Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    10/12/2013    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5: Piccoli avvenimenti che sbloccano le situazioni.



 
Mentre si allontanava con i suoi amici, Henry Breda pensò che era appena stata violata una delle tacite regole che lui e suo fratello si erano imposti: evitare il più possibile i rapporti a scuola. La cosa gli dava enormemente fastidio anche perché era chiaro che tra i due il più forte non era lui, nemmeno con i suoi compagni a spalleggiarlo.
“Ehi, Hen, - disse proprio uno di loro – che ne dici, diamo una lezione a quei due appena ci capita?”
Henry avrebbe tanto voluto dirgli di sì: sarebbe stato il primo a voler umiliare suo fratello, ma non si sentiva ancora pronto per un passo del genere. Fisicamente sapeva che il confronto era impietoso: per quanto l’altezza stesse iniziando a farsi valere anche nel suo corpo da undicenne, a livello muscolare c’era ancora troppa differenza. E poi sapeva benissimo che suo fratello e il suo amico Jean erano tra i migliori combattenti della scuola, a prescindere dal fisico.
“No, per ora no: abbiamo già problemi con le altre bande, non è il caso di aprire contesa anche con gli indipendenti.”
Il suo compagno annuì: gli indipendenti erano personaggi che pochi osavano provocare.
Per quanto fosse una scuola di una realtà relativamente tranquilla, quella piccola società a sé stante che erano i ragazzi aveva nel corso del tempo visto la formazione di alcune bande. I componenti erano di età variabile, in genere amici, fratelli, cugini che si schieravano contro un nemico di uno di loro: gruppi di solidarietà che però erano poi sfociati in vere e proprie bande che avevano scoperto come l’unione faceva davvero la forza. Generalmente non si trattava di ragazzi davvero pericolosi: alla fine qualche rissa, qualche dispetto, qualche brutto tiro erano tollerati, soprattutto perché tendevano a restare entro precisi confini protetti da una strana forma di omertà e di rispetto.
Gli indipendenti si distaccavano completamente da questa situazione: erano ragazzi che le bande avrebbero voluto avere nei loro ranghi, considerata la loro forza, ma che non avevano acconsentito ad unirsi. Nella scuola se ne contavano solo tre: Jean Havoc, Heymans Breda e Roy Mustang… i primi due facevano coppia a se stante e se qualche volta venivano coinvolti in qualche rissa ne erano sempre usciti vincitori. Alcuni ritenevano che, se non fosse stato per Heymans, Jean prima o poi avrebbe ceduto alle lusinghe di qualche gruppo, ma si sbagliavano completamente: il biondo primogenito degli Havoc era certamente una testa calda, ma aveva uno spirito abbastanza indipendente per farsi coinvolgere in quelli che, chiaramente, non erano affari suoi.
Roy Mustang era un discorso ulteriormente differente: molti l’avrebbero visto come leader indiscusso di tutte le bande della scuola, anche per la sua particolare situazione familiare che contribuiva ad accrescere l’aura di mistero, ma se c’era uno superiore era proprio lui. Correva voce che l’anno precedente il capo di una delle bande più forti gli avesse offerto la leadership del gruppo, un onore mai sentito prima, ma lui si era limitato a fare una risata sprezzante e ad andarsene con le mani in tasca.
Ma nonostante questa manifesta arroganza nessuno aveva il coraggio di fargliela pagare: Roy era in primis una preda difficilissima da catturare ed i suoi occhi scuri facevano intendere che poi le conseguenze sarebbero state nefaste. Per questo lui e la sua silenziosa amica Riza erano praticamente inattaccabili.
Insomma gli indipendenti era meglio lasciarli stare… ed Henry preferiva che le cose andassero avanti così, almeno per il momento: si era fatto una discreta fama nella sua banda, anche tra i ragazzi delle superiori che ne costituivano lo stato maggiore. Il suo furto della bandiera della scuola, l’anno prima, gli era valso il rispetto di parecchie persone e l’ultima cosa che voleva era l’intromissione di suo fratello.
Perché nel momento in cui sarebbe entrato in gioco Heymans, lui avrebbe smesso di eccellere.
E questa era una verità che gli dava enormemente fastidio: aveva un tremendo complesso di inferiorità nei confronti di suo fratello, gli invidiava profondamente la sua indipendenza ed il carattere forte che lo facevano emergere con facilità sugli altri ragazzi. Henry voleva superarlo, essere migliore di lui… e l’unico modo in cui potesse farlo era di andare in quei campi che il fratello non frequentava, per esempio le bande.
Ormai gli altri si guardavano bene dal chiedergli se poteva convincere Heymans ad entrare nel gruppo: lo sguardo arrabbiato che aveva lanciato a quegli incauti li aveva messi a tacere; se lui stava in una banda lo faceva come Henry e non come fratello di Heymans.
Sì, si era guadagnato con fatica rispetto e fama tra quei ragazzi, una cosa di cui era veramente fiero: aveva dimostrato di essere un vero duro proprio come desiderava suo padre. Gregor era l’unico che capisse davvero il suo grande valore e lo spronava sempre ad andare avanti… dove Heymans voleva farlo cadere, con le sue prediche su quanto fosse sbagliato quello che faceva, il padre invece lo sosteneva e lo incoraggiava. Ed Henry non aveva mai avuto dubbi su quale delle due campane ascoltare.
E credimi, Heymans, prima o poi farò vedere a tutti chi è il migliore tra noi.
“Ehi, Hen, guarda lì, – disse uno dei suoi compagni, distogliendolo dai suoi pensieri – quel microbo di Fury è arrivato. Gli combiniamo qualche scherzetto?”
Henry sorrise, pensando che forse rivalersi su quel secchioncello poteva rischiarargli la giornata, ma proprio in quel momento un primo embrione di idea gli balenò in mente.
Kain Fury… quasi una proprietà privata di Jean Havoc, il grande amico di mio fratello…
Gli occhi grigi, tendenti all’azzurro, si strinsero pericolosamente mentre seguivano le mosse del ragazzino occhialuto che guadagnava l’ingresso dell’edificio. Avevano già stabilito da inizio anno che, forse, era il caso di far evolvere gli ordinari dispetti rivolti a lui… del resto ormai erano alle scuole medie.
Ma se a questo si poteva aggiungere anche una piccola vendetta nei confronti di suo fratello?
Kain era in qualche modo legato a Jean Havoc e di conseguenza ad Heymans… in quanto tale meritava decisamente qualcosa di più delle solite prese in giro. Henry l’aveva appena promosso come sua vittima per qualcosa di speciale: appena avesse trovato l’occasione buona, avrebbe organizzato una cosa in grande stile che gli sarebbe valsa il rispetto di tutti.
Non posso permettermi di toccare la sorella di Havoc… ma il suo secchione preferito non gode della medesima immunità.
“Lasciamolo stare per ora, Mike… il nostro Kain merita qualcosa di meglio di qualche scherzetto improvvisato.” mormorò con un sorriso.
 
Kain, ignaro di quello che si stava preparando alle sue spalle, quel giorno era particolarmente intimidito da quanto stava per fare: durante l’intervallo, invece di restare nella tranquillità della sua classe vuota, aveva deciso di uscire per andare nelle classi superiori.
Così, quando tutti i suoi compagni si catapultarono fuori dopo le prime ore di lezione, lui prese dalla sua tracolla il libro dei fratelli Grimm e tenendolo stretto tra le braccia, come se fosse il tesoro più prezioso del mondo, si incamminò per i corridoi.
Vato era stato davvero gentile a prestarglielo il giorno stesso del loro incontro. Erano rimasti così tanto a parlare; anzi era più corretto dire che era stato Vato a parlare mentre lui ascoltava rapito tutte le meraviglie che gli raccontava. Quel ragazzo sapeva tantissime storie e leggende e non solo: gli aveva parlato degli animali e delle piante che stavano in quella piccola pozza d’acqua che, con le sue parole, si era trasformata in un posto meraviglioso ed incantato, pieno di vita e di magia.
Si è fatto tardi e devo tornare a casa… e anche tu, mi sa. Però tieni, ti presto il libro: ci sono un sacco di storie che ti piaceranno. Sai, nei prossimi giorni non credo di venire, devo aiutare una mia amica a studiare… puoi tenerlo quanto vuoi.
E con quelle parole gli aveva messo il grande libro tra le mani: Kain si era sentito al settimo cielo per quel gesto di amicizia e fiducia. In un paio di giorni aveva letto tutte quelle storie, sfogliando le pagine con religiosa attenzione e nascondendo il volume in un cassetto della scrivania.
Se doveva essere sincero aveva paura di dire ai suoi genitori che aveva trovato un amico più grande di lui di ben cinque anni: temeva che gli dicessero di frequentare ragazzi della sua stessa età e che gli proibissero di continuare ad andare nel piccolo stagno… e così per la prima volta in vita sua aveva raccontato una piccola bugia a sua madre che gli chiedeva come era andato il suo pomeriggio fuori.
Man mano che si avviava nella parte delle classi superiori si accorse che tutti quelli che incontrava lo guardavano: era davvero insolito che ci fosse una simile invasione di territorio. Sentì le sue guance diventare rosse ed ebbe persino paura che qualcuno lo fermasse e gli chiedesse che cosa ci faceva in quel posto, magari cacciandolo via e prendendogli il libro. Il suo viso si abbassò automaticamente verso il pavimento, concentrandosi sulle travi di legno che lo componevano: sperava che non guardando in faccia nessuno sarebbe passato più inosservato e…
E ovviamente se fissi con troppa intensità il pavimento andrai a sbattere contro qualcuno.
“Io… io… - balbettò – scusa! Davvero… non volevo…”
“Se tieni lo sguardo basso sbatterai sempre contro qualcuno, non credi?” gli disse la voce della persona contro cui aveva impattato.
Si accorse che intorno tutto taceva, tutti i ragazzi avevano smesso di parlare e avevano volto la loro attenzione sulla scena; con il cuore che batteva a mille, Kain sentì una forza invisibile che lo obbligava ad alzare il viso, centimetro dopo centimetro. Vide prima delle scarpe nere, poi dei pantaloni azzurri, le mani dentro le tasche, una camicia bianca… e quando arrivò al viso quasi cadde a terra.
Occhi neri e sottili lo fissavano, sfiorati da ciocche di capelli ancora più scuri.
Qualsiasi sfumatura di colore sparì dal volto di Kain Fury quando capì di trovarsi in presenza di Roy Mustang.
“Beh, Kain, ti chiami così, vero? – disse ancora Roy, tirando fuori le mani dalle tasche e mettendosi a braccia conserte – Hai capito quello che ti ho detto?”
“Io… io…” mormorò il ragazzino con le lacrime agli occhi, sconvolto nel sentire il suo nome pronunciato da quello che era il ragazzo più pericoloso della scuola. Per poco il libro non gli scivolò dalle mani, ma in un involontario spasmo riuscì a tenere la presa
“Tu…?” lo incitò Roy.
“Ehi, nano, cosa ci fai qui?”
La voce di Jean fece quasi resuscitare Kain: il suo biondo tormentatore era qualcosa di più umano e facilmente affrontabile in confronto a Roy Mustang.
“Ma dai, è davvero Kain: – esclamò Heymans avvicinandosi col suo amico – che ci fai qui, ragazzino? Lo sai che qui stanno le classi superiori, no?” 
Kain ora si trovava tra due fuochi: Roy da una parte e Jean ed Heymans dall’altra. Non poteva né proseguire né tornare indietro e tutti e tre lo fissavano. Ma perché gli era venuta in mente l’assurda idea di uscire fuori dalla sua classe?
Se fosse stato più attento avrebbe notato che i tre paia di occhi, azzurri, neri e grigi, non mancavano anche di lanciarsi reciproche occhiate di strano interesse… come se quell’incontro causale si fosse trasformato in un momento di studio tra quei tre indipendenti. Ma Kain non aveva la minima idea del significato di quel tacito scambio di sguardi: pensava solo che stessero decidendo chi avrebbe avuto l’onore di ucciderlo per primo.
Io… io volevo solo… riportare il libro!
“E’ il libro di Vato, vero?” chiese una voce gentile, dietro di Roy.
Sentendo pronunciare il nome del suo amico, Kain alzò gli occhi e vide che a parlare era stata una ragazza che, con disinvoltura, superò Roy e si portò davanti a lui, sorridendogli dolcemente.
“Sì…” mormorò Kain, stringendo ancora di più il libro.
“Vieni, ti accompagno nella sua classe; – disse, mettendogli una mano sulla spalla – intanto piacere, io mi chiamo Elisa e sono una sua compagna.”
 
Roy diede solo una rapida occhiata ai due che si allontanavano, poi tornò a fissare Jean ed Heymans che ancora stavano davanti a lui. Non si erano mai parlati a dire il vero, ma nutriva per loro una sincera e curiosa forma di rispetto, già solo per il fatto che non facevano parte di nessuna banda.
Più che altro sentiva parlare di loro da Riza ed i principali argomenti erano i dispetti che il biondo faceva al giovane Kain. Ma Roy, per quello che aveva avuto occasione di osservare, non vedeva in Jean una reale minaccia per quel ragazzino occhialuto.
“Chi era quella?” chiese proprio il biondo, con una leggera nota di fastidio nella voce.
“Una di quarta superiore, mi pare: – rispose Heymans – non credevo che Kain conoscesse ragazzi così grandi.”
“Geloso Havoc?” chiese Roy, non potendo fare a meno di lanciare quella frecciatina: non voleva assolutamente che quell’incontro casuale finisse con un nulla di fatto.
“Che vorresti dire, Mustang?” ritorse lui socchiudendo gli occhi azzurri.
“Niente, – scrollò le spalle – ma forse il ragazzino ha altri amici oltre te… amici che non lo tormentano.”
“Non credo che i miei affari ti riguardino, Roy. Che c’è? Lo vorresti tu quel moccioso?”
Botta e risposta. Non c’era che dire: Jean non si faceva remore davanti a lui, un gesto genuino che Roy non mancò di apprezzare. Notò anche che Heymans se ne stava a braccia conserte ma con uno strano bagliore negli occhi grigi, segno che anche lui era abbastanza interessato a quell’incontro e…
“Che sta succedendo qui?” chiese Riza, avvicinandosi, leggermente sorpresa nel vedere quei tre interagire tra di loro.
“Abbiamo appena scoperto che il caro Kain ha amicizie in quarta superiore e Jean sembrava quasi geloso.”
“Finiscila, Mustang: diventi noioso dopo un po’. Vieni Heymans, andiamo via.” esclamò Jean girando sui tacchi.
Roy li guardò allontanarsi con quello che si poteva definire un sorriso soddisfatto, un fatto che Riza non mancò di notare: erano poche le cose che non annoiassero il suo amico e scoprire che si trattava di Jean e Heymans fu abbastanza sconcertante.
“Non vi siete mai considerati per tutti questi anni e adesso iniziate anche a parlare?” gli chiese.
“Non ne ho mai avuto occasione – scrollò le spalle Roy, facendole cenno di seguirlo verso il cortile – ma non posso dire che mi dispiacciano quei due. Fidati, Riza, non è da Jean che il tuo prezioso Kain deve temere qualcosa…”
“E la storia dell’amicizia con i ragazzi più grandi?”
“Hai presente quella ragazza di quarta sempre insieme a quello alto coi capelli bicolore?”
“Sì, credo di aver capito di chi parli. Vuoi dire che la conosce?” chiese Riza sorpresa, fermandosi nel mezzo del corridoio.
“No, credo che conosca lui: il tuo piccolo amico ha parecchi lati nascosti a quanto pare.” dichiarò Roy, facendole cenno di raggiungerlo.
“A quanto pare…” ripeté Riza in tono sommesso, riprendendo a seguirlo. Ma automaticamente si strinse le braccia al corpo, quasi a protezione contro qualcosa: non poteva fare a meno di provare una strana delusione dentro di sé.
 
Kain nel frattempo camminava accanto a quella ragazza sconosciuta e così gentile: le arrivava poco sotto la spalla e per diverso tempo non osò alzare lo sguardo su di lei. Ma quando iniziò a parlare fu costretto a prendere contatto visivo.
“Vato mi ha parlato spesso di te in questi giorni; – disse Elisa – e così finalmente conosco pure io il piccolo osservatore dello stagno.”
“Oh, ti ha parlato di me?” arrossì Kain.
Aveva un bel viso quella ragazza e l’aria gentile gli ricordava in qualche modo quella di sua madre. I folti capelli castani le arrivavano poco sotto le spalle con ciocche ribelli che sfioravano gli occhi di un verde intenso, come le foglie del bosco. Indossava una camicetta rosa e una gonna marrone chiaro che faceva intuire un corpo che già stava lasciando l’adolescenza… forse furono tutti questi colori che richiamavano quelli del bosco, o forse fu l’associazione a Vato e ai suoi racconti meravigliosi, ma Kain si trovò a paragonare quella ragazza ad una sorta di fata. Un magico messaggero che il suo amico aveva mandato in suo soccorso.
“Certo che mi ha parlato di te; - sorrise lei, con voce musicale e piacevole –  anzi, credo di doverti delle scuse: è per aiutarmi con alcune materie che in questi giorni non è potuto andare allo stagno. Sono certa che sarà felice di questa tua visita a sorpresa. Eccoci arrivati: ehi, Vato! C’è qualcuno che ti vuole vedere.”
Entrando nella classe vuota, Kain vide il ragazzo dai capelli bicolore che alzava lo sguardo dal libro che stava leggendo, seduto al proprio banco, accanto alla finestra, e sorrideva nel vedere i nuovi arrivati.
“Ciao, Vato, – salutò il bambino, correndo fino al suo banco e sentendosi finalmente al sicuro tra quei due studenti più grandi – ti ho riportato il libro. Grazie mille per avermelo prestato.”
“Oh, non dovevi prenderti il disturbo; – dichiarò lui, prendendo il grosso volume  – potevi ridarmelo nei prossimi giorni…”
Ma si fermò capendo che, con molta probabilità, Kain era anche ansioso di rivederlo.
Se doveva essere sincero quel ragazzino gli piaceva: era più intelligente del previsto e anche molto sveglio; aveva una gran voglia di ascoltare, cosa che era difficilmente riscontrabile negli altri, e poneva sempre domante acute e adeguate.
Quando aveva scoperto l’identità di questo misterioso osservatore era rimasto un po’ perplesso dai cinque anni di differenza, ma non aveva potuto fare a meno di offrirgli la sua amicizia: un gesto insolito per lui, ma era stata una di quelle cose che si sentono giuste per istinto.
Nella sua realtà personale, infatti, Vato Falman aveva poche persone che definiva amici, essendo per natura una persona abbastanza selettiva. L’unica persona che godesse della sua totale confidenza era Elisa… che era anche l’unica a cui avesse parlato di Kain.
La loro amicizia risaliva ai tempi delle elementari e si era fatta di anno in anno più stretta.
Sapeva che in giro c’erano parecchi pettegolezzi su loro due e, anche se entrambi non ci facevano caso, sempre più spesso Vato pensava che non erano del tutto infondati: la ragazza era effettivamente la sua miglior amica, la persona con cui amava passare il tempo… stavano sempre insieme.
Ma riteneva che fosse difficile capire determinate cose ed in ogni caso nessuno dei due ne aveva mai parlato ed il loro rapporto continuava senza alcun problema; che poi Elisa, al contrario delle sue compagne, non cercasse la compagnia di altri ragazzi, era una cosa che gli faceva intimamente piacere.
“Ho letto tutte le storie – dichiarò Kain, mettendo le mani dietro la schiena – mi sono piaciute tantissimo, tutte quante!”
“Ne sono felice. Oggi abbiamo fatto la verifica di scienze e dunque potremmo rivederci, se ti va.”
“Oh, mi piacerebbe tantissimo! – arrossì il ragazzino – Mi sei mancato in questi giorni.”
“A proposito, Kain, – fece Elisa – non pensavo conoscessi Roy Mustang.”
“Oh, lui? No, non lo conosco a dire il vero… ci ho sbattuto addosso per errore.”
“E quegli altri due chi erano?”
“Heymans e Jean? Ecco, loro sono… uhm… in seconda superiore.” spiegò a voce bassa.
… e lui è il mio peggior aguzzino…
Ma non disse altro e gli altri furono abbastanza accorti da rispettare quel silenzio.
“Senti un po’, – disse all’improvviso Elisa – oggi ho portato diverse fette della torta che ho fatto ieri a casa: ne vuoi assaggiare una?”
“Ma io non vorrei…” mormorò Kain.
“Oh andiamo: Vato è sempre così magro che non mi dà mai soddisfazione, anche se mangia sempre tutto quello che gli porto. Avere anche il tuo parere mi farà molto piacere.”
E incoraggiato da quella frase e dal sorriso che anche Vato gli aveva rivolto, Kain accettò quell’offerta.
 
“Credo che siano fidanzati o almeno è la voce che circola… non che lui sia tutta questa bellezza, anzi con quei capelli bicolore. Ma lei è molto carina.” disse Rebecca a Riza, mentre a fine lezione uscivano dalla classe.
“Ti avevo solo chiesto se sapevi chi era, mica di raccontarmi i pettegolezzi che circolano”
“Sono la parte più divertente, che ci posso fare? Vogliamo parlare di quelli che circolano su te e Roy?” chiese la bruna con malizia.
“Spero che non sarai così sciocca da crederci!” si indignò Riza.
“Mh, saresti così crudele da nascondermi il fatto che state insieme, vero?”
“Rebecca…” gli occhi castani della bionda si socchiusero
“In ogni caso a me va benissimo così: – strizzò l’occhio l’amica – il mio Jean è ancora disponibilissimo. Mh, ma che hai?”
L’occhio attento di Riza aveva appena intravisto Kain che, rapido come sempre, guadagnava l’uscita dal cortile. Fu il tempo di un battito di cuore, ma le gambe della ragazza iniziarono a muoversi da sole.
“Senti, ci vediamo domani…” mormorò, iniziando a correre verso quella direzione e lasciando l’amica sorpresa
Non sapeva nemmeno lei perché aveva iniziato a seguire le tracce di Kain, ma si rese subito conto di una cosa: era parecchio veloce. Nel tempo che lei aveva impiegato per superare gli altri ragazzi che uscivano dal cortile e girare l’angolo verso la strada che portava in campagna era sparito. Ma Riza aveva un vantaggio: ora sapeva dove stava casa sua e dunque sapeva che direzione doveva imboccare, senza rischiare di perdersi.
Iniziò a correre disperatamente, sperando che prima o poi lui decidesse di rallentare il passo e dunque la distanza tra di loro diminuisse. Non si fermò ad ammirare i bellissimi alberi le cui foglie iniziavano ad ingiallire, né si accorse dei rumori di uccellini ed insetti, così forti come mai le era successo di ascoltare. Sentiva solo il suo respiro sempre più ansante, eppure era decisa a non mollare.
Finalmente, dopo un cinque minuti di corsa, il sentiero uscì fuori dal boschetto per proseguire su un piccolo ponte di legno sopra un canale. E Kain stava per attraversarlo.
“Kain Fury!” chiamò, decidendo che era il momento di smetterla con quell’andatura.
Le piccole spalle del bambino si irrigidirono, mentre la sua corsa si arrestava bruscamente a metà del ponte. Avvicinandosi, Riza vide con sollievo che si era fermato ad attenderla, le mani che tormentavano la cinghia della tracolla.
Raggiunse il ponte e per la prima volta fissò bene il ragazzino che aveva sempre difeso per istinto: ora non c’erano Jean ed Heymans ad occupare parte della sua attenzione. Fuori dalla scuola, in mezzo a quella tranquilla campagna che sembrava il suo ambiente naturale, le guance arrossate per la corsa, pareva un bambino completamente diverso. Gli occhi neri gli brillavano e non c’era il solito timore che li invadeva in presenza di Jean; la fissava con quella che si poteva definire profonda e timida curiosità, estremamente indeciso su cosa fare. Ma alla fine fu proprio lui a parlare per primo:
“Ciao, Riza.” salutò.
“Ti ricordi il mio nome.” si sorprese lei, appoggiandosi al corrimano di legno.
“E come potrei dimenticarlo? – sorrise lui, timidamente – Anche se Jean ti chiama paladina dei secchioni o guastafeste, qualche volta dice il tuo nome, ed anche Heymans ti saluta sempre.”
Riza rispose a quel sorriso e le fece enormemente piacere sapere che quel ragazzino fosse così attento a quei particolari: la faceva sentire in qualche modo importante; avanzò di qualche passo, con una strana esitazione, quasi avesse paura di vederlo scappare come un animaletto selvatico, fino a raggiungerlo e rimasero a guardarsi negli occhi.
Kain inclinò la testa di lato con il sorriso gentile che continuava ad aleggiargli sulle labbra. Era davvero strano vederlo così sereno e tranquillo… poi si girò e si poggiò al corrimano di legno vecchio, spostando la sua attenzione al canale.
“Riza…”
“Si?”
“Grazie per difendermi contro Jean. – mormorò, guardando le pietre che si intravedevano nel fondo – Sai, avrei sempre voluto dirtelo, sin da quando l’hai fatto la prima volta due anni fa, ma avevo paura di… di darti fastidio. Sai, non è che piaccia molto agli altri ragazzi…”
Era un’affermazione semplice e spontanea, eppure così triste che a Riza si strinse il cuore.

Per un attimo arrivò ad associare la solitudine di Kain a quella di Roy… e alla sua.
E’ per questo che provo affetto per te?
“Oh, non devi porti problemi di questo tipo. – disse d’impulso – Sul serio, mi fa piacere se parli con me e mi saluti: non devi aver paura. Perché non dovresti piacermi?”
“Davvero?” chiese lui con sorpresa, girandosi a guardarla.
“Ma certo!”
“Oh, grazie, Riza. – arrossì lui – Per me vuol dire davvero tanto, sul serio!”
La ragazza sorrise, sentendosi felice nell’aver provocato una simile gioia in quel bambino, solo per avergli offerto la sua amicizia.
“Ma perché sei venuta sino a qui? – chiese all’improvviso Kain – Stavi correndo per raggiungermi: avevi bisogno di qualcosa?”
Riza si irrigidì: in verità era tutto successo così in fretta che nemmeno lei sapeva il reale motivo per cui aveva deciso di seguirlo fino a quel posto, quando avrebbe potuto tranquillamente cercarlo il giorno successivo a scuola. Ma, se doveva essere sincera…
“Ho saputo che oggi ti sei incontrato con Roy.” disse girandosi a guardare quel placido canale.
“Oh sì, spero che non si sia arrabbiato con me.” una leggera tensione comparve nella voce del bambino.
“No, stai tranquillo.” lo rassicurò
“Meno male! – sospirò Kain, appoggiandosi con sincero sollievo al parapetto – Avevo paura che anche lui ora iniziasse a farmi passare guai come Jean… e devo dire che Roy fa molta più paura, anche se Jean è più grosso.”
“A parte Jean va tutto bene?” chiese Riza.
“Mh?”
“Mi hanno detto che conosci alcuni ragazzi di quarta… non lo sapevo. Ti vedo sempre solo.”
“Ah, Vato ed Elisa? Lei l’ho conosciuta solo oggi; a dire il vero anche Vato lo conosco da poco, ma è stato molto gentile con me: volevo ridargli un libro che mi aveva prestato, ecco perché sono andato nella parte delle classi superiori.”
“Dovevi ridargli un libro…” mormorò la ragazza, capendo finalmente la situazione.
Però, ora che aveva parlato con Kain non si sentiva più minacciata dalla presenza di quei nuovi ragazzi. Intuiva di avere un posto ben speciale nel suo cuore.
“Adesso devo proprio andare. – dichiarò il bambino – Mia mamma si preoccuperà se tardo per il pranzo… anche a casa tua ti aspetteranno, no?”
Riza si irrigidì, ma si riprese subito: no, Kain non poteva sapere.
“Buon pranzo, allora – annuì – ci vediamo domani a scuola.”
“A domani, Riza!” salutò lui correndo dall’altra parte del ponte.

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath