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Autore: Lifaen    11/12/2013    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La spada era stata la prima cosa che aveva notato entrando.
Nom si era assicurato di darsi un contegno. Aveva ringraziato la ragazza che l’aveva accompagnato nella sua stanza (un enorme locale con tendaggi rossi, un letto a baldacchino, uno specchio e una gigantesca, enorme finestra che faceva entrare tantissima luce) con tutta la cortesia possibile, esattamente come pensava avrebbe fatto Lifaen. Una volta rimasto da solo, però, non aveva avuto occhi che per l’arma, il cui pomo riluceva nell’angolo adiacente alla parete contenente la grande finestra, quasi fosse stato lucidato di recente.
L’occhio esperto del guerriero non l’aveva ingannato. L’arma era davvero superba. Il filo della lama era praticamente perfetto, Nom era convinto di poterci spaccare un capello a metà con un singolo fendente. Lunga circa un metro, terminava in un’elegante elsa in oro bianco; alla sommità, un’impugnatura in bronzo dorato che il guerriero scoprì adattarsi perfettamente alla sua mano. Era come se fosse stata forgiata apposta per lui, la sua mano ci si adattava alla perfezione. Sentiva un’intesa che non aveva mai percepito, nemmeno col suo vecchio spadone, compagno fidato di tante avventure.
Chissà se poteva esercitarcisi.
Cretino, e per che altro l’avrebbero lasciata qui, se non perché la prendessi? gli chiese una vocina nella testa. In fondo, aveva ragione. Era la sua stanza, Syl ce l’aveva condotto apposta. Perché mai avrebbe dovuto essere tanto esitante nell’esercitarsi con una spada?
Si sedette sul letto, rimirandola da diverse angolature. Era davvero molto bella, anche esteticamente. Era come se lo chiamasse, come se lo tentasse. Provami; usami, sono tua. Quanto gli sarebbe piaciuto provarla …
Dopo venti minuti buoni passati ad indugiare, decise di buttare al vento la cautela. Si alzò e si mise in posizione di fronte alla finestra. Tirò un paio di fendenti a un demone immaginario, poi deviò la lama orizzontalmente per tagliarlo definitivamente in due. Il movimento fu incredibilmente fluido e non gli costò alcuna fatica. Era come se la lama percepisse le sue intenzioni e si desse spontaneamente da fare per semplificargli ogni azione e mandare a segno ogni colpo.
Roteò su se stesso e abbassò di scatto la spada, in un movimento che avrebbe tranciato in due verticalmente un obbiettivo. Fu solo per caso che si fermò appena in tempo per evitare di colpire una fulva capigliatura, rossa come fuoco, di fronte a lui.
Non si mosse. La guardò. La meravigliosa donna lo fissò con i suoi magnetici e sconvolgenti occhi rossi, un’espressione divertita sul volto.
Ma quando diavolo era entrata???
Nom fece un balzo indietro, terrorizzato. E se si fosse offesa? Se non avesse dovuto utilizzare quell’arma? Se si fosse arrabbiata per ciò che aveva fatto? In quel momento si sentiva, contro qualsiasi logica, un bambino che aspetti il rimprovero e la punizione della madre.
Lei rise, un suono delicato e meraviglioso, che s’intonava perfettamente con tutto il resto. E il guerriero capì di doversi nuovamente dare un contegno. Si schiarì la gola e portò la spada al fianco. “Non … Non l’ho sentita entrare, mi perdoni” disse, sentendosi completamente e totalmente ridicolo.
“Non c’è alcun bisogno di sentirti in imbarazzo, Nom” rispose la dea che gli stava davanti, un sorriso meraviglioso che incurvava le labbra perfette. “Avrei dovuto bussare, ma volevo assicurarmi che il mio piccolo regalo di benvenuto fosse gradito.”
Il mercenario la fissò. “Quindi questa è per me?” chiese, incredulo e riconoscente. Sentiva la gola secca.
“Finché sarà tuo desiderio utilizzarla, ovviamente. Spero che vada bene. E ti prego di non mentirmi per una qualche sciocca creanza” disse lei, sedendosi sul letto. “Un’arma che in battaglia non ti salva la vita è più inutile della falce di un contadino in inverno” concluse, sempre con quel sorriso angelico.
Nom impiegò un po’ a ritrovare l’uso della parola di fronte a una tale bellezza. “Beh, ehm, ecco … Come dire …” imbarazzato, incespicò nelle parole.
Lei gli venne in soccorso: “Grazie?” fece, con un sorriso ironico e compassionevole che gli fece andare il sangue alla testa.
Lei dovette accorgersene, perché lo invitò a sedersi al suo fianco. Il guerriero avanzò incerto, poi si sedette. Averla tanto vicina, avere quel corpo perfetto a poche spanne da lui gli provocava una sensazione indefinibile. Qualcosa che, pur con tutte le donne che aveva avuto in tanti anni, non aveva mai sperimentato. Si sentiva come se potesse sciogliersi ad un suo comando. Se lei lo avesse richiesto, sentiva che sarebbe andato in capo al mondo.
Calmati, si disse. Era una donna bellissima, certo, ma questo non bastava a spiegare la sua sensazione. Di donne bellissime ne aveva viste e avute diverse, avventure fugaci e occasionali. Ma non aveva mai provato nulla del genere per un’altra donna. E nessuna era mai stata tanto bella. Era totalmente irrazionale oltretutto, che diavolo! L’aveva incontrata solo due volte, più un’altra nel quadro …
Il quadro …
“La donna nel quadro è lei?” La domanda gli uscì di getto, senza che potesse fare niente per bloccarla. Per l’ennesima volta si sentì estremamente stupido. Ma certo che era lei, chi altri avrebbe mai potuto essere? Chi altri avrebbe potuto essere tanto bello …?
“No. È la mia carissima prozia, morta da molto, molto tempo.”
Era rivolta verso la finestra, un’espressione affettuosa su quel volto perfetto. Alla luce era anche più bella, e Nom distolse immediatamente lo sguardo. Temeva di non riuscire a controllarsi, se l’avesse osservata più a lungo.
“Sono … Sono davvero spiacente” borbottò. L’ennesima banalità.
La sua risata lo convinse a rialzare lo sguardo. Le parole che pronunciò gli risuonarono nelle orecchie anche molto dopo che se ne fu andata.
“Sono contenta che tu abbia apprezzato il mio regalo, Nom. Ma dammi del tu. Il “lei” mi fa sentire più vecchia di quello che sono.”
E non dimenticò nemmeno il bacio che aveva accompagnato quelle parole.

 
  
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