero, carico di amore e di rispetto che giunse a calmarla esattamente come quella notte. L’incendio era stato spento dalla pioggia che aveva contemporaneamente lavato via le lacrime della ragazza che tremava tra le braccia di Seiya. La sua mano anche quella notte, le aveva carezzato il viso. La sua voce le aveva sussurrato di stare tranquilla, che tutto era finito, che Marte non l’avrebbe toccata mai più. Lei si era lasciata cullare da quelle dolci parole e, tra le braccia di Seiya, aveva abbandonato ogni paura. Quella notte Seiya l’aveva sollevata e l’aveva condotta sull’altura delle stelle dove nessuno avrebbe visto la dea piangere per l’aggressione meschina subita, nessuno avrebbe visto i suoi lividi, nessuno avrebbe osato negarle di stare stretta al petto di Seiya, nessuno le avrebbe impedito di sostituire la violenza di Marte con l’amore di Pegasus.
Quella notte aveva cambiato tutto.
“Quella notte ha cambiato ogni cosa, Seiya.”
“Te ne sei mai pentita?”
“Mai”
L’aveva detto con la risolutezza di Saori. Non quella della dea bensì quella della ragazzina viziata che pretendeva di avere Seiya tutto per se come un giocattolo.
Il cavaliere sorrise e si alzò.
“Vado solo un minuto.”
Saori lo vide attraversare la porta che, dalla sua stanza, portava direttamente alla stanza del ragazzo. Poi sentì la spalla dolere e si disse che doveva davvero stringere i denti e dormire. Non voleva che Seiya si preoccupasse. Chiuse gli occhi. Seiya ci avrebbe messo più di qualche minuto poiché sapeva che si sarebbe fermato a parlare un po’ all’inconscio del suo protetto. Sorrise pensando che forse, il tempo avrebbe dato loro un’altra scelta. Quella giusta.

 

  
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