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Autore: mattmary15    07/12/2013    3 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Capitolo II : La vita salvata da Shun
L’alba era la parte della giornata che Shun preferiva.
June e Yuna, a quell’ora, dormivano ancora e lui poteva godersi i colori del cielo e i suoni della natura. Entro un’ora le sue due principesse avrebbero riempito completamente la sua vita e Shun si sarebbe ritrovato a fare commissioni per la bella compagna e per la sua bambina. A volte si chiedeva come fosse possibile che fosse passato tutto quel tempo. Gli bastava dare un’occhiata a sua figlia per capire che il tempo non era passato solo nella sua testa. Yuna era diventata una ragazza bellissima e forte come sua madre anche se Hyoga non era d’accordo. Lui diceva che Yuna era tutto suo padre. Shun sorrise.
Un altro motivo per cui amava l’alba era che, a quell’ora, non c’era nessuno in giro. Nessuno tranne Hyoga. Da quando era finita la guerra contro Mars, Shun abitava in una modesta casetta ai margini del grande tempio, appena dentro la grande cupola di cosmo della fiamma di Nike. Shun sapeva chi faceva ardere la fiamma e aveva promesso di mantenere il segreto. All’alba usciva e camminava fino all’arena degli allenamenti. Lì trovava Hyoga. Nei primi tempi, il cavaliere del cigno aveva fatto finta di non vederlo e aveva continuato ad allenarsi imperterrito. Era tornato cambiato da Asgaard. Dopo la fine della guerra contro Marte, Hyoga era partito per il nord. Shun sapeva che avrebbe sposato Flare. Lui non l’avrebbe rivisto mai più. Se ne doleva ma voleva solo la felicità dell’amico. Anche se Ikki l’aveva abbandonato di nuovo e nel modo peggiore, non voleva pesare sul suo compagno come aveva sempre fatto. Lo salutò con un sorriso solo delle labbra perché i suoi occhi piangevano. Nei mesi che seguirono, senza Hyoga, con Ikki lontano, Seiya legato alla fiamma e Shiryu in Cina, Shun si era unito sempre più a June. Stare con lei era naturale e sapeva di famiglia. Qualche mese dopo la nascita di Yuna però Hyoga era tornato in Grecia. Da solo. Voleva stare da solo. Aveva detto solo questo. Così Shun aveva deciso che, con discrezione e rispetto, gli sarebbe stato vicino. Non lo avrebbe lasciato “solo”.
Ogni mattina si sedeva sui gradini dell’arena e restava in attesa che il suo vecchio compagno lo raggiungesse. Nei primi tempi, Hyoga non lo considerò affatto. Dopo gli allenamenti, rientrava in casa e sbatteva la porta. Shun ne soffriva ma non rinunciava. Una mattina di inverno pioveva e Hyoga era rientrato in casa dopo l’allenamento come al solito. Shun rimase seduto ancora un po’ sotto le gocce fredde e rotonde, poi si alzò e fece per scendere verso l’uscita. Scivolò sui gradini bagnati e ruzzolò giù per le scale fino all’arena. Quando aprì gli occhi una massa di capelli biondi lo sovrastava.
“Crystal..”
“Nessuno mi chiama più così, Shun. Ti sei fatto male?”
“No. Scusa..”
“Sei sempre il solito.. Per cosa ti stai scusando questa volta? Guarda che sei tu quello che si è fatto male!”
Gli occhi di Shun si riempirono di lacrime.
“E adesso perché piangi? Ti fa male da qualche parte?”
“No. Scusa..”
Solo allora Hyoga capì.  Guardando le lacrime di Shun, Hyoga capì il motivo per cui il ragazzo disteso per terra si stava scusando.
“La vita va avanti Shun, Flare non era la persona giusta per me, e anche se tu fossi venuto a trovarmi come ti avevo chiesto in quella lettera, le cose sarebbero finite ugualmente così. Io volevo tornare al santuario, lei voleva restare con sua sorella. Fine.”
Quel giorno Shun e Hyoga si erano ritrovati. Quel giorno Hyoga aveva scoperto la verità su Seiya e sul perché Shun non lo aveva potuto raggiungere ad Asgaard come lui gli aveva chiesto. Shun glielo aveva detto con uno dei suoi sorrisi sulle labbra.
“Inizialmente non volevo parlartene, pensavo che saresti rimasto con Flare. Ora però sei qui. Io non posso lasciare il santuario Crystal. Se lo facessi, le mie condizioni di salute peggiorerebbero drasticamente” disse sollevandosi una manica della maglia.
Tutto l’avambraccio destro era coperto da una macchia nera.
Hyoga riconobbe il marchio di Mars e in due passi fu addossò all’amico.
“Saori lo sa? Ha fatto niente? Mur ti ha dato un’occhiata? Perché non mi hai detto nulla?”
Shun rimase in silenzio. Guardava fisso negli occhi Crystal. Il cavaliere del cigno si bloccò come se il sacro Acquarius lo avesse investito. Le sue mani che tenevano Shun per le spalle lo avvolsero interamente e lo tirarono a sé.
“Andromeda” disse usando quel nome con riverenza e nostalgia “quello è il braccio che ti sei rotto per difendermi quella maledetta notte in cui Mars attaccò il santuario per uccidere Atena!”
“Non dire niente Crystal. Volevo solo che tu capissi.”
Da allora, l’alba era il loro momento. Chiacchieravano, ridevano, si confrontavano.
Quella mattina Shun aveva un disperato bisogno di parlare a Crystal. Stringeva una lettera e sapeva che poteva mostrarla solo a lui.
Lo trovò che ancora si allenava.
“Ma tu non dormi mai?” chiese ridendo.
“Avrò tempo di dormire nella tomba. E tu non potevi riposare un po’ di più oggi? Sembri uno straccio.”
Shun si sedette sul solito gradino e tirò fuori dalla tasca della giacca un foglio di carta spiegazzata.
“Cos’è?”
“Leggi”
Hyoga aprì il foglio piegato in due e i suoi occhi diedero una lettura veloce. Il suo sguardo si rabbuiò.
“E tu cos’hai risposto?”
“Che se vuole venire al santuario deve scrivere al grande sacerdote”
“Qui c’è scritto che vuole vedere te”
Shun si strinse nelle spalle.
“Non sei costretto a vederlo se non vuoi Andromeda”
A sentirsi chiamare in quel modo, Shun sorrise e a Hyoga sembrò di vedere la mistica nebulosa esplodere nei suoi occhi.
“Ikki non vuole che mi chiami in quel modo”
“Proprio per questo ti ho chiamato così. Per me conta solo quello che vuoi tu, non quello che dice Ikki. Lui ha fatto le sue scelte e tu hai diritto a fare le tue. Non farti condizionare da lui.”
“Non voglio farmi condizionare ma non posso impedirgli di venire al santuario. Tra l’altro dice di voler presentare Eden a Saori per fargli intraprendere la strada del cavaliere. La lettera dice che ha conquistato l’armatura di Orione. Non voglio che pensi che non m’importa di mio nipote.”
“Capisco. In tal caso spero che al suo arrivo, gli parlerai con franchezza e gli dirai come stanno le cose. Non sa che hai problemi di salute.”
Shun scosse il capo.
“Shun non essere stupido!”
“Ti prego Crystal! E’ per questo che sono venuto a palare con te. Voglio che mi prometti che non gli dirai nulla.”
“Non dovresti preoccuparti per lui. Lui dovrebbe preoccuparsi per te”
“Lo ha fatto per molto tempo”
“Lo ha fatto quando ha voluto, forse non quando tu ne avevi veramente bisogno.”
Shun si prese il viso tra le mani.
Hyoga gli fu vicino subito e gliele tirò via con decisione.
“Andromeda, non farlo. Non nasconderti. Ricordi? C’è stato un tempo in cui eri sempre un passo dietro a tutti noi. Poi hai dimostrato che, nonostante tutto e tutti, eri lì, tra i tuoi amici e il nemico, come uno scudo invisibile a proteggere le persone che amavi. La tua forza e la tua determinazione non sono da meno di quelle di Ikki. Stavolta devi affrontarlo e dirgli che la sua scelta, la scelta di sposare Pandora e vivere con lei ai margini del mondo, ti ha ferito. Devi dirglielo.”
“Non capirà”
“Glielo faremo capire. Non può venire qui a sconvolgerti la vita”
“E’ sempre mio fratello...”
“Potrebbe venire da solo con Eden. Che bisogno c’è di portare quella donna?”
Shun si fece pallido. Non voleva rivedere Pandora. Rivedere Pandora significava ricordare. Ricordare uno Shun diverso, dagli occhi neri e profondi come l’oscurità degli inferi.
Crystal gli passò una mano fra i capelli e si sedette accanto a lui. Lo tirò a sé come quando erano ancora Crystal il cigno e Andromeda della nebulosa. Il capo di Shun finì contro il petto del compagno e il battere del cuore di Hyoga sembrò cullarlo.
“Grazie Hyoga. Sarò forte. Tu devi promettermi che non dirai niente ad Ikki, né di me né di Seiya. Io ne ho bisogno, Saori ne ha bisogno. Abbiamo bisogno del gelo del tuo sguardo. Io sarò forte. Quella donna è solo la moglie di Ikki. Lui ha fatto la sua scelta e io ho fatto la mia.”
Crystal non disse niente. Continuò a stringere il suo migliore amico. Shun non poté vedere che il gelo calò davvero sugli occhi del cigno. Tuttavia nel suo animo si era animata la tempesta simile a quella del mare del nord quando libera il Kraken.
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Pandora guardava suo marito e suo figlio dormire sul lato opposto della carrozza. Entrambi con le spalle dritte, gli occhi socchiusi e le braccia incrociate sul petto, sembravano due gocce d’acqua. Eden la copia più giovane del padre. C’era stato un tempo in cui Ikki aveva avuto la stessa espressione innocente di Eden, ammesso che di innocente in Eden vi fosse qualcosa. Suo figlio era diventato cavaliere molto presto e, anche prima, aveva dimostrato di essere particolarmente precoce e smaliziato. Suo padre, del resto, non l’aveva mai risparmiato e lei gli aveva insegnato la divina arte della premonizione. Figlio della sorella mortale di Hades e di un cavaliere che rinasce dalle proprie ceneri, Eden era quasi più simile ad un semidio che ad un mortale.
Pandora sapeva che lo attendeva un grande destino. La divinazione tuttavia le aveva svelato che Eden aveva una nemesi. Il suo piccolo principe dell’oscurità, aveva tra le stelle, già un suo antagonista a contendergli lo scettro dell’uomo più forte della sua generazione. Quando Ikki aveva visto crescere il suo potere aveva rivelato a Pandora le sue preoccupazioni. Non voleva che Eden, già così naturalmente predisposto al potere, crescesse sotto l’influsso dell’arco di Cerbero. Lei non poteva biasimarlo. Aveva visto quali effetti il dio della morte aveva portato con sé. Aveva distrutto la sua famiglia di origine e non voleva che causasse sofferenza a quella che si era tanto faticosamente guadagnata insieme ad Ikki. Così aveva acconsentito al suo desiderio di condurlo in Grecia, al grande tempio, affinché Eden fosse addestrato non come un semplice cavaliere, ma come cavaliere di Atena. La notte seguente aveva però fatto uno strano sogno. Eden in qualche modo veniva coinvolto in un combattimento dal quale usciva sconfitto. Inizialmente credeva di aver riconosciuto nell’avversario di Eden, Seiya. Poi però, in qualche modo, aveva capito che non era lui, bensì una sua promanazione, una sorta di spirito derivante dal cavaliere di Pegasus. Il combattimento provocava la morte di Atena.
Non era certa di cosa significasse e ne aveva parlato a Ikki chiedendogli se fosse il caso che Eden fosse condotto in un luogo che poteva celare un qualche pericolo per lui. Ikki era stato irremovibile e lei aveva preteso di viaggiare con loro. Ikki non aveva risposto nulla. Aveva solo scritto a suo fratello che sarebbero arrivati presto in Grecia. Tutti e tre.
Pandora sapeva che Shun la odiava, ammesso che il piccolo Shun sapesse odiare. Prima aveva cercato di usare il suo corpo per farvi reincarnare il suo fratello divino e poi gli aveva rubato suo fratello. Sapeva che aveva ragione di odiarla. Ikki era stato l’unico appiglio di Shun nella vita e lei glielo aveva portato via. Come avrebbe potuto spiegargli che Ikki rappresentava la stessa cosa anche per lei?
“Perché non riposi anche tu come tuo figlio invece di perderti in cupi pensieri Pandora?”
“Penso a Shun”
“Non devi darti pena per lui. Gli parlerò io.”
“Sarà così facile?”
“Sa del nostro arrivo. Se non vuole vederci, non si farà trovare!”
Pandora sorrise.
“La fai sempre facile tu..”
“La scelta è di Shun, noi non possiamo farci niente.”
“E per l’altra faccenda?”
“Ti ho già detto che Seiya manca dal tempio da diversi anni. Pare che Saori sia stufa di averlo intorno. L’ha spedito in giro per il mondo a fare non so cosa.”
“Credevo che Lady Saori provasse qualcosa per Seiya”
“Anche io. Tuttavia credo di aver compreso col tempo le parole di Shaka. Atena è una creatura senza tempo né sentimenti. I cavalieri per lei sono armi. Frecce nella faretra dorata di Sagitter. Seiya l’ha imparato a sue spese.”
“E credi che durante la sua lontananza dal tempio, possa avere avuto il tempo di amare una donna?”
Ikki aprì gli occhi e si accertò che Eden li avesse ancora chiusi.
“Che intendi dire?”
“Ho continuato a pensare al mio sogno. Credo davvero fosse una premonizione. E se invece di uno spirito, se invece di vedere il cosmo di Seiya, io avessi visto qualcuno che gli somigli?”
Ikki puntò gli occhi nei suoi e la cicatrice sulla fronte si allungò.
“Se invece di vedere una forza proveniente da Seiya io avessi visto in sogno il figlio di Seiya?”
“Non mi risulta che Seiya abbia avuto dei figli.”
“E se non ne avesse parlato a nessuno?”
“Stiamo andando in Grecia. Se Seiya ha avuto un figlio coetaneo di Eden lo sapremo.”
Pandora guardò fuori dalla finestra e pensò che davvero il cuore di una madre è pronto ad ogni azione per proteggere il proprio figlio.
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“Al torneo potremo partecipare anche noi!!!”
Soma continuava a saltare stringendo la pergamena e sventolandola sotto il naso dei suoi compagni.
“Quando hanno pubblicato il bando?” chiese Haruto allievo del cavaliere di Capricorn e cavaliere di bronzo del lupo.
“Stamattina il maestro Hyoga l’ha affisso nell’arena! C’è la firma del grande sacerdote Saga!”
“Soma non darti tante arie! Sanno tutti che sono il migliore della classe! Vincerò io Paride della sfinge! Il mio maestro Aprhodite non verrà deluso!”
“Ma smettila buffone! Le prederai persino da me!” intervenne Sibilla cavaliere sacerdotessa allieva di Cancer.
“Il torneo è lungo. Non dovreste già fare a gara a chi vince. Bisognerà superare molte prove!” disse Ilio, il più piccolo della compagnia e allievo di Milo dello Scorpione.
“Adesso parlano anche le pulci!” lo schernì Paride spintonandolo.
Tra i due si frappose Kouga.
“Smettila Paride! O te le suono daccapo! Lascia in pace Ilio!”
“Ma guardate, è arrivato Kouga, Kouga il cavaliere di? Dimenticavo, lui un’armatura non ce l’ha!” rise Paride.
“Forse non ancora ma l’avrò presto e allora assaggerai di nuovo i miei pugni!”
“Ma bene e da quando sei diventato così combattivo Kouga?” chiese Soma che voleva bene all’amico ed era felice di sentirlo parlare finalmente da allievo cavaliere.
Kouga si voltò a guardarlo sorridendo.
“Ho uno scopo, ora. Per questo voglio l’armatura di Pegasus! E potrei anche vincere il torneo allora Soma!”
“Ehi vacci piano! E comunque non vincerai mai! Io sono il leoncino d’oro!”
“No tu sei il leone minore!”
“Smettetela, forse nessuno dei due vincerà!”
La voce apparteneva a Ryhuo. Al suo fianco c’era Yuna.
Ryhuo era il figlio di Shiryu precedente guerriero del dragone e viveva al tempio di Atena da due anni e cioè da quando aveva completato l’addestramento ai cinque picchi con suo padre ed era stato mandato da lui a diventare allievo del cavaliere di libra.
“Ryhuo, non vincerai mai tu!” replicò Soma.
“Non parlavo di me, vero Yuna?”
“E di chi?” chise Bant cavaliere dell’orso allievo di Aldebaran.
“Di mio cugino Eden! Sta arrivando al grande tempio. Mia madre dice che diverrà un allievo del sacro Shaka!”
“Impossibile. Shaka non prende allievi! Quello i bambini li mangia!” urlò Soma.
“Fate silenzio!”
La voce di Hyoga li rimise in riga.
“Sapete già del torneo. Chi vuole iscriversi potrà farlo stasera. Ora si comincia l’allenamento. Kouga, visti i tuoi miglioramenti, ti allenerai con me. Andiamo. Gli altri a coppie: Yuna contro Sibilla, Ilio contro Haruto, Ryho contro Bant e Soma contro Paride. Kiki controllali tu!”
L’allievo di Mur annuì col capo e Hyoga si avviò seguito da Kouga. Appena furono in disparte il maestro si fermò.
“Ti ho sentito dire che vuoi l’armatura di Pegasus adesso.”
Kouga annuì.
“Hai trovato una ragione per combattere, quindi.”
“Sì” disse il ragazzino fieramente “Ho le mie ragioni.”
“Posso conoscerle?”
Kouga parve esitare e guardò in terra. Strinse i pugni e parlò.
“Voglio ritrovare i miei genitori. Se avrò l’armatura potrò lasciare questo posto e andare a cercarli. Atena me l’ha promesso!”
Non fece in tempo a chiudere la frase che un cerchio di ghiaccio lo scaraventò in terra.
“Una motivazione meschina, Kouga! Le armature furono forgiate per difendere Atena e la giustizia e tu pensi di poterla conquistare per un tuo tornaconto personale? Sei un illuso. Chiedi a Death Mask o persino a Saga! Le armature abbandonano coloro che approfittano del loro potere! Non conquisterai mai Pegasus per una ragione simile!”
Kouga si rialzò.
“Io ce la farò! La forza che ho dentro me lo permetterà. Ora so di avere un cosmo e so perché voglio usarlo!”
“Allora battiti Kouga, ma assaggerai il ghiaccio della Siberia e ricordati che hai a che fare con un cavaliere che ha in sé latente il settimo senso!”
“Anche in me è latente il settimo senso! Forse ora non sono capace di usarlo ma Seiya dice che appartiene ad ogni cavaliere!”
“E tu ti definisci cavaliere? Tu che vuoi un’armatura per abbandonare Atena?”
Kouga accusò la frase come se avesse preso un colpo in pieno petto.
“Combatti presunto cavaliere! Diamond dust!”
Il potere che investì Kouga fu così forte che questi rovinò diversi metri più indietro. Kouga sentiva le membra intirizzite e doloranti e si chiese quanto ancora più forte di così potesse colpire il suo maestro.
“Alzati. Questo potere non è nulla. E’ così che vuoi partecipare al torneo? Farti battere dal primo venuto? Magari farti umiliare dal principe delle tenebre?”
Kouga si sollevò a forza.
“Il principe delle tenebre?”
“Il figlio di Ikki e Lady Pandora! Eden dell’Orione, il cavaliere che viene dalla porta degli inferi! Dicono che sia molto potente! Viene qui a dimostrare che tutti voi non siete alla sua altezza. Vuoi far sfigurare i cavalieri di Atena? Vuoi che Saori si vergogni di te?”
Kouga si rimise in piedi barcollando. Nei suoi occhi Hyoga rivide una luce che credeva non avrebbe visto mai più. Era stata la luce della pienezza del dragone, quella dell’ultimo cristallo di neve dell’aurora del nord, la luce profonda della nebulosa di Andromeda, la luce della freccia di sagitter scagliata sempre e solo per amore.
“La signorina Saori non si vergognerà di me e se stavi per parlare di Seiya, sappi che neanche lui si vergognerà di me. Io sarò Kouga di Pegasus. Le mie ragioni non contano. Quell’armatura sarà portata con rispetto se il suo legittimo proprietario deciderà di prestarmela!”
Hyoga sorrise di sfida.
“Tanti anni fa ho combattuto per avere il diritto di rivedere mia madre. Mi ha fatto essere debole per molto tempo Kouga. Almeno me l’hanno fatto credere. La verità è che la mia debolezza era anche la mia forza. L’amore per le persone care non è mai fonte di debolezza, ma di forza. Esse stanno al nostro fianco nelle battaglie e ci danno motivo per andare avanti. Sappi tuttavia che, arriverà un giorno in cui questo non basterà più. Allora dovrai accantonare le tue ragioni per abbracciare quelle più grandi che fanno di un uomo un cavaliere. Se davvero l’amore per i tuoi genitori è una causa giusta l’armatura verrà da te. Tu però dovrai dimostrare che sei forte abbastanza per riceverla e dovrai farlo adesso. Diamond dust!”
Kouga vide il suo maestro preparare il suo colpo e, all’inizio, temette di rimanerne schiacciato, poi pensò al calore che aveva provato quando aveva colpito Paride. Raccolse i suoi pensieri e cercò di ricordare cosa aveva scatenato il suo potere. La rabbia per le offese ricevute? No, Paride non aveva offeso lui ma Seiya. La rabbia per le offese fatte a Seiya? No, non la rabbia. Ormai la polvere gelida del suo maestro stava per avvolgerlo. Doveva capire in fretta. Non era stata la rabbia per le offese mosse a quel cavaliere che lui sapeva proteggere Saori più di chiunque altro; era stato il desiderio di far capire a Paride che stava mentendo, che le sue parole erano false, che le sue cattiverie su Seiya non erano altro che menzogne. Voleva difendere il cavaliere leggendario. Si, voleva difendere Seiya. Voleva proteggerlo. In quell’istante di consapevolezza udì come un calore forte nascergli nel petto e quel calore lo avvolse prima della polvere di diamanti del suo maestro. La brina si posò al terreno senza toccarlo. Aprì gli occhi. Il suo maestro era fermo davanti a lui.
Gli posò una mano sulla spalla.
“Puoi partecipare al torneo Kouga. Ti reputo ammesso. Sono certo che tu possa diventare Pegasus Kouga. Ricorda solo cosa genera la tua forza perché dovrai sempre tirarla fuori da lì. Io oggi sono vivo perché qualcuno mi ha salvato la vita sacrificando un po’ di se stesso. Tu sei vivo per lo stesso motivo. Ricordalo sempre. Per oggi sei congedato.”
“Maestro”
“Dimmi”
“Il principe delle tenebre...è pericoloso?”
“Non lo so, non credo. Tuttavia confido che il tuo cuore Kouga sappia distinguere il bene dal male.”
“Non so se ne sono capace.”
“Saori ha fiducia in te. Lei spera che tu possa camminare sempre nella luce.”
“Maestro non hai veramente usato il tuo colpo su di me!”
“Certo che no! Altrimenti ora saresti un ghiacciolo!” disse Hyoga allontanandosi. Il cavaliere tuttavia aveva mentito. Seppure al minimo della propria forza aveva comunque lanciato la polvere di diamanti e il cosmo di Kouga l’aveva sciolta come neve al sole. Era Pegasus Kouga, ma allora perché l’armatura non si manifestava? Possibile che fosse Seiya, che pur indossando Sagitter, continuava a trattenere l’armatura del cavallo alato presso di sé? Hyoga sperò che il legame tra Kouga e l’armatura nascesse prima del torneo o quel ragazzino si sarebbe fatto male davvero.
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Yuna corse fuori non appena sentì il rumore della carrozza. I suoi genitori la seguirono.
Ikki scese per primo. Shun sussultò. Il tempo era passato anche su Ikki o forse era solo l’abito elegante a far sembrare esageratamente maturo il fratello maggiore. Dietro di lui comparve Eden. Era diventato veramente un bel giovane. A Shun sembrò di rivedere Ikki da bambino. Solo gli occhi di Eden non appartenevano a Phoenix. Erano gli occhi di Pandora. Quando Ikki porse la mano per aiutarla a scendere dalla carrozza, Shun rabbrividì. Pandora era sempre uguale. I lunghi capelli neri, gli occhi scuri e sottili, la pelle diafana.
“Benvenuti!” esclamò Yuna “Che bello rivederti zio!”
“Sei diventata una signorinella Yuna!” disse Ikki in tono divertito.
“Grazie zio, ciao Eden!”
“Quello che vuole dire mio padre è che sei diventata una fanciulla stupenda!” esclamò Eden con fare galante. Yuna arrossì un po’,
“Benvenuta anche a te zia!”
“Grazie Yuna. Salve June.”
“Benvenuti, per stasera ho predisposto con Yuna delle camere al piano di sopra. La nostra casa è una dimora modesta. Domani mattina Yuna vi accompagnerà al santuario. Il grande sacerdote ha predisposto degli alloggi più adeguati.”
“La tua casa June non è affatto modesta. Andrà benissimo. Salve Shun sono lieta di rivederti.” Disse la sacerdotessa di Hades tendendo una mano verso Andromeda. Questi si ritrasse immediatamente.
“Salve Pandora” disse comunque con gentilezza.
Fu il turno di Eden di salutare e Shun e June lo abbracciarono.
“Ciao Shun”
“Ciao Ikki”
Non si dissero più nulla finché le donne ed i ragazzi non furono entrati in casa.
“Sembri malato” disse Ikki andando subito al punto “Stai bene?”
Shun, che per anni aveva imparato a nascondere la nebulosa dentro di sé, avrebbe voluto urlare che non doveva fargli domande stupide e che se davvero gli importava di lui non avrebbe dovuto stare lontano tutti quegli anni prima di chiedergli della sua salute. Finse come suo solito.
“Sembri invecchiato” disse sorridendo e guardando per terra “Stai bene?”
Ikki rise.
“Sono le responsabilità. Mi opprimono. Forse vale lo stesso anche per te. Volevo solo sapere se stai bene.”
“Sto bene fratello”
Il modo in cui pronunciò la parola ‘fratello’ fece sgranare gli occhi di Ikki. Era piena di affetto e nostalgia e allo stesso tempo suonava come un rimprovero, un segno rosso ad evidenziare tutte le sue mancanze.
“Sono contento che tu abbia voluto vedermi”
“Pensavi che, avvertendomi del tuo arrivo, sarei sparito per non incontrarti? Non ho niente contro di te fratello.”
“Non contro di me, certo. Ma non riesci ad accettare la presenza di Pandora.”
Shun strinse i pugni.
“Pandora non è malvagia. Lei è stata una vittima quanto te.”
Gli occhi di Shun fiammeggiarono. La nebulosa montava nel suo cuore.
“Se avessi potuto vedere la madre amorevole che è stata per Eden. A volte penso che avremmo dovuto superare le nostre divergenze molti anni fa. Magari quando è nata Yuna”
“Non avrei mai consentito a quella donna di avvicinarsi a mia figlia!”
Soffocare la nebulosa cominciava a diventare difficile per Shun.
“Perché tu vedi in lei la sacerdotessa di Hades. Ma lei è una donna. Semplicemente una donna. Colei che amo, Shun”
Le ultime parole furono troppo. Shun conosceva l’amore. Aveva sempre vissuto per amore. Per amore di suo fratello, per amore dei suoi amici, per amore del suo maestro, della sua isola, di Atena, di June e di Yuna. Ma ricevere amore per lui era stato difficile. Atena amava di un amore per la battaglia dal quale si veniva consumati, la sua isola, la sua patria lo aveva considerato per anni un traditore, i suoi amici, col tempo, avevano preso ognuno la propria strada allontanandosi da lui. Persino June adesso amava di un amore assoluto Yuna e lui di riflesso in quanto padre di sua figlia! Shun non la biasimava per questo, ma Ikki...
Sentirsi dire che Pandora era colei che lui amava era troppo. Si girò e fece per rientrare in casa. Ikki gli afferrò il polso.
“Shun, aspetta...”
Il minore dei fratelli si ritrasse e il suo gesto mandò su tutte le furie il maggiore che lo prese per le spalle e cominciò a scuoterlo.
“Perché fai così? Non sei cambiato affatto. Rifuggi sempre il terreno di scontro anche se stiamo solo parlando! Quando imparerai a crescere e a capire come va il mondo?”
Shun chiuse gli occhi ma, capì che non poteva più contenere l’esplosione della tempesta che si agitava dentro di lui. Fu allora che una brezza gelida li accarezzò.
Ikki mollò la presa.
“Vedo che non è cambiato proprio niente al santuario. Sarà meglio che continuiamo questa conversazione un’altra volta. Non siamo più soli” disse il cavaliere di Phoenix “puoi palesarti Hyoga. Lieto di rivederti!”
Crystal apparve dal nulla e camminò fino al fianco di Shun. Gli poggiò una mano sulla spalla.
“Stai bene Andromeda?”
Shun annuì.
“Mio fratello si chiama Shun! Andromeda è il nome della sua armatura ed è un nome da donna Hyoga!”
“Lascialo in pace Ikki”
“Altrimenti che farà? Correrà a piangere da te? Tutto come al solito. Gli anni passano ma alcune cose restano immutate. Pensavo che avessi trovato un tuo posto nel mondo! Che finalmente avessi una vita tua da portare avanti, uno scopo!”
“Io so esattamente qual è il mio posto nel mondo Ikki. Ed è qui tra te e Andromeda in questo momento. Contrariamente a qualcuno di mia conoscenza, io so attribuire valore alla vita e so a chi la devo!”
Un tocco leggero sul suo braccio fermò il cavaliere del cigno.
A Ikki non sfuggì la dolcezza con cui suo fratello aveva toccato il compagno. Sospirò e li superò aggiungendo solo poche parole.
“Mi aspettavo che dopo tutto questo tempo voi due aveste finalmente compreso. Ad ogni modo Hyoga non ho intenzione di fare del male a Shun e per questo ti ignorerò. Fa attenzione però alle tue belle parole! Shun ha già avuto molte delusioni in vita sua. Buona notte!”
Shun rimase interdetto, Hyoga strinse invece un pugno. Il tempo gli aveva fatto capire come stavano le cose. Lui aveva compreso. Tuttavia a cosa era servito? La realtà non si poteva cambiare. Lui poteva solo proteggere Shun. Shun che soffriva per il marchio di Marte che portava al posto suo. Shun che era la sua unica ragione di vita.
  
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