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Autore: samubura    06/12/2013    6 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
(p.s. se la storia vi piace, passate sulla mia pagina! https://www.facebook.com/samubura)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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Parte terza – Il vincitore
Quando mi sveglio il mattino dopo inizio a riflettere sulle cause e le conseguenze della scelta degli Strateghi.
Gli sfortunati innamorati del distretto 12 sono così amati dagli spettatori che è stato necessario modificare il regolamento degli stessi giochi?! Impossibile, assurdo. Ci deve essere dell’altro, qualcosa che sta accadendo al di fuori della nostra prigione che non posso sapere.
Cosa cambia adesso nell’arena in senso pratico. Le uniche coppie rimaste siamo io e Katniss, Cato e Clove. Questo non è particolarmente corretto nei confronti degli altri tributi, ma ovviamente siamo noi i più apprezzati dal pubblico e questa “alleanza forzata” ci spingerà ad affrontarci direttamente. I due innamorati del distretto 12 contro i due sicuramente più che conoscenti del distretto 2.
Verranno a cercarci, non ci concederanno il tempo di rimetterci in sesto, sarebbe un rischio troppo grosso. Aspetteranno che sia Katniss a trovarmi, risparmiandosi la fatica di doverci cercare separatamente e coglierci di sorpresa mentre lei è costretta ad occuparsi di me. Ci faranno fuori senza problemi, loro sono più forti e più in forma. Il nostro unico vantaggio potrebbe essere coglierli alla sprovvista o con un buon vantaggio strategico, ad esempio gli alberi per Katniss sui quali solo lei può arrampicarsi, ma se siamo insieme sarei solo un rallentamento per lei.
Mi immagino Katniss che mi trascina via con lei e cade sputando sangue dalla bocca con un coltello piantato nella schiena. Mi auguro sia abbastanza cauta, ma sono certo che lo sarà.
Verrà a cercarmi e su questo posso mettere la mano sul fuoco, chi non lo farebbe? Se anche io per lei sono uno svantaggio l’idea di abbandonare quello che a tutti gli effetti è diventato un compagno di distretto. Se possiamo vincere insieme, non provarci sarebbe motivo di disonore per chiunque, persino per i favoriti sempre così spietati.
La giornata è più calda delle scorse, anche se è solo metà mattina i raggi scottano sulla mia pelle, nonostante la maschera di fango. Questo conferma la mia tesi sulle intenzioni degli Strateghi, questi Hunger Games stanno già durando troppo, meglio aumentare la difficoltà, indebolirci, per farci combattere con più difficoltà.
Sento dei passi che si muovono nel ruscello, l’acqua sciaborda e interrompe il suono della corrente che mi ha fatto compagnia in questi giorni. Chiunque sia, è molto vicino. Non posso permettermi di aprire gli occhi, se è Katniss tutto bene, ma se sono gli altri mi troverebbero e mi ucciderebbero in un attimo.
Poi sento la voce che chiama con voce sommessa –Peeta! Peeta! – e non ho dubbi.
È la voce di Katniss, suona ancora più dolce e melodiosa di quanto ricordassi, mi rendo conto di quanto mi sia mancato il suono di un altro essere umano, completamente solo e abbandonato a me stesso, e adesso lei è con me. Devo decidere cosa fare, potrei lasciarla andare via, sacrificarmi ancora una volta per lasciarla priva del peso di portarsi appresso un moribondo, ma non resisto a guardarla un’ultima volta, a parlarle, magari potrei convincerla che ho ragione, che non ha senso curarmi. Vorrei arrangiare qualcosa di meglio da dire dopo tanto tempo che non ci vediamo, ma l’unica cosa che riesco a dire è –Sei qui per darmi il colpo di grazia, dolcezza?
Si gira senza trovarmi allora devo essere nascosto veramente molto bene, tento di alzarmi per rivelarmi a lei, ma mi rendo conto che non ne ho la forza.
-Peeta? Dove sei? – non riesco neanche a parlare sopraffatto dallo sforzo di muovermi – Peeta?
-Ehi, non pestarmi – dico quando il suo scarpone è a un passo dalla mia faccia.
La guardo dal basso del mio nascondiglio mentre un’espressione di sorpresa e meraviglia si dipinge sul suo volto, mi rivolge anche un caldo sorriso. Finalmente è qui con me, la mia vita può tornare ad avere un senso. Posso sopravvivere con lei accanto.
-Chiudi gli occhi un’altra volta – dice, penso voglia osservare meglio il mio travestimento. Quando parla di nuovo la sua voce è vicina al mio orecchio, sussurra, ma posso sentirla meglio.
-Credo che tutte quelle ore passate a decorare torte ti siano tornate utili.
-Sì, la glassatura. L’ultima difesa del moribondo – dico in un sorriso. Non mi importa un bel niente di quello che accadrà ora che c’è lei. Se anche dovessi morire sarei felice di averla rivista, non come una rivale dalla cui morte dipende la mia sopravvivenza, ma come una compagna, un’amica.
-Tu non stai per morire – dice con una fermezza risoluta nella voce.
-E chi lo dice? – rimbecco io. Ovvio che sto per morire, fingere che non sia così non mi aiuta in nessun modo.
-Io – e mi basta per capire che è veramente convinta di riuscirmi a salvarmi – Siamo nella stessa squadra adesso, sai…
-Così ho sentito dire. Gentile da parte tua trovare ciò che rimane di me – non riesco a evitare di ricordarle che sono messo peggio di quello che lei creda.
Mi offre una bottiglia d’acqua e mi aiuta a bere qualche sorsata, è parecchio che non bevo e con questo caldo ne sento veramente bisogno.
-Ti ha ferito Cato? – chiede preoccupata.
-Gamba sinistra. Su, in alto – rispondo subito. Mentre lo dico mi appare un flash di Cato che rotola dopo avermi colpito e io che precipito a terra.
-Ora ti porto al torrente e ti lavo, così posso vedere che tipo di ferite hai – dice con tono rassicurante, ma credo che non riuscirà mai a muovermi, sono molto più grosso di lei, e sembra anche più magra e debole di quel giorno piovoso in cui le ho tirato il pane bruciacchiato.
Mi rendo conto che la febbre mi sta facendo dire cose stupide, ma non riesco a controllarmi come vorrei.
-Prima chinati un momento – la invito – devo dirti una cosa.
Appoggia l’orecchio proprio sulle mie labbra e aspetta il mio messaggio –Ricordati che siamo perdutamente innamorati, quindi va bene se mi baci in qualunque momento tu ne abbia voglia.
Ride, anche se il mio non era uno scherzo, forse meglio che l’abbia interpretato come tale – Grazie lo terrò presente.
Inizia a togliere il muschio e le alghe che mi tengono imprigionato, poi cerca di trascinarmi, è inutile ogni tentativo che faccio di aiutarla. Mi rendo conto di stare peggio di quanto credessi, cerco di trattenermi dall’urlare a ogni movimento che Katniss mi forza a fare, ma è terribile. Quasi preferirei restare nella mia tana per sempre dirle di lasciarmi lì e andarsene più lontano che può, prima che i favoriti la trovino.
-Senti, Peeta, ti faccio rotolare fin dentro il torrente. Qui è molto basso, d’accordo?
-Ottimo- rispondo cercando di darle tutto il mio appoggio, anche se l’idea di rotolare mi preoccupa abbastanza. Si mette a fianco a me per spingermi.
-Al tre. Uno, due, tre! – credo che non ottenga il risultato sperato, rotolo una volta su me stesso e sono più vicino all’acqua di prima per lo meno. Proprio sul bordo del ruscello. Mi gira la testa, il movimento brusco non è ben accetto dal mio corpo.
-Bene, cambio di programma. Non ti metterò dentro del tutto – sembra esausta.
-Non si rotola più? – chiedo ingenuamente.
-Finito. Vediamo di ripulirti. Tieni d’occhio il bosco per me, va bene?
Si comporta come una mamma premurosa. Controllare il bosco? Posso farlo, almeno per distogliermi da quello che Katniss farà con le mie ferite. So già che non mi piacerà, ma servirà a farmi stare meglio.
Mentre mi lava con l’acqua fresca del torrente, che è un toccasana sotto il sole cocente non riesco a non distrarmi per contemplarla in tutta la sua bellezza che sembra così speciale ora che non ho potuto osservarla così a lungo. Ricordo che quando a scuola lei mancava, sentivo un vuoto dentro e aspettavo con ansia il giorno seguente sperando di rivederla.
Quando tutto il fango che mi ero spalmato addosso se n’è andato mi spoglia, toglie la giacca e la camicia, la maglietta che indosso sotto è attaccata alle ferite e sporca di sangue, la taglia con il suo coltello per evitarmi la sofferenza di levarla. Mi sposta facendomi appoggiare la schiena su un grosso masso in modo da farmi stare comodo e spostarmi dalla pozzanghera sporca dei residui del mio travestimento.
Le sue mani si muovono con delicatezza sul mio corpo, ruvide a causa delle numerose escoriazioni subite all’interno dell’arena, ma attente a non farmi soffrire troppo. È più vicina a me di quanto non lo sia mai stata, così concentrata che posso guardarla quanto voglio, anche se non ha più il trucco di Capitol City che la faceva sembrare così elegante, è comunque bellissima.
Non mi dimentico però di sorvegliare il bosco, uno dei coltelli di Clove potrebbe volare fuori dal fogliame in qualunque momento e io devo impedire che accada, per proteggerci, per proteggerla.
Inizia togliendo i pungiglioni ancora rimasti al centro dei bubboni. Fa un male cane, avrei dovuto farlo prima e magari sarebbero sfiammati più in fretta, ma poi tira fuori delle foglie dallo zaino e dopo averle masticate e ridotte a una poltiglia verdastra le spalma sulle punture. Mi dà un’incredibile sensazione di sollievo. Fantastico, se solo avessi conosciuto le giuste piante sarei stato meglio, ma adesso c’è lei qua per aiutarmi e lo sta facendo alla grande.
Prende qualcosa dallo zaino, riconosco i kit di pronto soccorso che avevamo alla cornucopia, se ne torna con un paio di pillole.
-Manda giù queste – me le mette in mano e le butto giù senza troppo sforzo, la mia infermiera speciale è qua per curarmi e farò quello che mi dice senza obiettare – Devi avere fame – aggiunge.
-Non proprio. È buffo, sono giorni che non ho fame – ed è vero, per tutto questo tempo non ho sentito i morsi della fame neanche una volta. Mi passa davanti alla faccia un pezzo di fagiano, ma al solo odore mi sento male.
-Peeta, bisogna che mangi qualcosa – insiste. So che è per il mio bene, ma proprio non ce la faccio.
-Mi ritornerà su – la avviso, ma mi forza comunque a mangiare qualche pezzetto di frutta essiccata. Deve averla sottratta al ragazzo del distretto 1 –Grazie. Sto molto meglio, davvero – ma anche se il dolore delle punture è passato, lo stomaco non sta rispondendo come dovrebbe - Posso dormire adesso, Katniss? – chiedo, perché tutta quella “attività” per me è anche troppa, rispetto agli scorsi giorni.
-Fra poco. Prima bisogna che dia un’occhiata alla tua gamba – noto che la cosa fa piacere a me quanto a lei.
Mi sfila gli scarponi e i calzini, poi passa ai pantaloni che toglie cercando di essere il più delicata possibile per farli passare sopra la ferita e non farmi troppo male.
Quando scopre la coscia ferita mi rendo conto che è molto peggio di quanto immaginassi. La ferita è sporca, sicuramente infetta e  forse addirittura più profonda di quanto avessi constatato io l’ultima volta. C’è anche un cattivo odore che non so definire, forse l’inizio della putrefazione, non sono abituato a lavorare con la carne, ma Katniss sì e nonostante cerchi di mostrarsi tranquilla e fa finta di avere la situazione sotto controllo capisco che è molto più di quello che è in grado di guarire.
-Abbastanza orribile, eh?
-Così così – dice – Dovresti vedere alcune delle persone che la gente porta a mia madre dalle miniere. La prima cosa da fare è pulirla bene.
Ripete l’operazione che aveva fatto con il resto del mio corpo e inizia a versare l’acqua sulla ferita, portando via lo sporco e il sangue raggrumato.
-Perché non gli facciamo prendere un po’ d’aria e poi…
-E poi lo rattopperai? – le chiedo preoccupato. Probabilmente non l’ha mai fatto e la cosa la fa sentire debole, ma è la mia unica speranza e deve comunque provare.
-Proprio così – risponde con la solita decisione – Intanto tu mangia queste – ordina porgendomi dei pezzetti di pere disidratate.
Obbedisco senza fare storie mentre lava i miei i miei vestiti nel fiume e li lascia sotto il sole caldo ad asciugare.
-Dovremo fare qualche esperimento – dice quanto torna da me. Inizia applicando la stessa poltiglia di foglie che ha usato per i bubboni, l’effetto è una cascata di pus che inizia a colare dalla gamba, fa male ma stringo i denti.
-Katniss – la chiamo e alza lo sguardo dalla ferita a me. Ha una faccia strana, non deve piacerle molto il pus, ma penso tra me e me che in fondo è una buona cosa perché fa sparire l’infezione. Senza emettere suoni dico lentamente –Che ne dici di quel bacio? – è una cosa stupida, ma proprio adesso, che mi sento malissimo e ho lei qui con me, lasciarmi sfuggire questa occasione sarebbe imperdonabile.
Lei ride, è inutile non mi prenderà mai sul serio, soprattutto perché nel mio stato non sono in grado di intendere e di volere come farei normalmente. La febbre mi toglie la mia solita inibizione che mi frena quando sono con lei, da certi versi è un bene. Ma siamo innamorati sventurati per tutta Panem e quel bacio potrebbe servire a me personalmente, ma soprattutto alla nostra farsa per restare in vita.
-Qualcosa non va? – chiedo con un tono che suona stupido anche a me.
-Non… non sono affatto brava in queste cose – già, l’avevo intuito – Non sono mia madre. Non ho idea di quello che sto facendo e odio il pus. Uff!
Un po’ sono preoccupato da questa rivelazione diretta, ma non importa, ho piena fiducia in lei. Se qualcuno può salvarmi è la ragazza che ho davanti.
-Come fai a cacciare? – le chiedo vedendo che sospira pesantemente mentre rimuove il primo impacco di foglie e applica un secondo uguale, infilando la mano dentro la mia ferita.
-Credimi, uccidere è molto più facile. Anche se, per quel che ne so, ti sto uccidendo.
Con le nuove foglie il dolore ricomincia – Puoi fare un po’ più in fretta? – le chiedo.
-No. Zitto e mangia le tue pere – mi accorgo solo in quel momento che non ho mangiato neanche metà di quelle che mi aveva messo in mano, mi sarò distratto.
Il pus giallastro continua a uscire dalla ferita, sembra non finire, Katniss cambia ancora un’ultima volta le foglie e quando ha finito la gamba si è sgonfiata e si riesce a vedere fino in fondo alla ferita che è finalmente pulita.
-E poi, dottoressa Everdeen? – dico trovando la forza di scherzare.
-Forse ci metterò su un po’ di pomata per le bruciature. Servirà comunque a qualcosa, per l’infezione. E magari la fascio.
Prende da un barattolino la stessa crema che ha usato prima sul mio petto e fa quello che ha detto, il risultato non è male sembra quasi una comune ferita.
-Tira fuori un piccolo sacco dal suo zaino e me lo passa dicendo – Tieni, copriti con questo, mentre ti lavo le mutande.
Prima me le aveva lasciate, ma adesso, con la ferita pulita, il mio indumento sporco di fango e sudore è poco appropriato.
-Oh, non mi importa se mi vedi – rispondo, e in effetti è così, condividere la stessa stanza con tre fratelli non ti lascia molta intimità. La nudità non mi crea problemi.
-Sei proprio come mia madre e mia sorella – ribatte – A me importa, d’accordo? – e si gira stizzita, forse è solo un piccolo giochetto per far notare agli abitanti della capitale il pudore di un’adolescente con il ragazzo che le piace. Se è così, le sta riuscendo bene.
Cerco di sfilarmi le mutande, aiutandomi a sollevare la gamba malata con le braccia, ci metto un po’ ma alla fine riesco a lanciarle nel fiume con un gesto disinvolto, ripensando al fatto che appena Katniss mi aveva trovato non riuscivo quasi neanche a parlare, è un gran risultato.
-Sai, per essere una persona tanto letale sei un po’ schizzinosa – la prendo in giro – Avrei dovuto farla fare a te la doccia a Haymitch.
È di spalle, quindi non posso vedere l’effetto che la mia battuta ha su di lei, mi arriva la sua voce tra il rumore che fa sbatacchiando due sassi per pulire le mie mutande –Cosa ti ha mandato, finora? – chiede, come se fosse scontato che il nostro mentore mi abbia mandato dei regali. Ma lei non sa nulla del nostro accordo –Niente – rispondo senza nessun tono di commiserazione, sono curioso di sapere cosa ha fatto Haymitch per rispettare il patto che ho con lui – Perché, tu hai ricevuto qualcosa? – chiedo per dissimulare ogni possibile sospetto.
-Medicina per le bruciature – giusto, il vasetto da cui ha preso la crema non era dello stesso tipo di quelli alla cornucopia, e la medicina era sicuramente troppo potente per guarire la gamba di Katniss nel giro di una notte – Ah e del pane – conclude quasi imbarazzata. E bravo Haymitch, non capisco il pane, ma sicuramente la medicina ha agito quando era necessario.
-Ho sempre saputo che eri la sua preferita – fingo.
-Figurati, ma se non sopporta di stare nella stessa stanza con me!
-Perché siete uguali voi due – borbotto, lo penso sul serio, lei e Haymitch hanno lo stesso carattere impulsivo, posti a confronto si scontrano necessariamente.
Katniss mi lascia dormire, il calore del sole mi accarezza la pelle nuda mentre i vestiti finiscono di asciugarsi stesi sulle lastre di roccia. La paura dei favoriti è scomparsa, se avessero voluto attaccarci l’avrebbero già fatto. Non so se non ci trovino o se vogliono aspettare.
Finalmente ho un sonno rilassante, quando Katniss mi viene a svegliare con delicatezza vorrei poter dormire ancora.
-Peeta, dobbiamo andare adesso.
È tardo pomeriggio, presto il sole tramonterà lasciandoci al buio e soprattutto al freddo della notte.
-Andare? Andare dove? – chiedo smarrito, non avevamo previsto nessuna meta.
-Via di qui. A valle, forse. In qualche posto dove posso nasconderti finché non sarai in forze.
Mi aiuta a vestirmi, è ciò di più vicino a un abbraccio che mi abbia dato. Poi si offre di sorreggermi per farmi alzare in piedi, mi esorta, mi incita –Forza Peeta devi alzarti! Dai appoggiati a me! – camminiamo nel fiume per un breve tratto, ogni passo sulla gamba ferita mi fa sentire talmente male che vorrei lanciarmi a terra e restare lì per sempre –Dai. Ce la puoi fare – continua a ripetere, ma dopo quello che per me sembra un kilometro siamo costretti a fermarci, non so se riuscirei ad andare ancora avanti.
La mia paziente infermiera mi aiuta a sedermi, ansante, respiro a fatica, mi batte un paio di pacche sulla schiena per farmi riprendere. Sto malissimo. Katniss si guarda attorno con ansia, le ombre si stanno già allungando e ci serve un riparo fisso. Quando sembra averlo trovato torna da me e cerca di farmi fare quei pochi metri che mi separano da quel luogo.
Io sono stremato, ho la nausea e mi sembra come se tutto il sangue che ho in corpo se ne sia andato. Lascio che sia Katniss ad occuparsi di tutto, si affaccenda spargendo uno strato di aghi secchi di pino sul pavimento della piccola grotta in cui ci siamo rifugiati. Dallo zaino tira fuori un sacco a pelo e mi ci fa sdraiare dentro, sembra preoccupata per me, e senza troppo sforzo immagino di non avere una bella cera. Mi fa ingoiare altre pillole per la temperatura, ma quando mi offre un po’ di cibo mi impunto perché so che vomiterei tutto. Non insiste troppo e gliene sono grato.
La osservo mentre cerca di mimetizzare l’ingresso intrecciando alcuni rampicanti, ma come nel Centro di Addestramento fallisce e si arrabbia strappando via tutto.
-Katniss – la chiamo, per distrarla dalle sue preoccupazioni, va tutto bene, dovrebbe solo rilassarsi. Si avvicina a me e mi scosta i capelli appiccicati alla fronte per il sudore con un gesto che nella mia percezione distorta dalla febbre sembra persino dolce – Grazie per avermi trovato.
-Tu avresti trovato me, se avessi potuto – vero, ma non potevo. E non avrei giurato che lei l’avesse fatto.
-Sì. Senti, se non ce la faccio… - cerco di dire, ma mi impedisce di andare avanti.
-Non pensarci neanche. Non ho tirato fuori tutto quel pus per niente – ribatte.
-Lo so – quanto fa male doverlo ammettere, ma voglio che prenda in considerazione l’idea di una mia probabile e imminente morte – Ma se per caso io…
-No, Peeta, non voglio nemmeno parlarne – mi interrompe di nuovo categoricamente. Posa due dita sulle mie labbra per zittirmi. Sento le guance che si scaldano e so che non è la febbre, probabilmente sarò rosso come un pomodoro.
-Ma io… - cerco di continuare, ma mi ferma.
È talmente veloce che neanche me ne rendo conto. Si china su di me e le nostre bocche si incontrano, non so se è un bacio studiato o no, ma è comunque un bacio, un bacio di Katniss Everdeen. Le sue labbra sono morbide, un’esplosione di sensazioni e emozioni, per un risultato stupendo.
Tutto il dolore scompare per qualche secondo. Sì, posso, posso anche andarmene da questo mondo felice. Grazie, grazie Katniss. Qui, in questa grotta con lei, mi sento a casa. Ho tutto quello che ho sempre voluto.
L’arena assume una prospettiva diversa. Con il suo bacio rinasce la speranza, se guarisco potrò avere la vita che ho sempre desiderato con lei.
Quando tutto finisce capisco che voglio ancora di quei baci, assaporare ancora le sue labbra.
-Non morirai. Te lo proibisco. D’accordo?
-D’accordo – trovo la lucidità di risponderle, sono ancora sconvolto.
Si alza e va a sgranchirsi le gambe fuori dalla grotta, non si sente al sicuro qua, fuori è già buio, ma nel sacco a pelo non sento caldo. Io con lei sono al sicuro, ma per lei sono un rischio, un pericolo, ma ha scelto di non abbandonarmi, non so se per me o per gli spettatori, ma credo che neanche lei sia veramente decisa. In quel bacio non c’era partecipazione, eppure quando si era slanciata per appoggiare le labbra sulle mie sembrava animata da un vero sentimento. Così contraddittoria e insicura.
Chiudo gli occhi per un attimo, crogiolandomi nel ricordo di quel momento.
-Peeta! – grida in un tono strano da fuori della grotta. Si accovaccia accanto a me e mi bacia un po’ ovunque per svegliarmi. Questo è finto, questo lo capisco. Ma perché?
In ogni caso non mi dispiace, resto a guardarla mentre mi sorride come non ha mai fatto, è più bella, dovrebbe sorridere di più, splenderebbe come una nuova stella nella vita della gente.
Prende una pentola che prima non avevo notato – Peeta, guarda cosa ti ha mandato Haymitch.
“Ah, ecco. Giusto. Cosa ti ha mandato Haymitch”




Ed eccoci alla parte terza, inizia ad avvicinarsi la fine di questa storia, i nostri due carissimi protagonisti si ritrovano (finalmente)
Che ne pensate, sono molto molto curioso perché questo è un capitolo importante, quindi non siate timidi con le recensioni!
Sono a buon punto con il prossimo quindi mi auguro che non dobbiate aspettare molto, in ogni caso ci sentiamo alla prossima :)
Ciao ciao
-samubura-

 
   
 
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