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Autore: sherry21    09/12/2013    13 recensioni
Sherry è riuscita a raggiungere il suo obiettivo, lavorare nell'ospedale dei suoi sogni.
Dal primo giorno tutto si preannuncia un disastro, il dottor Ace sembra divertirsi a tormentarla e a fargliene passare di mille colori, risvegliando in lei uno spirito battagliero assopito da anni.
Fra mille battibecchi, dispetti e situazioni imbarazzanti, Sherry non demorde, anzi, riesce a tener testa a Portgas come mai era successo prima fra le mura di quel reparto, conquistando simpatie e antipatie di diversi colleghi.
Nonostante tutto, riuscirà a trovare qualcuno che la farà sentire completa ...
Spero di aver incuriosito qualcuno, auguro una buona lettura!
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori quasi impossibili'
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CAPITOLO 4:
Uscii dal camerino con il nuovo capo addosso, avvicinandomi con passo incerto al primo specchio che trovai davanti a me.
Quella maglietta non era esattamente il mio genere. Amavo tantissimo i lupetti, le maglie larghee le camicette, ma non ero per nulla abituata a degli indumenti con dei décolleté così aperti.
La maglia era semplice e fine, non aveva fronzoli eccessivi. Il suo scollo a “v” metteva in risalto il mio collo fine, mentre il resto del tessuto ricadeva delicatamente sui fianchi, evidenziando la mia vita sottile e il seno prosperoso.
Per essere una persona che tendeva a nascondersi in abiti larghi e “anonimi”, mi sentivo scoperta e vulnerabile, ma, infondo, dovevo ammettere che quel tipo di indumento non mi dispiaceva per niente.
-Pulce, complimenti! Non sapevo avessi questo fisico, ti copri troppo per i miei gusti … - alzai lo sguardo, vedendo sbucare il mio miglior nemico da dietro una fila di vestiti per portarsi dinanzi a me.
-Non cercare di addolcirmi … - sorrisi timidamente.
“Incredibile … ti ha fatto un complimento, vedrai che pioveranno cani e gatti dal cielo appena usciremo da qui!”.
-Ma chi ti vuole addolcire? Neanche James Bond riuscirebbe in questa impresa impossibile! … forse il diabete, ma il discorso varrebbe solo per il tuo sangue … - asserì grattandosi il mento, sghignazzando trionfante per il suo umorismo da quattro soldi.
Affilai meglio che potei il mio sguardo glaciale, facendolo divertire ancor di più: - Ah … ah … esilarante dottor Portgas.- sbuffai gonfiando le guance.
Non ne seppi il motivo, ma ad un tratto sembrò intenerirsi e mi pizzicò una guancia con fare abbastanza dolce e affettuoso.
“Sherry, attiva il tuo sistema simpatico … sono sicura che stia per attaccare!” urlò impanicato il mio alter ego alzando le braccia in aria.
-Pulce … permetti?- domandò avvicinandosi.
Memore del suo saluto russo, indietreggiai guardandolo perplessa: -Non mi vorrà di nuovo salutare come i russi, spero … -.
Portgas scoppiò a ridere di gran carriera scuotendo la testa: - Tranquilla pulce … volevo solo sistemarti la maglietta … -
-Che?!- arrossii, ma lui aveva già messo mano sul tessuto tirandolo verso il basso,  per poi  risistemarmi le spalle e le maniche.
Mi sentii un’impedita, non riuscivo a muovere un solo dito per l’imbarazzo.
Non ero abituata a ricevere consigli, pareri e aiuti in questo campo, ma, soprattutto, non ero abituata a sentir scorrere le mani di un uomo sul mio corpo …
-Come ho detto prima, ti copri troppo e questa maglia non è fatta per nascondere le tue curve.- quella frase arrivò come uno schiaffo che mi riportò alla realtà.
-Ma chi nasconde cosa … per caso nella sua vita precedente era uno stilista? Da come parla direi  di sì. -.
Sorrise flebilmente: -No, però ti posso dire una cosa con certezza … - affermò con voce seria e roca, attirando subito la mia attenzione.
-Cosa?- domandai curiosa studiandolo in volto.
-Il signore vi ha fatto nascere con il davanzale perché è la vostra arma d’attacco per eccellenza, quindi vuole che voi lo valorizziate. – sghignazzò come un povero idiota.
Solo a lui potevano balenare in mente certe battute squallide.
Rimasi impietrita … e pensare che io mi aspettavo un discorso importante e con un filo logico per una volta!
-Dottor Portgas lei è un PERVERTITO! Un’altra battuta sul mio davanzale e giuro che la vado a querelare.- voltai la testa per non guardare la sua espressione sciocca e divertita.
Quando faceva così mi irritava in una maniera incredibile.
-Sei una tipa veramente difficile Pulce, ti ho fatto un complimento. Che cosa deve fare un uomo per corteggiarti se ti da fastidio qualunque cosa uno ti dica?… sempre ammesso che tu riesca ad adescare qualcuno con questo caratterino.- ghignò.
-Guardi che io sono così peperina solo con lei.- ringhiai gonfiando ancor di più le guance.
-Quale onore Pulce. – ridacchiò soddisfatto portandosi dietro di me.
“Che cosa vuole fare ora? … Sherry, perché non lo fermi? Ci sta gironzolando troppo attorno! ”.
Con estrema delicatezza spostò la mia lunga chioma di capelli su una spalla, scoprendo l’incavo dell’altra, con l’unico scopo di sistemare l’etichetta che aveva fatto uscire dalla maglia con la mossa di qualche istante prima.
Rimase a fissarmi in silenzio per svariati secondi, mettendomi in ansia e soggezione.
-Hai un bel collo, perché lo nascondi?- domandò percorrendolo con un dito.
Non c’era malizia o voglia di scherzare in quel gesto e in quella domanda, bensì pura e semplice curiosità.
-Non … non lo nascondo, sono a-abituata a mettere altri generi di capi. – balbettai, sentendo le guance e le orecchie diventare sempre più calde.
Il mio respiro si fece sempre più superficiale e irregolare, mentre lui continuava con le sue dita quella docile tortura, era come se si fosse incantato.
-È ora di cambiare, ti pare? Hai una bella pelle … - constatò quasi ammaliato.
“Cucù … Sherry? Perché ti stai abbindolando? ”.
Il mio io interiore aveva ragione, che diamine stavo facendo?
-Cambierò … - rabbrividii allontanandomi da lui sorridendo: - … prendo questi jeans, questa maglietta e poi filiamo a casa. - corsi nel camerino a corto di fiato.
Non mi era mai successo niente di simile prima d’ora, neanche con il mio ultimo ragazzo m’incantavo così per una cosa da niente.
“Cala,cala Sherry! Non paragonare Portgas a quell’altro morettino tenebroso … non ho ancora capito perché tu lo abbia lasciato … antipatica, non mi ascolti mai! ”.
-Infermiera pulciosa, voglio vederti anche con quell’altro vestito.- rammentò Ace non appena chiusi la tendina alle mie spalle.
 
Per un misero istante pensai che quel pomeriggio lo potessi trascorrere come una ragazza normale, una donna qualunque … ma perché speravo in una cosa simile?
Diamine, quel mattino avevo conosciuto Portgas D. Ace e dal nostro primo scontro sapevo che niente sarebbe andato per il meglio con lui nelle vicinanze! … infatti … -Signor Portgas D. Ace, la dichiaro in arresto per aver molestato delle suore in luogo pubblico.- disse un agente ammanettandolo.
 
Ero furibonda oltre ogni dire.
Quel fanfarone ne aveva combinata un’altra delle sue e me l’avrebbe pagata cara al più presto possibile.
Finalmente uscii dalla questura seguita da Portgas, ma non da soli, bensì scortati da suo nonno acquisito, che mi aveva fatto impazzire con la deposizione fino a pochi minuti prima.
Ace era stato fregato da una banda di ladre note a livello internazionale, le famigerate “Sister Thieves”, appellativo simpatico fornito da un noto freelancer locale.
In tutta quella storia, oltre ad essere adirata per il guaio in cui Asso si era cacciato, mi sentivo totalmente annientata.
Come poteva andare avanti la giustizia in questo mondo se c’erano degli incompetenti come suo nonno dietro a quei distintivi?!
Inoltre, da quando avevo incontrato quel ragazzo, niente stava andando per il verso giusto.
La mia vita e la mia dignità erano state messe a repentaglio diverse volte e continuare a mantenere i nervi saldi stava iniziando a costare tanta fatica.
-Figlioli, avvisatemi quando vi sposerete, verrò molto volentieri al vostro matrimonio!- esultò Garp spingendoci fuori dall’edificio, regalandoci due pacche possenti e “affettuose” alla schiena.
In seguito a quei colpi mi sentii mancare l’equilibrio e mi ritrovai a ondeggiare in avanti e indietro sulla punta dei miei piedi, finché non mi sporsi quasi completamente in avanti.
Chiusi gli occhi preparandomi a ruzzolare per tutta la scalinata di marmo della questura, quando due grandi mani calde e forti mi presero per i fianchi bloccandomi.
Sospesa in aria e ammutolita dalla paura, rimasi a guardare l’enorme gradinata che avevo di fronte.
Se Portgas non avesse avuto quei riflessi così pronti, molto probabilmente avrei potuto dire addio al mio povero naso e all’osso del collo.
“Che razza di saluto era? Quello era tentato omicidio! … Sherry, non è Ace il problema di tutto. Pensa al caposala, a Sanji e a Garp … forse la fonte dei problemi è l’aria di questa città … ci deve essere un gas tossico che assale il cervello degli uomini molto probabilmente …”.
-Pulce … tutto ok? Non offenderti, però non sei tanto leggera. – affermò Asso strizzandomi un fianco - … sarai magra, ma pesi un po’. -.
“ … in effetti, ultimamente hai mangiato solo pizza a causa del trasloco …” asserì il mio alter ego impiccione … ma da che parte stava?
Mi rimisi in piedi facendogli una pernacchia: -Certo che è proprio antipatico! Ho sopportato suo nonno, l’ho liberata da quella gatta buia piena di tipi balordi e puzzolenti con cui solo lei poteva mettersi a giocare a carte e a parlare del più e del meno, le ho pagato la cauzione e l’unica cosa che mi viene a dire è che secondo lei peso troppo? Non le viene in mente altro di più carino e cordiale?-.
Gli vidi fare una smorfia strana, non riuscii a capire se fosse di dolore o di comprensione … che diamine gli stava passando per la testa adesso?
-Scusami … ti ho beccato in un periodo “ormonalmente” instabile, è per questo che sei tanto nevrotica, vero? – annuì con fare apprensivo strofinandomi una spalla.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo: -Le conviene correre in macchina se non vuole tornare a casa a piedi.- lo minacciai scendendo a passo spedito quegli stupidi scalini in marmo.
-Agli ordini capo … - rispose tirandomi uno zigomo - … sai, le tue guance mi sono mancate in prigione, sono un ottimo antistress. –
-Zitto e cammini!- ringhiai.
 
Per tutto il tragitto del ritorno, nell’auto regnò il silenzio.
-Pulce … sei tanto arrabbiata con me?- domandò Asso con un velo di tristezza e di timore, rompendo la tensione che aleggiava nell’aria.
-Sì. - risposi esausta, entrando con la macchina nel parcheggio del condominio.
- … allora, perché sei così calma e non stai sbraitando?-
-Aspetti che scendiamo dall’auto, sto guidando adesso.- risposi pacatamente.
Appena misi piede fuori dall’abitacolo, aspettai che il mio peggior nemico ne uscisse zittendolo solo con uno sguardo.
-Ho speso un po’ di soldi per me, ma anche un bel po’ per lei … meglio, ho speso più soldi per lei che per me, lo sa?-.
Si limitò ad annuire con il capo, mentre io m’incamminai verso il condominio a testa bassa.
Mi sentivo abbandonata.
Avevo bisogno di un abbraccio affettuoso e che una persona mi dicesse che tutto sarebbe andato per il meglio ma, invece, mi ritrovavo sola nella mia città natale senza aver qualcuno con cui parlare … che amarezza.
Sentii i suoi passi corrermi dietro: -Sherry … - mi voltò afferrandomi per un braccio, facendomi sbattere contro i suoi pettorali.
Lo guardai dritto nei suoi occhi scuri, se non fosse stato che ero tanto arrabbiata con il mondo intero e con me stessa, li avrei potuti considerare pure magnetici, attraenti ma soprattutto sinceri e buoni.
Quel medico aveva la straordinaria capacità di farsi attrarre e respingere contemporaneamente, ma, per il momento, sovrastava la seconda possibilità.
Per un attimo pregai che fosse lui stesso a dirmi che tutto sarebbe andando per il meglio e che l’indomani sarebbe stato un altro giorno, invece dovetti scontrarmi di nuovo con la triste e amara verità del momento.
- … i soldi te li restituisco non appena cambio la carta di credito. -.
Mi aveva fermato solo per parlarmi di soldi?
Presi la borsetta e gliela sbattei ripetutamente sul braccio, mordendomi il labbro inferiore dalla rabbia che stavo provando in quel momento: -Scemo, non è solo questione di soldi … - digrignai continuandolo a pestare.
Perché mi credeva così superficiale?
“Sherry, l’ennesimo problema della giornata non è questo … perché ti preoccupi che lui pensi che tu sia superficiale?” domandò giustamente il mio io interiore.
Prima non credeva che lo avrei aiutato e ora pensava solo ai soldi, per chi mi aveva preso?
Inoltre, da quando eravamo usciti dalla questura, stavo aspettando un semplice e misero “grazie”, non la venuta di Gesù in terra!
Mi bloccò nuovamente per le braccia senza fiatare, come se avesse deciso di sua spontanea volontà di farmi sfogare a quella maniera su di lui e mi fissò insistentemente negli occhi.
Quanto avrei voluto che mi avesse abbracciato con la stessa intensità di quella presa, anche se non lo conoscevo e mi faceva dannare come non mai. Almeno per un momento o anche per un solo misero istante volevo che qualcuno, non per forza lui, mi facesse sentire amata e protetta.
Sarebbe bastato un solo minuto di quel sogno idilliaco a rendermi di nuovo sicura di me stessa.
Avevo voglia di piangere e di singhiozzare come una bambina, ma ormai avevo imparato benissimo a reprimere tutte le mie emozioni e non sarebbe stato un piccolo desiderio irrealizzabile ad abbattermi.
-Sherry, lo so che avevi bisogno di quei soldi. Te li restituirò. -.
“Wow, sembra comprensivo e sincero … comunque non ha ancora detto quello che volevi. Che farai ora?”
-Lei è un’idiota Portgas … - sussurrai - … ho solo voglia di andare a dormire ora … – mi liberai dalla sua presa aprendo la porta del condominio con uno strano nodo in gola.
Mi tolsi le scarpe per non far echeggiare nella tromba delle scale il rimbombo dei miei passi sul marmo, raggiungendo in pochi secondi la porta del mio appartamento.
-Ehi … Sherry, fermati … se sei così arrabbiata con me, perché hai pagato la cauzione?- bisbigliò.
-Scemo, lei è uno scemo e glielo ripeterò finché non capirà che cosa sto aspettando che esca dalla sua bocca … arrivederci Portgas! – gli sbattei la porta in faccia.
“ … Sherry, non è da te arrabbiarti per un grazie non detto, inoltre non è neanche colpa sua e tu lo sai meglio di me … non dovresti sfogarti con lui per tutto quello che ti sta capitando.”.
Per una volta il mio io interiore aveva ragione, ma non sapevo dove sbattere la testa per la disperazione.
“ … ehi! Come sarebbe a dire che per una volta ho ragione?!”.
 
Rimase fermo davanti alla porta dell’appartamento di Sherry per due minuti abbondanti, cercando di capire che cosa avesse sbagliato con lei.
Si portò una mano fra i capelli ribelli scompigliandoseli ancor di più.
Alla fine non era riuscito a vederla con quel tubino zebrato addosso e non aveva scusanti per quello che le aveva fatto passare, anche se era lui che aveva tutte le ragioni di questo mondo per arrabbiarsi.
Mentre si incamminava verso l'appartamento, ripensò alla frase che Sherry gli aveva detto poco prima di chiudergli la porta sul naso e s’illuminò d’immenso.
Finalmente aveva capito a che cosa si riferisse la piccola Pulce … voleva che le chiedesse scusa e che la ringraziasse, era una cosa così banale cui non ci aveva proprio pensato.
Stava per bussarle, ma si bloccò. Di sicuro non gli avrebbe più riaperto la porta, era tanto furibonda con lui e, da quel che sapeva, quella reazione poteva celare anche altri problemi.
Si voltò mettendo le mani in tasca per prendere le chiavi di casa, senza trovarle.
Alzò gli occhi al soffitto e li chiuse facendo un respiro profondo: -Miseriaccia … - sbuffò esausto, le suore avevano rubato anche quelle.
-Sono uno scemo … - sorrise sedendosi davanti alla porta di casa, sbattendo flebilmente la testa su di essa.
 
Erano le due di pomeriggio, dovevo correre entro mezz’ora a prendere consegne al cambio turno in reparto e stavo rischiando di fare tardi.
Essendomi svegliata da poco meno di un’ora, avevo dovuto fare tutto di corsa: doccia, colazione, pettinare i capelli, lavare i denti e sistemare le cose in lavastoviglie.
Presi la borsetta al volo assieme all’impermeabile, correndo come una disperata verso l’ingresso finendo col sbattere il naso contro la porta, per la terza volta nell’arco di una settimana.
Mi ero completamente scordata di aprirla.
“Sherry, svegliati che è primavera … Sherry, è ora di andare a scuola …” cantò il mio io interiore in segno di sfregio “ … Sherry, scusati con Portgas … Sherry, muori dai sensi di colpa”.
Stupido io interiore, mi dava fastidio ammetterlo ma aveva ragione.
Ieri sera era Ace che aveva tutti i diritti di arrabbiarsi con il mondo intero, ma come diamine faceva a prendere la vita con così tanta filosofia?
Appena uscii, gli occhi ricolmi di lacrime per l’impatto subito pochi istanti prima caddero su una figura raggomitolata per terra davanti alla porta di … Asso?
-Dottor Ace? – domandai abbastanza forte da svegliarlo.
Lui mugugnò, girandosi goffamente verso il muro, tenendosi ben stretta la giacca al petto –Rufy, ancora cinque minuti … -.
“Rufy a chi?! La mia voce ti sembra quella di un uomo?!”.
Presi il giornale che il custode del condominio mi aveva portato sullo zerbino di casa e glielo lanciai in testa.
-Ahia! … stron … - finalmente aprì gli occhi e mi fissò esterrefatto –Sherry? Ma che cavolo … - si guardò attorno e sbuffò - … giusto, sono rimasto chiuso fuori. –
-La morosa non le ha permesso di entrare ieri sera? … – sghignazzai maligna - ... puzzava troppo di galeotto?-.
-Ma quale morosa e morosa, sono uno scapolo fiero di me stesso … comunque le pinguine mi avevano rubato anche le chiavi dell’appartamento. -
-Non ha un paio di scorta?-
-No. – sbadigliò con le lacrime agli occhi per il sonno.
Iniziai a sentirmi sempre più in colpa, ero certa che non mi avesse chiesto aiuto solo per paura di disturbare.
-Perché non mi ha chiesto aiuto?- sbuffai, guardandolo di sottecchi dispiaciuta.
- … avevo paura di non risvegliarmi più se ti avessi suonato il campanello per chiedere ospitalità per una sola notte.- si alzò da terra indossando la giacca.
-È uno scemo, lo sa? … deduco che non ha nemmeno le chiavi della macchina per andare al lavoro, vero?-
-Giusto … sono dentro casa. - annuì scrocchiandosi il collo con una piccola smorfia di dolore.
Sospirai: -Venga, la accompagno io … -
-Non serve Pulce ... -
-Ho detto che la accompagno io. – lo minacciai fulminandolo con gli occhi spiritati.
-O … Ok … grazie Pulce. – balbettò sforzandosi di ridere.
-Aspetti prima di dirmi grazie Asso, devo ancora vendicarmi … - sorrisi birichina - … a proposito, mi scuso per la reazione esagerata di ieri sera. Ero un po’ stanca. -.
Lo sentii tirare un sospiro di sollievo e rispondere: -Lo immaginavo, Pulce. -.
 
Arrivammo in reparto e, esattamente come il giorno precedente, Asso ed io ci mettemmo a discutere.
-Lei ha il turno di otto ore, la aspetto e poi torniamo a casa. – lo fulminai puntandogli un dito davanti agli occhi.
Lui abbassò la mia mano storcendo il naso, come per dire “ma cosa mi punti in questa maniera, Pulce insolente!”: -Ehi, sei l’ultima arrivata e ti devi abituare alla routine del reparto. Io faccio i turni di sette ore e basta Pulce.- ribatté con tono fermo e scocciato.
-La smetta di chiamarmi “Pulce”.-
-E tu smettila di chiamarmi “Asso” … inoltre, perché questo soprannome?-
-Perché solo un Asso come lei si fa fregare da un gruppo di suore ricercate a livello internazionale … e poi è la traduzione del suo nome. – sorrisi fiera di me stessa.
-Piccola pulce pulciosa … - esclamò accentuando le iniziali di ogni parola, per poi pizzicarmi una guancia e scoppiare a ridere come un matto - ... ne hai di fegato se vuoi, eh? … Lo sai che hai delle guanciotte veramente morbide ed elastiche? Sono un ottimo antistress.- concluse tirando sempre più forte la povera carne della mia guancia.
-Scemo di un Asso … – gli feci una linguaccia, ma lui per vendicarsi mi tirò anche l’altra - … ahia!-.
-Ahahah … Pulce, così sembri un gatto con la lingua di fuori. -.
In compenso io gli presi il naso, ma fummo interrotti da uno strano verso gutturale.
Entrambi ci voltammo, rimanendo pietrificati nel vedere chi avevamo davanti.
Di fronte a noi c’era un medico dai capelli verdi menomato di un occhio, con il camice bianco e la divisa blu come tutti gli altri dottori, ma sul suo cartellino identificativo avevo letto qualcosa che mi aveva completamente raggelato il sangue nelle vene.
“ Dott. Roronoa Zoro. Primario terapia intensiva.”.
Ero talmente spaventata da non comprendere che dovevo togliermi immediatamente dalla faccia quella stupida espressione che il moro mi stava obbligando a mantenere.
“Bella presentazione Sherry, con la lingua di fuori … ahahah, sei proprio sfortunata ultimamente, fai solo figuracce.”
-Mi scusi dottor Ace, si può sapere che cosa sta facendo?- gli domandò.
Finalmente Asso mi lasciò andare, permettendomi di tirare qualche sospiro di liberazione mentre mi massaggiavo il viso.
“Ieri hai fatto una pessima figura con il caposala e oggi un disastro con il primario … ritenta e sarai più fortunata … forse … ahahah!”… quello stupido io interiore, non ero mai riuscita a capire se stesse dalla mia parte o meno.
-Buongiorno capo … veramente la nuova arrivata mi ha chiesto di valutare la qualità del collagene dei suoi zigomi, stava pensando di ricorre al botox, ma io gli sto dicendo che il suo collagene è di ottima qualità e che non serve. Provi a toccare!-.
-Ma lei è completamente pazzo! – soffiai fulminandolo.
-Dice sul serio?- domandò il primario incuriosito, ignorandomi come mai nessuno aveva fatto prima.
-Certo, le ho mai mentito?- lo assecondò.
Iniziai a indietreggiare terrorizzata, andando a sbattere con la schiena contro il carrello delle emergenze … ormai non avevo più vie di scampo.
Il dottor Roronoa stava studiando i miei zigomi con un grado d’interesse alquanto preoccupante, difatti, in meno di un secondo, allungò le sue mani per tirarmene uno, mentre sull’altro si avventò il dottor Ace.
Fulminai entrambi, ma che cosa potevo fare per contrastare il primario?
“Niente cara, devi subire in silenzio …” sbuffò il mio io interiore, sbattendo ripetutamente la testa contro un muro immaginario “ … perché non hai fatto la wedding planner o la gelataia?”.
-Allora, cosa ne dice capo?- domandò Ace smagliante.
-Il collagene è di ottima qualità, non c’è che dire … un ottimo antistress … - guardò bieco Ace, come se ci tenesse a sottolineare che aveva spiato tutta la nostra conversazione - … a parte questo, se dovete fare i piccioncini fatelo da un’altra parte … - sbadigliò senza alcun ritegno - … non sono nato ieri dottor Portgas. -.
Nella mia testolina iniziò a echeggiare l’ultima frase pronunciata dal primario e, quando realizzai cosa stesse insinuando, mi frizzarono le dita dei piedi dal nervoso: -Piccioncini a chi?! – sbottai senza rendermi conto di quello che avevo appena fatto, suscitando l’ilarità di Asso.
Roronoa mi guardò con aria da sufficienza, mentre mi portai le mani davanti alla bocca: -Scusi … - sussurrai.
Vidi le spalle di Asso alzarsi e abbassarsi a ritmo delle sue sghignazzate: -Capo, lei è Sherry, la nuova infermiera. -.
-Ah … va bhè … io vado nel mio ufficio, mandatemi Perona quando la vedete. Dobbiamo parlare di una cosa. - si allontanò sbadigliando.
Quando il dottor Zoro non rientrò più nel mio campo visivo, incenerii Asso con il mio sguardo: -Si ricordi che non l’ho ancora perdonata. – bisbigliai.
- Ok … tanto mi farò perdonare più tardi, vado a prendere le mie consegne Pulce pulciosa. – mi guardò dall’alto in basso facendo una pernacchia di scherno.
-Io sarò una pulce pulciosa, ma lei è un ottimo Asso di picche.- ribattei andando in cerca di Sunny.
-Touché, però in fondo ti diverti con me ... mentire non serve a niente. – mi stuzzicò.
 
 
Ace entrò nello stanzino medico per le consegne e si stravaccò su una morbida poltroncina blu, usata dai colleghi nei turni di guardia notturna.
Sbuffando iniziò a massaggiarsi il collo, nel vano tentativo di trovare una posizione comoda per la sua povera schiena, provata dalla notte trascorsa contro il muro scomodo e gelido della sua palazzina.
Suo padre gli aveva sempre detto che la comodità e la salute non avevano prezzo, ma la gioia di veder ammontare sempre più il suo conto in banca sovrastava la voglia di comprarsi una bella villetta calda e accogliente.
Reclinò il capo all’indietro chiudendo gli occhi.
Gli dispiaceva davvero tanto di non aver potuto vedere Sherry con quel meraviglioso tubino zebrato l’altro pomeriggio.
Ripensò alla collana di perle che aveva immaginato danzare al collo fine della sua Pulce, alle Chanel che i suoi piedi avrebbero incalzato e al tessuto morbido che avrebbe abbracciato dolcemente le curve del suo corpo.
Senza volerlo, si rilassò talmente tanto che in meno di un secondo iniziò a russare e a sognare …
Era disteso prono sul lettino di un centro benessere con un piccolo asciugamano legato attorno alla vita, mentre una nube di calore proveniente da una vasca colma di acqua termale invadeva l’intera stanza.
Non c’era anima viva nei paraggi, doveva essere l’unico cliente della serata, pensò.
Non sapeva chi lo avrebbe massaggiato, ma sapeva di certo che gli faceva un male incredibile il collo e la regione lombare della schiena, e che qualcuno doveva sbrigarsi ad andare da lui a sistemarlo.

Era passato troppo tempo da quando si era disteso e nessuno si era ancora fatto vivo.
Appoggiò tutto il peso del suo corpo sui gomiti per alzarsi, ma due manine piccole e delicate lo presero per le spalle invitandolo a sdraiarsi di nuovo.
-Non abbiamo ancora iniziato il trattamento … - sussurrò una voce sensuale a un suo orecchio.
Era certo di conoscere la donna che gli aveva appena parlato.
Fece un movimento di torsione con il torace per guardare in volto il suo interlocutore, rimanendo senza fiato: -She … Sherry?- sussurrò deglutendo rumorosamente, osservando i suoi capelli arrotolati in uno chignon, che mettevano in risalto il collo fine di cui era rimasto ammaliato al negozio.
La ragazza non gli rispose, si limitò a sorridergli maliziosamente poggiandogli un indice sulle labbra.
-Dovresti rilassarti … invece sei diventato tutto rigido appena mi hai visto … così ci impiegherò molto più tempo a lavorare. – fece la finta dispiaciuta.
Le sue piccole labbra erano colorate di un rossetto rosso acceso, che sul volto di qualsiasi altra donna poteva apparire volgare, ma non su di lei, mentre quei occhi truccati di grigio metallico rendevano giustizia alle sue belle iridi cineree.
La guardò meglio. Indossava il tubino nero zebrato con la collana di perle che aveva immaginato al negozio, e di conseguenza si catapultò a osservare anche i suoi piedi, i quali incalzavano delle Chanel.
-Perché non ti rilassi un po’?- gli sussurrò in un orecchio facendolo distendere supino, con sguardo sempre più complice e affettuoso.
-Non dovresti essere al lavoro?- le domandò cercando di sedersi, ma Sherry lo ributtò giù soffiandogli a fior di labbra: - E tu … Dottor Asso? Dove dovresti essere ora?- ribatté, facendo scorrere una mano lungo tutto il suo petto, per poi giocherellare con il bordo dell’asciugamano che lo copriva.
-Sherry … - sussurrò imbarazzato e inerme, sentendosi abbrustolire le guance come se fossero state messe a rosolare su una griglia rovente.
Vide le labbra della ragazza avvicinarsi vogliose alle sue, mentre lui continuava a sussurrare il suo nome come per accertarsi che fosse realmente la sua Pulce: -Sherry … - ma lei non rispondeva, gli continuava a sorridere e basta, giocando birichina con i lembi del suo asciugamano, finché non glielo slegò, come lui fece con i suoi capelli.

Si svegliò di soprassalto accaldato, molto accaldato.
Non gli era mai successo di sognare qualcosa di simile fino a prima, o per lo meno di così emozionante tanto da farlo impazzire e sobbalzare nel bel mezzo di un sogno.
Si sedette compostamente sulla poltrona buttando fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni dalla bocca, e prese una rivista dal tavolino accanto a lui per sventolarsela in faccia, con l’unico scopo di ritornare in normotermia il più presto possibile.
Il cuore gli batteva come un matto ed era anche a corto di fiato, sembrava che avesse appena corso la maratona di New York.
“Perché non faccio altro che pensare a lei?” si domandò.
Non appena sentì Marco e Izou sghignazzare alle sue spalle, s’irrigidì.
Quando era entrato in quella stanza non c’era nessuno.
Pregò di non aver detto nulla di sconveniente mentre dormiva, e con nonchalance, e un sorriso poco convincente, si voltò a guardare i suoi colleghi seduti comodamente sul divanetto del loro ufficio.
-Sherry ti perseguita pure nei sogni? Meglio, perseguiti Sherry anche nel mondo dei sogni?- domandò maliziosamente Marco, battendo il cinque con Izou.
-Ehi, andateci piano voi due … com’è che sei di buon umore questa mattina testa da frutto esotico?- domandò Ace, guardando torvo entrambi.
Con espressione serena e rilassata, Marco tornò a leggere il giornale che aveva in mano, aperto sulla pagina del necrologio: -Allora eri ancora tu in turno quando è morta questa vecchietta?- domandò a Izou.
-Sì … però c’è una cosa che non capisco, perché tutti devono morire nei miei turni? Eppure quando me l’hai affidata, mi aveva chiesto se poteva bere un bicchiere di spumante.-
-E tu hai detto di sì, vero?- domandò Marco continuando a sfogliare il quotidiano.
-Ma certo che no … lo concedo solo a chi è in punto di morte, o per lo meno che sembri più in là che qua … a volte mi sembra di essere un angelo porta iella. - mugugnò facendo spallucce.
-Izou, è morta e tu non gli hai fatto bere uno spumantino come suo ultimo desiderio?! … vergognati!- ridacchiò testa d’ananas.
Portgas era già terribilmente irritato per aver dormito poco, ma essere deriso e ignorato dai suoi compagni senza alcun motivo di "primo mattino" lo faceva innervosire ancor di più.
Che cosa stava succedendo a quei due?
-La smettete di ignorarmi?! Che cosa vi prende?! Perché vi state trattenendo dal ridermi in faccia?! Inoltre qualcuno mi spiega perché Marco è così felice oggi?! È alquanto inquietante vederlo così sereno e rilassato! - alzò la voce sentendo persino le mani frizzare dall’agitazione.
-Quando i tuoi bollenti spiriti si saranno freddati, potrai andare nella saletta delle infermiere a visionare una certa cassetta … chiedila a Pam.- ridacchiò Izou assieme al collega.
Che cos’era tutto quel mistero?
Ace sbuffò: -Cosa intendi dire con bollenti spiriti? Siete tutti strani qui dentro ... -.
Izou sorrise sornione: -Marco, come hai detto che si chiama la nuova infermiera?-
-Sherry.- rispose l’amico guardando divertito Ace di sottecchi, per poi sistemarsi il giornale davanti agli occhi.
-Ecco Ace … non facevi altro che mugugnare il suo nome, ti contorcevi nel sogno ed eri completamente bordò. Probabilmente stavi sognando qualcosa di indecente. -.
Asso non rispose e si sistemò meglio sulla sedia cercando di velare il rossore che dipingeva le sue povere guance imbarazzate: -Bene, lasciami qualche consegna e poi torno in reparto a vedere quella maledetta cassetta … - bofonchiò leggermente offeso - … quando voi due state assieme, spettegolate peggio delle donne. – ringhiò, suscitando altrettante risate da parte dei due colleghi.
 
Nel bel mezzo della diluizione dell’amoxicillina più acido clavulanico, mi sentii picchiettare su una spalla.
Quel tocco era indistinguibile: affettuoso ma soprattutto scherzoso … era Ace, ne ero certa.
Alzai la testa ritrovandomi la sua mano che sorreggeva un foglietto su cui c’era scritto “Grazie per avermi aiutato ieri.”.
- Prego.- risposi leggermente confusa, per poi leggerne un altro.
“Scusa se ti ho rovinato il pomeriggio di shopping.”.
-Non importa. – iniziai a sorridere intenerita, per poi scrutare attentamente un altro bigliettino.
“MI PERDONI … VERO?!”.
Ridacchiando presi il pezzo di carta, scrivendoci “al 90%” e lo riconsegnai ad Asso senza voltarmi a guardarlo in faccia.
Da quel poco che avevo compreso di lui, bisognava fare i preziosi per avere un minimo di rispetto.
-Che diamine vuol dire “al 90%” ?!- domandò tra confuso e leggermente adirato.
Probabilmente le poche ore di sonno di cui aveva potuto usufruire sul pianerottolo di casa non avevano fatto bene ai suoi poveri nervi, colpa sua che non mi aveva chiesto aiuto.
-Non sia troppo esigente Asso, le assicuro che molto presto arriverà il suo fatidico 10% - sorrisi maligna.
Con grande sorpresa mi sentii abbracciare energicamente da dietro le spalle, provando un insolito motto di sorpresa e piacere.
Non mi sarei mai e poi mai aspettata un abbraccio da lui e, se proprio dovevo essere sincera fino in fondo, non mi aspettavo neanche le sue scuse.
Che cosa gli stava succedendo? E perché sentivo il mio cuore fare dei salti anormali?
-Grazie pulce … almeno c’è qualcuno che oggi mi da una buona notizia. - strusciò il suo viso contro una mia guancia, facendomi sfuggire qualche risata per lo sfrusciare dei suoi capelli mori sulla mia pelle.
Erano così morbidi e profumati, che per un attimo ebbi la tentazione di accarezzarli, ma lui era Portgas D. Ace il mio superiore, vicino di casa nonché acerrimo nemico, non lo dovevo dimenticare.
Inoltre, come potevano venirmi in mente certe idee strane?
-Asso … - ridacchiai stringendogli le braccia fra le mie, abbandonando sul tavolo di fronte a me l’antibiotico che stavo sciogliendo.
“Che cavolo gli prende ora? … ” domandò il mio io interiore ancora mezzo addormentato “ … Wah! Perché ti sta così appiccicato?! Perché ti sta abbracciando?! Perché non ti liberi da questa presa con una mossa di arti marziali?! Nel tuo tempo libero sprechi tutta la giornata a guardare Naruto, Detective Conan e qualche volta i film delle tartarughe ninja … avrai imparato qualche mossa, NO?!”.
Sarà stato che il giorno precedente avevo avuto il bisogno di un abbraccio consolatorio, ma quella morsa dolce, calorosa e sincera non mi dispiaceva per niente … anche se era l’inguaribile guerrafondaio del mio superiore a stringermi fra le sue braccia forti, calde e muscolose.
Sentii appoggiare il suo mento sulla mia spalla sinistra sospirando soddisfatto, per poi domandare sognante: -Soffri il solletico?-.
Presi un respiro profondo per assumere un tono il più possibile sincero e libero da qualsiasi nota di bugia mal celata, con l’unico scopo di apparire convincente ai suoi occhi di volpe: - No. - risposi … ma ovviamente non fui creduta.
Non ebbi nemmeno il tempo di tentare una fuga, che iniziò subito a stuzzicarmi i fianchi con i suoi grattini insistenti, facendomi piegare in due dalle risate: -La smetta! Non respiro più … stiamo lavorando!-
-Lasciati andare per una volta, devi seguire solo due pazienti.- rise divertito abbracciandomi sempre più forte.
-Ace!- lo richiamò all’ordine Sunny, rimandando la mia morte prematura per asfissia.
Il moro finalmente allentò la presa e mi allontanai, osservandolo guardare con espressione terrorizzata Sunny, che lo fissava a braccia conserte e con occhi carichi di rabbia.
-Ciao Sunny, filo subito a lavorare … - rispose con voce fioca e tremolante. Lo sguardo intimidatorio di Sunny non aveva rivali, spiazzava chiunque: - … Pulce, come ottengo il mio 10%?- domandò con occhi da cucciolo.
“Oh santo cielo … che occhi teneri! Non mi guardare così che mi vien voglia di strizzarti di abbracci … puccioso!  … ehm-ehm … non ho ancora preso il caffè, chiedo venia.” … il mio io interiore aveva qualche problema d’identità da quello che potevo capire.
Arrossii leggermente sorridendo imbarazzata, risvegliando nei suoi occhi color petrolio una strana scintilla d’interesse.
Dopo quanto era successo, non riuscivo più a provare rancore nei suoi confronti, soprattutto dopo il discorso di Pam.
-Nel suo ufficio troverà la risposta. – risposi guardando il pavimento.
Vidi Sunny voltare le spalle per ridacchiare in silenzio, mentre Asso si congedò da noi con espressione notevolmente sollevata: -Vado subito allora. A dopo Pulce! - corse con un sorriso smagliante fuori dalla stanza di degenza.
-È tutto matto quello.- sospirai con uno strano sorriso rilassato, riprendendo in mano i farmaci che avevo abbandonato.
I suoi dispetti mi distraevano dai problemi vecchi e nuovi che stavo affrontando, per questo iniziai a sentirmi leggermente grata nei suoi confronti … per non parlare del filmato che Pam mi aveva fatto vedere.
Al sol ricordo, stranamente sentii le guance accaldarsi e il cuore perdere qualche battito … cosa mi stava succedendo?
Manco a farlo apposta, in quell’istante la dottoressa Pam arrivò furtivamente da dietro, farfugliando: -Che due babbei che siete, chi vi capisce è bravo … e io sono una di quelli … – ridacchiò dandomi una pacca in mezzo alla schiena - … ragazze, io ho un impegno con Sanji … in teoria oggi ero di riposo quindi finisco prima, iniziamo il giro fra un quarto d’ora, ok? Per il resto ci pensa Dottor focoso … - mi ammiccò infilandosi le mani nelle tasche del camice - … vado a prendermi una brioche che ho fame. – e con questa frase enigmatica si allontanò pure lei, lasciandomi nuovamente sconcertata.
“Sembrava che ci stesse lanciando un sms fra le righe … pure lei è strana forte, che caspita … in questa città deve esserci stata una grande fuga di cervelli, e quelli che sono rimasti sono tutti strampalati.”  fu la conclusione del mio alter ego.
Comunque, ammiravo lo stesso il carattere grintoso di quella donna, quanto avrei voluto essere come lei.
Appena Sunny ed io rimanemmo da sole, lei mi guardò con occhi furbi ed esordì: -Sherry-chan, devi considerarti speciale … - e appoggiò sul bancone altri flaconi da diluire.
-Perché mai?- domandai del tutto disinteressata.
-Ace non cerca mai il perdono di nessuno, ma sembra che del tuo non ne possa fare a meno. – ridacchiò malandrina, come se fosse a conoscenza di qualcosa sul nostro conto di cui noi stessi non sapevamo ancora niente.
 
Arrivò davanti al suo ufficio ansioso di ricevere il 10% di perdono che gli spettava dalla Pulce.
Non era tipo da rincorrere tutti per chiedere scusa, ma con Sherry era un altro paio di maniche … se non lo avesse perdonato, lui non avrebbe più potuto farle i dispetti.
Insolitamente trovò la porta del suo studio socchiusa.
Ebbe un attimo di esitazione, ma si convinse a entrare lo stesso pensando che Sherry avesse dimenticato di chiuderla non appena ne era uscita.
Fece una piccola pressione sul battente, e non appena lo aprì, il dottor Asso fu inondato da un secchio pieno di gelatina puzzolente.
Erano uova andate a male, ma come avevano fatto ad arrivare fin lì?
-Quella Pulce pestifera … se la becco. – farfugliò con ancora il secchio in testa, per poi toglierselo e scuotere il capo come solo i cani sapevano fare per asciugarsi.
Si guardò in che condizioni versava, e con un angolo pulito del suo camice cercò di liberarsi dal lerciume che gli impiastricciava il volto, sorridendo divertito per lo spirito battagliero che la ragazza stava dimostrando di avere.
Sospirò guardandosi dalla testa ai piedi, sembrava che un pollaio pieno di galline inferocite lo avesse appena bombardato con le loro uniche armi a disposizione.
-Ahahah Asso! Vede cosa succede a fare il gallo cedrone! Questo scherzo vale anche per il caffè di ieri. -.
Non si era neanche accorto di essere stato spiato dalla sua Pulce preferita, ma con sommo piacere notò che la piccola Sherry non sembrava più tanto imbronciata e triste come il giorno precedente, anzi, finalmente la stava vedendo ridere.
Quel sorriso le donava moltissimo e sarebbe rimasto fermo a guardarla per ore e ore …
All’improvviso Portgas sbarrò gli occhi “Ace, a cosa stai pensando? … queste schifezze sdolcinate non ti si addicono, tu sei il playboy di Bridgeport, ricordatelo. Sei lo scapolo più felice e gettonato di questa terra e non devi prendere scorciatoie!”.
Da quando in qua litigava con se stesso? Non gli era mai successo prima.
Comunque fosse, ignorò il suo nuovo alter ego e ritornò su Sherry.
Era una ragazza del tutto sincera e lo aveva capito dal fatto che di bugie non ne sapeva dirne una, e poteva capire quello che pensava grazie alle sue mimiche facciali, purtroppo per lei, era un libro aperto.
Si stava per togliere il camice, quando un’idea perfida assalì i suoi pensieri.
Ora che la sua preda prelibata era arrivata, non gliela avrebbe fatta passare liscia.
Non si perse in nuovi sentimentalismi e, quatto, quatto, si avvicinò a lei sorridendo sadicamente.
-Ride bene chi ride ultimo, Pulce dei miei stivali. – ridacchiò.
La ragazza era talmente impegnata a ridere, che non si accorse in tempo dell’imminente abbraccio traditore di Portgas.
Mentre la poveretta stava riprendendo fiato, Ace la avvolse con le sue braccia viscide, scoppiando a ridere quando la sentì esclamare: -Ehi … ma che schifo … mi molli! Ahahah … la pianti di farmi il solletico! -.
Non appena la aveva incatenata fra le sue braccia, incominciò a torturarle i fianchi come aveva fatto in reparto: -Adesso sei tu che mi devi chiedere scusa, altrimenti non ti lascio più andare via, inoltre, devi chiamarmi per nome. Queste sono le condizioni per la tua libertà. -
-Scemo di un Asso … - rise Sherry stringendo le sue mani con quelle di lui per bloccarlo, invano.
Le labbra di Portgas si portarono vicino a un suo orecchio, respirando a fondo il suo profumo all’iris che si distingueva dall’odore di marcio delle uova e sussurrò: -Grazie di avermi perdonato Pulce, non sarei riuscito a vivere con una vicina di casa zitella e inacidita. – e, senza averlo minimante pensato, le annusò il collo. Il profumo che aveva era delizioso, paradisiaco.
Nuovamente spalancò gli occhi, aveva ceduto nuovamente a un altro gesto tenero e romantico con lei, doveva fare attenzione, altrimenti quella donna lo avrebbe allontanato dalla sua “retta via”.
“Che sto facendo?” si domandò lasciandola andare, turbato dalle palpitazioni che sentiva nel suo petto.
Sherry invece rimase immobile con le guance bordò e si voltò incredula verso di lui: -Portgas, mi stava annusando il collo? - ridacchiò.
-Ma che scemenze vai dicendo, ti ho solo sfiorato con la punta del mio naso sporco di questa schifezza puzzolente. Ti monti la testa troppo facilmente Pulce. – ribatté alzando gli occhi al soffitto.
Se la avesse guardata in faccia, era certo che non sarebbe riuscito a mentire bene come al suo solito, l’aveva combinata grossa.
La piccola infermiera sorrise e punzecchiandogli il petto con un indice lo ricattò: -Se non lo ammetti, torni a casa a  piedi. –.
-Credi di essere tanto furba? Chiedo un passaggio a Marco.- si grattò imbarazzato una guancia, senza degnare Sherry di uno sguardo.
-Marco e Sunny sono impegnati e la dottoressa Pam  va via presto perché ha un impegno … non ti rimane molta scel … - la ragazza voltò il capo verso la fine del corridoio e in automatica si zittì.
La sua attenzione era stata catturata da un vociare di due persone.
-Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua?- domandò Ace guardando nella sua stessa direzione, intravedendo Zoro che parlava con il primario della chirurgia, Trafalgar Law.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedere altre spiegazioni, che Sherry lo spinse dentro l’ufficio chiudendo la porta dietro di sé leggermente affannata.
Era sorpresa, spiacevolmente sorpresa, quasi delusa e spaventata, forse imbarazzata … inutile, non avrebbe mai capito le emozioni contrastanti che potevano caratterizzare il mondo interiore delle donne. Che specie strana.
-Cosa succede?- le domandò con espressione accigliata e confusa.
-Niente … ah ah ah … mi può mostrare il suo ufficio?- gli domandò con voce imbarazzata, strusciandosi le gambe dal nervoso.
 
Buonasera cari lettori ^w^
Devo ammettere che è stato difficile “gestire” Ace … ora mi spiego meglio.
Rispetto a Sherry, Ace sta iniziando a provare un affetto particolare po’ per lei, non si parla ancora di amore, ma di un forte senso di protezione nei suoi confronti, anche se nutre un’attrazione fisica non indifferente. Ci tenevo a spiegarlo UwU
Questa breve spiegazione si potrà comprendere nel prossimo capitolo;3 … quindi, che cosa ne pensate di loro due? Ci tengo tantissimo a saperlo ^^
Il capitolo “originale” contava quasi di trenta pagine e ho cercato di sfoltire e alleggerire il più possibile eliminando le parti “superflue”. Rimanendo in tema di parti “tagliate” e facendomi un po’ di “pubblicità” XD, sappiate che le pubblico nella raccolta: “Dietro i paraventi”.
Che ne dite di Roronoa come primario? X’D e di Pam? (Non ha occupato molto spazio lo so, ma se riesco pubblicherò qualcosa anche su di lei visto che siete in tante ad avermelo chiesto).
Spero di non aver scritto strafalcioni e che il tutto sia stato chiaro e piacevole da leggere, ho letto un miliardo di volte questo capitolo e ormai l’ho imparato quasi a memoria e non riesco a beccare più eventuali dissonanze U.U”. Mi raccomando, fatemi sapere che cosa ne pensate, è essenziale per aggiustare il tiro ;3
Ora devo scappare, ma prima di tutto ringrazio: Aliaaara, Foco_Foco_Girl, Yellow canadair per avermi spiegato con estrema chiarezza e precisione come si crea una serie (sono molto negata con il pc, lo ammetto XD), Ikki e Kiko90. Grazie mille per le vostra fedeltà e puntualità con le vostre recensioni :3
Un bacione a tutti voi lettori e a presto!
Sherry =^w^=
P.S. Rammento che il personaggio di Sunny non è di mia invenzione, ma l’ho chiesto in prestito Sunny Roronoa, che è stata così gentile ad acconsentire. Grazie! ^^

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione, gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.


 
  
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