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Autore: MIKYma    10/05/2008    3 recensioni
Tini è una ragazza come tante in un mondo simile al nostro...eppure c'è qualcosa che la disturba...una presenza che la assilla...chi sarà mai...Hel?
Genere: Mistero, Suspence, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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storia

Capitolo 1_L’inizio di una storia_

Corre per la città senza sosta, senza tregua.

La pioggia le riga le guance come se fosse le sue lacrime. Eppure lei non è triste, ma allo stesso tempo sente una profonda inquietudine dentro di sé.

Lo sente...sa che lui è lì.

Si volta e non lo trova. Un’altra bruttissima sensazione di vuoto dentro il suo animo.

Eppure sapeva che c’era! Eppure sapeva che non doveva essere lontano!.

Corre ancora qualche metro e poi si ferma, definitivamente.

Si guarda intorno senza capire...che cosa sta succedendo?.

Dov’è? perché è lì? Chi sta cercando? Chi è quel ?.

Domande senza risposta certa...quasi, questa sciocca ragazzina, non sa rispondere alla domanda.

"Chi sei?".

Ecco che un’altra volta l’alba del giorno irradia con la sua luce il mondo, la pioggia scompare e la ragazza si trova sola, davanti al sole.

I suoi occhi non sembrano volersi chiudere davanti a quello splendore, anche se la luce comincia a farle bruciare gli occhi.

Piange e non sa perché.

Si accascia a terra, piange disperata: un male interno la distrugge, quasi la soffoca.

"Hel".

Un'unica parola. Un unico respiro.

 

All’improvviso Tini si svegliò.

Il sole entrava nella sua stanza dalla finestra con le tapparelle alzate. Fissò la luce sul pavimento e poi ricadde sul suo cuscino scuro.

Aveva ancora una volta sognato...un sogno da brividi.

Era facile per lei ricordarlo, sentire quelle strane emozioni che, ogni volta, l’accompagnavano al sonno, la svegliavano e la facevano sentire sempre così tremendamente...disperata., ma era un sogno fastidioso...quasi tremendo.

Da quando i suoi genitori erano morti lasciandola sola con le sue due sorelle la sua vita era totalmente cambiata: ogni giorno sempre con quella strana presenza alle spalle.

Sapeva soltanto che si chiamava Hel...non Hell con due , sapeva che quella parola non voleva dire inferno...quel Lui era speciale.

Non sapeva dire com’era non l’aveva mai visto, ma ogni volta che ci pensava, sempre, si ritrovava a stringersi nelle spalle e sospirare.

Che fosse l’emozione? Che fosse il mistero?.

Non sapeva esattamente cosa la rendesse così strana. Persino le sue sorelle sembravano interessate al problema, seppur Tini non avesse rivelato loro dei suoi sogni.

"Ti sembra normale che ogni giorno vieni qui e mangi con la testa nel piatto senza degnarci di uno sguardo e poi, come se niente fosse, ti ritiri in camera tua? La tua vita sta diventando così monotona!".

Così le diceva Glorya la sua cara sorellona che in quei momenti desiderava tanto strozzare.

Ari, invece, si limitava a sorriderle candidamente.

"Se hai qualche problema...lo puoi sempre dire".

Aaaah! Che ragazza gentile che era lei! Altro che quella mezza maschiaccio di Glorya.

Comunque Tini ingoiava amaro e taceva, dicendo che era solamente questione di scuola e di stress, che non dovevano preoccuparsi perché sarebbe di certo passato.

Le sorelle, anche se non convinte, la lasciavano andare.

Tini quella mattina si vestì più velocemente del solito, fece colazione quasi rimettendoci la pelle, tanto stava andando veloce, e poi scese in strada correndo come una matta, con la cartelletta di cuoio in mano.

La strada che percorreva era di selciato, tanti sassi bianchi che riflettevano la luce nei suoi occhi e che rallentavano il suo andare.

Devo muovermi o non arriverò mai in tempo!

Dopo qualche minuto e un zigzagare infinito tra quelle viottole strette e luminose, la ragazza giunse davanti alla sua scuola: un enorme edificio in marmo bianco, decisamente imponente, da far paura persino alla più mastodontica opera della capitale.

Ma era tutta apparenza, entrati dentro i soffitti erano bassi e anche un po’ sporchino.

"Sarà meglio andare...era per di là?" si chiese muovendo lo sguardo in ogni verso.

Poi decise e prese le scale per salire.

Non ricordava bene dove fosse l’immensa biblioteca, ogni volta scordava quel cammino e si ritrovava a perdersi nei meandri della struttura.

Finalmente, dopo aver cambiato e sbagliato qualche strada, giunse davanti all’immenso portone giallastro. Sopra una scritta sbiadita: HIC ET NUNC (qui e ora)...Tini si stava ancora chiedendo che cavolo centrasse con quel posto.

Appoggiò la mano sulla enorme maniglia e come sempre ebbe un brivido di freddo: quel posto era sempre ghiacciato e non sapeva perché.

Entrò sospirando e il suo alito subito fece condensa. Sorrise tra se e se e tirò fuori della borsa un golfino portato appositamente.

Fece qualche passo verso gli scaffali illuminati dal sole dalle grandi finestre, e i suoi passi rimbombarono spaventosamente.

"Tini?".

La ragazza sorrise e si diresse sicura verso uno scaffale scuro e quasi marcio. Lo attraversò fissando tutti quegli enormi libri e poi si fermò davanti ad una figura inchinata a fissare qualcosa.

"Set...credi davvero che continuare a guardare quella macchia ti aiuti a sentirti bene?".

La sua voce rimbombò e subito tacque.

Il ragazzo dai capelli rossicci alzò la testa e sorrise.

"No, ma mi piace...invece che fissare questi stupidi vecchi libri...ah! l’hai trovato?".

Tini smise di sorridere e divenne pensierosa.

"No...penso che Hel rimanga ancora un bel mistero".

È vero, dirlo alle proprie sorelle Tini non l’aveva fatto, ma per il suo amico Set, il responsabile in biblioteca, aveva fatto un eccezione, ma aveva spiegato solo il nome.

"Ancora non capisco perché ti ostini a cercare questo certo Hel...e poi sei così sicura che si scriva con un sola? Se no la risposta più facile sarebbe...".

"No!" disse con ostinazione la ragazza "L’Hel che sto cercando io non ha la doppia finale...non è mica il diavolo!!!".

Set alzò le braccia come per arrendersi.

"Va bene...va bene...comunque ti ho tirato fuori quei libri lì...sono nuovi, magari ci trovi qualcosa di interessante e di appena scoperto".

Tini sospirò cercando di tornare al colorito di sempre e ringraziò l’amico.

"Grazie Set. Cercherò di muovermi".

Tini stava cercando di cercare, tramite vecchi libri di magia e di antiche leggende, qualcosa che centrasse con Hel.

Non si tratta di un mondo magico, questo. Se volete potete definirlo una specie di Terra! Niente di strano, dunque. Tini si sentiva, infatti, un po’ stupida ad andare a cercare su vecchi libri di .

Dovevano essere proprio pazzi, questi, per scrivere queste cose...

La sua città natale era una piccola cittadina di periferia. La grande città che si ergeva al di là di un tortuoso cammino era la capitale dello Stato: Peter Vosken.

Un nome quasi russo, ma a differenza di questa nostra nazione, il paese di Tini sembrava vivere in un perenne stato di caldo. Le mutazioni climatiche avevano causato grandi disagi e gli uomini avevano dovuto abituarsi a ciò.

Driiin!

La campanella di inizio lezioni richiamò l’attenzione di Tini che, chiudendo velocemente l’ultimo libro da controllare, si fiondò verso l’uscita della biblioteca.

"Set! Ci vediamo in classe!".

Così chiuse la porta, senza neppure ascoltare la risposta dell’amico.

Corse per i corridoi pieni di gente e, straordinariamente, riuscì a giungere davanti alla sua classe in tempo, prima della professoressa.

Di sedette sbuffando al suo posto, ultimo banco vicino alla finestra, e attese.

Era palloso andare a scuola, ma quando si voleva andare a vivere nella capitale, bisognava fare il tutto per tutto.

Tirò fuori i suoi quaderni neri e il suo astuccio rosso. Come se le avesse sentite parlare, alzò lo sguardo verso le compagne appollaiate davanti alla finestra di fianco a lei.

"Come sempre colori macabri, Tini? Nero come il buio...rosso come il sangue...brr, mi fai paura".

Quello aveva detto la ragazza più antipatica della classe, ovviamente solo per lei. Tutte le atre compagne le andarono dietro ridendo e sghignazzando come oche e Tini non poté che osservarle con disgusto.

"Certo che deve essere proprio bello avere delle amiche che ti stanno dietro solo per i soldi, vero?".

La ragazza rimase un attimo turbata da quelle parole e osservò cautamente ogni singola persona dietro di sé, per poi fissare con astio la dolce ragazza dal capelli castani.

"Eh...ma guarda chi parla...è sempre meglio avere delle amiche per interesse...che non averle proprio".

Tini strinse i pugni e alzò ancora gli occhi verso di lei e rise amaramente.

"Abbiamo proprio due filosofie di vita differenti".

Prima che quella ragazza potesse ribattere l’insegnante entrò in classe chiedendo a tutti di mettersi ai propri posti.

Tini si alzò per salutare la docente e riuscì distintamente a sentire la seccante compagna dire, a bassa voce.

"Già, filosofie di vita...non vorrei mai avere la tua...magari li hai uccisi tu, i tuoi".

Parole che la fecero raggelare. In un istante le sembrò che la classe volesse cominciare a girare vorticosamente. Si dovette tenere al banco per non cadere.

Il suo respiro si fece più pesante e, senza accorgersene, una lacrima le rigò il volto.

"Tutto bene?".

La voce di Set apparve all’improvviso, nel momento più opportuno. La ragazza gli sorrise e il giovane si sedette accanto a lei.

"Ancora quella stupida della Komachi?".

Chiese fissandola attentamente, come se volesse ricordarsela bene per poi farle un bello scherzetto.

Tini annuì, ma poi lo fissò negli occhi.

"Che non ti venga in mente di-"

"Calma, calma...non le faccio del male" tornò a guardare Tini sorridendole dolcemente. "Sono un ragazzo serio, io".

Tini abbassò la voce per evitare che la prof, che intanto aveva cominciato a spiegare, li sentisse.

"Ti devo ricordare cos’è successo la settimana scorsa, Set?...Hai preso a botte un ragazzo di quinta solo perché aveva detto che non gli piaceva il colore dei tuoi capelli!".

Set si tirò indietro con la sedia e disse, quasi isterico e scandalizzato.

"Me li voleva fare fucsia!".

Si avvicinò a Tini con le sopracciglia aggrottate.

"Non mi dire che ti sembrerei normale con i capelli fucsia...".

Tini scosse la testa e rise, la lacrima caduta poco prima era già sparita e Set era riuscito a farle riprendere il buon umore.

"CIAOOOOOO TINIIIIIII!!! CI VEDIAMOOOO DOMANIIIIII!".

Tini alzò una mano arrossendo per l’imbarazzo. Tutte le persone per strada si erano voltate a guardarla e a sussurrarsi chissà che cosa nell’orecchio.

Set partì con la sua moto verso casa sua mentre la ragazza si dirigeva nella piccola villetta bianca a passo lento.

Anche quel giorno era passato in fretta e fortunatamente solo per qualche secondo aveva pensato ai suoi genitori.

Pochi secondi, ma intensi....

La ragazza alzò gli occhi verso il cielo azzurro e si chiese perché tutto quello era successo a lei.

Circa sei mesi prima, mentre lei era in camera sua a fare i compiti e ad ascoltare la musica. Al piano di sotto stava succedendo una strage: i suoi genitori venivano uccisi da chissà chi, una persona che era riuscita a scappare indisturbata...ma soprattutto senza attirare la sua attenzione.

Dopo qualche ora Tini era discesa in sala e...non ricordava più nulla.

Forse lo shock di quei corpi totalmente martoriati l’avevano così impressionata da farla svenire o da farle scordare tutto.

Ma proprio qui cominciavano le incongruenze: chi aveva chiamato la polizia? Perché era macchiata di sangue, tanto da sembrare essere stata immersa?...cos’era quella strana cicatrice che sembrava essere stata inflitta come un marchio con un numero: 69?.

Cosa voleva dire tutto quello?

Tini, più si sforzava di ricordare più sentiva mal di testa.

Le sue sorelle, che erano via al momento dell’assassinio, avevano difeso strenuamente la ragazza, e, seppur non volendola forzare, l’avevano mandata a delle seduta dallo psicanalista.

Il risultato non fu dei migliori: dopo qualche seduta l’uomo che la curava prese a evitarla e ben presto fu trovato morto nella vasca di casa sua, con le vene tagliate.

Tini ne aveva un ricordo orripilante, e da quel momento non volle più che nessuno le chiedesse del passato, anche se ancora così vicino.

Si era trasferita nella nuova scuola e viveva più o meno serenamente, senza quegli occhi accusatori su di lei. La maggior parte delle persone non la conosceva, né conosceva la sua storia.

Anche se solo Komachi avesse detto qualcosa, era sicura che nessuno l’avrebbe ascoltata.

Giunse nella stradina della sua casa cercando di sembrare un po’ più presente. Voleva smetterla di far preoccupare le sue sorelle e desiderava farlo il più presto possibile, non voleva più farle soffrire per causa sua.

Fece qualche passo verso il cancellino bianco d’entrata, quando, non sapendo perché, si fermò. I suoi piedi rimasero impiantati al selciato chiaro e lei a fissarsi le scarpine scure.

"Tini! Tini, scappa!".

La voce di Glorya la fece rinvenire, alzò la testa e fissò incredula e spaventata la porta di casa: era spalancata e lì, poco lontano da lei sua sorella la fissava dolorante, dal suo braccio, piegato vicino allo stomaco, colava un denso fiotto di sangue scuro.

"Glo-".

Cercò di dire avanzando di un passo con la mano tesa, senza capire.

La sorella la fissò qualche secondo cercando di parlare, poi strabuzzò gli occhi e voltò la testa verso il soggiorno della casa.

Tini non capiva, voleva aiutarla, che si fosse tagliata con un coltello da cucina? O forse Ari aveva dato di matto?...no, quella ragazza era troppo buona.

Avvicinandosi, ma non avendo ancora solcato l’entrata del cancellino, riuscì a sentire dei passi pensanti, forse di scarponi militari...e Ari non portava mai scarponi militari!.

Accorgendosi che davvero ci poteva essere qualcosa che non andava, Tini guardò la sorella cominciando a tremare.

"C-che cosa sta succedendo?".

La sua voce roca emise un piccolo gridolino quando la sorella, senza risponderle si accasciò a terra...colpita da un calcio.

Tini fece un passo indietro fissando senza capire la gamba che sporgeva da casa: una gamba di uomo...vestito di nero.

Come se non bastasse Tini sentì, dal piano di sopra, la voce di sua sorella Ari. Urlava, urlava come una dannata.

"Piantatela di giocare, ragazzi!".

Tini indietreggiò appoggiandosi al muro della casa da vanti alla sua.

Possibile che non c’è nessuno? Possibile che nessuno chiami la polizia?!.

Tini sobbalzò sentendo uno sparo.

Proveniva distintamente dalla camera di Ari, quella che dava sulla strada. La ragazza rimase con la bocca aperta e sentendo il cuore fermarsi: dopo lo sparo non si erano sentite più le urla di Ari.

"N-no...cosa...cosa sta succedendo qui?".

Disse cominciando a stringersi in se stessa. Davvero, cosa stava accadendo? Chi era stato a ridurre in quel modo le sue sorelle?!.

La gamba che aveva visto sulla porta scomparve all’interno della casa.

Tini forse doveva scappare, doveva fuggire e andare da qualche parte, tornare a scuola magari, oppure andare da Set.

Quelle idee sfumarono in un secondo, c’era un pensiero molto più grande nella sua testa...

Morire.

Forse era quello il suo destino...che senso aveva vivere dopo che tutta la sua famiglia era stata massacrata? Che senso aveva vivere in un posto dove tutti ti reputavano un assassina?...meglio morire, certo.

A quel paese pensare a Set! Certo, erano amici, ma non da poi così tanto! Avrebbe vissuto anche senza di lei.

Con forza immane cercò di staccarsi dal muro e con le gambe tremanti fece qualche passo nel mezzo della stradina.

Forza...forza...

"Ah! Ma guardate un po’...la persona che stavamo cercando...".

Tini, con la vista un po’ bieca osservò l’uomo che avanzava davanti ad altri tre, era quello vestito di nero che aveva visto colpire la sorella!.

"C-cosa avete fatto a...Glorya e A-".

"Si, si...lasciamo perdere. Non ti deve interessare, Tini".

Lo sconosciuto frugò nelle tasche interne della giacca con aria severa.

"Come fa a conoscere il mio...nome?".

L’uomo si fermò guardandola, in bocca una sigaretta. Sorrise e Tini rabbrividì: se avesse potuto vedere in faccia il diavolo di sicuro lo avrebbe riconosciuto come lui.

"Mi chiedi...come mai conosco il tuo nome?" rise come tutti gli uomini dietro. "Lo conosco perché sei il mio obbiettivo"

"Cosa vuol dire...obbiettivo?"

L’uomo si fece serio all’improvviso e prese fra le sue mani il suo viso. Gli occhi grigi di Tini si chiusero serrandosi violentemente.

"Poverina! Ti da fastidio il fumo?!".

Disse ironico l’uomo, poi, lasciandola andare, riprese a frugare sotto la giacca.

"Non sono venuto qui per spiegarti che piani ho per te, ragazzina". Sembrò per qualche secondo felice, aveva afferrato qualcosa e si apprestava a estrarla. "Sono qui per ucciderti".

Tini spalancò gli occhi e osservò l’uomo estrarre una pistola nera con silenziatore.

"Perché?!".

Urlò Tini con tutto il fiato che le rimaneva in corpo.

La fine era vicina...ma forse non era esattamente ciò che voleva.

"Devi pagare per ciò che hai visto...e che non dovrai mai più raccontare a nessuno".

Tini non capiva...non capiva che stava dicendo.

Chiuse gli occhi sentendo l’arma avvicinarsi alla sua fronte.

L’ultimo suo pensiero andò ad Hel. Non riuscirò mai a capire chi sei?...

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Note dell'autrice

Bene, bene...spero che possiate leggere al più presto...

chiedo scusa alla Komachi per aver utilizzato il suo nome...Yuririn se la riderà alla grande...

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