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Autore: phoenix_esmeralda    06/12/2013    6 recensioni
"Ciò che il Granduca Roman Fedar chiedeva ai baroni e ai conti delle sue nuove terre acquisite era la più completa sottomissione, che si riconduceva all’offerta delle proprie primogenite per il suo già gremito harem. Chiunque negasse il proprio personale contributo, veniva oppresso e schiacciato fino a ridursi a veder morire di fame la propria gente. Così, uno alla volta, tutti i signori si erano ritrovati a cedere e ad offrire le proprie figlie in sacrificio per il bene delle proprie terre; erano rimasti in pochi ancora a resistere e mio padre era stato, fino a pochi giorni fa, tra quelli. Ma la situazione si era fatta insostenibile e, dopo lunghe riunioni familiari, era stato decretato il mio sacrificio.” Quarta classificata allo "Spoon River Contest" di ZKaoru69. Premio Speciale Romance Terza classificata al contest "Love is..." di milla4 Premio Speciale Miglior Personaggio Femminile
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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6

 

“Era lui che invocavi durante il delirio della febbre?”

Tristan chiuse gli occhi, strinse i pugni, le labbra, il cuore.

Non pensava che, dopo tanto tempo, i suoi sogni sarebbero tornati là, a ripescare nel torbido. Da anni teneva le sue memorie sigillate e non permetteva a uno solo dei suoi pensieri di deviare dal presente. Ma appena la coscienza era venuta meno, ecco che la parte più ripugnante di lui era tornata a galla, come un cadavere sull’acqua.

- Che schifo.

Posò una mano sul comodino e con un colpo secco gettò a terra la tazza in cui aveva bevuto l’infuso.  Si ruppe in pezzi taglienti, affilati come la repulsione che stagnava nel suo animo.

Che schifo, pensò di nuovo. Era tutto solamente uno schifo.

 

 

Vide il medico il mattino dopo.  Lo osservò accigliato, mentre gli slegava le bende e controllava la cicatrizzazione della ferita; sopportò il dolore stringendo la mascella, irrigidendo allo spasimo ogni muscolo del corpo.

- Sta guarendo – fu la sentenza, infine – Dovrete pazientare ancora diversi giorni, prima che il dolore si acquieti, ma senza dubbio la vostra caviglia è salva. Ammetto di aver nutrito ben poche speranze, in principio: pensavo che sareste morto d’infezione o che, nel migliore dei casi, avrei dovuto amputarvi la gamba. Ma la vostra accompagnatrice non si è arresa, ha rinunciato a diverse notti di sonno per medicarvi.

- Non sono certo io ad averglielo domandato.

Il medico alzò su di lui occhi pensosi, che lo misero a disagio. Alla sua aggressività, la gente rispondeva attaccando o fuggendo, ma quel dottore no... Quel dottore sembrava piuttosto desideroso di capire.

- Helaida – disse, rivolgendosi alla ragazza lì accanto - Sarà necessario un nuovo massaggio per evitare che i muscoli si irrigidiscano ulteriormente.

Tristan fissò il medico sconcertato – Massaggio? Non ho intenzione di farmi fare niente del genere.

- Sono giorni che questa ragazza lavora sui vostri muscoli, non credo esista una parte del vostro corpo che non conosca ormai nel dettaglio.

Inverosimilmente, sentì che correva il rischio di arrossire. Il pensiero che quella ragazza avesse disposto del suo corpo mentre lui era incosciente lo faceva sentire al contempo imbarazzato e nauseato. Peggio: terrorizzato. Un’emozione che detestava provare.

- Prima non ero nelle condizioni di rifiutare – sibilò – Ma ora non potete costringermi ad accettare ancora aiuto da lei.

Il medico strinse gli occhi e si voltò verso la ragazza – Per favore, andate a prendere l’olio per il massaggio.

Lei, obbediente, uscì dalla stanza.

- Ascoltatemi, giovanotto – gli disse, appena furono soli – Ho visto le cicatrici che avete sul corpo e sono segni che parlano di tortura, di prigionia e di umiliazioni. Immagino che per voi, in questo momento, ritrovarvi così debole e alla mercé di chiunque possa essere spaventoso; ma voglio rassicurarvi sul fatto che non correte alcun pericolo. Quella ragazza si è occupata di voi come pochi altri avrebbero fatto: è merito suo se potrete ancora camminare su due gambe e, credetemi, non ho mai visto nessuno trattare il corpo altrui con tanto rispetto. Dunque, non fatele del male. Non rifiutatela, lasciate che continui ad aiutarvi. Avete bisogno di quel massaggio per rimettervi in piedi e proseguire quanto prima il vostro viaggio.

Tristan rimase in silenzio, spiazzato da quell’imprevisto discorso.

- Datemi ascolto – ribadì il medico – Anche se avete sofferto, non siete costretto a restituire quella sofferenza a chi vi ha fatto solo del bene.

Lui si morse il labbro e abbassò lo sguardo. Non voleva ripensarci e non voleva ricordare. Ma quando un pensiero si incanala è così difficile fermarlo. E Tristan all’improvviso era già là, in quel tempo e quel luogo marchiati a fuoco nella sua anima.

 

Quando il Granduca  lo fece prigioniero lui, non aveva che diciotto anni.

Gli uomini di Roman Fedar accerchiarono il castello, lo presero d’assedio e infine penetrarono le mura; entrarono, sbaragliarono, uccisero. Tristan non era tra quelli che riuscì a fuggire, lui e sua sorella vennero presi in ostaggio e portati alla Roccaforte come bottino di guerra; come prede su cui sfogare una sete di dominio malata, perversa.

Lo torturarono per giorni, senza lasciargli lo spazio di un respiro. Il suo corpo urlava, tutto intero, come un unico coagulo di dolore; scongiurava, supplicava, anelava a un respiro, un solo respiro privo di sofferenza.

Chiese pietà. La chiese per sé e per sua sorella. “Ditemi che non le state facendo la stessa cosa!”, pregava, ma nessuno mai gli rispondeva. Infierivano, infierivano e basta sul suo corpo agonizzante, solo per sentirlo urlare, per vederlo strisciare; perché quello piaceva al Granduca: possedere interamente la vita altrui.

Tristan perse ogni dignità, si prostrò ai piedi di Roman Fedar iimplorando pietà, implorando riposo, implorando, implorando, implorando.

E un giorno smise di torturarlo.

- Ho esaudito la tua richiesta – gli disse, con un sorriso cattivo che era il suo unico sorriso – Smetterò di tormentarti, ragazzo. Non rifiuto mai di soddisfare un desiderio, ma ogni desiderio ha un costo; il costo di  una vita. Non dimenticarlo, la prossima volta che mi domanderai qualche cosa.

Impiegò qualche istante a comprendere che aveva ucciso sua sorella.

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Anche questa settimana sono in anticipo, stavolta perché.... Beh, perché mi va! xD
E' quasi Natale e mi gira così! Buon venerdì a tutti!!
  
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