Agitata, mi muovo
per la piccola stanza
avanti ed indietro, sentendomi irrequieta e ansiosa come non mai. Quasi
chiusa
in gabbia.
Il basso tacco dei
miei stivali in pelle
nera produce un lieve ticchettio sulle piastrelle bianche e lucide,
rimbombando
nella camera pressoché vuota, fatta eccezione per i mobili
semplici che
costituiscono l'arredamento scarno.
Nervosa passo le
dita tra i miei capelli
scuri e sciolti, portandomeli bruscamente indietro mentre sorpasso
nuovamente
il minuto divano beige a due posti disposto sulla parete più
lunga e su cui è
abbandonato malamente il mio cappotto.
Quasi incapace di
attendere ancora lancio
una palpitante occhiata di sottecchi alla porta bianca, scrutandola
febbrilmente senza, però, vederla aprirsi. La mia speranza,
infatti, si
frantuma miseramente contro la realtà dei fatti.
Rimane, difatti,
serrata, la maniglia in
acciaio staticamente immobile senza che nessuno la pieghi o vi faccia
pressione.
E il mio cuore non
fa altro che pulsare
inquietudine e irritazione, tendendomi fin quasi allo spasimo.
Gonfio subito dopo
le guance pallide,
esibendomi in un rumoroso e sonoro sbuffo che spezza il
silenzio della sala caffè dedicata ai
dipendenti.
Sono, in
realtà, venuta in ospedale per parlare
con Andrew, informarlo in qualche modo di cosa sta succedendo e dello
scandalo,
che si sta praticamente ingigantendo ora dopo ora, visto che non ha
risposto al
cellulare nonostante le mie numerose chiamate.
Anche se dubito non lo sappia dal momento che davanti all'entrata principale del Presbyterian Medical Center ho trovato un paio di fotografi e giornalisti appostati in attesa di scattare qualche foto o anche solo di accaparrarsi qualche news.
Un fiotto di sorda
rabbia si va ad
aggiungere a quella che già provo, che mi pervade bollente e
intensa come non
mai, nel ricordare come abbiano dipinto Andrew in quell'articolo,
decisamente
scandaloso e denigratorio.
Inspiro lentamente
una lunga boccata
d'aria, facendola scivolare nei polmoni mentre cerco contemporaneamente
di
calmarmi, di tranquillizzarmi almeno un millesimo visto quanto sono
tesa e
rigida.
Decisamente troppo.
Non è
solo per via della collera e
dell'agitazione che mi causa essere seguita dai paparazzi ovunque vada,
ma a
tutto ciò si somma anche un sincero senso di colpa.
Sordo e sibillino,
schietto, mi perfora
come una lama invisibile il petto, attraversandomi spietatamente da
parte a
parte e provocandomi una morsa allo stomaco.
Se non fosse stato a
causa mia, per il
semplice fatto di essere figlia di un importante personaggio della vita
pubblica, probabilmente avrebbero continuato a lasciar stare Andrew, a
non
tormentarlo.
Non avrebbero
sbattuto le sue
vicende personali sulle prime pagine
di uno dei più noti giornali scandalistici, mettendo in
piazza tutto ciò che ha
passato senza un minimo di rispetto o delicatezza.
Questo grumo di
pensieri, asfissianti e
assillanti, mi vorticano in testa, non lasciandomi scampo.
Sconvolta
dall'intenso sentimento di
protezione che mi induce, stringo le dita a pugno mentre percepisco le
unghie
affondare senza alcuna pietà nella carne sottile del mio
palmo, lasciandovi
probabilmente il segno.
E proprio questa
consapevolezza in
qualche modo mi ferisce più che mai, facendomi sentire
responsabile diretta di
tutto questo.
Il mio cuore perde
un battito a questa
constatazione, turbandomi con una ansiosa tachicardia che mi causa varie ondate di
calore.
Annaspando tra le
mie elucubrazioni
arresto la mia convulsa e nervosa camminata, bloccandomi al centro
della stanza
senza sapere cosa fare, come comportarmi.
E questa attesa non
fa altro che
peggiorare la situazione, rendendomi più confusa e in preda
al panico di quanto
io non sia, inducendo un accatastarsi di domande su domande, dubbi che
non
trovano soluzione ed ipotesi che rimangono tali.
Creano una matassa
annodata che non fa
altro che causarmi un senso di annebbiamento, la mente sfocata e la
razionalità
ormai abbandonata da parecchio tempo.
Sbuffo nuovamente,
chiedendomi che fine
abbia fatto Andrew.
È ormai
da quasi un'ora che lo sto
aspettando cioè da quando ho chiesto di lui all'accettazione
e mi hanno, non
troppo garbatamente, detto di aspettare dal momento che stava svolgendo
il
consueto giro visite, tendo le labbra in una smorfia corrucciata,
sporgendo il mio
labbro inferiore.
Incapace di farlo,
di attendere, avevo
insistito ottenendo, con un
po' di
pressioni riguardo l'assoluta urgenza della questione, che fosse
chiamato al
cercapersone e di poterlo aspettare nella saletta caffè del
personale, invece,
che nella consueta sala di aspetto.
Impaziente sospiro,
guardandomi poi
distrattamente intorno nel tentativo banale e precario di ingannare il
tempo e,
soprattutto, di spegnare per un attimo il cervello, allontanare le
parole di
quell'articolo così sprezzante.
Scorgo subito le
pareti azzurrine della
stanza circondarmi corposamente, come unica desolante compagnia.
Non troppo grande e
dal perimetro
squadrato è praticamente disadorna, fatta eccezione per un
piccolo tavolo posto
contro un muro e circondato da alcune sedie di legno e un piccolo
angolo
cottura disposto sul lato opposto, un frigo in metallo a completare il
quadro.
Alcune cartoline e post-it vi sono appiccicati, tenuti su da varie
calamite
buffe e dalle forme più assurde.
Probabilmente
qualche divertente cortesia
tra colleghi, rifletto distrattamente mentre inclino il viso, guardando
altrove.
Esattamente di
fronte a me, invece, vi è
una piccola finestra rettangolare con apertura a scorrimento.
Coperta unicamente
da una tapparella,
grigia e semi aperta, non fa filtrare quel poco di chiarore che
proviene
dall'esterno.
Sono costretta,
tuttavia, a riemergere
dal mio rimuginare l'attimo seguente, quando uno scatto metallico mi
porta a
voltarmi istintivamente ed in modo brusco verso la porta, facendomi
sobbalzare
violentemente.
Con una lieve
tachicardia la fisso con
occhi inaspettatamente sbarrati, voltandomi subito dopo totalmente in
quella
direzione con una semplice torsione del busto.
Nello stesso esatto
instante l'uscio si
apre cautamente permettendomi di intravedere attraverso lo spiraglio il
profilo
elegante e pallido di Andrew che fa capolino.
Finalmente, sospiro
istantaneamente
sollevata tra le mie riflessione.
È uno
strano mix, pero, quello che mi
avvolge l'istante seguente, stringendomi tra le sue spire fin quasi a
farmi
soffocare. Stressante e sconvolgente risulta un insieme di agitazione e
rilassatezza, un qualcosa di assolutamente incomprensibile che mi rende
ancora
più instabile e precaria emotivamente.
Scaccio questo mio
innaturale rimuginare
l'attimo dopo, concentrandomi unicamente su Andrew.
Fasciato solo dalla
tipica tuta blu da
chirurgo compare, infatti, davanti a me, un paio di semplici occhiali
da vista,
trasparenti e con le bacchette di un blu più scuro, che gli
solcano il naso e
una espressione neutrale, ma semplice stampata in faccia.
In qualche modo
sorpresa lo guardo con
più attenzione, rendendomi conto di come gli conferiscano
un'aria un po' seria
e un po' affascinante, facendomi rimanere interdetta e confusa.
Un principio di
attrazione si scatena
dentro di me, subito però soppresso dal grumo di sentimenti
ben più intensi al
momento e dal suo mormorio.
- Emma –
afferma lui, leggermente stupito
di ritrovarmi qui durante il suo orario di lavoro mentre si blocca
momentaneamente, fissandomi
basito e
facendo sorgere in me il dubbio che non l'abbiano informato della mia
presenza.
Compie in seguito un
passo in avanti,
entrando totalmente nella stanza con una sola, ampia falcata mentre mi
continua
ad accarezzare con lo sguardo, lanciandomi una occhiata di sottecchi
che mi
scruta da capo a piedi.
Deglutisco, le
braccia abbandonate lungo
i fianchi mentre rimango un attimo spiazzata, statica.
Solo dopo una
frazione di secondo,
prestandovi più attenzione, noto che stringe delle cartelle
bianche sotto braccio,
segno probabilmente che ha finito il giro di visite da pochissimo.
Un pensiero sorge
allora spontaneo dentro
di me, palesandosi limpidamente e crucciandomi insieme mentre schiudo
la bocca,
muovendola appena per parlare.
- Ti disturbo? - gli
domando velocemente,
ritrovando la voce e mangiandomi quasi le parole a causa della
celerità con cui
le pronuncio mentre spero ardentemente che non sia così.
Un timore sottile e
tagliente si insinua,
tuttavia, simultaneamente dentro di me, portandomi a muovermi
angosciata ed
agitata sul posto senza farmi trovare pace.
La voglia di
parlargli, di confrontarmi
con lui e di scusarmi, infatti, è talmente tanta da indurmi
a pensare che non
potrei trattenerla ulteriormente o, addirittura, sopprimerla.
Lui scuote
semplicemente il capo in segno
di diniego mentre si muove, superandomi.
Si accosta
pacatamente al tavolo in legno
chiaro per appoggiarvi tutte le cartelle con un piccolo tonfo, l'unico
rumore
che spezza la quiete del momento, mentre il suo profumo mi solletica
pallidamente,
permeando l'aria.
Senza dire
assolutamente altro si volta
poi nuovamente verso di me, avvicinandosi in modo veloce mentre io
persisto nel
studiarlo, allarmata e ansiosa di cogliere indizi sul suo stato d'animo
che
possano, in qualche modo, rendermi più nitide le idee.
Non sembra
arrabbiato o agitato, constato
persistendo nel scrutarlo attentamente, non perdendomi neanche una sua
più
piccola smorfia.
È
l'attimo dopo, quando gli rivolgo una
lunga occhiatina, che noto la sua postura tesa e irrigidita, nonostante non voglia
darlo a vedere e lo
nasconda dietro una facciata di pacatezza, lampante segnale che
decisamente non
è tutto ok. Per
nulla.
Lo conosco troppo
bene, infatti, per non
captare questi minimi segnali tra le righe o nei suoi geti, ben
consapevole di
come sia abile e bravo a rendere imperscrutabile quello che pensa.
Fin troppo a volte,
soffio lentamente
l'aria tra i denti.
Cercando di rimanere
calma deglutisco,
seppur a fatica, riprendendo a parlare subito dopo, una questione ben
più importante
che preme per essere discussa.
- Hai letto i
giornali? - gli chiedo
ancora senza troppi giri, incalzandolo quasi bruscamente a causa della
mia
incapacità di aspettare ancora.
La mia voce esce,
però, meno morbida e
controllata di quanto vorrei mentre lui si ferma nuovamente davanti a
me,
sospirando e corrucciando intanto la fronte.
Un'ombra scura cala
immediata sul suo
viso, impregnandolo totalmente e facendolo apparire specularmente
stordito e
massacrato. Cosa che mi una
inattesa
fitta di inquietudine, una fastidiosa
spina nel fianco.
Andrew annuisce
stancamente, puntando per
un attimo lo sguardo sul pavimento e, quindi, allontanandolo di conseguenza dal mio.
E ancora una volta
la percezione che non
voglia lasciarmi intuire quanto questa vicenda lo abbia turbato mi
attraversa.
La stessa che viene,
tuttavia, smentita
l'istante dopo non appena rialza gli occhi.
Come se avessi
toccato un tasto
particolarmente dolente, infatti, mi rivolge ora una occhiataccia dura
e
severa, non affaccendandosi più a celarmi le sue emozioni. O
forse, più
probabilmente, non riuscendo a farlo ancora.
- Se per giornale
intendi quella
sottospecie di rivista da quattro soldi, si l'ho visto - sputa
aspramente
ironico le parole tra i denti, facendomi tendere irrazionalmente mentre
muove
una mano, gesticolando - E una paziente particolarmente pettegola mi ha
anche
fermato per chiedermi se Adam e Lizzie sono figli miei o di mio
fratello –
mormora tagliente, mesto e grave mentre un sorriso per nulla ilare gli
inclina
amaramente le labbra.
Non risulta,
difatti, per nulla
impregnato di divertimento e gioia, non raggiungendo di fatto i suoi
occhi. Non
li illumina, apparendo più come una smorfia stizzita che
come un vero e proprio
sogghigno.
Ed è
proprio questo a farmi capire quanto
in verità questa cosa lo stia facendo soffrire, togliendomi
dolorosamente il
fiato.
So quanto quei
bambini vogliano dire per
lui, che ruolo abbiano nella sua vita e il fatto che siano riusciti ad
infangare anche una cosa così pura e affettuosa mi fa
ribollire il sangue nelle
vene, facendomi infuriare. Letteralmente.
Stizzita stringo le
braccia,
incrociandole seccamente sotto il seno mentre i miei lineamenti si
contraggono
di riflesso, rendendomi dura e rammaricata.
Il mio tentativo
volenteroso di rimanere
tranquilla si frantuma l'attimo seguente, quando intravedo le sue iridi
attraversate da una scintilla di rabbiosa tristezza, così
fugace e veloce da
apparire un miraggio.
Dura, infatti, solo
un breve attimo, svanendo
semplicemente via subito
dopo.
Una fitta di
malinconico dolore mi
attanaglia istantaneamente, avviluppando il
mio cuore e non lasciandomi di fatto scampo.
Incomprensibilmente
mi irrigidisco
maggiormente, raddrizzando la schiena mentre mi chiedo quanto deve
essere stata
dolente per lui questa insinuazione quanto mai irrispettosa ed
invadente. Lo ha
ferito? Mi domando istintivamente, il quesito che risulta
silenziosamente una
affermazione.
E ancora una volta
mi sento l'unica
colpevole di tutto questo che sta accadendo.
Affranta e desolata
mi stringo tra le
spalle, maledicendo nuovamente quel dannato giornale e il suo
calunniarlo.
- Mi dispiace
– riesco solamente a
sussurrare dopo un
attimo, tutte le
frasi che mi avrebbero dovuto rendere un fiume in piena ora svanite,
spezzate e
bloccate da un sordo magone che non mi abbandona.
Non so, infatti,
momentaneamente cosa
dire o cosa fare, riuscendo unicamente a rimanere ammutolita.
Neanche Andrew
ribatte nulla, limitandosi
a sospirare nuovamente mentre muove un passo verso il divano,
lasciandovisi
cadere seduto con un piccolo rimbalzo.
Staticamente
immobile io rimango, invece,
in piedi davanti a lui, continuando a fissarlo mentre cedo
all'impellente
necessità di informarlo.
Prendendo un
profondo respiro e
portandomi simultaneamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio
riprendo a
parlare.
- Credo che dei
fotografi mi abbiano
seguito mentre venivo qui – aggiungo mettendolo al corrente
di ciò che è
successo, irritata dalla loro presenza quanto mai invasiva, violenta
mentre la
mia mente si riempie dei ricordi di quegli attimi, delle domande urlate
mentre
io cercavo razionalmente di sfuggirgli – Credo mi abbiano
anche fotografata –
continuo sbuffando, intuendo probabilmente i titoli dei prossimi numeri
delle
riviste scandalistiche.
Decisamente poco
sobri e discreti.
Piccata roteo lo
sguardo al cielo,
incontrando momentaneamente il soffitto bianco e immacolato mentre
tento
intanto di non lasciar prevalere la soggezione che mi suscita .
Un sottile senso di
disagio, infatti, mi
scuote a causa del suo insolito modo di comportarsi, rigido e seccato.
Lui si abbandona
contro lo schienale
imbottito del sofà subito dopo, apparendo incredibilmente
frustrato mentre
piega un braccio, puntellando il gomito sul bracciolo squadrato.
Andrew si sfila poi
gli occhiali con un
movimento semplice delle dita, massaggiandosi subito dopo la fronte con
un
gesto circolare dei polpastrelli mentre li abbandona sul suo grembo,
abbassando
le palpebre.
Non lo avevo mai
visto così, rifletto
nell'intimità dei miei pensieri, studiandolo attentamente.
Li ripunta poi di nuovo sul mio viso
l'attimo seguente, le
sue iridi ora più limpide a causa della mancanza delle lenti
ma comunque
intorpidite dal nervosismo che lo pervade. Un'ombra scura, difatti, le
imbrunisce, rendendole incredibilmente cupe e torve, afflitte da un
qualcosa di
abbastanza comprensibile.
- Hanno accerchiato
anche me fuori
dall'ospedale – mi spiega in un sussurro, scrollando appena
le spalle ampie
nell'evidente tentativo di tranquillizzarsi.
Inclina poi
inaspettatamente le labbra,
corrucciandole in una lieve smorfia che comprendo solo l'attimo dopo,
quando
parla nuovamente.
- Se il tuo amico Noah non avesse messo a tacere la cosa chissà che cosa sarebbe successo - mi sferza, schernendomi contrariato mentre assottiglia pericolosamente gli occhi, calcando ironicamente sulla parola “amico” e costringendomi a pormi sulla difensiva.
Quasi ferita gli
riservo una
occhiataccia, non comprendendo totalmente il suo improvviso attacco. In
fondo,
non è di certo colpa sua se siamo vessati dai giornali.
Ma lui, ancora, non
mi lascia il tempo di
riflettere, persistendo a inveire contro di lui.
- Me li ritrovavo
direttamente in sala
operatoria, magari? - afferma con lo stesso identico tono mentre scuote
vigorosamente il capo, facendomi sentire sempre più causa di
tutto questo.
Inspira poi
lentamente una profonda
boccata d'aria, soffiandola in seguito tra i denti con un sibilo
minaccioso
mentre io persisto a guardarlo mortificata e probabilmente con gli
occhi
inaspettatamente lucidi.
Incasso la tesa tra le spalle, mordendomi
mestamente il
labbro inferiore e non sapendo cosa ribattere mentre lui mi fissa a
lungo,
scrutandomi quasi a voler capire cosa penso o cosa si agita dentro di
me,
talmente forte da rendermi ansiosa.
E ci riesce subito
dopo, quella chimica
mai sopita tra di noi che gli permette di intuire come sto anche quando
c'è
tensione, rammarico.
- Mi dispiace
– mormora improvvisamente
più dolcemente, inclinando appena il volto di lato al fine
di far incatenare il
mio sguardo al suo – Tu non centri nulla –
continua, cercando probabilmente di
farmi sentire sollevata e di chiedermi scusa a modo suo.
Non ci riesce
totalmente dal momento che
tutto il peso delle sensazioni che mi pervadono rimane saldo, la morsa
al mio
stomaco che aumenta attimo dopo attimo finendo per sovrastarmi,
soffocandomi
spasmodicamente.
Io annuisco
unicamente, comprendendo che
il suo atteggiamento deriva solamente dal nervoso e dall'irritazione,
non da un
reale fastidio nei miei confronti.
- Vieni qui
– aggiunge subito dopo, indicandomi
con un cenno della mano il posto libero sul divano accanto a lui nel
momento
stesso in cui prendo una tremolante boccata d'aria, non riuscendomi a
calmarmi.
Spinta
dall'intensità del suo modo di
fissarmi e senza esitare minimamente lo faccio,
acconsentendo docilmente senza aprire bocca.
Particolarmente
dubbiosa e chiusa tra le
mie elucubrazioni mi lascio cadere vicino a lui,
accolta all'istante dalle sue braccia
seminude a causa della maglia a mezze maniche che gli fascia il petto.
Con un movimento
veloce e autoritario,
infatti, mi attira velocemente verso di se, stringendomi a lui senza il
minimo
sforzo.
Mi cinge in un
abbraccio confortevole e
amorevole, il calore del suo corpo che mi investe in pieno,
mischiandosi al
mio.
Una ondata del suo
profumo mi travolge
l'attimo seguente, ora più nitida, inebriandomi e
spingendomi irrazionalmente
ad affondare il viso nel suo collo.
Abbacchiata e con
l'umore improvvisamente
basso mi rifugio contro di lui, sentendomi lunatica come non mai. Un
attimo
prima sono travolta da una sorda rabbia e quello dopo mi sento
incredibilmente
vulnerabile, pervasa da una leggera melanconia.
Sospiro, scoprendomi
realmente strana e
contorta.
- Non sono neanche
riuscito a salutarti
per bene – afferma più morbido e dolce, un sorriso
percepibile nella sua voce
nonostante non possa vederlo distintamente in faccia mentre mi richiama
alla
realtà, frustrandosi appena.
Un lieve ma
percepibile senso di
leggerezza e tenerezza intacca il sentimento cupo che mi abita subito
dopo,
portandomi a considerare come riesca sempre a farmi sorridere
nonostante non ne
abbia la minima voglia.
Un sogghigno
abbozzato, infatti, mi
illumina fiaccamente, rendendomi un millesimo più distesa,
allegra.
Percependo
distintamente il bisogno di
guardarlo e perdermi nei suoi occhi rialzo il capo, facendoli scontrare
finalmente con i suoi senza esitare minimamente.
Proprio come pensavo
lo trovo intento a
rivolgermi un debole sorrisino mentre allude al mancato bacio di saluto
che
avviene di consueto tra di noi.
Senza dire nulla mi
sporgo poi lievemente
in avanti, facendo scontrare le nostre labbra in un contatto casto e
lieve,
così breve da essere quasi a stampo, mentre il mio petto
preme appena contro il
suo in un impalpabile struscio.
Ci allontaniamo,
difatti, dopo una
manciata di secondi, la sua mano che abbandona la mia vita per
appoggiarsi in
un gesto spontaneo sulla mia guancia arrossata e bruciante.
La sfiora appena con
il pollice con una
leggera carezza, vezzeggiandola con la punta del polpastrello mentre mi
rivolge
una occhiata morbida, amorevole.
- Come stai? - mi
chiede all'istante,
preoccupandosi e continuando a percorrere il mio viso con una lenta
carezza.
Semplicemente faccio
lievemente
spallucce, svuotando il sacco.
- Bene –
soffio sincera ed onesta – Solo...
mi spiace davvero che ti abbiano preso di mira
perchè ora esci con me – mormoro
quasi timidamente, palesando la mia
consapevolezza di essere io il motivo del suo ritorno alla ribalta e
del fatto
che tutti i problemi che ha avuto siano stati spiattellati a mezzo
stampa.
Mi
stringo nuovamente a lui,
facendo scivolare le braccia intorno al suo torace e ricambiando
così la
stretta con la sua stessa intensità.
In
risposta Andrew scuote
vigorosamente il capo in segno di diniego, tentando di farmi desistere
da
questa idea.
- Non
lo devi neanche pensare
– afferma deciso e autoritario, accompagnando alle parole un
gesto.
A
riprova della sua frase
deposita, infatti, un dolce bacio sulla mia tempia, solleticandola
appena con
la bocca dischiusa ed indugiandovi flebilmente mentre il suo respiro
fievole si
insinua tra i miei capelli.
Un
moto di immediata
delicatezza mi travolge, pulsando forte e limpida dentro le mie vene
mentre
socchiudo istintivamente le palpebre, godendone appieno.
Chiudendomi
in un leggero
mutismo appoggio il capo di nuovo contro di lui, costringendolo a far
scivolare
via la sua mano dal mio viso e appoggiarla sul mio braccio.
Emettendo
un impercettibile
sospiro non desiste, però, dal coccolarmi, percorrendolo
interamente.
Risale,
infatti, verso la
curva della spalla per poi scendere verso la mia mano e il mio polso
più e più
volte, il suo tocco ben percepibile sulla pelle nonostante il lieve
strato di
lana del maglioncino nero che mi fascia.
Tentando
disperatamente di
calmarmi deglutisco, ritrovando quel minimo di lucidità
necessario a riprendere
a parlare, assaporando il suo tepore confortante.
- Cosa
facciamo ora? - gli
domando sinceramente confusa, spezzando la debole quiete che ci avvolge
tra le
sue spira, non sapendo realmente come agire.
E
questo, in qualche assurdo
modo, non fa che agitarmi ulteriormente, mischiando i perchè
delle mie emozioni
e confluendo in un solo devastante sentimento.
Lui
arriccia appena la bocca,
una espressione stordita e indecifrabile che io riesco a scorgere solo
sbiecamente
a causa della posizione in cui sono.
- Non
lo so – afferma
mestamente, soffiando lentamente le parole – Forse dovremmo
cercare di far
scemare la cosa, sperando che la gente se ne dimentichi presto
– continua, più
lucido e razionale di quanto sia invece io al momento.
Non mi
sento, infatti, per
nulla quietata o tranquilla, tutt'altro.
So
come vanno queste cose,
come i giornalisti abbiano l'innata abilità di montare i
fati man in mano che i
giorni passano, assicurandosi di creare interesse e di non far
dimenticare la
vicenda.
In
qualche modo, il loro
lavoro è proprio trarre spunto dalle reazioni che ci
suscitano, dal nostro modo
di porre rimedio alla curiosità generale.
È
un'altra riflessione,
tuttavia, subito dopo a emergere su tutte le altre, scaturita proprio
da
questa, portandomi ad aggrottare la fronte.
Come
hanno reagito i suoi
genitori? Mi domando perplessa, sperando vivamente
che non gli abbia creato grattacapo.
- Ti
ha creato problemi con
la tua famiglia? - gli chiedo, infatti, l'attimo seguente, guardandolo
attentamente mentre il mio battito persiste nel rimanere accelerato.
Torturando
nervosamente il
bordo della sua maglia con la punta delle dita sbatto appena gli occhi,
sfiorando il suo profilo definito e pallido, i capelli che gli
solleticano
scompostamente fronte.
Andrew
mi fa cenno di no,
ribattendo laconicamente.
- Non
troppi, hanno cercato
di non far sapere nulla ai bambini per non turbarli –
smentisce asciutto le mie
perplessità, persistendo ad accarezzarmi debolmente mentre
mi fa intuire che
non ha molta voglia di parlarne.
Ed io
non insisto
ulteriormente, lasciando semplicemente cadere il discorso nel vuoto.
-
Immagino che tua madre,
invece, abbia già la querela pronta – bofonchia
subito dopo, più ilare e
divertito rivolgendomi un dolce sorriso sbarazzino e di scherno.
Per un
frazione di secondo
più svagata scoppio semplicemente a ridere, le spalle
sottili scosse dal
sottile divertimento che questo pensiero molto probabile mi suscita.
Ben consapevole dell'indole isterica di mia madre, infatti, Andrew allude alla scenata che mi ha fatto riguardo il primo articolo di Off e di cui è totalmente a conoscenza.
Anche
lui ridacchia, rendendo
momentaneamente questi attimi meno carichi di tomento e rabbia.
Più
leggeri ci rilassiamo
impercettibilmente, godendo di una lieve calma che permea la stanza.
Sfruttando
appieno queste
sensazioni arriccio le labbra, inarcando entrambe le sopracciglia.
- Mi
stupisco, anzi, che le
sue urla non siano giunte fino a qui – ribatto prontamente
io, ironica e sarcastica,
consapevole di quanto possa essere petulante e stressante in questi
casi.
Decisamente
molto. Troppo.
Anzi,
in qualche modo sono
piuttosto stupita del fatto che non mi abbia ancora contatta per
palesare tutta
la sua indignazione, manifestandomela senza alcuna remora o ritegno.
È
la risata di Andrew,
l'istante seguente, tuttavia, a richiamarmi dal mio rimuginare,
strappandomi un
ghigno più spontaneo e rilassato di quanto io sia davvero.
Sospirando,
sfrego appena la
guancia contro di lui, il cotone un po' ruvido che mi solletica la
pelle,
arrossandola appena mentre ricerco un contatto più diretto
con lui, sentendone
distintamente il bisogno.
Lampante
pulsa dentro di me,
spingendomi a rifugiarmi nella rassicurante oscurità delle
mie palpebre,
serrate e chiuse.
Quasi
intuendo il mio
riflettere e
ciò che mi affligge lui
aumenta la presa sul mio corpo sottile e minuto, rassicurandomi
teneramente
l'attimo seguente.
- Ei
– mi richiama dopo
un attimo, spezzando il silenzio
che si è creato e facendomi sospirare
con semplicità rialzo la testa, guardandolo.
Il suo
sguardo sincero e
limpido mi colpisce subito dopo, risultando onesto e intenso mentre mi
trafigge
sibillino, sferzandomi debolmente.
- Si
sistemerà tutto – mi
placa, un sussurro appena udibile che però risulta deciso e
saldo, quasi una
amorevole convinzione.
Lo
spero davvero, mi dico
ansiosa mentre lui mi sorprende con queste rassicurazioni, lasciandomi
basita.
Annuisco
poi, pronta a
ribattere affermativamente, ma è quello che fa dopo a
sorprendermi davvero,
togliendomi momentaneamente la capacità di parola, il fiato
che si spezza nei
miei polmoni.
Allunga
infatti la mano
sinistra, ricercando la mia con un gesto fluido e naturale mentre non
smette
neanche per un attimo di guardarmi, quasi non riuscisse a farne a meno.
Fa
subito scivolare le sue
dita bollenti tra le mie, unendole in una morsa tenera e pacata, quasi
a voler
sottolineare il valore intrinseco di quello che ha detto.
La sua
pelle pallida si scontra
con la mia, di una tonalità
differente, mentre una strana sensazione mi pervade, palpitando
intensamente
dentro di me.
Istintivamente
abbasso gli
occhi, puntandoli proprio sulla nostra stretta mentre il mio cuore
accelera i
battiti, tramutandosi irrazionalmente in una scalpitante tachicardia
che mi
sconvolge piacevolmente.
Le mie
guance si scaldano
l'attimo seguente mentre mi redo conto che sta intimamente cercando di
tranquillizzarmi e proteggermi da tutto questo trambusto mediatico che
ci ha
preso inaspettatamente di mira. La stessa identica cosa che ho cercato
di fare
io con lui.
E
l'unica cosa che riesco a
fare è di sringere la sua a mia volta, forte.
- Lo
spero davvero – mormoro
fiaccamente, rivolgendogli un pallido e tremolante sorriso che non
sembra
convincerlo affatto.
Inclina,
infatti, il viso di
lato, perforandomi con i suoi occhi azzurri ed torbidi, cercando
ostinatamente
di spazzare via ogni mio più piccolo turbamento a riguardo,
ogni dubbio ed ogni
domanda.
E,
semplicemente, lui prevale
su tutto. Riesce, infatti, nell'incredibile impresa di sopprimere tutto
questo
caos che ci circonda per qualche breve attimo, annientandolo.
- Io
ho finito il turno
comunque, perchè non andiamo a casa? - mi domanda,
allontanando velocemente il
discorso di poco fa, cercando unicamente
di farlo finire per un attimo nel dimenticatoio.
Decisamente
ben felice di
passare qualche attimo con lui annuisco ancora, vigorosamente,
acconsentendo
gioiosamente ansiosa di dimenticare tutto questo.
La mia
frenesia viene, però,
oscurata subito dopo nuovamente dalla realtà dei fatti,
irritante e frustrante
come non mai che torna nuovamente a galla, purtroppo.
-
Sarà pieno di paparazzi,
però – soffio ricordandomene solo ora, una
evidente smorfia di disapprovazione
che mi incupisce cocciutamente.
Non mi
stupirei, infatti, di
trovare il mio portone invaso da fotografi e giornalisti, pronti a
rubare
scatti della mia intimità senza alcuna esitazione. E,
assolutamente, sarebbero
ben soddisfatti di vedermi arrivare con Andrew.
- Si,
hai ragione – bofonchia
in risposta lui, continuando a tenere unite le nostre mani mentre io mi
mordo
le labbra, nuovamente nervosa.
Lui
diventa per un attimo
pensieroso, ammutolendosi senza dire nulla in risposta mentre una
espressione
carica di riflessività
si dipinge sul
suo volto.
Abbassa
poi lo sguardo per
una frazione di secondo, assottigliando la bocca in una linea netta e
decisa
che io non comprendo appieno.
Dura
solo pochi secondi,
tuttavia, non lasciandomi quasi il tempo di coglierla totalmente o di
poterne
intuirne la causa dal momento che svanisce velocemente, soppiantata da
un alone
differente e più luminoso.
- Ti
porto in un posto,
allora – soffia improvvisamente rialzando bruscamente il capo
e guardandomi in
faccia sornionamente mentre appare quasi ansioso, fremente.
Che
posto? Mi chiedo subito,
istantaneamente non comprendendo a cosa si sta riferendo mentre la
percezione,
in qualche modo, che mi stia nascondendo qualcosa si insinua dentro di
me, tra
le pieghe delle mia mente.
Stordita
mi corruccio,
fissandolo sbigottita.
-
Dove? - chiedo l'attimo
dopo, non sapendomi trattenere mentre raddrizzo lievemente la schiena.
Lui si
apre in un sorriso
velato e indecifrabile, ribattendo imperiosamente.
- Lo
vedrai – mormora
cripticamente, non spiegandomi limpidamente e lasciandomi sempre di
più nella
confusione, del tutto.
Imbronciata
mi limito
unicamente a guardarlo male, mentre appare visibilmente intrigato da
questa
cosa di tenermi allo scuro, come se lo stuzzicasse.
Non ho
però il tempo di
ribattere a tono dal momento che lui riprende a parlare, congedandosi.
- Mi
cambio e arrivo –
afferma ancora, sciogliendo la presa sulla mia mano e sul mio corpo,
facendomi
intendere che si vuole alzare mentre appoggia il palmo sul bracciolo
nel
tentativo di farvi leva per darsi la giusta spinta. - O vuoi forse
venire e
vedermi mezzo nudo? - mi domanda nuovamente, inarcando maliziosamente
un
sopracciglio chiaro mentre mi fissa languidamente, il rammarico di poco
fa
momentaneamente relegato in un angolo.
Avvampo,
arrossendo
furiosamente mentre mi rendo intimamente conto di quanto in
verità mi farebbe
piacere, di come il suo punzecchiarmi abbia un fondo di
verità fin troppo reale
e concreto.
Non
glielo dico tuttavia,
limitandomi a sopprimere il suo sghignazzare con un bacio
più lento e languido,
che decisamente zittisce ogni parola e gli impedisce di tirarsi in
piedi.
Ed
è proprio l'attimo dopo,
quando fa scontrare le nostre labbra in un altro bacio fugace e a
stampo,
l'ennesimo, che comprendo di quanto voglia ho di stare tranquillamente
con me,
di godere del benessere che mi causa.
Sospiro
affannata e
consapevole contro la sua bocca, allontanandomi da lui solo per
prendere un
corto e tremolante respiro mentre i miei polmoni bruciano, in modo
esattamente
speculare all'emozione intensa e corposa che nutro nei suoi confronti.
Semplicemente,
ho voglia di
lui.
*****
Confusa e stordita
dallo scenario che ho
davanti sbatto le palpebre, il vento che mi sferza debolmente
infreddolendomi e
arrossandomi dolorosamente le guance.
Mi umetto subito
dopo le labbra
screpolate, cercando di ammorbidirle mentre una espressione dubbiosa e
carica
di riflessioni mi cala sul viso, oscurandomi appena.
Assottiglio poi
appena gli occhi,
cercando di intravedere qualcosa in modo più nitido
nonostante la corposa
oscurità che mi circonda mentre incasso il capo tra le
spalle, affondando il
mento nel colletto alzato del cappotto nero nel labile tentativo di
proteggermi
dal gelo. Cosa che non accade dal momento che mi penetra spietato nelle
ossa.
In qualche modo,
infatti, questa penombra
torbida sembra intensificarlo, rendendolo più percepibile
sulla mia pelle e
provocandomi numerosi brividi.
Ormai viene buio
presto, considero
distrattamente, rendendomi conto come, nonostante siano solo le cinque
di
pomeriggio, il cielo si presenti già plumbeo e pronto a
ricevere la notte.
I lampioni, disposti
lungo la strada, la
indeboliscono fiaccamente, intaccandola appena senza permettermi di
distinguere
con chiarezza le cose, lasciandole sfocate e tenui.
Un ambiente ampio e
vasto si apre
dinnanzi a me, una immensa distesa di terreno apparentemente senza fine
che
assomiglia terribilmente ad un grande spiazzo, alcune zone ricoperte
dal
cemento che fungono probabilmente da parcheggi improvvisati e ora
desolati.
Non c'è,
difatti, nessun altro oltre me
ed Andrew, al mio fianco, chiuso in un ermetico silenzio mentre una
smorfia
imperscrutabile gli solca il viso, studiandomi e non dicendo nulla.
Lo rende unicamente
criptico, un'ombra
intensa ed intima sul fondo delle sue iridi che non lo abbandona da
quando
abbiamo lasciato l'ospedale.
E la stessa domanda
che mi vortica in
testa da allora e da quando siamo arrivati in questa zona di New York,
un
sobborgo della periferia, si scontra contro il muro dei miei dubbi,
delle mie
perplessità inespresse e senza una risposta, apparentemente
introvabile.
Perché
siamo qui?
Crea ancora
più confusione nella mia
mente, producendo disordine e finendo per annodare le mie riflessioni.
Non riuscendo a
darmi una risposta
scrollo la testa, i capelli che frusciano appena sulle mie spalle
mentre
corruccio lievemente le labbra, torvamente.
Sempre
più interdetta aggrotto poi la
fronte, decidendo di scoprirlo e di trovare qualche indizio che me lo
faccia
comprendere, visto che lui non sembra affatto dello stesso avviso.
Non mi ha, infatti,
detto il motivo di
questa visita, eludendo semplicemente il mio quesito tutte le volte che
gliel'ho posto.
Impaziente, muovo un
incerto passo in
avanti mentre la suola dei miei stivali affonda appena nel terriccio
umido di
quello che una volta doveva essere un giardino. Lo stesso che ora
risulta privo
di alberi o di erba, presentando solo la terra battuta che fa bella
mostra di
se e funge da strada.
Il suo odore forte
ed intenso mi
solletica le narici subito dopo mentre io continuo a guardarmi
sconcertata
intorno, le mie aspettative che vengono disattese disastrosamente.
Non trovo, difatti,
alcun elemento che mi
permetta di capire, comprendere.
Nessun suggerimento
si va ad aggiungere
alle poche informazioni che già possiedo, cioè
che siamo poco lontano
dall'aeroporto J.F.K, a
Long Island.
Scombussolata prendo
un profondo respiro,
adocchiando le sagome di qualche sporadico edificio sparso qui e
là sul
terreno.
Alcuni sono
più in lontananza mentre
altri sono più vicini, addirittura in costruzione. Appaiono,
infatti,
circondati da un paio di gru e da alcuni strumenti per il lavoro,
invadendo il
mio campo visivo e spiccando con l'arancione scintillante del metallo
che li
ricopre.
Senza dire nulla vi
faccio scivolare
lentamente lo sguardo, intravedendo anche una ruspa e un grande ammasso
di
terra accumulati da un lato, lampante segno di alcuni scavi in corso.
Tuttavia, l'attimo
dopo, una cosa in
particolare attira la mia attenzione, catalizzandola immediatamente
senza un
apparente e logico motivo.
Un grosso e lungo
casermone a tre piani,
difatti, appare dinnanzi a me, una ventina di metri a separarci mentre
mi rendo
conto di averlo notato solo ora, forse anche a causa del suo aspetto
trasandato
che lo passare in secondo piano.
I muri esterni risultano quasi tutti
privi dell'intonaco
bianco originario che cozza contro il nero del tetto, un sottile color
grigiastro che li colora fiaccamente mentre numerose finestre si
intervallano
sulla parete. Apparentemente quasi tutte intatte, constato inclinando
appena il
viso di lato mentre le adocchio accuratamente, sorprendendomi.
Non presenta,
infatti, alcun segno di
vandalismo, lasciandomi stupita mentre mi chiedo ancora una volta
perchè Andrew
mi abbia portato proprio qui, a vedere villette in costruzione ed altre
abbandonate mentre uno scandalo mediatico sta imperversando intorno a
noi.
Decisamente non
è il momento più idoneo
per una gita fuori porta, mi corruccio pensierosamente.
Non ho,
però, il tempo materiale di
soffermarmi sull'ampio e scrostato portone dal momento che è
proprio lui a
interrompere il filo logico delle mie elucubrazioni, richiamandomi alla
realtà.
- Tranquilla, non ti
ho portato qui per
approfittare di te – afferma mellifluamente Andrew,
spingendomi irrazionalmente
a voltarmi verso di lui.
Con una torsione
semplice del busto lo
faccio, potendolo ora guardare più agevolmente in faccia.
Inaspettatamente, lo
trovo più vicino di
quanto pensassi, solo pochi centimetri a separarci e le sue iridi
azzurre, ora
ingrigite, puntate già su di me.
Con le mani
affondate nelle tasche del
giaccone blu che indossa e le labbra piegate da una maliziosa allusione
mi
fissa, incontrando i miei occhi scuri appena sbarrati.
Momentaneamente
imbambolata lo scruto
mentre dondola in modo quasi nervoso sul posto, muovendosi
impercettibilmente.
Sogghignando, mi
rivolge una sbarazzina
occhiata di sottecchi, chiaramente in attesa di una mia risposta mentre
un
senso di sfarfallio nello stomaco annebbia per un attimo l'inquietudine
scaturita da questa situazione.
Gli riservo subito
dopo una piccata e
altrettanto giocosa occhiataccia, rimanendo immobile mentre colgo la
sua
battutina ilare e non troppo velata.
Il suo sorrisino si
amplia di riflesso,
venendo, tuttavia, in parte coperto dalla sciarpa a quadri blu che
indossa per
proteggersi dal freddo.
Un colore che fa
risaltare
incredibilmente il suo sguardo, mi ricorda distrattamente la mia testa,
infierendo nel mio già precario stato emotivo.
Ignorandola, mi
appresto, invece, a
ribattere, tentando di apparire sicura e decisa.
- Lo hai fatto per
farmi vedere delle
villette in costruzione, invece? - lo pungo l'attimo seguente,
inarcando
simultaneamente un sopracciglio in modo dubbioso ed inquisitorio.
Risultando
più ironica e sprezzante di
quello che forse vorrei, gli paleso le mie perplessità a
riguardo, il mio
sincero e trasparente non capire.
Per un breve
millesimo di secondo, il
tempo di un respiro, il timore di essere troppo brusca e magari
sgarbata si
insinua sibillino dentro di me, portandomi a deglutire ansiosamente
senza
smettere di guardarlo, improvvisamente allarmata.
Al contrario di
quello che mi aspetto,
invece, lui scoppia semplicemente a ridere, reclinando il capo indietro
in modo
liberatorio mentre rotea buffamente gli occhi al cielo, come se avessi
detto
una cosa ovvia e divertente.
Continuando a non
riuscire a decriptarlo
mi imbroncio appena, leggermente imbarazzata mentre il suono argenteo e
spontaneo delle sue risa mi invade le orecchie, deliziandomi
profondamente.
Per nulla toccato o
infastidito dalle mie
parole si limita a lanciarmi l'ennesima occhiatina mentre mi raggiunge
con una
sola, ampia falcata, avvicinandosi.
- Mmm no, non per
questo – ridacchia
ancora mentre risponde
alla mia
frecciatina con disinvoltura.
Ammutolendosi tira
poi fuori la mano con
un gesto semplice dalla tasca, appoggiandola sulla mia schiena nel modo
più
naturale e spontaneo possibile, quasi avesse intuito il mio
infreddolimento
latente.
Una fitta di
tenerezza e amorevolezza mi
coglie istantaneamente, portandomi a sorridere e mettere in secondo
piano tutto
ciò che ci circonda.
Tentando goffamente
di scaldarmi la muove
sommariamente su e
giù, sfiorando appena
la base del mio sedere e causandomi una ondata di calore che,
però, non ha
assolutamente nulla a che fare con il gelo.
Inclinando il viso
verso di lui gli
rivolgo poi un lungo sguardo, godendo del suo tocco appena accennato
mentre il
mio cuore scalpita più intensamente nel mio petto, reagendo
come sempre alla
sua vicinanza.
Una folata di vento
più intensa fa
muovere i miei capelli, annebbiandomi momentaneamente la vista mentre lui torna a
sprofondare nel suo
mutismo, suscitando la mia smorfia stizzita e irritata.
Perché fa
così? Mi domando nuovamente,
non comprendendo il suo modo di fare.
E non mi trattengo
oltre, riproponendogli
la stessa identica domanda che mi tormenta e che gli ho già
palesato, correndo
il rischio di essere monotona e petulante.
- Che ci facciamo
qui, Andrew? - gli
domando, grave e curiosa al tempo stesso, non riuscendo ad aspettare
ulteriormente e rimanere avvolta da questa sottile nebbia stordente che
non mi
permette di capire.
Lui si stringe
leggermente tra le spalle
mentre una espressione indecifrabile cala repentina sul suo volto,
portandolo
ad allargare lievemente le braccia.
Deglutisce sotto il
mio sguardo scuro,
disorientato, che non lo perde di vista neanche per un attimo,
scivolando sui
suoi lineamenti pallidi mentre il silenzio si spezza subito dopo,
quando
riprende a parlare debolmente.
- Visto che in
città siamo seguiti a
vista dai paparazzi ho pensato di cogliere l'occasione per farti vedere
una
cosa – mormora mestamente, improvvisamente serio mentre
indica con un semplice
cenno del capo l'edificio davanti a noi, stupendomi non poco.
Un velo di emozione
più intensa
arrochisce, infatti, il suo tono, rendendolo più vibrante e
corposo.
Mi voleva mostrare
un fabbricato? Mi
chiedo istantaneamente, non comprendendone il motivo, mentre la nitida
sensazione che qualcosa lo inquieti mi attanaglia sibillina l'attimo
seguente,
non appena noto la sua bocca tesa in una linea netta e decisa che lo
rende
quasi neutrale.
È come se
qualcosa si agitasse dentro di
lui, constato silenziosamente mentre rimango immobile, adocchiando la
sua
postura improvvisamente irrigidita.
Andrew appare,
infatti, appena contratto,
la schiena raddrizzata e le iridi chiare perse in un punto indistinto
davanti a
lui che, però, non sembra vedere davvero.
Cercando di non
focalizzarmici troppo
scrollo il capo, non trovando una risposta adeguata e soddisfacente
né riguardo
il suo mormorio né riguardo il suo atteggiamento.
Confusa e interdetta
arriccio le labbra
in una smorfia dubbiosa, abbandonando il suo viso e tornando a fissare
quasi di
sbieco la struttura dinnanzi a me, palesandogli la mia
perplessità.
- Mm un casermone al
centro di una area
residenziale in costruzione – sussurro stordita e pensierosa,
descrivendo
praticamente la realtà dei fatti.
Nulla di
più, nulla di meno.
Le mie parole,
però, suonano più come una
domanda incerta che come una decisa affermazione, facendomi apparire
vacillante.
Torturandomi
nervosamente il labbro
inferiore con gli incisivi cerco poi di fare chiarezza tra i miei
pensieri
mentre Andrew mi rivolge una lunga occhiata di sottecchi, guardandomi.
Sentendomi
impercettibilmente a disagio
inspiro profondamente
una boccata di
gelida aria, lasciandola scivolare nei miei polmoni mentre attendo poi
pazientemente delle delucidazione.
Una sorda e
insistente punta di
curiosità, infatti, inizia ad insinuarsi ansiosamente dentro
di me, rendendomi
quasi fremente.
Lui,
inaspettatamente, invece, tace, rimanendo
chiuso in un soffice silenzio
che si
espande anche a me, ingarbugliandomi sempre di più la mente.
Prima ancora che io
possa pensare o
chiedermi altro, però, Andrew mi stupisce nuovamente,
allungando la mano verso
la mia, abbandonata staticamente lungo il fianco.
Facendomi quasi
sobbalzare per il gesto
inatteso mi giro totalmente di scatto verso di lui, trovandolo
esteriormente
calmo ma sempre con quello strano alone criptico a circondarlo.
La afferra poi
docilmente, una stretta
dolce e carica di tenerezza che accompagna lo scivolare delle sue dita
contro
le mie, una carezza appena accennata che porta i nostri palmi ad
unirsi,
entrando in diretto contatto.
I suoi polpastrelli
freddi mi solleticano
la pelle, tiepida, causandomi un lieve torpore di emozioni, prima fra
tutte un
forte e bollente senso di amorevolezza.
Limpido mi colpisce,
trafiggendomi con le
sue stilettate piacevoli ed invisibili il petto e trapassandomi da
parte a
parte.
Compie subito dopo
un passo in avanti,
trascinandomi delicatamente con lui mentre io mi corruccio nuovamente,
cercando
di comprendere cosa voglia fare.
Nel momento stesso
in cui un brivido mi
attraversa la schiena lo seguo, camminando al suo fianco, i nostri
passi attuti
dal terriccio mentre ci avviciniamo lentamente.
Nessun dei due dice
assolutamente nulla,
una apparente quiete che pervade l'ambiente fin quando non siamo a
pochi metri
di distanza dal portone in legno, l'attesa di questi attimi che mi
tende
leggermente.
Irrequieta scosto
con la punta delle dita
una ciocca di capelli dal mio viso, portandomela con movimento veloce e secco dietro l'orecchio.
Andrew si ferma poi
nuovamente,
costringendomi a fare lo stesso mentre inclino il viso, permettendo ai
suoi
occhi di trovare i miei, appena socchiusi nel tentativo lampante di
decifrarlo.
Di nuovo,
però, non ne sono in grado.
Quello stesso sentimento che li anima, ingrigendoli appena, rimane
indecifrabile, intricato e profondamente torbido.
Ed io mi ritrovo
furiosamente ancora una
volta a chiedermi a cosa sia dovuto, un insieme di domande e dubbi
differenti
che si annodano tra di loro.
Lui non mi lascia,
tuttavia, il tempo di
risolverle dal momento che mi chiama in causa.
- Sei una artista
Emma puoi fare ben di
meglio – mi riprende, infatti, morbidamente, la voce
carezzevole e pacata che
risulta come una carezza invisibile sulla mia pelle infreddolite mentre
un
broncio delicato mi vela le labbra, arricciandole – Usa
l'immaginazione – mi
suggerisce ancora, spingendomi a voltarmi nuovamente verso il casermone
per scrutarlo
meglio, più attentamente
Sibilando
flebilmente l'aria tra i denti
gli rivolgo una lunga occhiata, percorrendone il perimetro.
Tento, infatti, di
spogliarmi di
qualsiasi preconcetto o schema che il mio cervello mi impone
cocciutamente,
guardandolo con sguardo nuovo e privo di filtri, fin troppo consapevole
di come
a volte cose apparentemente banali possano invece essere originali o
nascondere
significati inimmaginabili.
Nonostante tutti i
miei sforzi, però, non
mi viene in mente nulla o alcuna soluzione, la mia testa che rimane
inesorabilmente vuota e priva di idee, facendomi indispettire
torvamente.
Escludo, ad ogni
modo, fin da subito
l'idea che possa pensare di venire a vivere qui.
Adora troppo il suo
appartamento e poi
non saprebbe stare senza i suoi nipoti, mi dico astutamente
consapevole,
ricordandomi del suo costante bisogno di essere in contatto con loro e
dedicargli del tempo.
Un pallido sorriso
mi coglie a questo
pensiero, così leggero da non riuscire neanche a stendere la
mia bocca.
Andrew intanto,
intuendo probabilmente il
totale disordine che vige dentro di me, si sposta all'improvviso,
così
velocemente da non farmi quasi comprendere il suo movimento, celere e
deciso.
Chiuso nel suo
mutismo si mette dietro di
me nello stesso, medesimo istante in cui io inclino il capo, rimanendo
immobile, senza riuscire ad intercettare la sua occhiata questa volta.
La posizione in cui
siamo, infatti, non
me lo permette, consentendomi di incontrare unicamente
l'oscurità della
penombra e le sagome lontane delle villette in costruzione sullo sfondo.
Con tutta la calda
naturalezza di cui
dispone appoggia poi le mani sui miei fianchi, coperti dal cappotto
nero che
indosso e che mi fascia alla perfezione.
Il mio cuore perde
istintivamente un
battito mentre mi ritrovo a trattenere il respiro senza una ragione
precisa,
godendo solo della sua vicinanza.
Sorprendendomi
nuovamente, le fa
scivolare in seguito lentamente sul mio ventre piatto, percorrendolo
sommariamente e posandovele pacatamente, mentre le sue braccia mi
circondano la
vita in un gesto spontaneo ed istintivo, avviluppante.
Che sa di
intimità, mi suggerisce subito
una vocina petulante, ma sincera dentro di me.
Sorrido debolmente,
non riuscendo a non
farlo mentre compio istintivamente un passo indietro. La mia schiena
entra così
in contatto con il suo petto, la morbida consistenza del suo giaccone
che preme
contro di me mentre i nostri corpi si sfiorano, aderendo.
Non vi è
nulla di malizioso, però, solo
il nitido bisogno di avere e sentire l'altro vicino, addosso.
Quasi fosse una
confortante necessità,
constato ammutolita mentre noto come questo desiderio sia
particolarmente
insito e presente nel suo tocco.
Sospiro, perdendomi
per un attimo tra i
meandri della mia mente mentre lui serra maggiormente la presa su di
me,
rompendo la tranquillità che ci circonda subito dopo.
Si appresta,
infatti, a chiarirmi la
situazione, comprendendo la mia confusione ed iniziando a raccontarmi
il perchè
di questa visita.
- Come ben sai, dopo
la morte di Tom ho
passato un brutto periodo – soffia, il suo respiro che si
infiltra debolmente
tra i miei capelli, solleticandomi la nuca, mentre mormora le parole,
parlando.
Irrazionalmente mi
ritrovo ad annuire in
segno di assenso mentre una emozione dolce e intensa mi chiude lo
stomaco, terribilmente
simile a istinto di protezione. Ancora.
Dandole sfogo senza
alcun dubbio appoggio
istintivamente entrambe le mani sulle sue, unendole nuovamente mentre
mi rendo
conto di quanto questo per lui sia un argomento delicato.
La nostra pelle
entra, così, nuovamente
in contatto mentre lui non esita, persistendo spiegarmi, la sua solita
pacatezza che si incrina.
- Ubriacarmi ogni
sera non andava bene,
non mi permetteva in qualche modo di andare avanti, che era, invece,
quello di
cui avevo davvero bisogno – continua, irrigidendosi
lievemente alle mie spalle,
un grumo di intuibili sensazioni che si agitano dentro di lui - Mi
serviva
qualcosa per farlo, per continuare a vivere – conclude,
sospirando quasi
pesantemente mentre mi lascia avvertire il calvario che ha attraversato.
Sono perfettamente a
conoscenza, infatti,
di quanto sia difficile e complicato per lui parlarne, riportare a
galla le
sensazioni di quei momenti e quel turbamento.
Proprio a riprova
del suo
scombussolamento interiore le sue dita si contraggono appena sul
tessuto del
mio cappotto, irrigidendosi sotto la mia presa mentre non dice
momentaneamente
nulla, come se stesse ricercando dentro di se le frasi adatte da dire.
Una fitta di dolente
ansia e melanconia
mi attraversa, stringendomi il cuore in una morsa dolorosa e fastidiosa
al
tempo stesso che non mi lascia scampo.
Tentando di tenere
sotto controllo il
tumulto interiore che mi scuote deglutisco, la bocca lievemente
impastata.
- L'idea mi
è venuta per caso a dire il
vero – riprende a parlare, non smettendo neanche per un
attimo di stringermi
mentre il fuoco del discorso muta lievemente, confondendomi
maggiormente –
Lizzie doveva svolgere un tema su come ciascuno di noi possa essere
utile per
gli altri, migliorare la vita delle altre persone – afferma
ancora, i suoi
polpastrelli che si rilassano appena.
La pelle sulle sue
nocche, infatti,
smette di essere tesa mentre
la sua voce
si carica, al contrario, di una sensazione differente ora. Appare quasi
impregnata di una strana determinazione, una intensità
diversa e che non avevo
mai notato.
In qualche modo le
diverse percezioni che
intuisco agitarlo mi confondono, sfocando e rendendo al tempo stesso
più nitide
le sue frasi. Qualcosa di istintivo, infatti, forse il sesto senso, mi
porta a
pensare che quello che mi sta dicendo è una delicata
confessione, una
confidenza intima e sua.
Seguendo questa
impressione inspiro
lentamente l'aria, il vento che ci sferza debolmente mentre il suo modo
di
raccontare, come sempre, mi assorbe completamente.
- Mi sono
così ritrovato a pensare a
quello che faccio, al mio lavoro -
afferma deciso, quella stesa vigorosa scintilla che lo fa suonare quasi
incalzante – A come in qualche modo il mio mestiere aiuti
molte persone ma non
abbia aiutato Tom – continua, ora più mesto e
fievole, il tono che crolla
drasticamente rasentando la consistenza di un mormorio.
Sempre
più volubile ed emotiva mi
irrigidisco appena, ritrovandomi a stringere istintivamente
più forte le sue
mani come per infondergli
coraggio,
fargli sentire la mia vicinanza.
Solo dopo un attimo,
però, mi rendo conto
che non sto ricercando la sua vicinanza per confortarlo, ma,
semplicemente, per
sentirlo vicino e, in qualche contorto modo, rassicurarmi.
Sbatto le palpebre,
gli occhi, resi
lievemente più lucidi dalla commozione che pervade le sue
affermazioni e il
loro profondo significato, che non vedono davvero ciò che ho
dinnanzi.
E solo ora mi rendo
davvero conto di
come la sorte gli abbia tirato un subdolo
tiro mancino. Quella stessa professione, infatti, che è per
lui una grandissima
passione non è bastata a salvare la vita di suo fratello, una delle persone che
assolutamente ama di
più.
Un improvviso magone
mi occlude la gola,
turbandomi e inquietandomi mentre fatico quasi a respirare, schiacciata
dal
peso delle emozioni. Non mi lasciano scampo, pervadendomi spietate.
- Mi... mi
è sembrato doveroso, quindi,
impegnarmi in prima linea per far si che nessuno attraversi quello che
ha
passato la mia famiglia – sussurra ancora, il timbro che
esita appena mentre mi
rendo conto di come stia mettendo a nudo
davanti a me un lato che non conoscevo.
Forse il
più nascosto e profondo,
realizzo commossa e scombussolata.
- Le visite, le cure
… vedere qualcuno a
cui vuoi bene che lentamente scompare – sospira a fatica,
perdendosi
probabilmente tra i ricordi di quei momenti dolorosi mentre un'altra
fitta di
tristezza mi trafigge.
Prende poi un
respiro profondo e incerto,
il suo torace che si gonfia contro la mia schiena mentre il suo
dispiacere e il
suo interiore
risultano nitidi e
lampanti quasi.
Così
trasparenti e concreti da
raggiungermi, estendendosi fino a me mentre mi ritrovo catalizzata da ciò che mi
sta dicendo, dettagli di un
quadro che sto lentamente imparando a decifrare.
Deglutisco.
- Ho così pensato che questo aiuto deve essere accessibile a tutti, non solo a chi può permetterselo, come è stato nel nostro caso, ma anche per le persone meno fortunate – conclude convinto, una fiammella di una sensazione differente che lo caratterizza ora e che io non comprendo istantaneamente mentre calca volutamente su “deve”, facendolo suonare quasi come un imperativo e trovandomi d'accordo.
Lucido e limpido,
risulta infatti un
misto di amarezza e decisione, come se avesse colto il meglio
dall'esperienza
traumatica che lo ha sconvolto.
Ne ha,
semplicemente, tratto voglia di
vivere, comprendo l'istante dopo, ricordandomi le sue parole solo di
qualche
attimo fa, che ancora riecheggiano dentro di me.
Non ho,
però, il tempo di pensare o dire
qualcosa dal momento che lui mi interrompe ancora, spezzando di netto
le mie
elucubrazione con una cosa che mi lascia basita, sempre più
sconvolta.
- E' per questo che ho creato una fondazione
– mi confida sincero
e onesto, una palpabile commozione che non lo abbandona neanche per un
secondo
mentre io sbarro basita gli occhi, stupita da questa rivelazione
inaspettata.
L'incedere del mio
cuore diventa adesso
una sfrenata tachicardia, velocizzandosi mentre mi ritrovo a sbattere
sorpresa
le palpebre, lo sconcerto che pulsa forte dentro di me.
Una fondazione? Mi
chiedo ammutolita, le
labbra dischiuse irrazionalmente, ma afone da cui non esce alcun suono.
Ha
fondato una fondazione?
Il corposo desiderio
di guardarlo in
faccia, di girarmi e potermi specchiare nelle sue iridi, diventa
più petulante
e pressante dentro di me, nitido. Tuttavia, riesco a contenerlo, non
dandovi
sfogo e comprendendo contemporaneamente quanto questo strano abbraccio
sia per
lui una sorta di rifugio in questo momento così intimo.
Ne ha bisogno in
qualche modo e anche io
ce l'ho, considero ancora stupefatta dalla generosità del
suo gesto, dei suoi
intenti e delle sue intenzioni.
La sua
bontà d'animo mi colpisce come una
frustata, soppiantando lo stupore con un forte moto di apprezzamento.
Ed è
proprio mentre nella mia testa lentamente
inizia a delinearsi lo scopo di questa nostra visita in questo posto
desolato
che un senso di intensa ammirazione mi scuote, lambendomi con le sue
spire
bollenti e forti, concrete.
Ignaro di
ciò che mi sta sconvolgendo
Andrew continua a spiegarmi, infervorandosi emozionalmente mentre mi
parla.
- Ho così
iniziato a raccogliere fondi,
cercare finanziamenti – mi dice, muovendosi
impercettibilmente sul posto mentre
io annuisco, lo sguardo perso nel vuoto mentre assorbo tutte queste
informazioni – La sera che ci siamo incontrati …
era una di quelle cene di
beneficenza – sospira esitando appena mentre istantaneamente
nella mia testa si
proiettano le immagini di quella serata, del suo sorriso e del nostro
ballo al
centro della sala.
Soffio lentamente
l'aria tra le labbra
mentre irrazionalmente sfrego il pollice sul dorso della sua mano, una
carezza
appena accennata che percorre la sua pelle.
Seguo la lieve curva
delle nocche con il
polpastrello mentre persistiamo nel rimanere immobili, statici e fermi.
Andrew si quieta
appena l'attimo
seguente, sciogliendo la postura alle mie spalle in uno strano
alternarsi di
calma e nervosismo, perfetta e speculare espressione del mio attuale
stato
d'animo.
Lo stesso che mi fa
capire quanto sforzo
stia facendo nei miei confronti, come si stia mostrando senza alcuna
difesa a
proteggerlo.
Si sta esponendo,
mostrandomi un qualcosa
che lo appassiona e che è il suo sogno, quello che lo anima,
unicamente.
E un altro fiotto di
intensa stima mi
coglie, riversandosi ad ondate mentre questa consapevole
realtà mi investe in
pieno.
- E tutto per questo
– sussurra
accoratamente con voce rotta, in un modo così carico di
sensazioni da risultare
toccante mentre allude a quello che comprendo essere un suo massimo
scopo, un
fine che porta avanti con devozione e impegno da tempo.
Un qualcosa per cui
è disposto a tutto.
E il fatto che me ne
stia facendo
partecipa, che mi permetta di compiere un ulteriore passo nella sua
vita mi
elettrizza e fa piacere al tempo stesso, facendomi sentire
incredibilmente
lusingata e colpita.
Mi sta aprendo il
suo mondo, giocandosi
tutto senza alcuna remora.
La stretta al mio
stomaco aumenta
simultaneamente diventando così serrata da spezzarmi il
respiro in gola, lo
sguardo sempre più lucido e commosso che tradisce il mio
precario stato
emotivo.
Ed io mi ritrovo a
ringraziare
distrattamente per il fatto che non possa vedermi in questo momento in
viso,
troppo stravolta per riuscire a controllarmi.
Il mio pensiero
viene, però, disatteso
l'attimo seguente quando Andrew, cogliendomi di sorpresa, allenta
improvvisamente la morsa su di me nel tentativo di allontanarsi.
La presa sui miei
fianchi scivola,
difatti, inesorabilmente via mentre, stordita da questo improvviso
movimento,
agguanto istintivamente la sua mano, non volendolo irrazionalmente
lasciarlo
andare.
Le mie dite
ritrovano le sue mentre lo
trattengo, impedendogli di abbandonarmi del tutto mentre compie
contemporaneamente un passo di lato.
Positivamente
agitata inclino il viso per
guardarlo più agevolmente, il calore del suo corpo che mi
abbandona, svanendo
velocemente. Si perde nell'ennesima e gelida folata di vento,
annullandosi.
Stupefatto dal mio
atto mi rivolge una
lunga occhiata da sotto le ciglia, contraccambiandola senza la minima
esitazione.
Cosa che mi porta a
sorridere debolmente.
Momentaneamente
silenzioso mi
indica poi con un cenno il casermone
davanti a noi, un sottile filo logico che ora ricollega le sue parole a
ciò che
mi ha appena rivelato.
- E' una ex
industria tessile, ormai
dismessa e in disuso da dieci anni – mi spiega placidamente,
pacato e
autoritario mentre io torno ad adocchiare stralunata quella struttura,
scorgendone nuovamente le pareti scrostate e ingrigite.
- Sono riuscito a
bloccarlo per farne la
sede della fondazione – mi spiega con onesta
semplicità, una nota di
soddisfazione ben distinguibile.
Ed io mi ritrovo a
rendermi sempre più
conto di tutto l'amore che sta investendo in questa cosa, davvero
nobile e
generosa.
Ammaliata ed
emozionata almeno quanto lui
faccio scivolare gli occhi sul suo profilo rivolto verso la fabbrica,
percorrendolo lentamente mentre persisto nel non dire nulla.
Probabilmente
neanche volendo ci
riuscirei visto il magone che mi attanaglia, considero disattentamente.
- Come ben sai, però, il mio fondo fiduciario è stato bloccato – mormora nuovamente, flettendo ora la voce in modo lievemente più amaro e cupo, un'espressione più scura che scende sul suo volto mentre muove impercettibilmente le labbra – E beh quindi non posso comprarlo, il mio stipendio da dottorino, come direbbe tua madre, non basta – soffia ancora, lanciandomi ora una eloquente occhiata di sottecchi che mi sferza.
Vergognandomi per il
soprannome
dispregiativo affibbiatogli da mia mamma incasso il capo tra le spalle,
arrossendo vigorosamente imbarazzata.
Lui, al contrario,
appare lievemente più
quietato, una fugace scintilla di ilarità che gli attraversa
brevemente gli
occhi, rendendo la sua battutina più scherzosa che
indispettita o offesa,
allontanando di fatto il mio disagio.
- Ora ho fatto la
richiesta per ottenere
la concessione della licenza – sogghigna lievemente
compiaciuto, la pressione
sulla mia mano che si rafforza quasi a volermi trasmettere tutta la sua
felicità a riguardo – Tutto sembra andare per il
meglio – sussurra, provocandomi
un tenero sorriso di comprensione e dolcezza, condividendo la palpabile
gioia
che sono convinta travolga anche lui.
- Devo solo
aspettare il termine che ho –
sussurra morbidamente, quasi pensieroso mentre io aggrotto la fronte,
non
capendo a cosa si riferisce, ma, prima che io possa dire qualcosa,
è lui stesso
a spiegarmi, schiarendomi le idee – Il mio fondo fiduciario
verrà sbloccato
il giorno del mio ventottesimo
compleanno e, tra quello e i soldi che ho già raccolto,
vorrei creare un centro
all'avanguardia per le persone che ne hanno bisogno – mi
spiega con semplicità,
non distogliendo neanche per un attimo di fissarmi.
Mi lascia libera di
captare tutti i
sentimenti che lo animano, i pensieri che lo attraversano e il che ha provato, lontano ma
non abbastanza da
essere dimenticato.
Ed è
proprio scorgendo tutto ciò
che mi rendo intimamente conto di come, in
questo suo bisogno di aiutare gli altri, forse confluisca anche la
volontà di
rimediare alla mancanza che pensa di aver avuto nei confronti di Tom.
La stessa
che in qualche modo non si perdona.
Vuole esserci per
altri come non è potuto
esserci per suo fratello, realizzo finalmente sbarrando gli occhi, il
cuore che
sbatte violentemente nel mio petto e pulsando più forte
sangue nelle mie vene.
Ma la vera
consapevolezza, che mi priva
definitivamente del respiro e di quel briciolo di
razionalità che mi resta, mi
pervade, sottolineando di conseguenza quanto io sia importante per lui
visto il
suo coinvolgermi in questa cosa.
Piacevolmente
basita, lo guardo senza
parole, non sapendo cosa dire. Niente, infatti, sembra adeguato davanti
all'immensità del suo gesto, di ciò che mi
scatena.
E io non resisto
oltre, riuscendo a
palesare tutto ciò che sento verso di lui in un unico modo.
Con un veloce passo
verso nella sua
direzione, infatti, annullo la distanza che ci divide, facendola
svanire in un
soffio mentre gli butto semplicemente le braccia al collo, finendo per
stringerlo più forte di quello che vorrei.
Le mie labbra
tremanti trovano le sue
l'attimo seguente, il suo respiro che mi solletica bollente il viso
mentre si
incontrano, assaporandosi dolcemente.
Ed in questo bacio semplicemente investo ogni emozione che mi ha provocato, mi gioco tutto nel tentativo di fargli capire cosa provo per lui.
Un po' sorpreso ed
interdetto dalla mia
reazione inaspettata e in qualche modo fuori luogo Andrew risponde con
una
frazione di secondo di ritardo, muovendo lentamente la bocca contro la
mia.
Il suo sapore invade
il mio palato nel
medesimo momento in cui serra le braccia intorno a me, avviluppandomi
in un
abbraccio intenso e deciso che fa aderire totalmente i nostri toraci.
Ci stacchiamo una
manciata di secondi
dopo, tuttavia, i respiri lievemente accelerati e il fiato spezzato in
gola che
ci rende ansanti.
Deglutendo lui mi
rivolge poi un flebile
sorriso, quelle sensazioni forti che non lo abbandonano, persistendo
nell'illanguidire e rendere più lucida la sua occhiata.
- E' davvero un
bellissimo gesto – soffio
onestamente in un mormorio appena udibile, impalpabile e sincero.
Quasi timidamente
lui annuisce,
ribattendo subito dopo.
- Vieni, ti faccio
vedere l'edificio –
mormora, afferrando nuovamente la mia mano mentre lo indica con un
cenno, il
suo timbro basso e caldo che mi solletica l'udito in modo dolce e
carezzevole.
Mi
suscita una fitta di amorevolezza mentre rimango immobile
a osservarlo
per una manciata di secondi, mentre
un sorriso lieve e
pallido, quasi
fremente, gli increspa pacatamente la bocca, illuminandolo.
Senza esitare faccio
intanto scivolare
più agevolmente le dita tra le sue, gelide e infreddolite,
stringendole in una
stretta salda mentre acconsento con un cenno del capo.
Ci muoviamo l'attimo
seguente, compiendo
un passo in avanti mentre Andrew mi fa silenziosamente strada.
Nessuno dei due dice
nuovamente nulla, il
sapore delle sue labbra ancora ben nitido e presente sulla mia,
lievemente
dischiusa, mentre ognuno rimane chiuso nell'intimità dei
propri pensieri.
Cercando di
ritrovare un minimo di lucida
razionalità scrollo poi le spalle, i miei capelli gonfi che
sfregano contro il
tessuto del cappotto producendo un lieve frusciare.
Con gli occhi quasi
sbarrati mi guardo in
seguito nuovamente intorno, il pressante bisogno di trovare altri
indizi o
informazioni su questo posto così importante e basilare per
lui.
Solo in seguito,
superando con una
occhiata veloce le innumerevoli finestre dei piani superiori, noto una
luce
neon posta sopra l'entrata, una griglia di metallo arrugginito che la
imprigiona.
Spezza appena la
penombra che ci
circonda, avendo la probabile funzione di schiarire
limpidamente lo spazio vicino l'uscio.
Raggiungiamo il
casermone subito dopo, la
sua imponente presenza che grava
pesantemente su di noi, inspirando una tremolante boccata
d'aria mentre
cerco istintivamente di rilassarmi impercettibilmente. Cosa che,
però, non
riesco a fare.
Il pressante senso
di ansia e nervosismo,
sebbene ora più positivo, persiste nel provocarmi un senso
di irrequietezza e
portandomi ad irrigidire appena la postura.
Fremente di sapere
come pensa o come sta reagendo
a tutto questo lo scruto attentamente da sotto le ciglia, trovandolo
inaspettatamente calmo e posato mentre affonda la mano libera nella
tasca del
suo giaccone.
E ancora una volta
io mi ritrovo a
sprofondare tra le mie elucubrazioni, rendendomi conto del passo
importantissimo che sta compiendo nei miei confronti,
rendendo partecipe della sua vita, delle sue
speranze e delle sue aspettative.
Scossa, deglutisco a
fatica, un commosso
magone che non riesco a sopprimere o scacciare e che persiste nel
tormentarmi.
Tuttavia,
è Andrew stesso a distogliermi
dai miei pensieri l'attimo seguente, muovendosi lievemente sul posto in
modo
confuso.
Interdetta aggrotto
la fronte mentre
inclino appena il viso per poterlo guardare più facilmente,
scorgendolo
ricercare qualcosa di indefinito.
Un tintinnare
metallico anticipa di
qualche breve secondo il semplice movimento con cui le sue dita tirano
poi
fuori le chiavi, scintillanti sotto la luce giallastra e ad
intermittenza.
Con una rapida
occhiata lo scruto
rigirarsele in mano mentre con lo sguardo azzurro cerca quella giusta,
una dal
bordo rosso che individua l'istante dopo.
Solo ora, fissandola
attentamente, mi
rendo conto di averla notata più e più volte tra
le altre senza, però, mai
intuirne il suo reale valore.
Ammutolita mi
stringo tra le braccia
mentre lui la infila celermente nella toppa, aprendo la serratura con
un
movimento secco e rotatorio del polso, producendo un sinistro e cupo
cigolio
che spezza la tranquillità che ci circonda.
Prendendo un'altra
boccata d'aria lo
scruto appoggiare il palmo sulla superficie rigida e ruvida,
esercitandovi una
lieve pressione e schiudendola quasi totalmente.
Freneticamente
esagitata mi mordo il
labbro inferiore, torturandolo con gli incisivi, mentre Andrew compie
una
falcata in avanti, entrando, senza mai sciogliere la presa su di me, e
trascinandomi con se.
Con una intensa
palpitazione a pulsare
vigorosamente sangue nelle mie vene ed arrossarmi le guance lo seguo
docilmente, un sottile odore di umido e di posto chiuso che mi
solletica le
narici istantaneamente.
Una torbida
oscurità permea l'ambiente,
non permettendomi di distinguere nulla.
Il poco chiarore,
infatti, che proviene
dall'esterno e dalle varie finestre non basta ad intaccarla e a
permettermi di
guardarmi intorno come vorrei, non scorgendo nulla.
Con il respiro
lievemente accelerato
tento irrazionalmente di captare qualche indizio, l'eco del ticchettio
dei miei
stivali sul pavimento che rimbomba in modo quasi tetro, facendomi
intuire la
totale assenza di mobili nella stanza.
Deve essere
completamente vuota, mi dico
nell'intimità dei miei pensieri.
Ipotesi che viene
confermata l'attimo
dopo quando Andrew accende la luce con un gesto veloce delle dita che
mi
sfugge, una famigliarità insita nei suoi movimenti che mi
porta a considerare
come si sappia muovere agevolmente in questo posto.
Ci sarà
sicuramente stato altre volte,
rifletto ricordandomi distrattamente della sua perfetta mania di avere
tutto in
ordine e sotto controllo.
Tuttavia,
è ben altro
subito dopo a riscuotermi dal mio
rimuginare.
A causa
dell'improvviso fulgore, infatti,
sono costretta a socchiudere gli occhi, le pupille ferite dalla sua
troppa
intensità.
Una fitta di curioso
interesse, però,
vince questo fastidio subito dopo, trafiggendomi e spingendomi a
guardarmi
smaniosamente attorno.
Una ampia camera dal
perimetro
rettangolare si apre istantaneamente davanti a me, l'alto soffitto che
la fa
apparire quasi gigantesca, immensa nella sua vastità.
Impaziente ed
eccitata, vi faccio
scivolare celermente lo sguardo, adocchiando i muri bianchi appena
ingrigiti,
quasi a riprova del tempo trascorso dall'ultima volta che l'hanno
utilizzata.
Su quelli laterali
sono presenti due
squadrate aperture che portando ad altrettante stanze mentre, sulla
parete
orizzontale e più lunga è presente unicamente
una grande e alta finestra che la intacca, la pallida
sagoma della luna
appena percepibile.
Deglutendo faccio
poi scivolare
l'attenzione sul vecchio lampadario che intacca l'intonaco, funzionante
per
metà. Alcune lampadine, infatti, sono spente mentre altre si
accendono e
spengono ad intermittenza, palesando il loro malfunzionamento. Nessuno
deve
usarle da molto tempo, considero mentre simultaneamente Andrew segue la
direzione del mio interesse, spiegandomi.
- Il tecnico mi ha
detto che l'impianto
elettrico è sicuro, ma ci sono delle piccole cose da
modificare – soffia
mestamente, un alone di soddisfatto divertimento che permea la sua
voce,
rendendolo più rilassato e calmo rispetto a poco fa.
Annuendo mi volto
verso di lui, riabbassando
gli occhi e comprendendo la sua allusione mentre ridacchio lievemente a
causa
della sua battuta.
Gli riservo subito
dopo una lunga ed
intensa occhiata, ringraziandolo silenziosamente di avermi mostrato
tutto
questo, un forte piacere che si acutizza dentro di me attimo dopo
attimo.
Intuendolo, lui si
limita simultaneamente
a ricambiarla, piegando appena il viso, mentre una sensazione di
sfarfallio
allo stomaco mi coglie, facendomi sentire come preda delle vertigini e
rendendo
più distinta la
voglia di baciarlo.
Ancora.
Non ho
però il tempo materiale di
lasciarlo prevalere e farlo visto che mi continua ad informare,
concretizzando
il suo progetto con parole tangibili.
- Comunque, qui
vorrei mettere
l'accettazione – afferma sicuro, una punta di
materialità che rende più basso
il suo tono mentre io mi ritrovo ad adocchiarlo ammaliata.
Attenta, infatti,
seguo momentaneamente
il suo profilo delicato e pallido, ritrovandomi nuovamente a
considerare tutto
l'amore che sta investendo in questa cosa, ben percepibile nel suo modo
di
fare.
Alza poi
improvvisamente una mano,
indicandomi, con occhi scintillanti, il muro davanti a noi,
richiamandomi alla
realtà.
- Esattamente
lì voglio mettere una ampia
vetrata – mormora mentre io, contemporaneamente, torno a
fissare la parete su
cui spicca la finestra – Voglio che ci sia molta luce, non
che sia un ambiente
cupo e triste – continua, riferendosi alla sensazione di
speranza che solo la
luce del sole sa infondere e dare mentre io sbatto le palpebre, le sue
frasi appena
mormorate che si concretizzano lentamente davanti a me.
Quasi come se le
cose prendessero vita
improvvisamente iniziano ad assumere un contorno ed una forma nitida,
emergendo
dalla mia immaginazione.
Per un attimo,
infatti, si proietta
davanti a me la sagoma di un bancone dell'accettazione in legno chiaro
con
alcuni fogli sul ripiano, magari un computer in un angolo e una
infermiera che
digita indaffarata sulla tastiera alcuni dati.
Un soffuso vociare,
quasi come se fossero
veramente presenti alcune persone, fa da sfondo al viaggiare lontano
della mia
testa mentre ipotizzo qualche rigogliosa e verde pianta a rendere il
tutto meno
asettico e freddo.
In qualche contorto
modo questa visione
fantasiosa mi causa un senso di commozione ineguagliabile, una fitta di
sentimenti ed emozioni che mi disarmano.
- Voglio buttare,
invece, giù quel muro e
collegare così le due stanza – afferma ancora
Andrew, riprendendo a parlare
mentre io mi ritrovo totalmente assorbita dal momento, da
ciò che mi circonda e
che risulta razionalmente invisibile.
In qualche modo,
infatti, mi ritrovo a
guardare la realtà momentaneamente con i suoi occhi, le sue
idee che diventano
le mie mentre interessata adocchio il muro alla nostra sinistra, una
piccola
architrave che collega le due camere.
Con un lieve e
delicato strattone Andrew
mi ci trascina l'attimo seguente, costringendomi ad attraversarla
mentre i
tonfi sordi e pesanti dei nostri passi rimbombano, facendo da
sottofondo al
nostro incedere.
La prima cosa che
noto, non appena vi
metto piede, è una imponente e larga scala, il corrimano in
legno scuro,
tarlato ed impolverato, e i gradini spaziosi, il marmo un tempo bianco
e lindo
ora sporco e scurito.
Deve probabilmente
condurre al piano
superiore, rifletto curiosa arricciando il naso
- E voglio anche far
installare un
ascensore – aggiunge, snocciolando una cosa dietro l'altra
mentre mi rendo
conto di quanto sia importante, se non addirittura basilare, per trasportare le persone
senza doverle muovere
troppo oppure spostarle in barella.
Nuovamente ne ipotizzo i tratti e
fantastico sui colori,
come apparirà l'ambiente una volta che i lavori saranno
completati e ultimati o
che atmosfera infonderà.
Una intensa scarica
di adrenalina e gioia
mi scuote , portandomi a voltarmi istintivamente verso di lui, pimpante
e
deliziata.
- Mi piace
– ammetto semplicemente,
sorridendo appena mentre l'idea di poco fa si arricchisce nuovamente,
diventando più dettagliata.
Andrew non ribatte
nulla, limitandosi ad
aprirsi in un ghigno pacato e così spontaneo da farmi
mancare un battito,
trasformando l'incedere del mio cuore in una sfrenata tachicardia che
non so
frenare o arrestare.
Interiormente
scombussolata deglutisco,
rimanendo affascinata e imbambolata a fissarlo, un misto di esaltazione
e
dolce, partecipata passione che mi porta a soffiare l'aria tra i denti
mentre
il bisogno di averlo, di allontanare questi terribili attimi in cui non
posso
sfiorarlo si fa più chiaro.
È come,
infatti, se sentissi la necessità
di manifestargli con i gesti ciò che mi ha suscitato,
ciò che si agita così
profondamente.
Ed io non la
sopprimo, rendendomi conto
che neanche volendo probabilmente ci riuscirei.
Senza dire nulla e
persistendo nel
trafiggerlo col mio sguardo scuro, compio un istintivo passo in avanti,
avvinandomi pericolosamente a lui mentre sciolgo contemporaneamente la
presa
sulla sua mano.
Le mie dita,
infatti, abbandonano le sue
nel momento stesso in cui i nostri corpi si sfiorano flebilmente mentre
Andrew
mi fissa sorpreso e stordito.
Fremente e ansiosa
di lui appoggio i
polpastrelli sulle sue spalle ampie, la morbida consistenza del
giaccone che
indossa che li solletica appena mentre deglutisco, sentendomi
nuovamente
disarmata e priva di alcuna difesa, vulnerabile. Come sempre, in fondo,
quando
si tratta di lui.
È come,
difatti, se in qualche contorto
modo il suo abbassare totalmente le sue barriere avesse provocato un
sgretolarsi delle mie, che si sono
sciolte semplicemente come neve al sole.
Mentre tutti questi
pensieri mi affollano
distrattamente la mente e il mio respiro diventa accelerato, passo le
braccia
intorno al suo collo, spingendomi subito dopo in punta di piedi per
farlo più
agevolmente.
I nostri visi, ora
quasi alla stessa
altezza, risultano terribilmente vicini, il suo ansare placido che mi
sfiora
delicatamente la guancia, accarezzandolo silenziosamente mentre,
irrazionalmente, i suoi occhi si posano sulla mia bocca dischiusa,
agognante di un suo
bacio.
Ne percorrono
lentamente la linea
carnosa, facendomi mancare un battito mentre una insistente ondata di
calore mi
avvolge, dolce e carica di amorevolezza.
Risulta
incredibilmente casto come
sentimento, nonostante una punta di frizzante voluttuosità
la renda appena più
bruciante, totalizzante.
Il mio rimuginare,
tuttavia, viene
soppresso sul nascere l'istante seguente, quando lui annulla con un
movimento
repentino i pochi centimetri che ci dividono.
Appoggia, infatti,
la bocca sulla mia,
stringendomi istantaneamente in un abbraccio serrato e avviluppante
mentre io
mi ritrovo a muovere la mia spontaneamente contro la sua, assaporandola
lentamente.
Il fiato spezzato e
il viso
improvvisamente in fiamme mi inarco maggiormente contro di lui, finendo
quasi
per produrre un leggero e piacevole strusciamento che mi annebbia
totalmente la
razionalità, accantonandola.
Investo tutto in
questo bacio, ogni
emozione, ogni pensiero ed ogni domanda inespressa.
Semplicemente, mi
gioco tutto.
Con gli occhi
serrati poso il palmo
contro la sua nuca, avvicinando di più i nostri volti mentre
i suoi capelli
fini e biondi sfregano con la mia pelle delicata.
Il suo sapore invade
il mio palato
l'attimo seguente, quando anche le nostre lingue entrano in contatto,
accarezzandogli smaniose.
Siamo, tuttavia,
costretti ad
allontanarci l'attimo seguente, purtroppo troppo presto.
I miei polmoni,
infatti, reclamano
furiosamente ossigeno, bruciando come non mai mentre persisto nel
rimanere con
le palpebre abbassate, prendendone una lunga boccata.
Deglutendo affannata
mi stringo di più a
lui mentre non dico nulla, limitandomi unicamente ad appoggiare la
guancia
contro la sua, il suo profumo inebriante che mi stuzzica l'olfatto.
Le sue dita, posate
sui miei fianchi,
scivolano ora sulla mia schiena, finendo di conseguenza per premermi in
modo
più sfacciato contro di se.
Questo gesto, in
qualche modo, mi porta a
sogghignare compiaciuta, il pensiero che anche lui abbia bisogno di
avermi
addosso e di condividere tutto quello che sta provando che mi
attraversa
celermente la mente.
Un moto di dolcezza
e tranquillità mi
coglie l'attimo seguente, spingendomi a sospirare deliziata mentre lui
persiste
a coccolarmi, il nervosismo, positivo o meno, che ha caratterizzato
questa
giornata che per un attimo viene semplicemente accantonato.
Nessuno dei due dice
assolutamente nulla
mentre rimaniamo quasi totalmente immobili al centro di questa stanza.
Inevitabilmente,
però, non posso fare a
meno di pensare a quello che mi ha raccontato, di impedire al mio
cervello di
concentrarsi sul fatto che abbia creato una fondazione per mettersi a
disposizione degli altri.
In qualche modo,
infatti, il pensiero che
senta il bisogno di riscattarsi per una colpa non sua, ma di cui si fa
carico,
mi perfora sibillina con una fitta dolente e tagliente.
Sospiro.
Quasi intuendo a
cosa sto pensando e dove
vertono i miei pensieri Andrew riprende a parlare, ritrovando il filo
logico
che ha caratterizzato il discorso di poco fa.
Ricomincia, infatti,
a spiegarmi i perchè
di questa scelta, partendo proprio dal posto in cui ha deciso di
situare la sua
associazione.
- Non ho deciso a
caso di creare proprio
qui la sede della fondazione – inizia a raccontarmi, andando
a risolvere un
quesito che avevo taciuto e tenuto per me
mentre io annuisco appena, muovendo il capo – Ma ho scelto
questa zona anche è
vicino all'aeroporto e stanno per costruire una fermata della
metropolitana a
qualche isolato di distanza – mormora, il suo tono pacato e
vibrante che mi
solletica l'orecchio, mentre persiste nel percorrere il mio corpo con
la punta
dei polpastrelli – Voglio che sia raggiungibile da tutti,
anche da chi viene da
fuori città – continua mestamente e, anche se non
posso vederlo in viso, non
fatico ad immaginare il suo sguardo lucido di emozione e sentimento.
Ogni volta che parla
del suo progetto,
infatti, che mi spiega qualche dettaglio una scintilla luminosa lo
anima, una
fiammella che
sembra ardere più
intensamente dentro di lui.
È come se
lo ravvivasse, constato
persistendo nell'abbracciarlo.
In un gesto naturale
e spontaneo appoggio
le labbra sul suo collo, indugiandovi e depositandovi infine un casto
bacio.
Un insieme di parole
e frasi si annodano
nuovamente dentro di me, diventando incomprensibili e confuse e finendo
per
andare ad alimentare il magone che non smette di tormentarmi.
Fortunatamente,
è di nuovo Andrew a
spezzare il silenzio.
- Voglio farlo
diventare uno dei miglior
centri all'avanguardia di tutto lo Stato – afferma
ambiziosamente, risultando
incredibilmente determinato e risoluto.
Per un attimo, mi
ritrovo
incomprensibilmente a riflettere che, probabilmente, è stato
questo a farlo
davvero andare avanti, la sua voglia di rimettersi in gioco e di
iniziare una
nuova partita con il destino.
Inspiro una profonda
boccata d'aria
mentre il suo tono risulta incredibilmente pacato e accorato,
attraversato da
una punta di commossa determinazione volta a realizzare quello che per
lui è un
sogno.
Ed io spero
realmente che ci riesca, che
realizzi ciò a cui tiene così tanto.
- Ci riuscirai
– mormoro appena, la voce
ridotta ad un debole sussurro carico, però, di una nitida e
lampante
convinzione.
È
così, infatti, ne sono assolutamente
certa nonostante il mio timbro si spezzi, incrinandosi a causa di una
sorda
ondata di emozione che non riesco a sopprimere.
Ma a togliermi
totalmente il fiato è
quello che mi dice dopo, lasciandomi basita e scioccata.
- Lo spero – sussurra, stringendomi più forte e saldamente a se, quasi avesse paura di vedermi svanire da un momento all'altro – Ho scommesso tutto su questa cosa, non intendo perderla come partita – afferma , portandomi a sbarrare gli occhi mentre il cuore mi schizza in gola.
Sbatte
così furiosamente nella mia cassa
toracica da provocarmi un ronzio alle orecchie,
portandomi subito a forzare il nostro abbraccio per
poterlo guardare in
faccia.
Sconvolta dalla
forza e al tempo stessa
fragilità delle sue parole lo fisso con la fronte lievemente
corrucciata, i
miei occhi dilatati che incontrano i suoi.
Stupendomi
ulteriormente lui non si
sottrae a questo contatto, facendo fondere i nostri sguardi e
permettendomi di
conseguenza di leggere ogni sfumatura delle sue riflessioni.
Non me le nasconde,
consentendomi di
intravedere il dolore, mai davvero superato, per la perdita del
fratello che lo
sprona a continuare, a dare il meglio di sé
affinchè questa associazione
funzioni, si realizzi.
E l'unica cosa che
riesco a fare è
unicamente stringere maggiormente le dita su di lui, i polpastrelli che
affondano nella sua carne mentre la sua occhiata lucida e scossa mi
marchia
quasi a fuoco.
Il sentimento
travolgente e
destabilizzante che provo per lui mi investe come un fiume in piena,
ora
totalmente libero di esprimersi e di sfogarsi mentre si riversa nelle
mie vene
a fiotti, invadendomi totalmente.
Ed è
proprio l'attimo dopo, quando lo
vedo deglutire a fatica a causa di un nodo di sensazioni che gli
impediscono di
respirare normalmente, che mi rendo conto che lui ha davvero scommesso
tutto su
questo.
Ed io voglio fare lo
stesso.
*****
Leggermente
intorpidita sfrego la guancia contro la federa a quadri blu e azzurri,
il
cotone morbido che mi solletica tiepidamente la pelle delicata e
pallida con
questa lieve frizione mentre un sottile senso di stanchezza mi pervade,
appesantendomi dolcemente le membra.
Castamente
illanguidita sospiro, prendendo subito dopo un lungo respiro mentre un
flebile
penombra pervade la stanza, circondandomi di conseguenza con la sua
quiete e il
suo silenzio . Risulta incredibilmente pacata, tranquillizzante. E,
decisamente, dopo tutto il trambusto di oggi è una cosa di
cui ho bisogno.
Per un breve
istante la mia testa mi porta a chiedermi dove diavolo sia finito
Andrew dal
momento che è ormai scomparso da parecchi minuti oltre la
porta di camera sua.
Non badandoci, però, più di tanto mi muovo
agitata sul posto, dicendomi
semplicemente che la chiamata stia durando unicamente più
del previsto.
Gonfio subito dopo il petto, percependo nitidamente una ondata del suo profumo investirmi in pieno, non lasciandomi di fatto scampo.
Il suo odore mi
inebria nitidamente, infondendomi un ineguagliabile e godurioso senso
di
pacatezza, facendomi rilassare maggiormente. In qualche irrazionale
modo mi
distende, allontanando quell'impalpabile nervosismo che ancora mi
attanaglia e
mi stringe nella sua morsa velenosa, intossicante.
Corrucciando
appena le labbra socchiudo maggiormente gli occhi, godendone appena
mentre
fortunatamente la mia mente si svuota celermente. Il mio consueto
rimuginare,
infatti, lo stesso che non mi ha dato pace per tutto il giorno,
è
istantaneamente scomparso, volatizzatosi nel nulla.
Piacevolmente
stranita da questa realtà quanto mai inconsueta arriccio il
naso, mentre il mio
sorriso pallido e debole si perde nell'oscurità.
Più calma
muovo
impercettibilmente le gambe, le cosce nude, finendo per farle sfregare
contro
le lenzuola, mentre il bordo della maglia di Andrew mi solletica appena
il
sedere, fasciato unicamente da un paio di culotte bianche e decisamente
poco
sensuali.
Stringendomi
leggermente tra le spalle sprofondo subito dopo maggiormente nel suo
letto, il
piumone caldo che continua ad avvolgermi con il suo tiepido torpore.
È ormai
sera inoltrata,
infatti, ed io ho deciso di rimanere a dormire da Andrew, la voglia
pressante
di non rimanere da sola a rigirarmi sul materasso della mia camera
senza
riuscire a prendere sonno.
Sono, difatti,
ben consapevole di tutte le silenziose riflessioni che prima o dopo
emergeranno, tornando prepotentemente a galla.
Lievemente
frustrata dallo scandalo che ci ha risucchiato nel suo vortice infilo
entrambe
le mani sotto il cuscino, il mio seno nudo e non più
imprigionato dal reggiseno
che si schiaccia docilmente.
È,
tuttavia, ben
altro subito dopo a richiamare la mia attenzione, facendomi riemergere
dal
dormiveglia mentale in cui ero sprofondata senza quasi accorgermene.
- Dormi? - mi
domanda incuriosito improvvisamente Andrew, la voce bassa e ridotta
praticamente
ad un sussurro, quasi avesse il reale timore di svegliarmi o
spaventarmi.
Colta di sorpresa
sobbalzo, il cuore che aumenta lievemente i
battiti a causa dello stupore e del seccante senso di
paura.
Un sogghigno
dolce mi stende nuovamente le labbra l'attimo seguente, nel momento
stesso in
cui capto la fitta di tenera amorevolezza e premure insita nel suo
tono, così
limpida da risultare lampante.
Scuotendo il capo
in segno di diniego mi appresto l'istante dopo a rispondere, non
lasciandolo in
attesa.
- No –
soffio
semplicemente, ipotizzando contemporaneamente la sua probabile presenza
sull'uscio della porta, i suoi occhi posati sulla mia figura avvolta
tra le
coperte nonostante io gli dia le spalle.
Non disattendendo
le mie ipotesi il rumore fievole dei suoi passi strascicati sul parquet
solletica subito dopo il mio udito, giungendo alle mie orecchie e
facendomi
intuire il fatto che si stia avvicinando.
Impaziente di
averlo addosso o anche solo vicino giro il viso verso sinistra, nella
direzione
del posto in cui dorme abitualmente quando ci sono io.
Cosa che,
ultimamente, è diventata una dolce abitudine. Abbiamo
dormito spesso insieme,
infatti, il piacere di riposare tra le tue braccia che è
diventato giorno dopo
giorno un pressante bisogno.
La mia mente viene
così invasa da tutti quei momenti, compreso quello di poco
fa, prima che
l'insistente squillare della sua suoneria lo portasse ad alzarsi e a
rispondere, purtroppo, lasciandomi da sola a letto.
Ricordandomi
improvvisamente della sua chiamata, però, aggrotto
lievemente la fronte,
soffiando le parole subito dopo in modo ironico e sarcastico.
- Cosa ti hanno
offerto sta volta?- bofonchio al suo indirizzo, i suoi piedi scalzi che
producono solo dei lievi tonfi, così leggeri da risultare
impercettibili mentre
alludo chiaramente a tutte le chiamate che ha ricevuto dai giornalisti.
Innumerevoli,
sbuffo sommessamente rendendomi conto di aver ormai perso praticamente
il
conto.
Non appena
abbiamo lasciato il casermone e riacceso i cellulari siamo stati
praticamente
sommersi dalle telefonate delle più svariate redazioni dei
giornali di gossip
di New York, pronti a fare promesse e giocarsi tutto pur di avere una
nostra
dichiarazione o anche solo una intervista.
Spazientita lo
avevo nuovamente spento subito dopo, limitandomi a mandare un semplice
messaggio a Sam, avvisandola che sarei rimasta a dormire da Andrew. Non
avevo
contattato nessun altro, lasciando a mio padre l'incombente impegno di
sorbirsi
le lamentele sicuramente isteriche di mia madre.
Peccato che non
appena abbiamo raggiunto casa sua abbiamo trovato altri fotografi
appostati,
che si sono subito apprestati a scattare foto e fare domande mentre noi
ci
infilavamo velocemente nel portone.
Una penetrante
fitta di fastidio, a questa riflessione, mi attanaglia, trapassandomi
irritatamente il petto.
È,
tuttavia, la
sua risatina divertita, subito dopo, a farla scemare irrazionalmente
via,
solleticandomi deliziosamente mentre aggira il letto.
- Nulla - mi
risponde finalmente dopo una manciata di secondi, quella nota di
ilarità che
rimane intatta nel suo timbro caldo e basso - Era Jim, il portiere, che
mi ha solo avvisato
che i paparazzi se ne sono
finalmente andati – afferma ancora, mellifluo e pacato, quasi
sollevato.
Nel momento
stesso in cui mormora queste parole si lascia cadere seduto sul bordo
del
letto, il materasso che si abbassa sotto il suo peso mentre posso
finalmente
intravedere il suo profilo nella penombra.
Con il capo
appena inclinato verso di me risulta girato di tre quarti, la pelle
pallida
della sua schiena nuda che risalta mentre io mi ritrovo a chiedermi
distrattamente se non abbia freddo.
Tuttavia, troppo
alleggerita da ciò che mi ha detto non ci bado poi troppo,
non soffermandovici.
Mi limito
semplicemente ad annuire mentre un ineguagliabile senso di sollievo mi
travolge
in pieno, allentando la morsa nervosa e spasmodica che ha stretto fino
ad ora
il mio stomaco, non permettendomi di rilassarmi totalmente.
Finalmente,
rifletto nell'intimità dei miei pensieri mentre anche lui
non dice nulla.
Allunga subito
dopo una mano verso di me, cogliendomi nuovamente in contropiede
mentre, con un
gesto naturale e spontaneo delle dita, la appoggia sulla mia schiena,
accarezzandola flebilmente.
Con un movimento
appena circolare mi
accarezza le
scapole, arrivando fino a lambirmi le spalle, solleticandole con la
punta dei
polpastrelli.
La mia pelle si
vela subito di brividi, il calore del suo tocco che supera la sottile
consistenza del cotone della maglia, raggiungendomi e causandomi un
lungo
sospiro.
Quasi sul punto
di fare le fusa, difatti, chiudo totalmente gli occhi, ritrovandomi a
goderne
appieno mentre lui persiste a coccolarmi teneramente.
Lo stesso
identico senso di dolcezza che mi ha colto nel momento stesso in cui mi
ha
mostrato il posto in cui la sua fondazione avrà luogo.
Uguale e diversa
al tempo stesso mi scuote sibillina e sincera, subito intensificata dai
ricordi
di quei momenti che si proiettano davanti a me, tornando ad essere
concreti e
vividi.
Il respiro mi si
spezza, nuovamente, in gola, quasi come se li stessi rivivendo. Un
identico
senso di commozione mi travolge nuovamente non appena la mia
razionalità mi
sottolinea ancora l'importanza del suo gesto, di come si sia giocato
davvero
tutto con me.
E questa
consapevolezza non fa altro che accrescere il sentimento che provo per
lui,
diventando devastante.
Si dipana a
fiotti dentro di me, come se non smettesse mai di pulsare e man in mano
che i
secondi si trasformano in minuti si rafforzasse, diventando forte e
vigoroso.
Sicuro.
- A che pensi? -
mi chiede nuovamente all'improvviso, cogliendomi impreparata e di
sorpresa.
Persistendo a
rimanere seduto e con le spalle lievemente curvate al in giù
mi porta ad aprire
di scatto gli occhi, quel grumo di emozioni e pensieri che
però non riesco ad
allontanare del tutto e che rimangono sul fondo della mia mente,
facendovi da
sottofondo.
-
A quello che mi hai mostrato oggi – ammetto
sincera, accarezzando con una lunga occhiata i suoi lineamenti mentre
non
riesco a nascondere il tremolio emozionato che mi incrina la voce,
celandolo
malamente dietro una maschera di onestà. - Alla tua
fondazione – mi spiego
meglio, stringendomi quasi timidamente tra le braccia mentre il mio
cuore
sbatte scalmanato e forte nel mio petto, pompando freneticamente sangue
nelle mie
vene.
Anche se non posso
distintamente
intravedere la sua espressione ho la netta percezione che stia
aggrottando la
fronte, probabilmente confuso e interdetto dal mio improvviso cambio di
discorso.
Il
leggero silenzio in cui si chiude subito dopo mi causa una
ondata di
bollente rossore, facendomi tendere impercettibilmente mentre non
comprendo se
questo lo abbia semplicemente stupito o se lo infastidisca.
Una punta di ansia
mi perfora tagliente e
sinuosa l'istante seguente, portandomi ad affondare i denti nel mio
labbro
inferiore e lasciandomi avvolta unicamente da un senso di confusione
che non
riesco a scacciare o diradare.
In qualche modo,
infatti, la paura che
possa aver frainteso il mio mormorio con l'invadenza mi suscita un
reverenziale
timore, pressante ed intenso.
Fortunatamente
è Andrew stesso a spezzare
il mio tormentarmi subito dopo, riprendendo a parlare.
- A si? - mi chiede
l'attimo seguente,
una nota di percepibile e positivo sgomento che impregna il suo timbro,
facendomi tirare finalmente un sospiro di sollievo nel constatare che
non è
irritato dalla mia affermazione.
- Si –
ribatto velocemente io mentre le
sue dita non esitano, persistendo nell'accarezzarmi le delicatamente,
in modo
dolce mentre un improvviso quesito
mi
attraversa la mente, portandomi a continuare a chiedergli –
Quando comincerai i
lavori? - gli domando subito dopo, rendendomi conto di non saperlo.
Non me lo ha,
infatti, detto o anche solo
accennato, limitandosi unicamente a parlarmi di come vorrebbe
trasformarlo o
arredarlo, la funzione di ogni singola stanza senza svelarmi la data
importante
in cui tutto avrà inizio.
Aggrottando
lievemente la fronte attendo
pazientemente la sua risposta, deglutendo mentre la speranza di non
superare il
limite tra intimità e irruenza rimane ben salda dentro di me.
- Credo a breve
– mi risponde l'attimo
seguente, non esitando minimamente mentre qualcosa nel suo tono mi
porta a
pensare che stia sorridendo soddisfatto e compiaciuto – Ci
sono un po' di cose
da ristrutturare, userò i fondi che ho raccolto e i quelli
che ho messo da
parte – mormora mestamente determinato, la punta delle sue
dita che si perde
tra i capelli scompigliati che mi ricoprono la spalla destra,
sfiorandoli
sommariamente.
Ricordandomi cosa mi
ha detto solo
qualche ora fa annuisco nuovamente, rendendomi conto dello sforzo non
solo di
energie fisiche e mentali che sta mettendo in campo.
Sta anche investendo
molto a livello
economico, privandosi magari di qualche comodità superflua
per poter aiutare
gli altri. Cosa davvero onorevole e di grande merito.
Nuovamente,
però, Andrew riprende a
parlare.
- Certo, a meno che
non passi la riforma
– soffia, riservandomi una occhiata intenerita e che mi
accarezza delicatamente
i lineamenti del viso.
Confusa, non
comprendo all'istante a cosa
si stia riferendo, rimanendo ammutolita e stordita.
A cosa allude? Mi
domando scombussolata,
non capendolo.
La risposta arriva
subito dopo, non
appena anche lui intuisce il mio essere interdetta, spiegandosi meglio
e più
limpidamente.
- Se la riforma
sanitaria passa al
Congresso avrò dei finanziamenti dallo Stato –
afferma deciso e pacato al tempo
stesso, continuando a coccolarmi mentre gesticola appena con la mano
libera –
Inutile nascondere che mi aiuterebbe molto – mi dice sincero
ed onesto, umile,
guadagnandosi all'istante la mia totale ammirazione.
Non si vergogna,
infatti, di dirmi senza
alcuna remora che ha bisogno di aiuto, che
liquidità in più potrebbero che
fargli comodo. Si mette semplicemente
nuovamente a nudo, non celandomi nulla.
Una immediata voglia
di aiutarlo in prima
persona, di portargli giovamento e di poter semplificare il suo lavoro
nel modo
più diretto possibile mi perfora istantaneamente, una
stilettata invisibile che
mi trafigge il cuore senza alcuna pietà.
Piacevole ed intensa
come non mai risulta
quasi una necessità, un bisogno intrinseco e ancestrale di
farlo stare bene, di
essere premurosamente complice in questa cosa.
- Mio
padre me ne ha parlato molte volte – mormoro al
suo indirizzo mentre
simultaneamente riemergono dalla mia memoria tutti i ricordi di quei
momenti,
le sue parole a riguardo e il modo appassionato con cui me ne ha
parlato – E'
un argomento che sta molto a cuore anche a lui – continua con
un sussurro
mentre una idea si fa lentamente strada tra tutti questi pensieri,
sorprendendomi.
Frizzante ed
elettrizzante, mi tende
piacevolmente mentre mi rendo unicamente ora conto di quanto mio
papà potrebbe
essergli utile, consigliandolo su alcune scelte o tenendolo anche
solamente
informato sugli sviluppi.
Il respiro mi si
spezza in gola davanti a
questa possibilità, lasciandomi basita e compiaciuta al
tempo stesso.
Potrei davvero
esserlo davvero, realizzo
mentre una fitta di sorda euforia mi attanaglia, stringendomi lo
stomaco in una
morsa positivamente nervosa.
Agitata e fremente
non riesco quasi a
trattenermi dal dirglielo, muovendomi leggermente sul materasso mentre
ricerco
testardamente il suo sguardo, desiderosa di incontrarlo e di
specchiarmici.
- Potreste parlarne
– gli propongo quasi
timidamente, le
guance che avvampano
arrossandosi del tutto mentre il mio cuore continua a sbattere
scalmanato nella
mia cassa toracica.
Sconvolto quanto me
dalla mia proposta
arresta improvvisamente le sue carezze, bloccando i polpastrelli
proprio in
mezzo alle mie scapole.
Irrigidendosi appena
non ribatte nulla,
chiudendosi in un criptico mutismo che mi allarma terribilmente. Ancora.
Ansiosa ed inquieta
davanti alla sua
reazione mi tendo specularmente, quasi di riflesso, ritrovandomi a
trattenere
il respiro, che finisce per graffiarmi dolorosamente la gola.
Per una manciata di
lunghissimi secondi
persiste nel non dirmi niente e il dubbio che , in qualche modo, possa
sentirsi
insultato o violato da questa mia proposta mi sconvolge, soffocandomi
tra le
sue spire intossicanti e velenose.
Ed è
proprio questo spontaneo ed
istintivo nervosismo che mi porta a parlare ancora, quasi
affannosamente nel
tentativo di spiegarmi, di rimediare.
- E' molto sensibile
a questi temi –
affermo ancora, quasi per giustificare le mie parole mentre sbarro gli
occhi,
il terrore di far apparire il mio semplificargli il lavoro come una
mancanza di
rispetto – Te l'ho detto solo perchè sono sicura
che troverebbe molto...
interessante il tuo progetto – annaspo ancora, quasi
boccheggiante, finendo,
però, per rendere più profonda la fossa che mi
sto praticamente scavando da
sola.
Non ho, tuttavia, il
tempo di prendere
nuovamente respiro per continuare a sommergerlo di frasi e
giustificazioni dal
momento che lui fa scontrare improvvisamente le nostre bocche,
strappandomi un
gemito strozzato mentre il suo corpo piomba parzialmente sul mio.
Spingendosi in
avanti, infatti, avvicina
il mio viso al suo, rubandomi un bacio intenso e carico di dolcezza che
mi
lascia totalmente sconvolta mentre mi grava parzialmente addosso,
schiacciandomi
contro il materasso.
A causa della
stupefacente celerità con
cui mi ha preso in contropiede ricambio con un attimo di ritardo, la
scomodità
della posizione in cui siamo che non ci permette di approfondirlo come
vorremmo
ma che passa velocemente in secondo piano, diventando solo un semplice
sottofondo.
Senza esitare
inclino appena il capo,
muovendomi nel
tentativo di girarmi su
un fianco per poterlo toccare totalmente, il suo calore che si mischia
col mio
mentre delle sorde palpitazioni mi sconvolgono, ora più
piacevoli.
Istantaneamente le
sue braccia muscolose
si chiudono intorno ai miei fianchi, attirandomi contro di se con
impeto e
voracità, la sua lingua che incontra la mia.
Ed è
proprio nel momento stesso in cui
realizzo che questa sua reazione travolgente è dovuta al
piacere che le mie
parole gli hanno suscitato che un pensiero più diretto mi
coglie, pulsando così
forte da annientare ogni briciolo di razionalità.
Il mio cercare di
farlo star bene, la
voglia di aiutarlo o renderlo sereno non
è dovuta unicamente all'effetto che nutro nei
suoi confronti.
Semplicemente, è scatenato dal
fatto che è così importante
per me da aver superato la labile linea tra passione e qualcosa di
più forte,
profondo e violento nonostante io faccia fatica a definirlo.
Ed è
proprio questo sentimento che mi fa
capire una dolce verità: voglio giocarmi tutto
per lui.
Note:
Buonasera!
Puntuali come
sempre eccoci qui con l'aggiornamento:)
Questa
volta, però, vorrei
dire un po' meno e lasciare a voi la parola, realmente curiosa di
sapere cosa
avete tratto da questo capitolo, decisamente molto importante per la
storia.
Andrew,
infatti, compie un
altro importantissimo passo verso Emma, mostrandole forse il lato
più intimo e
profondo del suo essere.
Mi
fermo qui, però. Non
voglio dire inavvertitamente altro nel spiegare questo capitolo;)
Spero
che questo capitolo
vi sia piaciuto e che non vi siano errori.
In
ogni caso, mi appresterò
a rileggerlo nuovamente per verificarlo io stessa.
Spero
vivamente che mi
farete sapere cosa ne pensate, ci tengo moltissimo!!
Il
prossimo aggiornamento
avverrà Mercoledì
18 dicembre.
Un
bacio,
Live
in Love