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Autore: Fabio93    10/12/2013    2 recensioni
Il mondo è finito, eppure Kal, Dorian e pochi altri sopravvissuti continuano a vivere, camminando fra le rovine di una realtà popolata di creature pericolose e inquietanti. Ogni alba si porta via la notte, e la notte spesso ti porta via con sé. Eppure, in un mondo in cui ogni giorno non è altro che una lunga marcia fino al tramonto, c'è ancora chi sa vedere attorno a sé la speranza.
Genere: Avventura, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VIII

 

-Fermi lì! Non muovete un altro passo!- la sua voce echeggiò nella piazza e i due sconosciuti obbedirono.

L'uomo, sulla destra, alzò le mani, la donna invece continuò a stringere la propria lancia: sembrava spaventata, più che minacciosa.

-E questi chi sono, Kath?- le chiese Julius, alzatosi dal proprio posto attorno al fuoco.

Kath lo zittì con un gesto della mano. Julius era un ometto nervoso ed irascibile, e adesso era necessario sondare le acque con la giusta calma: oltre a lei e Adam erano rimasti solo in cinque in città, e tutti i loro migliori combattenti erano ancora fuori, a caccia. Sicuramente non sarebbero tornati in vista del tramonto.

Maledizione, quei vagabondi non potevano scegliere momento peggiore per capitarle fra i piedi.

-Chi siete, e che diavolo ci fate qui?-

-Noi...siamo di passaggio, cercavamo un rifugio per la notte!- rispose l'uomo, dopo qualche secondo -Non ci aspettavamo che la città fosse già occupata.-

-Non pensavate nemmeno di trovarci dei vampiri?-

I membri del suo gruppo erano tutti in piedi, alle sue spalle, in attesa che il discorso portasse ad una qualche conclusione. Il fuoco scoppiettava, ed ogni tanto il fumo li avvolgeva, passando subito oltre a cavallo dell'esile brezza.

-Ce ne sono molti anche fuori, non pensavamo che qui fosse peggio...e comincia a far freddo.- l'uomo spostò il peso da una gamba all'altra, pareva a disagio -Non è che possiamo...unirci a voi? Anche solo per questa notte.-

Qualcosa non quadrava, Kath lo sentiva. Anzitutto quei tipi erano stati maledettamente fortunati a non finire in uno dei tunnel sepolti delle mura, che loro avevano imparato ad evitare con cura. Ma tolto quello, c'era comunque un aspetto poco convincente, che però non riusciva ad afferrare e che la rendeva nervosa e vigile.

Poi la donna, la sconosciuta, guardò in alto.

Kath capì: avevano visto i vampiri legati sulla chiesa. Forse non sapevano di cosa si trattava, ma avevano visto e non avevano fatto domande, anzi, si erano fatti avanti come se non ci fosse nulla di sospetto.

Quasi come se non importasse, quasi come se li stessero cercando.

-Per favore...siamo stanchi e affamati...-

-Hey, ma chi vi credete di essere?!- Julius avanzò verso gli estranei, brandendo il coltellaccio con il quale aveva affettato la carne del cervo -Venire qui, di soppiatto e...-

Ci fu un sibilo e poi un gorgoglio soffocato. Quando Kate si girò, non capì subito cosa fosse quell'oggetto lungo e sottile che sporgeva dal collo di Juilius, poi, vedendone la punta intrisa di sangue, capì che era una freccia. Una freccia che forse era destinata a lei, e che Julius si era meritato con un passo avanti di troppo.

L'uomo si portò una mano alla gola ed alzò gli occhi al cielo, mentre il sangue iniziava a colargli giù dalla ferita sempre più copioso. Kath lo afferrò prima che cadesse a terra privo di sensi e lo usò come scudo per il secondo dardo, che gli si conficcò nel fianco esposto. Da dietro la sua copertura di fortuna, intravide la sagoma dell'arciere muoversi sul tetto di uno degli edifici che davano sulla piazza, maledettamente vicino.

-ADAM, PRENDILO!- strillò.

Adam capì e si lanciò in una corsa silenziosa ma inarrestabile come una slavina, verso la casa sulla quale era appostato l'arciere nemico. Nello stesso momento gli altri due intrusi partirono all'attacco: lei con un inarticolato grido di guerra, lui con la sola voce affilata di una spada sguainata.

Kath lasciò cadere a terra il cadavere di Julius ed estrasse la propria arma appena prima che l'uomo le piombasse contro come un falco in picchiata. Gli girò attorno, deviandone i colpi guidati da una rabbia fredda e calcolatrice: il nemico la attaccava con foga, e tuttavia evitava di sbilanciarsi.

Con la mente concentrata sul duello, sentì solo vagamente altre frecce pizzicare l'aria attorno a lei. Dietro di lei qualcuno gridava, attorno a lei la città assisteva in silenzio.

Le lame si incrociarono una, due, tre volte; l'avversario la incalzava, ma Kath riuscì ad evitare un confronto diretto. Continuò spostarsi da un lato all'altro, costringendolo a cambiare continuamente la guardia per seguirla.

Poi contrattaccò.

Schivò un affondo e rapida lo colpì al braccio, sentendo l'acciaio fare presa sul muscolo. Era una ferita superficiale, ma era comunque soddisfatta: ora l'avversario avrebbe avuto una distrazione in più ad impacciarlo.

-Chi diavolo sei?- gli domandò, tenendo alta la guardia.

L'altro non rispose, prese fiato a grandi respiri, fissandola con due occhi gelidi ed implacabili. Kath capì con improvvisa intensità che la voleva morta e non si sarebbe fermato nemmeno se gli avesse mozzato un braccio.

Ma perché?

L'uomo tornò all'attacco senza preavviso. I suoi colpi erano precisi, ma furiosi, lanciati per farla a pezzi. Schivando l'ennesima stoccata, lo vide incespicare.

Fu un momento, ma per il suo occhio era abbastanza: per qualche motivo, la gamba sinistra gli faceva male, era anche fasciata in maniera improvvisata. Si portò quindi su quel lato, costringendolo a caricare il peso sulla gamba ferita.

Cominciava ad essere stanca, sentiva il sudore inzupparle i capelli, scorrerle giù per la schiena, e sentiva il freddo di ogni soffio di vento come se non avesse indossato altro che panni umidi. Tuttavia sapeva di essere in vantaggio. Gli attacchi dell'avversario si fecero più fiacchi e, anche se riuscì a ferirla un paio di volte, finì per chiudersi scivolare sulla difensiva, zoppicando sempre più vistosamente.

-Lurida puttana...- lo sentì mormorare.

Un cupo, travolgente senso di trionfo le dipinse un ghigno lupesco in viso. Anche se il motivo di quello scontro le sfuggiva, era ormai certa che lo avrebbe vinto.

 

 

Kal si rese conto che stava perdendo.

La gamba gli pareva un blocco di marmo rovente, ed il taglio al braccio continuava a sanguinare. L'altra invece era ferita solo di striscio, sulla guancia e sul fianco, ma nulla di grave; se solo la ferita al fianco fosse stata più profonda, anche solo un paio di centimetri, sarebbe stato tutto diverso.

Invece ora si ritrovava svantaggio, a tenere salda una spada con mani che fra non molto avrebbero iniziato a tremare. L'avversaria lo fissava con uno sguardo famelico, in attesa del momento propizio per atterrarlo e finirlo.

Kal non voleva arrendersi, ma sentiva di non avere il controllo della situazione. Non sapeva come andasse a Gwen, né che fine avesse fatto Dorian. Sapeva solo di essere nel bel mezzo di una danza con la morte, zoppo e stanco.

Il sole tramontava, su di loro, sulla città, su tutta la pianura ai piedi delle colline. Uscivano le ombre, strisciavano fuori dalle case, dai ciottoli delle strade e si allungavano in silenzio verso i contendenti. Un passo falso, e sarebbe stato afferrato.

Ma continuava a ripetersi che non poteva perdere, non quando c'era il destino di Alessandra e di Amanda nelle sue mani. Continuava a ripeterselo, sperando di trasformare il pensiero in convinzione.

-Avanti, fatti sotto...- la sfidò, stringendo la presa sulla spada -Fammi vedere se sai solo scappare!-

La donna dovette crederlo sufficientemente vulnerabile, ed attaccò. Kal parò il primo colpo, discendente, cercò di far scivolare la propria lama all'interno, verso il collo di lei, ma quella deviò la risposta e girò su sé stessa, sfruttando il movimento per un fendente orizzontale.

Kal si abbassò, lasciando che la spada gli sibilasse sopra la testa. Un dolore lancinante gli risalì dalla gamba a stringergli il petto. Rimase per un momento immobile e senza fiato, con la paura di non potersi rialzare, per un momento certo di morire in ginocchio.

Strinse i denti, e fu in piedi, la punta della spada lanciata in avanti a perforare la guardia nemica. Vide l'acciaio affondare nella spalla della donna e gli parve quasi di poterne gustare il sangue. L'altra soffocò un grido ed allontanò la sua spada con un colpo violento, impedendogli di arrivare più a fondo nella carne; poi indietreggiò di qualche passo, fuori dalla sua portata.

Doveva averci ripensato, sul suo conto, e adesso preferiva attendere.

-Che c'è? Ti tiri indietro per un graffietto?- la provocò, con una certa soddisfazione nonostante la stanchezza.

Ci fu fragore di vetri rotti e un rumore come di lenzuola smosse dal vento. Lui e la donna si girarono, come di muto accordo, verso la fonte del rumore. Qualcosa era precipitato da una delle case alla destra di Kal ed ora giaceva in piazza come un mucchio di stracci neri.

Era Dorian, si rese conto lui con un brivido, scaraventato fuori da una delle finestre del primo piano.

Era morto? La cosa sembrava troppo assurda ed inaspettata per essere vera. Eppure il suo amico era lì: immobile sotto un velo di luce rosso sangue, come un grumo di vernice su un dipinto abbozzato.

Poi si mosse.

Debolmente, si girò su sé stesso, a pancia in su, ed il cuore di Kal riprese a battere. Il momento dopo, la figura portentosa di Adam uscì dall'edificio, avanzando a grandi passi verso la sua vittima. Aveva due frecce conficcate in petto, ma sembrava non farci nemmeno caso.

-Maledizione!- inveì Kal.

La donna si fece nuovamente sotto, e per poco non lo colse di sorpresa. Lui riuscì a deviarne i colpi e ad abbozzare qualche fendente; spostandosi per non scoprire i fianchi, vide Adam sollevare Dorian da terra ed iniziare a strangolarlo con compiaciuta lentezza mentre quello si dibatteva a malapena.

Ma Kal non poteva aiutarlo, poteva solo guardare impotente, deviando un affondo dopo l'altro. Pensava che l'avversaria si sarebbe ritirata dopo aver saggiato la sua resistenza, ma non lo fece, non quella volta. Quella volta sarebbe andata fino in fondo.

Il filo della lama gli passò ad un centimetro dal volto, Kal fece un passo indietro ed il muscolo della gamba sinistra si contrasse con forza, diventando come pietra.

Tutto parve rallentare di colpo.

Kal sentì il dolore affondargli le unghie nella coscia come a volerlo tirare giù; si sentì stringere i denti e soffocare un grido, curvandosi all'indietro nel tentativo di non perdere l'equilibrio.

“Adesso cado. È finita. Adesso cado.” pensò.

Gli occhi della donna incrociarono i suoi. Erano belli, notò.

-EHI TROIA!-

L'urlo era così carico di rabbia e disprezzo che lei non poté che girarsi: il sasso la colpì in piena fronte. Ci fu un piccolo zampillo di sangue, la pietra le rimbalzò sul cranio con un suono ovattato e viscido, poi la donna cadde a terra a peso morto, come non fosse mai stata in piedi.

Gwen fissava la sua vittima da qualche metro di distanza, il fiato grosso, il braccio destro ancora proteso nel gesto del lancio e gli occhi spalancati per la sorpresa: nemmeno lei si aspettava un centro simile. Kal si riscosse e si rese conto di essere ancora in piedi, dopotutto. Con un calcio allontanò la spada che la sua avversaria aveva lasciato andare; la donna farfugliò qualcosa e cercò di rialzarsi, il sangue le rigava il volto, sempre più abbondante. Il Falco la afferrò per le vesti e la tirò su, premendole la spada sulla gola.

-Fermati, Adam!- gridò Kal, tenendo stretto il proprio ostaggio meglio che poteva.

Il gigante calvo si girò verso di lui, continuando a reggere Dorian a mezz'aria senza sforzo apparente. Le dita di Dorian erano avvinghiate attorno ai suoi polsi, nel vano tentativo di allentarne le stretta.

-Lascialo andare o giuro che la ammazzo!- gridò ancora.

Non sapeva se avrebbe funzionato, ma non aveva altra scelta. La gamba gli doleva da impazzire, un dolore che anziché alleviarsi sembrava crescere pian piano fino ad escludere qualsiasi altra sensazione. Non poteva combattere ancora, se Adam non cedeva era finita.

Lentamente, quasi con delicatezza, Adam mise a terra Dorian. Lui crollò in ginocchio, per poi strisciargli lontano prendendo aria a pieni polmoni. Adam continuava a fissare Kal come un cane da guardia fissa un intruso.

-Maledetto buono a nulla...- sibilò la donna.

Stava tornando lucida, nonostante la botta.

-A quanto pare il figlio di puttana ci tiene a te...-

Dorian si era rimesso in piedi e si avvicinava zoppicando. Aveva un coltello piantato in petto, sulla destra: provò a smuoverlo, fece una smorfia di dolore e decise di lasciarlo dov'era. Gwen gli corse incontro e lo aiutò a stare in piedi: non era ferita, ma pareva allo stremo

-Lasciami, lasciami, ce la faccio...- Dorian si staccò lentamente da lei e mosse da solo gli ultimi passi che lo separavano dall'amico.

-Sicuro di stare bene?- gli domandò Gwen, dubbiosa.

-Sì...per essere stato accoltellato ed essere precipitato fuori da una finestra, sì...- il suo sorriso era tirato e fragile, ma sincero.

I tre si guardarono in faccia, fissandosi ognuno coi propri occhi stanchi, eppure ancora vivi, ancora pronti ad andare avanti. E per quell'attimo non ci furono parole.

-Ci hai ammazzati tutti...-

Era stata la donna a parlare, riportandolo alla realtà e alla missione che ancora doveva compiere.

-Sei contento ora? Ci hai ammazzati tutti...-

-Tu respiri ancora, purtroppo.- notò Dorian.

-Dove sono i prigionieri? Dove li tenete?- chiese Kal, lanciando nel frattempo uno sguardo ad Adam.

Era ancora immobile, eppure sembrava più vicino. Aveva mosso qualche passo? Oppure no? Doveva starci attento.

La donna non rispondeva, stringeva con le mani il braccio con cui la teneva ferma, ma per il resto non sembrava reagire.

-Allora? Sappiamo che li tenete qui da qualche parte: parla!-

Un piccolo aumento di pressione e la lama incise la carne della sua gola, ma lei non ci fece nemmeno caso. Sembrava assorta in pensieri che la stavano portando molto lontano, o forse era ancora stordita?

-Siete qui per la ragazza e la vecchia.- disse poi.

Emise un verso rauco che forse era una risata.

-Ecco perché avete ucciso tutti...per una ragazza e una vecchia...-

-Dimmi dove sono.- le intimò Kal.

-Io non ti dico un cazzo.- era tornata seria all'improvviso, la risata si era spenta così com'era nata.

Kal la spinse a terra, le piantò la gamba ferita sul petto e la punta della spada sulla gola. Si godette per un attimo la sensazione di pesarle sul petto, di schiacciarle il respiro sotto il proprio tacco, poi cercò il suo sguardo per farle capire che non stava scherzando.

-Parla ora. Parla o ti ammazzo.-

-Fottiti.-

Gli occhi di lei non tradivano la minima esitazione: sarebbe morta, pur di non parlare. Lo odiava, per quello che aveva fatto a lei ed al suo gruppo. Bene, che lo odiasse pure: ma se non riuscivano a farla parlare c'era il rischio di dover setacciare tutta la città prima di trovare Alessandra. E non era detto che ne avessero il tempo.

Rimasero così per qualche secondo, ognuno a saggiare la determinazione dell'altro, a sfidarsi in silenzio e nell'ultima luce che il sole concedeva loro.

-Dovrai uccidermi.- disse lei, quasi compiaciuta -Le tue amiche sono già morte, e se non lo fossero non ti aiuterei a salvarle. Uccidimi, come hai ucciso gli altri: non credere che la cosa mi spaventi.-

Kal non poté fare a meno di rabbrividire al pensiero di essere arrivato troppo tardi, anche se era sicuro che la donna gli stesse mentendo solo per fargli male. Tuttavia diceva il vero: non avrebbe parlato. Ma lui non si sarebbe rimangiato la propria minaccia.

-Come vuoi, allora. Non credere che la cosa mi dispiaccia, dopotutto.-

-Sono...nelle cripte.-

La voce lo colse di sorpresa. Era una voce acuta, quasi femminile, ma non era quella della donna: era stato Adam a parlare. Kal si girò nuovamente verso di lui, sorpreso che da un colosso del genere potesse uscire una voce così.

-Le cripte?-

-Adam, maledizione, zitto!-

-Sono nella...nella chiesa...dietro l'altare...- spiegò il gigante.

Sembrava fare fatica a scandire le parole: forse era per questo che non aveva ancora mai parlato, o forse era stato zitto talmente a lungo da dimenticarsi come mettere una lettera dopo l'altra.

-Lasciala andare, per favore...-

-Sei uno stupido, un maledetto stupido...- lo accusò la donna che aveva appena salvato.

O almeno ci aveva provato. Kal guardò i compagni: i loro volti assentirono, senza bisogno di domande.

-No, non credo.-

La lama affondò nella gola di lei senza difficoltà: il sangue uscì a fiotti dalla ferita, imbrattandole il volto e spargendosi sul pavimento. Qualcosa le si accese negli occhi, forse sorpresa o dolore, ma l'attimo era già svanito: fu una morte silenziosa e troppo breve, per i gusti di Kal.

Adam guardò la scena come se non si fosse aspettato altro, come un uomo contempla un castello di carte abbattuto dal vento. Non si mosse, come congelato in quell'attimo di malinconica certezza, poi tese i muscoli e gonfiò il petto.

L'attimo dopo era partito alla carica.

Kal alzò la spada e cercò di colpire il gigante non appena fu a tiro, quello schivò la lama e lo buttò a terra con una spinta. Il Falco cadde sulla schiena, Adam torreggiava su di lui; cercò di rialzarsi, ma scoprì di non averne la forza.

Prima che Adam potesse accanirsi, Dorian gli balzò sulle spalle, cercando di strangolarlo o di farlo cadere. Il gigante si dimenò come un cavallo impazzito, sballottando Dorian da una parte all'altra; quello tenne stretta la presa come meglio poté, ma alla fine Adam se lo scrollò di dosso come una coperta logora, ed anche lui fu a terra.

Ma non ci fu tempo per altro.

Gwen scattò in avanti e gli conficcò la lancia dritta in petto, per più di una spanna. Adam grugnì ed afferrò l'asta di legno, quasi a volersela strappare dalle carni.

-Muori, maledetto, muori!- stillava Gwen, rigirando la lancia nella ferita.

Altro sangue bagnò il terreno, ormai scivoloso, ma il gigante non voleva arrendersi. Avanzò di un passo, poi di un altro, sempre torcendo le mani enormi attorno al bastone che gli affondava nel petto. Aveva uno sguardo folle, stralunato: voleva afferrare Gwen, colpirla, ucciderla, mangiarla.

Poi, come se la punta della lancia fosse infine arrivata toccare a ciò che lo teneva in piedi, Adam crollò a terra e non fu altro che una massa portentosa di muscoli morti.

 

   
 
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