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Autore: live in love    11/12/2013    2 recensioni
" Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da risultare arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
- In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica - ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un alone quasi sarcastico. ]

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Mia prima storia originale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Agitata, mi muovo per la piccola stanza avanti ed indietro, sentendomi irrequieta e ansiosa come non mai. Quasi chiusa in gabbia.

Il basso tacco dei miei stivali in pelle nera produce un lieve ticchettio sulle piastrelle bianche e lucide, rimbombando nella camera pressoché vuota, fatta eccezione per i mobili semplici che costituiscono l'arredamento scarno.

Nervosa passo le dita tra i miei capelli scuri e sciolti, portandomeli bruscamente indietro mentre sorpasso nuovamente il minuto divano beige a due posti disposto sulla parete più lunga e su cui è abbandonato malamente il mio cappotto.

Quasi incapace di attendere ancora lancio una palpitante occhiata di sottecchi alla porta bianca, scrutandola febbrilmente senza, però, vederla aprirsi. La mia speranza, infatti, si frantuma miseramente contro la realtà dei fatti.

Rimane, difatti, serrata, la maniglia in acciaio staticamente immobile senza che nessuno la pieghi o vi faccia pressione.

E il mio cuore non fa altro che pulsare inquietudine e irritazione, tendendomi fin quasi allo spasimo.

Gonfio subito dopo le guance pallide, esibendomi in un rumoroso e sonoro sbuffo che spezza il  silenzio della sala caffè dedicata ai dipendenti.

Sono, in realtà, venuta in ospedale per parlare con Andrew, informarlo in qualche modo di cosa sta succedendo e dello scandalo, che si sta praticamente ingigantendo ora dopo ora, visto che non ha risposto al cellulare nonostante le mie numerose chiamate.

Anche se dubito non lo sappia dal momento che davanti all'entrata principale del Presbyterian Medical Center ho trovato un paio di fotografi e giornalisti appostati in attesa di scattare qualche foto o anche solo di accaparrarsi qualche news.

Un fiotto di sorda rabbia si va ad aggiungere a quella che già provo, che mi pervade bollente e intensa come non mai, nel ricordare come abbiano dipinto Andrew in quell'articolo, decisamente scandaloso e denigratorio.

Inspiro lentamente una lunga boccata d'aria, facendola scivolare nei polmoni mentre cerco contemporaneamente di calmarmi, di tranquillizzarmi almeno un millesimo visto quanto sono tesa e rigida. 

Decisamente troppo.

Non è solo per via della collera e dell'agitazione che mi causa essere seguita dai paparazzi ovunque vada, ma a tutto ciò si somma anche un sincero senso di colpa.

Sordo e sibillino, schietto, mi perfora come una lama invisibile il petto, attraversandomi spietatamente da parte a parte e provocandomi una morsa allo stomaco.

Se non fosse stato a causa mia, per il semplice fatto di essere figlia di un importante personaggio della vita pubblica, probabilmente avrebbero continuato a lasciar stare Andrew, a non tormentarlo.

Non avrebbero sbattuto  le sue vicende personali sulle prime pagine di uno dei più noti giornali scandalistici, mettendo in piazza tutto ciò che ha passato senza un minimo di rispetto o delicatezza.

Questo grumo di pensieri, asfissianti e assillanti, mi vorticano in testa, non lasciandomi scampo.

Sconvolta dall'intenso sentimento di protezione che mi induce, stringo le dita a pugno mentre percepisco le unghie affondare senza alcuna pietà nella carne sottile del mio palmo, lasciandovi probabilmente il segno.

E proprio questa consapevolezza in qualche modo mi ferisce più che mai, facendomi sentire responsabile diretta di tutto questo.

Il mio cuore perde un battito a questa constatazione, turbandomi con una ansiosa tachicardia che mi  causa varie ondate di calore.

Annaspando tra le mie elucubrazioni arresto la mia convulsa e nervosa camminata, bloccandomi al centro della stanza senza sapere cosa fare, come comportarmi.

E questa attesa non fa altro che peggiorare la situazione, rendendomi più confusa e in preda al panico di quanto io non sia, inducendo un accatastarsi di domande su domande, dubbi che non trovano soluzione ed ipotesi che rimangono tali.

Creano una matassa annodata che non fa altro che causarmi un senso di annebbiamento, la mente sfocata e la razionalità ormai abbandonata da parecchio tempo.

Sbuffo nuovamente, chiedendomi che fine abbia fatto Andrew.

È ormai da quasi un'ora che lo sto aspettando cioè da quando ho chiesto di lui all'accettazione e mi hanno, non troppo garbatamente, detto di aspettare dal momento che stava svolgendo il consueto giro visite, tendo le labbra in una smorfia corrucciata, sporgendo il mio labbro inferiore.

Incapace di farlo, di attendere, avevo insistito ottenendo, con  un po' di pressioni riguardo l'assoluta urgenza della questione, che fosse chiamato al cercapersone e di poterlo aspettare nella saletta caffè del personale, invece, che nella consueta sala di aspetto.

Impaziente sospiro, guardandomi poi distrattamente intorno nel tentativo banale e precario di ingannare il tempo e, soprattutto, di spegnare per un attimo il cervello, allontanare le parole di quell'articolo così sprezzante.

Scorgo subito le pareti azzurrine della stanza circondarmi corposamente, come unica desolante compagnia.

Non troppo grande e dal perimetro squadrato è praticamente disadorna, fatta eccezione per un piccolo tavolo posto contro un muro e circondato da alcune sedie di legno e un piccolo angolo cottura disposto sul lato opposto, un frigo in metallo a completare il quadro. Alcune cartoline e post-it vi sono appiccicati, tenuti su da varie calamite buffe e dalle forme più assurde.

Probabilmente qualche divertente cortesia tra colleghi, rifletto distrattamente mentre inclino il viso, guardando altrove.

Esattamente di fronte a me, invece, vi è una piccola finestra rettangolare con apertura a scorrimento.

Coperta unicamente da una tapparella, grigia e semi aperta, non fa filtrare quel poco di chiarore che proviene dall'esterno.

Sono costretta, tuttavia, a riemergere dal mio rimuginare l'attimo seguente, quando uno scatto metallico mi porta a voltarmi istintivamente ed in modo brusco verso la porta, facendomi sobbalzare violentemente.

Con una lieve tachicardia la fisso con occhi inaspettatamente sbarrati, voltandomi subito dopo totalmente in quella direzione con una semplice torsione del busto.

Nello stesso esatto instante l'uscio si apre cautamente permettendomi di intravedere attraverso lo spiraglio il profilo elegante e pallido di Andrew che fa capolino.

Finalmente, sospiro istantaneamente sollevata tra le mie riflessione.

È uno strano mix, pero, quello che mi avvolge l'istante seguente, stringendomi tra le sue spire fin quasi a farmi soffocare. Stressante e sconvolgente risulta un insieme di agitazione e rilassatezza, un qualcosa di assolutamente incomprensibile che mi rende ancora più instabile e precaria emotivamente.

Scaccio questo mio innaturale rimuginare l'attimo dopo, concentrandomi unicamente su Andrew.

Fasciato solo dalla tipica tuta blu da chirurgo compare, infatti, davanti a me, un paio di semplici occhiali da vista, trasparenti e con le bacchette di un blu più scuro, che gli solcano il naso e una espressione neutrale, ma semplice stampata in faccia.

In qualche modo sorpresa lo guardo con più attenzione, rendendomi conto di come gli conferiscano un'aria un po' seria e un po' affascinante, facendomi rimanere interdetta e confusa.

Un principio di attrazione si scatena dentro di me, subito però soppresso dal grumo di sentimenti ben più intensi al momento e dal suo mormorio.

- Emma – afferma lui, leggermente stupito di ritrovarmi qui durante il suo orario di lavoro mentre si blocca momentaneamente,  fissandomi basito e facendo sorgere in me il dubbio che non l'abbiano informato della mia presenza.

Compie in seguito un passo in avanti, entrando totalmente nella stanza con una sola, ampia falcata mentre mi continua ad accarezzare con lo sguardo, lanciandomi una occhiata di sottecchi che mi scruta da capo a piedi.

Deglutisco, le braccia abbandonate lungo i fianchi mentre rimango un attimo spiazzata, statica.

Solo dopo una frazione di secondo, prestandovi più attenzione, noto che stringe delle cartelle bianche sotto braccio, segno probabilmente che ha finito il giro di visite da pochissimo.

Un pensiero sorge allora spontaneo dentro di me, palesandosi limpidamente e crucciandomi insieme mentre schiudo la bocca, muovendola appena per parlare.

- Ti disturbo? - gli domando velocemente, ritrovando la voce e mangiandomi quasi le parole a causa della celerità con cui le pronuncio mentre spero ardentemente che non sia così.

Un timore sottile e tagliente si insinua, tuttavia, simultaneamente dentro di me, portandomi a muovermi angosciata ed agitata sul posto senza farmi trovare pace.

La voglia di parlargli, di confrontarmi con lui e di scusarmi, infatti, è talmente tanta da indurmi a pensare che non potrei trattenerla ulteriormente o, addirittura, sopprimerla.

Lui scuote semplicemente il capo in segno di diniego mentre si muove, superandomi.

Si accosta pacatamente al tavolo in legno chiaro per appoggiarvi tutte le cartelle con un piccolo tonfo, l'unico rumore che spezza la quiete del momento, mentre il suo profumo mi solletica pallidamente, permeando l'aria.

Senza dire assolutamente altro si volta poi nuovamente verso di me, avvicinandosi in modo veloce mentre io persisto nel studiarlo, allarmata e ansiosa di cogliere indizi sul suo stato d'animo che possano, in qualche modo, rendermi più nitide le idee.

Non sembra arrabbiato o agitato, constato persistendo nel scrutarlo attentamente, non perdendomi neanche una sua più piccola smorfia.

È l'attimo dopo, quando gli rivolgo una lunga occhiatina, che noto la sua postura tesa e irrigidita,  nonostante non voglia darlo a vedere e lo nasconda dietro una facciata di pacatezza, lampante segnale che decisamente non è tutto ok.  Per nulla.

Lo conosco troppo bene, infatti, per non captare questi minimi segnali tra le righe o nei suoi geti, ben consapevole di come sia abile e bravo a rendere imperscrutabile quello che pensa.

Fin troppo a volte, soffio lentamente l'aria tra i denti.

Cercando di rimanere calma deglutisco, seppur a fatica, riprendendo a parlare subito dopo, una questione ben più importante che preme per essere discussa.

- Hai letto i giornali? - gli chiedo ancora senza troppi giri, incalzandolo quasi bruscamente a causa della mia incapacità di aspettare ancora.

La mia voce esce, però, meno morbida e controllata di quanto vorrei mentre lui si ferma nuovamente davanti a me, sospirando e corrucciando intanto la fronte.

Un'ombra scura cala immediata sul suo viso, impregnandolo totalmente e facendolo apparire specularmente stordito e massacrato. Cosa che mi  una inattesa fitta di inquietudine, una  fastidiosa spina nel fianco.

Andrew annuisce stancamente, puntando per un attimo lo sguardo sul pavimento e, quindi, allontanandolo  di conseguenza dal mio.

E ancora una volta la percezione che non voglia lasciarmi intuire quanto questa vicenda lo abbia turbato mi attraversa.

La stessa che viene, tuttavia, smentita l'istante dopo non appena rialza gli occhi.

Come se avessi toccato un tasto particolarmente dolente, infatti, mi rivolge ora una occhiataccia dura e severa, non affaccendandosi più a celarmi le sue emozioni. O forse, più probabilmente, non riuscendo a farlo ancora.

- Se per giornale intendi quella sottospecie di rivista da quattro soldi, si l'ho visto - sputa aspramente ironico le parole tra i denti, facendomi tendere irrazionalmente mentre muove una mano, gesticolando - E una paziente particolarmente pettegola mi ha anche fermato per chiedermi se Adam e Lizzie sono figli miei o di mio fratello – mormora tagliente, mesto e grave mentre un sorriso per nulla ilare gli inclina amaramente le labbra.

Non risulta, difatti, per nulla impregnato di divertimento e gioia, non raggiungendo di fatto i suoi occhi. Non li illumina, apparendo più come una smorfia stizzita che come un vero e proprio sogghigno.

Ed è proprio questo a farmi capire quanto in verità questa cosa lo stia facendo soffrire, togliendomi dolorosamente il fiato.

So quanto quei bambini vogliano dire per lui, che ruolo abbiano nella sua vita e il fatto che siano riusciti ad infangare anche una cosa così pura e affettuosa mi fa ribollire il sangue nelle vene, facendomi infuriare. Letteralmente.

Stizzita stringo le braccia, incrociandole seccamente sotto il seno mentre i miei lineamenti si contraggono di riflesso, rendendomi dura e rammaricata.

Il mio tentativo volenteroso di rimanere tranquilla si frantuma l'attimo seguente, quando intravedo le sue iridi attraversate da una scintilla di rabbiosa tristezza, così fugace e veloce da apparire un miraggio.

Dura, infatti, solo un breve attimo,  svanendo semplicemente via  subito dopo.

Una fitta di malinconico dolore mi attanaglia istantaneamente, avviluppando il  mio cuore e non lasciandomi di fatto scampo.

Incomprensibilmente mi irrigidisco maggiormente, raddrizzando la schiena mentre mi chiedo quanto deve essere stata dolente per lui questa insinuazione quanto mai irrispettosa ed invadente. Lo ha ferito? Mi domando istintivamente, il quesito che risulta silenziosamente una affermazione.

E ancora una volta mi sento l'unica colpevole di tutto questo che sta accadendo.

Affranta e desolata mi stringo tra le spalle, maledicendo nuovamente quel dannato giornale e il suo calunniarlo.

- Mi dispiace – riesco solamente a sussurrare  dopo un attimo, tutte le frasi che mi avrebbero dovuto rendere un fiume in piena ora svanite, spezzate e bloccate da un sordo magone che non mi abbandona.

Non so, infatti, momentaneamente cosa dire o cosa fare, riuscendo unicamente a rimanere ammutolita.

Neanche Andrew ribatte nulla, limitandosi a sospirare nuovamente mentre muove un passo verso il divano, lasciandovisi cadere seduto con un piccolo rimbalzo.

Staticamente immobile io rimango, invece, in piedi davanti a lui, continuando a fissarlo mentre cedo all'impellente necessità di informarlo.

Prendendo un profondo respiro e portandomi simultaneamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio riprendo a parlare.

- Credo che dei fotografi mi abbiano seguito mentre venivo qui – aggiungo mettendolo al corrente di ciò che è successo, irritata dalla loro presenza quanto mai invasiva, violenta mentre la mia mente si riempie dei ricordi di quegli attimi, delle domande urlate mentre io cercavo razionalmente di sfuggirgli – Credo mi abbiano anche fotografata – continuo sbuffando, intuendo probabilmente i titoli dei prossimi numeri delle riviste scandalistiche.

Decisamente poco sobri e discreti.

Piccata roteo lo sguardo al cielo, incontrando momentaneamente il soffitto bianco e immacolato mentre tento intanto di non lasciar prevalere la soggezione che mi suscita .

Un sottile senso di disagio, infatti, mi scuote a causa del suo insolito modo di comportarsi, rigido e seccato.

Lui si abbandona contro lo schienale imbottito del sofà subito dopo, apparendo incredibilmente frustrato mentre piega un braccio, puntellando il gomito sul bracciolo squadrato.

Andrew si sfila poi gli occhiali con un movimento semplice delle dita, massaggiandosi subito dopo la fronte con un gesto circolare dei polpastrelli mentre li abbandona sul suo grembo, abbassando le palpebre.

Non lo avevo mai visto così, rifletto nell'intimità dei miei pensieri, studiandolo attentamente.

Li ripunta poi  di nuovo sul mio viso l'attimo seguente, le sue iridi ora più limpide a causa della mancanza delle lenti ma comunque intorpidite dal nervosismo che lo pervade. Un'ombra scura, difatti, le imbrunisce, rendendole incredibilmente cupe e torve, afflitte da un qualcosa di abbastanza comprensibile.

- Hanno accerchiato anche me fuori dall'ospedale – mi spiega in un sussurro, scrollando appena le spalle ampie nell'evidente tentativo di tranquillizzarsi.

Inclina poi inaspettatamente le labbra, corrucciandole in una lieve smorfia che comprendo solo l'attimo dopo, quando parla nuovamente.

- Se il tuo amico Noah non avesse messo a tacere la cosa chissà che cosa sarebbe successo - mi sferza, schernendomi contrariato mentre assottiglia pericolosamente gli occhi, calcando ironicamente sulla parola “amico” e costringendomi a pormi sulla difensiva.

Quasi ferita gli riservo una occhiataccia, non comprendendo totalmente il suo improvviso attacco. In fondo, non è di certo colpa sua se siamo vessati dai giornali.

Ma lui, ancora, non mi lascia il tempo di riflettere, persistendo a inveire contro di lui.

- Me li ritrovavo direttamente in sala operatoria, magari? - afferma con lo stesso identico tono mentre scuote vigorosamente il capo, facendomi sentire sempre più causa di tutto questo.

Inspira poi lentamente una profonda boccata d'aria, soffiandola in seguito tra i denti con un sibilo minaccioso mentre io persisto a guardarlo mortificata e probabilmente con gli occhi inaspettatamente lucidi.

Incasso la tesa  tra le spalle, mordendomi mestamente il labbro inferiore e non sapendo cosa ribattere mentre lui mi fissa a lungo, scrutandomi quasi a voler capire cosa penso o cosa si agita dentro di me, talmente forte da rendermi ansiosa.

E ci riesce subito dopo, quella chimica mai sopita tra di noi che gli permette di intuire come sto anche quando c'è tensione, rammarico.

- Mi dispiace – mormora improvvisamente più dolcemente, inclinando appena il volto di lato al fine di far incatenare il mio sguardo al suo – Tu non centri nulla – continua, cercando probabilmente di farmi sentire sollevata e di chiedermi scusa a modo suo.

Non ci riesce totalmente dal momento che tutto il peso delle sensazioni che mi pervadono rimane saldo, la morsa al mio stomaco che aumenta attimo dopo attimo finendo per sovrastarmi, soffocandomi spasmodicamente.

Io annuisco unicamente, comprendendo che il suo atteggiamento deriva solamente dal nervoso e dall'irritazione, non da un reale fastidio nei miei confronti.

- Vieni qui – aggiunge subito dopo, indicandomi con un cenno della mano il posto libero sul divano accanto a lui nel momento stesso in cui prendo una tremolante boccata d'aria, non riuscendomi a calmarmi.

Spinta dall'intensità del suo modo di fissarmi e senza esitare minimamente lo faccio,  acconsentendo docilmente senza aprire bocca.

Particolarmente dubbiosa e chiusa tra le mie elucubrazioni mi lascio cadere vicino a lui,  accolta all'istante dalle sue braccia seminude a causa della maglia a mezze maniche che gli fascia il petto.

Con un movimento veloce e autoritario, infatti, mi attira velocemente verso di se, stringendomi a lui senza il minimo sforzo.

Mi cinge in un abbraccio confortevole e amorevole, il calore del suo corpo che mi investe in pieno, mischiandosi al mio.

Una ondata del suo profumo mi travolge l'attimo seguente, ora più nitida, inebriandomi e spingendomi irrazionalmente ad affondare il viso nel suo collo.

Abbacchiata e con l'umore improvvisamente basso mi rifugio contro di lui, sentendomi lunatica come non mai. Un attimo prima sono travolta da una sorda rabbia e quello dopo mi sento incredibilmente vulnerabile, pervasa da una leggera melanconia.

Sospiro, scoprendomi realmente strana e contorta.

- Non sono neanche riuscito a salutarti per bene – afferma più morbido e dolce, un sorriso percepibile nella sua voce nonostante non possa vederlo distintamente in faccia mentre mi richiama alla realtà, frustrandosi appena.

Un lieve ma percepibile senso di leggerezza e tenerezza intacca il sentimento cupo che mi abita subito dopo, portandomi a considerare come riesca sempre a farmi sorridere nonostante non ne abbia la minima voglia.

Un sogghigno abbozzato, infatti, mi illumina fiaccamente, rendendomi un millesimo più distesa, allegra.

Percependo distintamente il bisogno di guardarlo e perdermi nei suoi occhi rialzo il capo, facendoli scontrare finalmente con i suoi senza esitare minimamente.

Proprio come pensavo lo trovo intento a rivolgermi un debole sorrisino mentre allude al mancato bacio di saluto che avviene di consueto tra di noi.

Senza dire nulla mi sporgo poi lievemente in avanti, facendo scontrare le nostre labbra in un contatto casto e lieve, così breve da essere quasi a stampo, mentre il mio petto preme appena contro il suo in un impalpabile struscio.

Ci allontaniamo, difatti, dopo una manciata di secondi, la sua mano che abbandona la mia vita per appoggiarsi in un gesto spontaneo sulla mia guancia arrossata e bruciante.

La sfiora appena con il pollice con una leggera carezza, vezzeggiandola con la punta del polpastrello mentre mi rivolge una occhiata morbida, amorevole.

- Come stai? - mi chiede all'istante, preoccupandosi e continuando a percorrere il mio viso con una lenta carezza.

Semplicemente faccio lievemente spallucce, svuotando il sacco.

- Bene – soffio sincera ed onesta – Solo... mi spiace davvero che ti abbiano preso di mira  perchè ora esci con me – mormoro quasi timidamente, palesando la mia consapevolezza di essere io il motivo del suo ritorno alla ribalta e del fatto che tutti i problemi che ha avuto siano stati spiattellati a mezzo stampa.

Mi stringo nuovamente a lui, facendo scivolare le braccia intorno al suo torace e ricambiando così la stretta con la sua stessa intensità.

In risposta Andrew scuote vigorosamente il capo in segno di diniego, tentando di farmi desistere da questa idea.

- Non lo devi neanche pensare – afferma deciso e autoritario, accompagnando alle parole un gesto.

A riprova della sua frase deposita, infatti, un dolce bacio sulla mia tempia, solleticandola appena con la bocca dischiusa ed indugiandovi flebilmente mentre il suo respiro fievole si insinua tra i miei capelli.

Un moto di immediata delicatezza mi travolge, pulsando forte e limpida dentro le mie vene mentre socchiudo istintivamente le palpebre, godendone appieno.

Chiudendomi in un leggero mutismo appoggio il capo di nuovo contro di lui, costringendolo a far scivolare via la sua mano dal mio viso e appoggiarla sul mio braccio.

Emettendo un impercettibile sospiro non desiste, però, dal coccolarmi, percorrendolo interamente.

Risale, infatti, verso la curva della spalla per poi scendere verso la mia mano e il mio polso più e più volte, il suo tocco ben percepibile sulla pelle nonostante il lieve strato di lana del maglioncino nero che mi fascia.

Tentando disperatamente di calmarmi deglutisco, ritrovando quel minimo di lucidità necessario a riprendere a parlare, assaporando il suo tepore confortante.

- Cosa facciamo ora? - gli domando sinceramente confusa, spezzando la debole quiete che ci avvolge tra le sue spira, non sapendo realmente come agire.

E questo, in qualche assurdo modo, non fa che agitarmi ulteriormente, mischiando i perchè delle mie emozioni e confluendo in un solo devastante sentimento.

Lui arriccia appena la bocca, una espressione stordita e indecifrabile che io riesco a scorgere solo sbiecamente a causa della posizione in cui sono.

- Non lo so – afferma mestamente, soffiando lentamente le parole – Forse dovremmo cercare di far scemare la cosa, sperando che la gente se ne dimentichi presto – continua, più lucido e razionale di quanto sia invece io al momento.

Non mi sento, infatti, per nulla quietata o tranquilla, tutt'altro.

So come vanno queste cose, come i giornalisti abbiano l'innata abilità di montare i fati man in mano che i giorni passano, assicurandosi di creare interesse e di non far dimenticare la vicenda.

In qualche modo, il loro lavoro è proprio trarre spunto dalle reazioni che ci suscitano, dal nostro modo di porre rimedio alla curiosità generale.

È un'altra riflessione, tuttavia, subito dopo a emergere su tutte le altre, scaturita proprio da questa, portandomi ad aggrottare la fronte.

Come hanno reagito i suoi genitori? Mi domando perplessa, sperando vivamente  che non gli abbia creato grattacapo.

- Ti ha creato problemi con la tua famiglia? - gli chiedo, infatti, l'attimo seguente, guardandolo attentamente mentre il mio battito persiste nel rimanere accelerato.

Torturando nervosamente il bordo della sua maglia con la punta delle dita sbatto appena gli occhi, sfiorando il suo profilo definito e pallido, i capelli che gli solleticano scompostamente fronte.

Andrew mi fa cenno di no, ribattendo laconicamente.

- Non troppi, hanno cercato di non far sapere nulla ai bambini per non turbarli – smentisce asciutto le mie perplessità, persistendo ad accarezzarmi debolmente mentre mi fa intuire che non ha molta voglia di parlarne.

Ed io non insisto ulteriormente, lasciando semplicemente cadere il discorso nel vuoto.

- Immagino che tua madre, invece, abbia già la querela pronta – bofonchia subito dopo, più ilare e divertito rivolgendomi un dolce sorriso sbarazzino e di scherno.

Per un frazione di secondo più svagata scoppio semplicemente a ridere, le spalle sottili scosse dal sottile divertimento che questo pensiero molto probabile mi suscita.

Ben consapevole dell'indole isterica di mia madre, infatti, Andrew allude alla scenata che mi ha fatto riguardo il primo articolo di Off e di cui è totalmente a conoscenza.

Anche lui ridacchia, rendendo momentaneamente questi attimi meno carichi di tomento e rabbia.

Più leggeri ci rilassiamo impercettibilmente, godendo di una lieve calma che permea la stanza.

Sfruttando appieno queste sensazioni arriccio le labbra, inarcando entrambe le sopracciglia.

- Mi stupisco, anzi, che le sue urla non siano giunte fino a qui – ribatto prontamente io, ironica e sarcastica, consapevole di quanto possa essere petulante e stressante in questi casi.

Decisamente molto. Troppo.

Anzi, in qualche modo sono piuttosto stupita del fatto che non mi abbia ancora contatta per palesare tutta la sua indignazione, manifestandomela senza alcuna remora o ritegno.

È la risata di Andrew, l'istante seguente, tuttavia, a richiamarmi dal mio rimuginare, strappandomi un ghigno più spontaneo e rilassato di quanto io sia davvero.

Sospirando, sfrego appena la guancia contro di lui, il cotone un po' ruvido che mi solletica la pelle, arrossandola appena mentre ricerco un contatto più diretto con lui, sentendone distintamente il bisogno.

Lampante pulsa dentro di me, spingendomi a rifugiarmi nella rassicurante oscurità delle mie palpebre, serrate e chiuse.

Quasi intuendo il mio riflettere  e ciò che mi affligge lui aumenta la presa sul mio corpo sottile e minuto, rassicurandomi teneramente l'attimo seguente.

- Ei – mi richiama  dopo un attimo, spezzando il  silenzio che si è creato e facendomi sospirare con semplicità rialzo la testa, guardandolo.

Il suo sguardo sincero e limpido mi colpisce subito dopo, risultando onesto e intenso mentre mi trafigge sibillino, sferzandomi debolmente.

- Si sistemerà tutto – mi placa, un sussurro appena udibile che però risulta deciso e saldo, quasi una amorevole convinzione.

Lo spero davvero, mi dico ansiosa mentre lui mi sorprende con queste rassicurazioni, lasciandomi basita.

Annuisco poi, pronta a ribattere affermativamente, ma è quello che fa dopo a sorprendermi davvero, togliendomi momentaneamente la capacità di parola, il fiato che si spezza nei miei polmoni.

Allunga infatti la mano sinistra, ricercando la mia con un gesto fluido e naturale mentre non smette neanche per un attimo di guardarmi, quasi non riuscisse a farne a meno.

Fa subito scivolare le sue dita bollenti tra le mie, unendole in una morsa tenera e pacata, quasi a voler sottolineare il valore intrinseco di quello che ha detto.

La sua pelle pallida si  scontra con la mia, di una tonalità differente, mentre una strana sensazione mi pervade, palpitando intensamente dentro di me.

Istintivamente abbasso gli occhi, puntandoli proprio sulla nostra stretta mentre il mio cuore accelera i battiti, tramutandosi irrazionalmente in una scalpitante tachicardia che mi sconvolge piacevolmente.

Le mie guance si scaldano l'attimo seguente mentre mi redo conto che sta intimamente cercando di tranquillizzarmi e proteggermi da tutto questo trambusto mediatico che ci ha preso inaspettatamente di mira. La stessa identica cosa che ho cercato di fare io con lui.

E l'unica cosa che riesco a fare è di sringere la sua a mia volta, forte.

- Lo spero davvero – mormoro fiaccamente, rivolgendogli un pallido e tremolante sorriso che non sembra convincerlo affatto.

Inclina, infatti, il viso di lato, perforandomi con i suoi occhi azzurri ed torbidi, cercando ostinatamente di spazzare via ogni mio più piccolo turbamento a riguardo, ogni dubbio ed ogni domanda.

E, semplicemente, lui prevale su tutto. Riesce, infatti, nell'incredibile impresa di sopprimere tutto questo caos che ci circonda per qualche breve attimo, annientandolo.

- Io ho finito il turno comunque, perchè non andiamo a casa? - mi domanda, allontanando velocemente il discorso di poco fa, cercando  unicamente di farlo finire per un attimo nel dimenticatoio.

Decisamente ben felice di passare qualche attimo con lui annuisco ancora, vigorosamente, acconsentendo gioiosamente ansiosa di dimenticare tutto questo.

La mia frenesia viene, però, oscurata subito dopo nuovamente dalla realtà dei fatti, irritante e frustrante come non mai che torna nuovamente a galla, purtroppo.

- Sarà pieno di paparazzi, però – soffio ricordandomene solo ora, una evidente smorfia di disapprovazione che mi incupisce cocciutamente.

Non mi stupirei, infatti, di trovare il mio portone invaso da fotografi e giornalisti, pronti a rubare scatti della mia intimità senza alcuna esitazione. E, assolutamente, sarebbero ben soddisfatti di vedermi arrivare con Andrew.

- Si, hai ragione – bofonchia in risposta lui, continuando a tenere unite le nostre mani mentre io mi mordo le labbra, nuovamente nervosa.

Lui diventa per un attimo pensieroso, ammutolendosi senza dire nulla in risposta mentre una espressione carica di riflessività  si dipinge sul suo volto.

Abbassa poi lo sguardo per una frazione di secondo, assottigliando la bocca in una linea netta e decisa che io non comprendo appieno.

Dura solo pochi secondi, tuttavia, non lasciandomi quasi il tempo di coglierla totalmente o di poterne intuirne la causa dal momento che svanisce velocemente, soppiantata da un alone differente e più luminoso.

- Ti porto in un posto, allora – soffia improvvisamente rialzando bruscamente il capo e guardandomi in faccia sornionamente mentre appare quasi ansioso, fremente.

Che posto? Mi chiedo subito, istantaneamente non comprendendo a cosa si sta riferendo mentre la percezione, in qualche modo, che mi stia nascondendo qualcosa si insinua dentro di me, tra le pieghe delle mia mente.

Stordita mi corruccio, fissandolo sbigottita.

- Dove? - chiedo l'attimo dopo, non sapendomi trattenere mentre raddrizzo lievemente la schiena.

Lui si apre in un sorriso velato e indecifrabile, ribattendo imperiosamente.

- Lo vedrai – mormora cripticamente, non spiegandomi limpidamente e lasciandomi sempre di più nella confusione, del tutto.

Imbronciata mi limito unicamente a guardarlo male, mentre appare visibilmente intrigato da questa cosa di tenermi allo scuro, come se lo stuzzicasse.

Non ho però il tempo di ribattere a tono dal momento che lui riprende a parlare, congedandosi.

- Mi cambio e arrivo – afferma ancora, sciogliendo la presa sulla mia mano e sul mio corpo, facendomi intendere che si vuole alzare mentre appoggia il palmo sul bracciolo nel tentativo di farvi leva per darsi la giusta spinta. - O vuoi forse venire e vedermi mezzo nudo? - mi domanda nuovamente, inarcando maliziosamente un sopracciglio chiaro mentre mi fissa languidamente, il rammarico di poco fa momentaneamente relegato in un angolo.

Avvampo, arrossendo furiosamente mentre mi rendo intimamente conto di quanto in verità mi farebbe piacere, di come il suo punzecchiarmi abbia un fondo di verità fin troppo reale e concreto.

Non glielo dico tuttavia, limitandomi a sopprimere il suo sghignazzare con un bacio più lento e languido, che decisamente zittisce ogni parola e gli impedisce di tirarsi in piedi.

Ed è proprio l'attimo dopo, quando fa scontrare le nostre labbra in un altro bacio fugace e a stampo, l'ennesimo, che comprendo di quanto voglia ho di stare tranquillamente con me, di godere del benessere che mi causa.

Sospiro affannata e consapevole contro la sua bocca, allontanandomi da lui solo per prendere un corto e tremolante respiro mentre i miei polmoni bruciano, in modo esattamente speculare all'emozione intensa e corposa che nutro nei suoi confronti.

Semplicemente, ho voglia di lui.

 

 

*****

 

 

Confusa e stordita dallo scenario che ho davanti sbatto le palpebre, il vento che mi sferza debolmente infreddolendomi e arrossandomi dolorosamente le guance.

Mi umetto subito dopo le labbra screpolate, cercando di ammorbidirle mentre una espressione dubbiosa e carica di riflessioni mi cala sul viso, oscurandomi appena.

Assottiglio poi appena gli occhi, cercando di intravedere qualcosa in modo più nitido nonostante la corposa oscurità che mi circonda mentre incasso il capo tra le spalle, affondando il mento nel colletto alzato del cappotto nero nel labile tentativo di proteggermi dal gelo. Cosa che non accade dal momento che mi penetra spietato nelle ossa.

In qualche modo, infatti, questa penombra torbida sembra intensificarlo, rendendolo più percepibile sulla mia pelle e provocandomi numerosi brividi.

Ormai viene buio presto, considero distrattamente, rendendomi conto come, nonostante siano solo le cinque di pomeriggio, il cielo si presenti già plumbeo e pronto a ricevere la notte.

I lampioni, disposti lungo la strada, la indeboliscono fiaccamente, intaccandola appena senza permettermi di distinguere con chiarezza le cose, lasciandole sfocate e tenui.

Un ambiente ampio e vasto si apre dinnanzi a me, una immensa distesa di terreno apparentemente senza fine che assomiglia terribilmente ad un grande spiazzo, alcune zone ricoperte dal cemento che fungono probabilmente da parcheggi improvvisati e ora desolati.

Non c'è, difatti, nessun altro oltre me ed Andrew, al mio fianco, chiuso in un ermetico silenzio mentre una smorfia imperscrutabile gli solca il viso, studiandomi e non dicendo nulla.

Lo rende unicamente criptico, un'ombra intensa ed intima sul fondo delle sue iridi che non lo abbandona da quando abbiamo lasciato l'ospedale.

E la stessa domanda che mi vortica in testa da allora e da quando siamo arrivati in questa zona di New York, un sobborgo della periferia, si scontra contro il muro dei miei dubbi, delle mie perplessità inespresse e senza una risposta, apparentemente introvabile.

Perché siamo qui?

Crea ancora più confusione nella mia mente, producendo disordine e finendo per annodare le mie riflessioni.

Non riuscendo a darmi una risposta scrollo la testa, i capelli che frusciano appena sulle mie spalle mentre corruccio lievemente le labbra, torvamente.

Sempre più interdetta aggrotto poi la fronte, decidendo di scoprirlo e di trovare qualche indizio che me lo faccia comprendere, visto che lui non sembra affatto dello stesso avviso.

Non mi ha, infatti, detto il motivo di questa visita, eludendo semplicemente il mio quesito tutte le volte che gliel'ho posto.

Impaziente, muovo un incerto passo in avanti mentre la suola dei miei stivali affonda appena nel terriccio umido di quello che una volta doveva essere un giardino. Lo stesso che ora risulta privo di alberi o di erba, presentando solo la terra battuta che fa bella mostra di se e funge da strada.

Il suo odore forte ed intenso mi solletica le narici subito dopo mentre io continuo a guardarmi sconcertata intorno, le mie aspettative che vengono disattese disastrosamente.

Non trovo, difatti, alcun elemento che mi permetta di capire, comprendere.

Nessun suggerimento si va ad aggiungere alle poche informazioni che già possiedo, cioè che siamo poco lontano dall'aeroporto J.F.K,  a Long Island.

Scombussolata prendo un profondo respiro, adocchiando le sagome di qualche sporadico edificio sparso qui e là sul terreno.

Alcuni sono più in lontananza mentre altri sono più vicini, addirittura in costruzione. Appaiono, infatti, circondati da un paio di gru e da alcuni strumenti per il lavoro, invadendo il mio campo visivo e spiccando con l'arancione scintillante del metallo che li ricopre.

Senza dire nulla vi faccio scivolare lentamente lo sguardo, intravedendo anche una ruspa e un grande ammasso di terra accumulati da un lato, lampante segno di alcuni scavi in corso.

Tuttavia, l'attimo dopo, una cosa in particolare attira la mia attenzione, catalizzandola immediatamente senza un apparente e logico motivo.

Un grosso e lungo casermone a tre piani, difatti, appare dinnanzi a me, una ventina di metri a separarci mentre mi rendo conto di averlo notato solo ora, forse anche a causa del suo aspetto trasandato che lo passare in secondo piano.

I muri esterni  risultano quasi tutti privi dell'intonaco bianco originario che cozza contro il nero del tetto, un sottile color grigiastro che li colora fiaccamente mentre numerose finestre si intervallano sulla parete. Apparentemente quasi tutte intatte, constato inclinando appena il viso di lato mentre le adocchio accuratamente, sorprendendomi.

Non presenta, infatti, alcun segno di vandalismo, lasciandomi stupita mentre mi chiedo ancora una volta perchè Andrew mi abbia portato proprio qui, a vedere villette in costruzione ed altre abbandonate mentre uno scandalo mediatico sta imperversando intorno a noi.

Decisamente non è il momento più idoneo per una gita fuori porta, mi corruccio pensierosamente.

Non ho, però, il tempo materiale di soffermarmi sull'ampio e scrostato portone dal momento che è proprio lui a interrompere il filo logico delle mie elucubrazioni, richiamandomi alla realtà.

- Tranquilla, non ti ho portato qui per approfittare di te – afferma mellifluamente Andrew, spingendomi irrazionalmente a voltarmi verso di lui.

Con una torsione semplice del busto lo faccio, potendolo ora guardare più agevolmente in faccia.

Inaspettatamente, lo trovo più vicino di quanto pensassi, solo pochi centimetri a separarci e le sue iridi azzurre, ora ingrigite, puntate già su di me.

Con le mani affondate nelle tasche del giaccone blu che indossa e le labbra piegate da una maliziosa allusione mi fissa, incontrando i miei occhi scuri appena sbarrati.

Momentaneamente imbambolata lo scruto mentre dondola in modo quasi nervoso sul posto, muovendosi impercettibilmente.

Sogghignando, mi rivolge una sbarazzina occhiata di sottecchi, chiaramente in attesa di una mia risposta mentre un senso di sfarfallio nello stomaco annebbia per un attimo l'inquietudine scaturita da questa situazione.

Gli riservo subito dopo una piccata e altrettanto giocosa occhiataccia, rimanendo immobile mentre colgo la sua battutina ilare e non troppo velata.

Il suo sorrisino si amplia di riflesso, venendo, tuttavia, in parte coperto dalla sciarpa a quadri blu che indossa per proteggersi dal freddo.

Un colore che fa risaltare incredibilmente il suo sguardo, mi ricorda distrattamente la mia testa, infierendo nel mio già precario stato emotivo.

Ignorandola, mi appresto, invece, a ribattere, tentando di apparire sicura e decisa.

- Lo hai fatto per farmi vedere delle villette in costruzione, invece? - lo pungo l'attimo seguente, inarcando simultaneamente un sopracciglio in modo dubbioso ed inquisitorio.

Risultando più ironica e sprezzante di quello che forse vorrei, gli paleso le mie perplessità a riguardo, il mio sincero e trasparente non capire.

Per un breve millesimo di secondo, il tempo di un respiro, il timore di essere troppo brusca e magari sgarbata si insinua sibillino dentro di me, portandomi a deglutire ansiosamente senza smettere di guardarlo, improvvisamente allarmata.

Al contrario di quello che mi aspetto, invece, lui scoppia semplicemente a ridere, reclinando il capo indietro in modo liberatorio mentre rotea buffamente gli occhi al cielo, come se avessi detto una cosa ovvia e divertente.

Continuando a non riuscire a decriptarlo mi imbroncio appena, leggermente imbarazzata mentre il suono argenteo e spontaneo delle sue risa mi invade le orecchie, deliziandomi profondamente.

Per nulla toccato o infastidito dalle mie parole si limita a lanciarmi l'ennesima occhiatina mentre mi raggiunge con una sola, ampia falcata, avvicinandosi.

- Mmm no, non per questo – ridacchia ancora mentre  risponde alla mia frecciatina con disinvoltura.

Ammutolendosi tira poi fuori la mano con un gesto semplice dalla tasca, appoggiandola sulla mia schiena nel modo più naturale e spontaneo possibile, quasi avesse intuito il mio infreddolimento latente.

Una fitta di tenerezza e amorevolezza mi coglie istantaneamente, portandomi a sorridere e mettere in secondo piano tutto ciò che ci circonda.

Tentando goffamente di scaldarmi la muove sommariamente su  e giù, sfiorando appena la base del mio sedere e causandomi una ondata di calore che, però, non ha assolutamente nulla a che fare con il gelo.

Inclinando il viso verso di lui gli rivolgo poi un lungo sguardo, godendo del suo tocco appena accennato mentre il mio cuore scalpita più intensamente nel mio petto, reagendo come sempre alla sua vicinanza.

Una folata di vento più intensa fa muovere i miei capelli, annebbiandomi momentaneamente la vista  mentre lui torna a sprofondare nel suo mutismo, suscitando la mia smorfia stizzita e irritata.

Perché fa così? Mi domando nuovamente, non comprendendo il suo modo di fare.

E non mi trattengo oltre, riproponendogli la stessa identica domanda che mi tormenta e che gli ho già palesato, correndo il rischio di essere monotona e petulante.

- Che ci facciamo qui, Andrew? - gli domando, grave e curiosa al tempo stesso, non riuscendo ad aspettare ulteriormente e rimanere avvolta da questa sottile nebbia stordente che non mi permette di capire.

Lui si stringe leggermente tra le spalle mentre una espressione indecifrabile cala repentina sul suo volto, portandolo ad allargare lievemente le braccia.

Deglutisce sotto il mio sguardo scuro, disorientato, che non lo perde di vista neanche per un attimo, scivolando sui suoi lineamenti pallidi mentre il silenzio si spezza subito dopo, quando riprende a parlare debolmente.

- Visto che in città siamo seguiti a vista dai paparazzi ho pensato di cogliere l'occasione per farti vedere una cosa – mormora mestamente, improvvisamente serio mentre indica con un semplice cenno del capo l'edificio davanti a noi, stupendomi non poco.

Un velo di emozione più intensa arrochisce, infatti, il suo tono, rendendolo più vibrante e corposo.

Mi voleva mostrare un fabbricato? Mi chiedo istantaneamente, non comprendendone il motivo, mentre la nitida sensazione che qualcosa lo inquieti mi attanaglia sibillina l'attimo seguente, non appena noto la sua bocca tesa in una linea netta e decisa che lo rende quasi neutrale.

È come se qualcosa si agitasse dentro di lui, constato silenziosamente mentre rimango immobile, adocchiando la sua postura improvvisamente irrigidita.

Andrew appare, infatti, appena contratto, la schiena raddrizzata e le iridi chiare perse in un punto indistinto davanti a lui che, però, non sembra vedere davvero.

Cercando di non focalizzarmici troppo scrollo il capo, non trovando una risposta adeguata e soddisfacente né riguardo il suo mormorio né riguardo il suo atteggiamento.

Confusa e interdetta arriccio le labbra in una smorfia dubbiosa, abbandonando il suo viso e tornando a fissare quasi di sbieco la struttura dinnanzi a me, palesandogli la mia perplessità.

- Mm un casermone al centro di una area residenziale in costruzione – sussurro stordita e pensierosa, descrivendo praticamente la realtà dei fatti.

Nulla di più, nulla di meno.

Le mie parole, però, suonano più come una domanda incerta che come una decisa affermazione, facendomi apparire vacillante.

Torturandomi nervosamente il labbro inferiore con gli incisivi cerco poi di fare chiarezza tra i miei pensieri mentre Andrew mi rivolge una lunga occhiata di sottecchi, guardandomi.

Sentendomi impercettibilmente a disagio inspiro  profondamente una boccata di gelida aria, lasciandola scivolare nei miei polmoni mentre attendo poi pazientemente delle delucidazione.

Una sorda e insistente punta di curiosità, infatti, inizia ad insinuarsi ansiosamente dentro di me, rendendomi quasi fremente.

Lui, inaspettatamente, invece, tace, rimanendo chiuso in un soffice  silenzio che si espande anche a me, ingarbugliandomi sempre di più la mente.

Prima ancora che io possa pensare o chiedermi altro, però, Andrew mi stupisce nuovamente, allungando la mano verso la mia, abbandonata staticamente lungo il fianco.

Facendomi quasi sobbalzare per il gesto inatteso mi giro totalmente di scatto verso di lui, trovandolo esteriormente calmo ma sempre con quello strano alone criptico a circondarlo.

La afferra poi docilmente, una stretta dolce e carica di tenerezza che accompagna lo scivolare delle sue dita contro le mie, una carezza appena accennata che porta i nostri palmi ad unirsi, entrando in diretto contatto.

I suoi polpastrelli freddi mi solleticano la pelle, tiepida, causandomi un lieve torpore di emozioni, prima fra tutte un forte e bollente senso di amorevolezza.

Limpido mi colpisce, trafiggendomi con le sue stilettate piacevoli ed invisibili il petto e trapassandomi da parte a parte.

Compie subito dopo un passo in avanti, trascinandomi delicatamente con lui mentre io mi corruccio nuovamente, cercando di comprendere cosa voglia fare.

Nel momento stesso in cui un brivido mi attraversa la schiena lo seguo, camminando al suo fianco, i nostri passi attuti dal terriccio mentre ci avviciniamo lentamente.

Nessun dei due dice assolutamente nulla, una apparente quiete che pervade l'ambiente fin quando non siamo a pochi metri di distanza dal portone in legno, l'attesa di questi attimi che mi tende leggermente.

Irrequieta scosto con la punta delle dita una ciocca di capelli dal mio viso, portandomela con movimento veloce  e secco dietro l'orecchio.

Andrew si ferma poi nuovamente, costringendomi a fare lo stesso mentre inclino il viso, permettendo ai suoi occhi di trovare i miei, appena socchiusi nel tentativo lampante di decifrarlo.

Di nuovo, però, non ne sono in grado. Quello stesso sentimento che li anima, ingrigendoli appena, rimane indecifrabile, intricato e profondamente torbido.

Ed io mi ritrovo furiosamente ancora una volta a chiedermi a cosa sia dovuto, un insieme di domande e dubbi differenti che si annodano tra di loro.

Lui non mi lascia, tuttavia, il tempo di risolverle dal momento che mi chiama in causa.

- Sei una artista Emma puoi fare ben di meglio – mi riprende, infatti, morbidamente, la voce carezzevole e pacata che risulta come una carezza invisibile sulla mia pelle infreddolite mentre un broncio delicato mi vela le labbra, arricciandole – Usa l'immaginazione – mi suggerisce ancora, spingendomi a voltarmi nuovamente verso il casermone per scrutarlo meglio, più attentamente

Sibilando flebilmente l'aria tra i denti gli rivolgo una lunga occhiata, percorrendone il perimetro.

Tento, infatti, di spogliarmi di qualsiasi preconcetto o schema che il mio cervello mi impone cocciutamente, guardandolo con sguardo nuovo e privo di filtri, fin troppo consapevole di come a volte cose apparentemente banali possano invece essere originali o nascondere significati inimmaginabili.

Nonostante tutti i miei sforzi, però, non mi viene in mente nulla o alcuna soluzione, la mia testa che rimane inesorabilmente vuota e priva di idee, facendomi indispettire torvamente.

Escludo, ad ogni modo, fin da subito l'idea che possa pensare di venire a vivere qui.

Adora troppo il suo appartamento e poi non saprebbe stare senza i suoi nipoti, mi dico astutamente consapevole, ricordandomi del suo costante bisogno di essere in contatto con loro e dedicargli del tempo.

Un pallido sorriso mi coglie a questo pensiero, così leggero da non riuscire neanche a stendere la mia bocca.

Andrew intanto, intuendo probabilmente il totale disordine che vige dentro di me, si sposta all'improvviso, così velocemente da non farmi quasi comprendere il suo movimento, celere e deciso.

Chiuso nel suo mutismo si mette dietro di me nello stesso, medesimo istante in cui io inclino il capo, rimanendo immobile, senza riuscire ad intercettare la sua occhiata questa volta.

La posizione in cui siamo, infatti, non me lo permette, consentendomi di incontrare unicamente l'oscurità della penombra e le sagome lontane delle villette in costruzione sullo sfondo.

Con tutta la calda naturalezza di cui dispone appoggia poi le mani sui miei fianchi, coperti dal cappotto nero che indosso e che mi fascia alla perfezione.

Il mio cuore perde istintivamente un battito mentre mi ritrovo a trattenere il respiro senza una ragione precisa, godendo solo della sua vicinanza.

Sorprendendomi nuovamente, le fa scivolare in seguito lentamente sul mio ventre piatto, percorrendolo sommariamente e posandovele pacatamente, mentre le sue braccia mi circondano la vita in un gesto spontaneo ed istintivo, avviluppante.

Che sa di intimità, mi suggerisce subito una vocina petulante, ma sincera dentro di me.

Sorrido debolmente, non riuscendo a non farlo mentre compio istintivamente un passo indietro. La mia schiena entra così in contatto con il suo petto, la morbida consistenza del suo giaccone che preme contro di me mentre i nostri corpi si sfiorano, aderendo.

Non vi è nulla di malizioso, però, solo il nitido bisogno di avere e sentire l'altro vicino, addosso.

Quasi fosse una confortante necessità, constato ammutolita mentre noto come questo desiderio sia particolarmente insito e presente nel suo tocco.

Sospiro, perdendomi per un attimo tra i meandri della mia mente mentre lui serra maggiormente la presa su di me, rompendo la tranquillità che ci circonda subito dopo.

Si appresta, infatti, a chiarirmi la situazione, comprendendo la mia confusione ed iniziando a raccontarmi il perchè di questa visita.

- Come ben sai, dopo la morte di Tom ho passato un brutto periodo – soffia, il suo respiro che si infiltra debolmente tra i miei capelli, solleticandomi la nuca, mentre mormora le parole, parlando.

Irrazionalmente mi ritrovo ad annuire in segno di assenso mentre una emozione dolce e intensa mi chiude lo stomaco, terribilmente simile a istinto di protezione. Ancora.

Dandole sfogo senza alcun dubbio appoggio istintivamente entrambe le mani sulle sue, unendole nuovamente mentre mi rendo conto di quanto questo per lui sia un argomento delicato.

La nostra pelle entra, così, nuovamente in contatto mentre lui non esita, persistendo spiegarmi, la sua solita pacatezza che si incrina.

- Ubriacarmi ogni sera non andava bene, non mi permetteva in qualche modo di andare avanti, che era, invece, quello di cui avevo davvero bisogno – continua, irrigidendosi lievemente alle mie spalle, un grumo di intuibili sensazioni che si agitano dentro di lui - Mi serviva qualcosa per farlo, per continuare a vivere – conclude, sospirando quasi pesantemente mentre mi lascia avvertire il calvario che ha attraversato.

Sono perfettamente a conoscenza, infatti, di quanto sia difficile e complicato per lui parlarne, riportare a galla le sensazioni di quei momenti e quel turbamento.

Proprio a riprova del suo scombussolamento interiore le sue dita si contraggono appena sul tessuto del mio cappotto, irrigidendosi sotto la mia presa mentre non dice momentaneamente nulla, come se stesse ricercando dentro di se le frasi adatte da dire.

Una fitta di dolente ansia e melanconia mi attraversa, stringendomi il cuore in una morsa dolorosa e fastidiosa al tempo stesso che non mi lascia scampo.

Tentando di tenere sotto controllo il tumulto interiore che mi scuote deglutisco, la bocca lievemente impastata.

- L'idea mi è venuta per caso a dire il vero – riprende a parlare, non smettendo neanche per un attimo di stringermi mentre il fuoco del discorso muta lievemente, confondendomi maggiormente – Lizzie doveva svolgere un tema su come ciascuno di noi possa essere utile per gli altri, migliorare la vita delle altre persone – afferma ancora, i suoi polpastrelli che si rilassano appena.

La pelle sulle sue nocche, infatti, smette di essere tesa  mentre la sua voce si carica, al contrario, di una sensazione differente ora. Appare quasi impregnata di una strana determinazione, una intensità diversa e che non avevo mai notato.

In qualche modo le diverse percezioni che intuisco agitarlo mi confondono, sfocando e rendendo al tempo stesso più nitide le sue frasi. Qualcosa di istintivo, infatti, forse il sesto senso, mi porta a pensare che quello che mi sta dicendo è una delicata confessione, una confidenza intima e sua.

Seguendo questa impressione inspiro lentamente l'aria, il vento che ci sferza debolmente mentre il suo modo di raccontare, come sempre, mi assorbe completamente.

- Mi sono così ritrovato a pensare a quello che faccio, al mio lavoro  - afferma deciso, quella stesa vigorosa scintilla che lo fa suonare quasi incalzante – A come in qualche modo il mio mestiere aiuti molte persone ma non abbia aiutato Tom – continua, ora più mesto e fievole, il tono che crolla drasticamente rasentando la consistenza di un mormorio.

Sempre più volubile ed emotiva mi irrigidisco appena, ritrovandomi a stringere istintivamente più forte le sue mani come per  infondergli coraggio, fargli sentire la mia vicinanza.

Solo dopo un attimo, però, mi rendo conto che non sto ricercando la sua vicinanza per confortarlo, ma, semplicemente, per sentirlo vicino e, in qualche contorto modo, rassicurarmi.

Sbatto le palpebre, gli occhi, resi lievemente più lucidi dalla commozione che pervade le sue affermazioni e il loro profondo significato, che non vedono davvero ciò che ho dinnanzi.

E solo ora mi rendo davvero conto  di come la sorte gli abbia tirato un subdolo tiro mancino. Quella stessa professione, infatti, che è per lui una grandissima passione non è bastata a salvare la vita di suo fratello,  una delle persone che assolutamente ama di più.

Un improvviso magone mi occlude la gola, turbandomi e inquietandomi mentre fatico quasi a respirare, schiacciata dal peso delle emozioni. Non mi lasciano scampo, pervadendomi spietate.

- Mi... mi è sembrato doveroso, quindi, impegnarmi in prima linea per far si che nessuno attraversi quello che ha passato la mia famiglia – sussurra ancora, il timbro che esita appena mentre  mi rendo conto di come stia mettendo a nudo davanti a me un lato che non conoscevo.

Forse il più nascosto e profondo, realizzo commossa e scombussolata.

- Le visite, le cure … vedere qualcuno a cui vuoi bene che lentamente scompare – sospira a fatica, perdendosi probabilmente tra i ricordi di quei momenti dolorosi mentre un'altra fitta di tristezza mi trafigge.

Prende poi un respiro profondo e incerto, il suo torace che si gonfia contro la mia schiena mentre il suo dispiacere e il suo  interiore risultano nitidi e lampanti quasi.

Così trasparenti e concreti da raggiungermi, estendendosi fino a me mentre mi ritrovo catalizzata  da ciò che mi sta dicendo, dettagli di un quadro che sto lentamente imparando a decifrare.

Deglutisco.

- Ho così pensato che questo aiuto deve essere accessibile a tutti, non solo a chi può permetterselo, come è stato nel nostro caso, ma anche per le persone meno fortunate – conclude convinto, una fiammella di una sensazione differente che lo caratterizza ora e che io non comprendo istantaneamente mentre calca volutamente su “deve”, facendolo suonare quasi come un imperativo e trovandomi d'accordo.

Lucido e limpido, risulta infatti un misto di amarezza e decisione, come se avesse colto il meglio dall'esperienza traumatica che lo ha sconvolto.

Ne ha, semplicemente, tratto voglia di vivere, comprendo l'istante dopo, ricordandomi le sue parole solo di qualche attimo fa, che ancora riecheggiano dentro di me.

Non ho, però, il tempo di pensare o dire qualcosa dal momento che lui mi interrompe ancora, spezzando di netto le mie elucubrazione con una cosa che mi lascia basita, sempre più sconvolta.

- E' per questo che  ho creato una fondazione – mi confida sincero e onesto, una palpabile commozione che non lo abbandona neanche per un secondo mentre io sbarro basita gli occhi, stupita da questa rivelazione inaspettata.

L'incedere del mio cuore diventa adesso una sfrenata tachicardia, velocizzandosi mentre mi ritrovo a sbattere sorpresa le palpebre, lo sconcerto che pulsa forte dentro di me.

Una fondazione? Mi chiedo ammutolita, le labbra dischiuse irrazionalmente, ma afone da cui non esce alcun suono. Ha fondato una fondazione?

Il corposo desiderio di guardarlo in faccia, di girarmi e potermi specchiare nelle sue iridi, diventa più petulante e pressante dentro di me, nitido. Tuttavia, riesco a contenerlo, non dandovi sfogo e comprendendo contemporaneamente quanto questo strano abbraccio sia per lui una sorta di rifugio in questo momento così intimo.

Ne ha bisogno in qualche modo e anche io ce l'ho, considero ancora stupefatta dalla generosità del suo gesto, dei suoi intenti e delle sue intenzioni.

La sua bontà d'animo mi colpisce come una frustata, soppiantando lo stupore con un forte moto di apprezzamento.

Ed è proprio mentre nella mia testa lentamente inizia a delinearsi lo scopo di questa nostra visita in questo posto desolato che un senso di intensa ammirazione mi scuote, lambendomi con le sue spire bollenti e forti, concrete.

Ignaro di ciò che mi sta sconvolgendo Andrew continua a spiegarmi, infervorandosi emozionalmente mentre mi parla.

- Ho così iniziato a raccogliere fondi, cercare finanziamenti – mi dice, muovendosi impercettibilmente sul posto mentre io annuisco, lo sguardo perso nel vuoto mentre assorbo tutte queste informazioni – La sera che ci siamo incontrati … era una di quelle cene di beneficenza – sospira esitando appena mentre istantaneamente nella mia testa si proiettano le immagini di quella serata, del suo sorriso e del nostro ballo al centro della sala.

Soffio lentamente l'aria tra le labbra mentre irrazionalmente sfrego il pollice sul dorso della sua mano, una carezza appena accennata che percorre la sua pelle.

Seguo la lieve curva delle nocche con il polpastrello mentre persistiamo nel rimanere immobili, statici e fermi.

Andrew si quieta appena l'attimo seguente, sciogliendo la postura alle mie spalle in uno strano alternarsi di calma e nervosismo, perfetta e speculare espressione del mio attuale stato d'animo.

Lo stesso che mi fa capire quanto sforzo stia facendo nei miei confronti, come si stia mostrando senza alcuna difesa a proteggerlo.

Si sta esponendo, mostrandomi un qualcosa che lo appassiona e che è il suo sogno, quello che lo anima, unicamente.

E un altro fiotto di intensa stima mi coglie, riversandosi ad ondate mentre questa consapevole realtà mi investe in pieno.

- E tutto per questo – sussurra accoratamente con voce rotta, in un modo così carico di sensazioni da risultare toccante mentre allude a quello che comprendo essere un suo massimo scopo, un fine che porta avanti con devozione e impegno da tempo.

Un qualcosa per cui è disposto a tutto.

E il fatto che me ne stia facendo partecipa, che mi permetta di compiere un ulteriore passo nella sua vita mi elettrizza e fa piacere al tempo stesso, facendomi sentire incredibilmente lusingata e colpita.

Mi sta aprendo il suo mondo, giocandosi tutto senza alcuna remora.

La stretta al mio stomaco aumenta simultaneamente diventando così serrata da spezzarmi il respiro in gola, lo sguardo sempre più lucido e commosso che tradisce il mio precario stato emotivo.

Ed io mi ritrovo a ringraziare distrattamente per il fatto che non possa vedermi in questo momento in viso, troppo stravolta per riuscire a controllarmi.

Il mio pensiero viene, però, disatteso l'attimo seguente quando Andrew, cogliendomi di sorpresa, allenta improvvisamente la morsa su di me nel tentativo di allontanarsi.

La presa sui miei fianchi scivola, difatti, inesorabilmente via mentre, stordita da questo improvviso movimento, agguanto istintivamente la sua mano, non volendolo irrazionalmente lasciarlo andare.

Le mie dite ritrovano le sue mentre lo trattengo, impedendogli di abbandonarmi del tutto mentre compie contemporaneamente un passo di lato.

Positivamente agitata inclino il viso per guardarlo più agevolmente, il calore del suo corpo che mi abbandona, svanendo velocemente. Si perde nell'ennesima e gelida folata di vento, annullandosi.

Stupefatto dal mio atto mi rivolge una lunga occhiata da sotto le ciglia, contraccambiandola senza la minima esitazione.

Cosa che mi porta a sorridere debolmente.

Momentaneamente silenzioso  mi indica poi con un cenno il casermone davanti a noi, un sottile filo logico che ora ricollega le sue parole a ciò che mi ha appena rivelato.

- E' una ex industria tessile, ormai dismessa e in disuso da dieci anni – mi spiega placidamente, pacato e autoritario mentre io torno ad adocchiare stralunata quella struttura, scorgendone nuovamente le pareti scrostate e ingrigite.

- Sono riuscito a bloccarlo per farne la sede della fondazione – mi spiega con onesta semplicità, una nota di soddisfazione ben distinguibile.

Ed io mi ritrovo a rendermi sempre più conto di tutto l'amore che sta investendo in questa cosa, davvero nobile e generosa.

Ammaliata ed emozionata almeno quanto lui faccio scivolare gli occhi sul suo profilo rivolto verso la fabbrica, percorrendolo lentamente mentre persisto nel non dire nulla.

Probabilmente neanche volendo ci riuscirei visto il magone che mi attanaglia, considero disattentamente.

- Come ben sai, però, il mio fondo fiduciario è stato bloccato – mormora nuovamente, flettendo ora la voce in modo lievemente più amaro e cupo, un'espressione più scura che scende sul suo volto mentre muove impercettibilmente le labbra – E beh quindi non posso comprarlo, il mio stipendio da dottorino, come direbbe tua madre, non basta – soffia ancora, lanciandomi ora una eloquente occhiata di sottecchi che mi sferza.

Vergognandomi per il soprannome dispregiativo affibbiatogli da mia mamma incasso il capo tra le spalle, arrossendo vigorosamente imbarazzata.

Lui, al contrario, appare lievemente più quietato, una fugace scintilla di ilarità che gli attraversa brevemente gli occhi, rendendo la sua battutina più scherzosa che indispettita o offesa, allontanando di fatto il mio disagio.

- Ora ho fatto la richiesta per ottenere la concessione della licenza – sogghigna lievemente compiaciuto, la pressione sulla mia mano che si rafforza quasi a volermi trasmettere tutta la sua felicità a riguardo – Tutto sembra andare per il meglio – sussurra, provocandomi un tenero sorriso di comprensione e dolcezza, condividendo la palpabile gioia che sono convinta travolga anche lui.

- Devo solo aspettare il termine che ho – sussurra morbidamente, quasi pensieroso mentre io aggrotto la fronte, non capendo a cosa si riferisce, ma, prima che io possa dire qualcosa, è lui stesso a spiegarmi, schiarendomi le idee – Il mio fondo fiduciario verrà  sbloccato il giorno del mio ventottesimo compleanno e, tra quello e i soldi che ho già raccolto, vorrei creare un centro all'avanguardia per le persone che ne hanno bisogno – mi spiega con semplicità, non distogliendo neanche per un attimo di fissarmi.

Mi lascia libera di captare tutti i sentimenti che lo animano, i pensieri che lo attraversano e il  che ha provato, lontano ma non abbastanza da essere dimenticato.

Ed è proprio scorgendo tutto ciò  che mi rendo intimamente conto di come, in questo suo bisogno di aiutare gli altri, forse confluisca anche la volontà di rimediare alla mancanza che pensa di aver avuto nei confronti di Tom. La stessa che in qualche modo non si perdona.

Vuole esserci per altri come non è potuto esserci per suo fratello, realizzo finalmente sbarrando gli occhi, il cuore che sbatte violentemente nel mio petto e pulsando più forte sangue nelle mie vene.

Ma la vera consapevolezza, che mi priva definitivamente del respiro e di quel briciolo di razionalità che mi resta, mi pervade, sottolineando di conseguenza quanto io sia importante per lui visto il suo coinvolgermi in questa cosa.

Piacevolmente basita, lo guardo senza parole, non sapendo cosa dire. Niente, infatti, sembra adeguato davanti all'immensità del suo gesto, di ciò che mi scatena.

E io non resisto oltre, riuscendo a palesare tutto ciò che sento verso di lui in un unico modo.

Con un veloce passo verso nella sua direzione, infatti, annullo la distanza che ci divide, facendola svanire in un soffio mentre gli butto semplicemente le braccia al collo, finendo per stringerlo più forte di quello che vorrei.

Le mie labbra tremanti trovano le sue l'attimo seguente, il suo respiro che mi solletica bollente il viso mentre si incontrano, assaporandosi dolcemente.

Ed in questo bacio semplicemente investo ogni emozione che mi ha provocato, mi gioco tutto nel tentativo di fargli capire cosa provo per lui.

Un po' sorpreso ed interdetto dalla mia reazione inaspettata e in qualche modo fuori luogo Andrew risponde con una frazione di secondo di ritardo, muovendo lentamente la bocca contro la mia.

Il suo sapore invade il mio palato nel medesimo momento in cui serra le braccia intorno a me, avviluppandomi in un abbraccio intenso e deciso che fa aderire totalmente i nostri toraci.

Ci stacchiamo una manciata di secondi dopo, tuttavia, i respiri lievemente accelerati e il fiato spezzato in gola che ci rende ansanti.

Deglutendo lui mi rivolge poi un flebile sorriso, quelle sensazioni forti che non lo abbandonano, persistendo nell'illanguidire e rendere più lucida la sua occhiata.

- E' davvero un bellissimo gesto – soffio onestamente in un mormorio appena udibile, impalpabile e sincero.

Quasi timidamente lui annuisce, ribattendo subito dopo.

- Vieni, ti faccio vedere l'edificio – mormora, afferrando nuovamente la mia mano mentre lo indica con un cenno, il suo timbro basso e caldo che mi solletica l'udito in modo dolce e carezzevole.

Mi  suscita una fitta di amorevolezza mentre rimango immobile a osservarlo per una manciata di secondi,  mentre un  sorriso lieve e pallido, quasi fremente, gli increspa pacatamente la bocca, illuminandolo.

Senza esitare faccio intanto scivolare più agevolmente le dita tra le sue, gelide e infreddolite, stringendole in una stretta salda mentre acconsento con un cenno del capo.

Ci muoviamo l'attimo seguente, compiendo un passo in avanti mentre Andrew mi fa silenziosamente strada.

Nessuno dei due dice nuovamente nulla, il sapore delle sue labbra ancora ben nitido e presente sulla mia, lievemente dischiusa, mentre ognuno rimane chiuso nell'intimità dei propri pensieri.

Cercando di ritrovare un minimo di lucida razionalità scrollo poi le spalle, i miei capelli gonfi che sfregano contro il tessuto del cappotto producendo un lieve frusciare.

Con gli occhi quasi sbarrati mi guardo in seguito nuovamente intorno, il pressante bisogno di trovare altri indizi o informazioni su questo posto così importante e basilare per lui.

Solo in seguito, superando con una occhiata veloce le innumerevoli finestre dei piani superiori, noto una luce neon posta sopra l'entrata, una griglia di metallo arrugginito che la imprigiona.

Spezza appena la penombra che ci circonda, avendo la probabile funzione di schiarire  limpidamente lo spazio vicino l'uscio.

Raggiungiamo il casermone subito dopo, la sua imponente presenza che grava  pesantemente su di noi, inspirando una tremolante boccata d'aria mentre cerco istintivamente di rilassarmi impercettibilmente. Cosa che, però, non riesco a fare.

Il pressante senso di ansia e nervosismo, sebbene ora più positivo, persiste nel provocarmi un senso di irrequietezza e portandomi ad irrigidire appena la postura.

Fremente di sapere come pensa o come sta reagendo a tutto questo lo scruto attentamente da sotto le ciglia, trovandolo inaspettatamente calmo e posato mentre affonda la mano libera nella tasca del suo giaccone.

E ancora una volta io mi ritrovo a sprofondare tra le mie elucubrazioni, rendendomi conto del passo importantissimo che sta compiendo nei miei confronti,  rendendo partecipe della sua vita, delle sue speranze e delle sue aspettative.

Scossa, deglutisco a fatica, un commosso magone che non riesco a sopprimere o scacciare e che persiste nel tormentarmi.

Tuttavia, è Andrew stesso a distogliermi dai miei pensieri l'attimo seguente, muovendosi lievemente sul posto in modo confuso.

Interdetta aggrotto la fronte mentre inclino appena il viso per poterlo guardare più facilmente, scorgendolo ricercare qualcosa di indefinito.

Un tintinnare metallico anticipa di qualche breve secondo il semplice movimento con cui le sue dita tirano poi fuori le chiavi, scintillanti sotto la luce giallastra e ad intermittenza.

Con una rapida occhiata lo scruto rigirarsele in mano mentre con lo sguardo azzurro cerca quella giusta, una dal bordo rosso che individua l'istante dopo.

Solo ora, fissandola attentamente, mi rendo conto di averla notata più e più volte tra le altre senza, però, mai intuirne il suo reale valore.

Ammutolita mi stringo tra le braccia mentre lui la infila celermente nella toppa, aprendo la serratura con un movimento secco e rotatorio del polso, producendo un sinistro e cupo cigolio che spezza la tranquillità che ci circonda.

Prendendo un'altra boccata d'aria lo scruto appoggiare il palmo sulla superficie rigida e ruvida, esercitandovi una lieve pressione e schiudendola quasi totalmente.

Freneticamente esagitata mi mordo il labbro inferiore, torturandolo con gli incisivi, mentre Andrew compie una falcata in avanti, entrando, senza mai sciogliere la presa su di me, e trascinandomi con se.

Con una intensa palpitazione a pulsare vigorosamente sangue nelle mie vene ed arrossarmi le guance lo seguo docilmente, un sottile odore di umido e di posto chiuso che mi solletica le narici istantaneamente.

Una torbida oscurità permea l'ambiente, non permettendomi di distinguere nulla.

Il poco chiarore, infatti, che proviene dall'esterno e dalle varie finestre non basta ad intaccarla e a permettermi di guardarmi intorno come vorrei, non scorgendo nulla.

Con il respiro lievemente accelerato tento irrazionalmente di captare qualche indizio, l'eco del ticchettio dei miei stivali sul pavimento che rimbomba in modo quasi tetro, facendomi intuire la totale assenza di mobili nella stanza.

Deve essere completamente vuota, mi dico nell'intimità dei miei pensieri.

Ipotesi che viene confermata l'attimo dopo quando Andrew accende la luce con un gesto veloce delle dita che mi sfugge, una famigliarità insita nei suoi movimenti che mi porta a considerare come si sappia muovere agevolmente in questo posto.

Ci sarà sicuramente stato altre volte, rifletto ricordandomi distrattamente della sua perfetta mania di avere tutto in ordine e sotto controllo.

Tuttavia, è ben  altro subito dopo a riscuotermi dal mio rimuginare.

A causa dell'improvviso fulgore, infatti, sono costretta a socchiudere gli occhi, le pupille ferite dalla sua troppa intensità.

Una fitta di curioso interesse, però, vince questo fastidio subito dopo, trafiggendomi e spingendomi a guardarmi smaniosamente attorno.

Una ampia camera dal perimetro rettangolare si apre istantaneamente davanti a me, l'alto soffitto che la fa apparire quasi gigantesca, immensa nella sua vastità.

Impaziente ed eccitata, vi faccio scivolare celermente lo sguardo, adocchiando i muri bianchi appena ingrigiti, quasi a riprova del tempo trascorso dall'ultima volta che l'hanno utilizzata.

Su quelli laterali sono presenti due squadrate aperture che portando ad altrettante stanze mentre, sulla parete orizzontale e più lunga è presente unicamente  una grande e alta finestra che la intacca, la pallida sagoma della luna appena percepibile.

Deglutendo faccio poi scivolare l'attenzione sul vecchio lampadario che intacca l'intonaco, funzionante per metà. Alcune lampadine, infatti, sono spente mentre altre si accendono e spengono ad intermittenza, palesando il loro malfunzionamento. Nessuno deve usarle da molto tempo, considero mentre simultaneamente Andrew segue la direzione del mio interesse, spiegandomi.

- Il tecnico mi ha detto che l'impianto elettrico è sicuro, ma ci sono delle piccole cose da modificare – soffia mestamente, un alone di soddisfatto divertimento che permea la sua voce, rendendolo più rilassato e calmo rispetto a poco fa.

Annuendo mi volto verso di lui, riabbassando gli occhi e comprendendo la sua allusione mentre ridacchio lievemente a causa della sua battuta.

Gli riservo subito dopo una lunga ed intensa occhiata, ringraziandolo silenziosamente di avermi mostrato tutto questo, un forte piacere che si acutizza dentro di me attimo dopo attimo.

Intuendolo, lui si limita simultaneamente a ricambiarla, piegando appena il viso, mentre una sensazione di sfarfallio allo stomaco mi coglie, facendomi sentire come preda delle vertigini e rendendo più distinta  la voglia di baciarlo. Ancora.

Non ho però il tempo materiale di lasciarlo prevalere e farlo visto che mi continua ad informare, concretizzando il suo progetto con parole tangibili.

- Comunque, qui vorrei mettere l'accettazione – afferma sicuro, una punta di materialità che rende più basso il suo tono mentre io mi ritrovo ad adocchiarlo ammaliata.

Attenta, infatti, seguo momentaneamente il suo profilo delicato e pallido, ritrovandomi nuovamente a considerare tutto l'amore che sta investendo in questa cosa, ben percepibile nel suo modo di fare.

Alza poi improvvisamente una mano, indicandomi, con occhi scintillanti, il muro davanti a noi, richiamandomi alla realtà.

- Esattamente lì voglio mettere una ampia vetrata – mormora mentre io, contemporaneamente, torno a fissare la parete su cui spicca la finestra – Voglio che ci sia molta luce, non che sia un ambiente cupo e triste – continua, riferendosi alla sensazione di speranza che solo la luce del sole sa infondere e dare mentre io sbatto le palpebre, le sue frasi appena mormorate che si concretizzano lentamente davanti a me.

Quasi come se le cose prendessero vita improvvisamente iniziano ad assumere un contorno ed una forma nitida, emergendo dalla mia immaginazione.

Per un attimo, infatti, si proietta davanti a me la sagoma di un bancone dell'accettazione in legno chiaro con alcuni fogli sul ripiano, magari un computer in un angolo e una infermiera che digita indaffarata sulla tastiera alcuni dati.

Un soffuso vociare, quasi come se fossero veramente presenti alcune persone, fa da sfondo al viaggiare lontano della mia testa mentre ipotizzo qualche rigogliosa e verde pianta a rendere il tutto meno asettico e freddo.

In qualche contorto modo questa visione fantasiosa mi causa un senso di commozione ineguagliabile, una fitta di sentimenti ed emozioni che mi disarmano.

- Voglio buttare, invece, giù quel muro e collegare così le due stanza – afferma ancora Andrew, riprendendo a parlare mentre io mi ritrovo totalmente assorbita dal momento, da ciò che mi circonda e che risulta razionalmente invisibile.

In qualche modo, infatti, mi ritrovo a guardare la realtà momentaneamente con i suoi occhi, le sue idee che diventano le mie mentre interessata adocchio il muro alla nostra sinistra, una piccola architrave che collega le due camere.

Con un lieve e delicato strattone Andrew mi ci trascina l'attimo seguente, costringendomi ad attraversarla mentre i tonfi sordi e pesanti dei nostri passi rimbombano, facendo da sottofondo al nostro incedere.

La prima cosa che noto, non appena vi metto piede, è una imponente e larga scala, il corrimano in legno scuro, tarlato ed impolverato, e i gradini spaziosi, il marmo un tempo bianco e lindo ora sporco e scurito.

Deve probabilmente condurre al piano superiore, rifletto curiosa arricciando il naso

- E voglio anche far installare un ascensore – aggiunge, snocciolando una cosa dietro l'altra mentre mi rendo conto di quanto sia importante, se non addirittura basilare,  per trasportare le persone senza doverle muovere troppo oppure spostarle in barella.

Nuovamente  ne ipotizzo i tratti e fantastico sui colori, come apparirà l'ambiente una volta che i lavori saranno completati e ultimati o che atmosfera infonderà.

Una intensa scarica di adrenalina e gioia mi scuote , portandomi a voltarmi istintivamente verso di lui, pimpante e deliziata.

- Mi piace – ammetto semplicemente, sorridendo appena mentre l'idea di poco fa si arricchisce nuovamente, diventando più dettagliata.

Andrew non ribatte nulla, limitandosi ad aprirsi in un ghigno pacato e così spontaneo da farmi mancare un battito, trasformando l'incedere del mio cuore in una sfrenata tachicardia che non so frenare o arrestare.

Interiormente scombussolata deglutisco, rimanendo affascinata e imbambolata a fissarlo, un misto di esaltazione e dolce, partecipata passione che mi porta a soffiare l'aria tra i denti mentre il bisogno di averlo, di allontanare questi terribili attimi in cui non posso sfiorarlo si fa più chiaro.

È come, infatti, se sentissi la necessità di manifestargli con i gesti ciò che mi ha suscitato, ciò che si agita così profondamente.

Ed io non la sopprimo, rendendomi conto che neanche volendo probabilmente ci riuscirei.

Senza dire nulla e persistendo nel trafiggerlo col mio sguardo scuro, compio un istintivo passo in avanti, avvinandomi pericolosamente a lui mentre sciolgo contemporaneamente la presa sulla sua mano.

Le mie dita, infatti, abbandonano le sue nel momento stesso in cui i nostri corpi si sfiorano flebilmente mentre Andrew mi fissa sorpreso e stordito.

Fremente e ansiosa di lui appoggio i polpastrelli sulle sue spalle ampie, la morbida consistenza del giaccone che indossa che li solletica appena mentre deglutisco, sentendomi nuovamente disarmata e priva di alcuna difesa, vulnerabile. Come sempre, in fondo, quando si tratta di lui.

È come, difatti, se in qualche contorto modo il suo abbassare totalmente le sue barriere avesse provocato un sgretolarsi delle mie, che si sono  sciolte semplicemente come neve al sole.

Mentre tutti questi pensieri mi affollano distrattamente la mente e il mio respiro diventa accelerato, passo le braccia intorno al suo collo, spingendomi subito dopo in punta di piedi per farlo più agevolmente.

I nostri visi, ora quasi alla stessa altezza, risultano terribilmente vicini, il suo ansare placido che mi sfiora delicatamente la guancia, accarezzandolo silenziosamente mentre, irrazionalmente, i suoi occhi si posano sulla mia bocca dischiusa, agognante  di un suo bacio.

Ne percorrono lentamente la linea carnosa, facendomi mancare un battito mentre una insistente ondata di calore mi avvolge, dolce e carica di amorevolezza.

Risulta incredibilmente casto come sentimento, nonostante una punta di frizzante voluttuosità la renda appena più bruciante, totalizzante.

Il mio rimuginare, tuttavia, viene soppresso sul nascere l'istante seguente, quando lui annulla con un movimento repentino i pochi centimetri che ci dividono.

Appoggia, infatti, la bocca sulla mia, stringendomi istantaneamente in un abbraccio serrato e avviluppante mentre io mi ritrovo a muovere la mia spontaneamente contro la sua, assaporandola lentamente.

Il fiato spezzato e il viso improvvisamente in fiamme mi inarco maggiormente contro di lui, finendo quasi per produrre un leggero e piacevole strusciamento che mi annebbia totalmente la razionalità, accantonandola.

Investo tutto in questo bacio, ogni emozione, ogni pensiero ed ogni domanda inespressa.

Semplicemente, mi gioco tutto.

Con gli occhi serrati poso il palmo contro la sua nuca, avvicinando di più i nostri volti mentre i suoi capelli fini e biondi sfregano con la mia pelle delicata.

Il suo sapore invade il mio palato l'attimo seguente, quando anche le nostre lingue entrano in contatto, accarezzandogli smaniose.

Siamo, tuttavia, costretti ad allontanarci l'attimo seguente, purtroppo troppo presto.

I miei polmoni, infatti, reclamano furiosamente ossigeno, bruciando come non mai mentre persisto nel rimanere con le palpebre abbassate, prendendone una lunga boccata.

Deglutendo affannata mi stringo di più a lui mentre non dico nulla, limitandomi unicamente ad appoggiare la guancia contro la sua, il suo profumo inebriante che mi stuzzica l'olfatto.

Le sue dita, posate sui miei fianchi, scivolano ora sulla mia schiena, finendo di conseguenza per premermi in modo più sfacciato contro di se.

Questo gesto, in qualche modo, mi porta a sogghignare compiaciuta, il pensiero che anche lui abbia bisogno di avermi addosso e di condividere tutto quello che sta provando che mi attraversa celermente la mente.

Un moto di dolcezza e tranquillità mi coglie l'attimo seguente, spingendomi a sospirare deliziata mentre lui persiste a coccolarmi, il nervosismo, positivo o meno, che ha caratterizzato questa giornata che per un attimo viene semplicemente accantonato.

Nessuno dei due dice assolutamente nulla mentre rimaniamo quasi totalmente immobili al centro di questa stanza.

Inevitabilmente, però, non posso fare a meno di pensare a quello che mi ha raccontato, di impedire al mio cervello di concentrarsi sul fatto che abbia creato una fondazione per mettersi a disposizione degli altri.

In qualche modo, infatti, il pensiero che senta il bisogno di riscattarsi per una colpa non sua, ma di cui si fa carico, mi perfora sibillina con una fitta dolente e tagliente.

Sospiro.

Quasi intuendo a cosa sto pensando e dove vertono i miei pensieri Andrew riprende a parlare, ritrovando il filo logico che ha caratterizzato il discorso di poco fa.

Ricomincia, infatti, a spiegarmi i perchè di questa scelta, partendo proprio dal posto in cui ha deciso di situare la sua associazione.

- Non ho deciso a caso di creare proprio qui la sede della fondazione – inizia a raccontarmi, andando a risolvere  un quesito che avevo taciuto e tenuto per me mentre io annuisco appena, muovendo il capo – Ma ho scelto questa zona anche è vicino all'aeroporto e stanno per costruire una fermata della metropolitana a qualche isolato di distanza – mormora, il suo tono pacato e vibrante che mi solletica l'orecchio, mentre persiste nel percorrere il mio corpo con la punta dei polpastrelli – Voglio che sia raggiungibile da tutti, anche da chi viene da fuori città – continua mestamente e, anche se non posso vederlo in viso, non fatico ad immaginare il suo sguardo lucido di emozione e sentimento.

Ogni volta che parla del suo progetto, infatti, che mi spiega qualche dettaglio una scintilla luminosa lo anima, una fiammella  che sembra ardere più intensamente dentro di lui.

È come se lo ravvivasse, constato persistendo nell'abbracciarlo.

In un gesto naturale e spontaneo appoggio le labbra sul suo collo, indugiandovi e depositandovi infine un casto bacio.

Un insieme di parole e frasi si annodano nuovamente dentro di me, diventando incomprensibili e confuse e finendo per andare ad alimentare il magone che non smette di tormentarmi.

Fortunatamente, è di nuovo Andrew a spezzare il silenzio.

- Voglio farlo diventare uno dei miglior centri all'avanguardia di tutto lo Stato – afferma ambiziosamente, risultando incredibilmente determinato e risoluto.

Per un attimo, mi ritrovo incomprensibilmente a riflettere che, probabilmente, è stato questo a farlo davvero andare avanti, la sua voglia di rimettersi in gioco e di iniziare una nuova partita con il destino.

Inspiro una profonda boccata d'aria mentre il suo tono risulta incredibilmente pacato e accorato, attraversato da una punta di commossa determinazione volta a realizzare quello che per lui è un sogno.

Ed io spero realmente che ci riesca, che realizzi ciò a cui tiene così tanto.

- Ci riuscirai – mormoro appena, la voce ridotta ad un debole sussurro carico, però, di una nitida e lampante convinzione.

È così, infatti, ne sono assolutamente certa nonostante il mio timbro si spezzi, incrinandosi a causa di una sorda ondata di emozione che non riesco a sopprimere.

Ma a togliermi totalmente il fiato è quello che mi dice dopo, lasciandomi basita e scioccata.

- Lo spero – sussurra, stringendomi più forte e saldamente a se, quasi avesse paura di vedermi svanire da un momento all'altro – Ho scommesso tutto su questa cosa, non intendo perderla come partita – afferma , portandomi a sbarrare gli occhi mentre il cuore mi schizza in gola.

Sbatte così furiosamente nella mia cassa toracica da provocarmi un ronzio alle orecchie,  portandomi subito a forzare il nostro abbraccio per poterlo guardare in faccia.

Sconvolta dalla forza e al tempo stessa fragilità delle sue parole lo fisso con la fronte lievemente corrucciata, i miei occhi dilatati che incontrano i suoi.

Stupendomi ulteriormente lui non si sottrae a questo contatto, facendo fondere i nostri sguardi e permettendomi di conseguenza di leggere ogni sfumatura delle sue riflessioni.

Non me le nasconde, consentendomi di intravedere il dolore, mai davvero superato, per la perdita del fratello che lo sprona a continuare, a dare il meglio di sé affinchè questa associazione funzioni, si realizzi.

E l'unica cosa che riesco a fare è unicamente stringere maggiormente le dita su di lui, i polpastrelli che affondano nella sua carne mentre la sua occhiata lucida e scossa mi marchia quasi a fuoco.

Il sentimento travolgente e destabilizzante che provo per lui mi investe come un fiume in piena, ora totalmente libero di esprimersi e di sfogarsi mentre si riversa nelle mie vene a fiotti, invadendomi totalmente.

Ed è proprio l'attimo dopo, quando lo vedo deglutire a fatica a causa di un nodo di sensazioni che gli impediscono di respirare normalmente, che mi rendo conto che lui ha davvero scommesso tutto su questo.

Ed io voglio fare lo stesso.

 

 

 

 

*****


 

 

Leggermente intorpidita sfrego la guancia contro la federa a quadri blu e azzurri, il cotone morbido che mi solletica tiepidamente la pelle delicata e pallida con questa lieve frizione mentre un sottile senso di stanchezza mi pervade, appesantendomi dolcemente le membra.

Castamente illanguidita sospiro, prendendo subito dopo un lungo respiro mentre un flebile penombra pervade la stanza, circondandomi di conseguenza con la sua quiete e il suo silenzio . Risulta incredibilmente pacata, tranquillizzante. E, decisamente, dopo tutto il trambusto di oggi è una cosa di cui ho bisogno.

Per un breve istante la mia testa mi porta a chiedermi dove diavolo sia finito Andrew dal momento che è ormai scomparso da parecchi minuti oltre la porta di camera sua. Non badandoci, però, più di tanto mi muovo agitata sul posto, dicendomi semplicemente che la chiamata stia durando unicamente più del previsto.

Gonfio subito dopo  il petto, percependo nitidamente una ondata del suo profumo investirmi in pieno, non lasciandomi di fatto scampo.

Il suo odore mi inebria nitidamente, infondendomi un ineguagliabile e godurioso senso di pacatezza, facendomi rilassare maggiormente. In qualche irrazionale modo mi distende, allontanando quell'impalpabile nervosismo che ancora mi attanaglia e mi stringe nella sua morsa velenosa, intossicante.

Corrucciando appena le labbra socchiudo maggiormente gli occhi, godendone appena mentre fortunatamente la mia mente si svuota celermente. Il mio consueto rimuginare, infatti, lo stesso che non mi ha dato pace per tutto il giorno, è istantaneamente scomparso, volatizzatosi nel nulla.

Piacevolmente stranita da questa realtà quanto mai inconsueta arriccio il naso, mentre il mio sorriso pallido e debole si perde nell'oscurità.

Più calma muovo impercettibilmente le gambe, le cosce nude, finendo per farle sfregare contro le lenzuola, mentre il bordo della maglia di Andrew mi solletica appena il sedere, fasciato unicamente da un paio di culotte bianche e decisamente poco sensuali.

Stringendomi leggermente tra le spalle sprofondo subito dopo maggiormente nel suo letto, il piumone caldo che continua ad avvolgermi con il suo tiepido torpore.

È ormai sera inoltrata, infatti, ed io ho deciso di rimanere a dormire da Andrew, la voglia pressante di non rimanere da sola a rigirarmi sul materasso della mia camera senza riuscire a prendere sonno.

Sono, difatti, ben consapevole di tutte le silenziose riflessioni che prima o dopo emergeranno, tornando prepotentemente a galla.

Lievemente frustrata dallo scandalo che ci ha risucchiato nel suo vortice infilo entrambe le mani sotto il cuscino, il mio seno nudo e non più imprigionato dal reggiseno che si schiaccia docilmente.

È, tuttavia, ben altro subito dopo a richiamare la mia attenzione, facendomi riemergere dal dormiveglia mentale in cui ero sprofondata senza quasi accorgermene.

- Dormi? - mi domanda incuriosito improvvisamente Andrew, la voce bassa e ridotta praticamente ad un sussurro, quasi avesse il reale timore di svegliarmi o spaventarmi.

Colta di sorpresa sobbalzo, il cuore che aumenta lievemente i  battiti a causa dello stupore e del seccante senso di paura.

Un sogghigno dolce mi stende nuovamente le labbra l'attimo seguente, nel momento stesso in cui capto la fitta di tenera amorevolezza e premure insita nel suo tono, così limpida da risultare lampante.

Scuotendo il capo in segno di diniego mi appresto l'istante dopo a rispondere, non lasciandolo in attesa.

- No – soffio semplicemente, ipotizzando contemporaneamente la sua probabile presenza sull'uscio della porta, i suoi occhi posati sulla mia figura avvolta tra le coperte nonostante io gli dia le spalle.

Non disattendendo le mie ipotesi il rumore fievole dei suoi passi strascicati sul parquet solletica subito dopo il mio udito, giungendo alle mie orecchie e facendomi intuire il fatto che si stia avvicinando.

Impaziente di averlo addosso o anche solo vicino giro il viso verso sinistra, nella direzione del posto in cui dorme abitualmente quando ci sono io.

Cosa che, ultimamente, è diventata una dolce abitudine. Abbiamo dormito spesso insieme, infatti, il piacere di riposare tra le tue braccia che è diventato giorno dopo giorno un pressante bisogno.

La mia mente viene così invasa da tutti quei momenti, compreso quello di poco fa, prima che l'insistente squillare della sua suoneria lo portasse ad alzarsi e a rispondere, purtroppo, lasciandomi da sola a letto.

Ricordandomi improvvisamente della sua chiamata, però, aggrotto lievemente la fronte, soffiando le parole subito dopo in modo ironico e sarcastico.

- Cosa ti hanno offerto sta volta?- bofonchio al suo indirizzo, i suoi piedi scalzi che producono solo dei lievi tonfi, così leggeri da risultare impercettibili mentre alludo chiaramente a tutte le chiamate che ha ricevuto dai giornalisti.

Innumerevoli, sbuffo sommessamente rendendomi conto di aver ormai perso praticamente il conto.

Non appena abbiamo lasciato il casermone e riacceso i cellulari siamo stati praticamente sommersi dalle telefonate delle più svariate redazioni dei giornali di gossip di New York, pronti a fare promesse e giocarsi tutto pur di avere una nostra dichiarazione o anche solo una intervista.

Spazientita lo avevo nuovamente spento subito dopo, limitandomi a mandare un semplice messaggio a Sam, avvisandola che sarei rimasta a dormire da Andrew. Non avevo contattato nessun altro, lasciando a mio padre l'incombente impegno di sorbirsi le lamentele sicuramente isteriche di mia madre.

Peccato che non appena abbiamo raggiunto casa sua abbiamo trovato altri fotografi appostati, che si sono subito apprestati a scattare foto e fare domande mentre noi ci infilavamo velocemente nel portone.

Una penetrante fitta di fastidio, a questa riflessione, mi attanaglia, trapassandomi irritatamente il petto.

È, tuttavia, la sua risatina divertita, subito dopo, a farla scemare irrazionalmente via, solleticandomi deliziosamente mentre aggira il letto.

- Nulla - mi risponde finalmente dopo una manciata di secondi, quella nota di ilarità che rimane intatta nel suo timbro caldo e basso - Era Jim, il portiere, che mi  ha solo avvisato che i paparazzi se ne sono finalmente andati – afferma ancora, mellifluo e pacato, quasi sollevato.

Nel momento stesso in cui mormora queste parole si lascia cadere seduto sul bordo del letto, il materasso che si abbassa sotto il suo peso mentre posso finalmente intravedere il suo profilo nella penombra.

Con il capo appena inclinato verso di me risulta girato di tre quarti, la pelle pallida della sua schiena nuda che risalta mentre io mi ritrovo a chiedermi distrattamente se non abbia freddo.

Tuttavia, troppo alleggerita da ciò che mi ha detto non ci bado poi troppo, non soffermandovici.

Mi limito semplicemente ad annuire mentre un ineguagliabile senso di sollievo mi travolge in pieno, allentando la morsa nervosa e spasmodica che ha stretto fino ad ora il mio stomaco, non permettendomi di rilassarmi totalmente.

Finalmente, rifletto nell'intimità dei miei pensieri mentre anche lui non dice nulla.

Allunga subito dopo una mano verso di me, cogliendomi nuovamente in contropiede mentre, con un gesto naturale e spontaneo delle dita, la appoggia sulla mia schiena, accarezzandola flebilmente.

Con un movimento appena circolare  mi accarezza le scapole, arrivando fino a lambirmi le spalle, solleticandole con la punta dei polpastrelli.

La mia pelle si vela subito di brividi, il calore del suo tocco che supera la sottile consistenza del cotone della maglia, raggiungendomi e causandomi un lungo sospiro.

Quasi sul punto di fare le fusa, difatti, chiudo totalmente gli occhi, ritrovandomi a goderne appieno mentre lui persiste a coccolarmi teneramente.

Lo stesso identico senso di dolcezza che mi ha colto nel momento stesso in cui mi ha mostrato il posto in cui la sua fondazione avrà luogo.

Uguale e diversa al tempo stesso mi scuote sibillina e sincera, subito intensificata dai ricordi di quei momenti che si proiettano davanti a me, tornando ad essere concreti e vividi.

Il respiro mi si spezza, nuovamente, in gola, quasi come se li stessi rivivendo. Un identico senso di commozione mi travolge nuovamente non appena la mia razionalità mi sottolinea ancora l'importanza del suo gesto, di come si sia giocato davvero tutto con me.

E questa consapevolezza non fa altro che accrescere il sentimento che provo per lui, diventando devastante.

Si dipana a fiotti dentro di me, come se non smettesse mai di pulsare e man in mano che i secondi si trasformano in minuti si rafforzasse, diventando forte e vigoroso. Sicuro.

- A che pensi? - mi chiede nuovamente all'improvviso, cogliendomi impreparata e di sorpresa.

Persistendo a rimanere seduto e con le spalle lievemente curvate al in giù mi porta ad aprire di scatto gli occhi, quel grumo di emozioni e pensieri che però non riesco ad allontanare del tutto e che rimangono sul fondo della mia mente, facendovi da sottofondo.

-  A quello che mi hai mostrato oggi – ammetto sincera, accarezzando con una lunga occhiata i suoi lineamenti mentre non riesco a nascondere il tremolio emozionato che mi incrina la voce, celandolo malamente dietro una maschera di onestà. - Alla tua fondazione – mi spiego meglio, stringendomi quasi timidamente tra le braccia mentre il mio cuore sbatte scalmanato e forte nel mio petto, pompando freneticamente sangue nelle mie vene.


Anche se non posso distintamente intravedere la sua espressione ho la netta percezione che stia aggrottando la fronte, probabilmente confuso e interdetto dal mio improvviso cambio di discorso.

Il  leggero silenzio in cui si chiude subito dopo mi causa una ondata di bollente rossore, facendomi tendere impercettibilmente mentre non comprendo se questo lo abbia semplicemente stupito o se lo infastidisca.

Una punta di ansia mi perfora tagliente e sinuosa l'istante seguente, portandomi ad affondare i denti nel mio labbro inferiore e lasciandomi avvolta unicamente da un senso di confusione che non riesco a scacciare o diradare.

In qualche modo, infatti, la paura che possa aver frainteso il mio mormorio con l'invadenza mi suscita un reverenziale timore, pressante ed intenso.

Fortunatamente è Andrew stesso a spezzare il mio tormentarmi subito dopo, riprendendo a parlare.

- A si? - mi chiede l'attimo seguente, una nota di percepibile e positivo sgomento che impregna il suo timbro, facendomi tirare finalmente un sospiro di sollievo nel constatare che non è irritato dalla mia affermazione.

- Si – ribatto velocemente io mentre le sue dita non esitano, persistendo nell'accarezzarmi le delicatamente, in modo dolce mentre un improvviso quesito  mi attraversa la mente, portandomi a continuare a chiedergli – Quando comincerai i lavori? - gli domando subito dopo, rendendomi conto di non saperlo.

Non me lo ha, infatti, detto o anche solo accennato, limitandosi unicamente a parlarmi di come vorrebbe trasformarlo o arredarlo, la funzione di ogni singola stanza senza svelarmi la data importante in cui tutto avrà inizio.

Aggrottando lievemente la fronte attendo pazientemente la sua risposta, deglutendo mentre la speranza di non superare il limite tra intimità e irruenza rimane ben salda dentro di me.

- Credo a breve – mi risponde l'attimo seguente, non esitando minimamente mentre qualcosa nel suo tono mi porta a pensare che stia sorridendo soddisfatto e compiaciuto – Ci sono un po' di cose da ristrutturare, userò i fondi che ho raccolto e i quelli che ho messo da parte – mormora mestamente determinato, la punta delle sue dita che si perde tra i capelli scompigliati che mi ricoprono la spalla destra, sfiorandoli sommariamente.

Ricordandomi cosa mi ha detto solo qualche ora fa annuisco nuovamente, rendendomi conto dello sforzo non solo di energie fisiche e mentali che sta mettendo in campo.

Sta anche investendo molto a livello economico, privandosi magari di qualche comodità superflua per poter aiutare gli altri. Cosa davvero onorevole e di grande merito.

Nuovamente, però, Andrew riprende a parlare.

- Certo, a meno che non passi la riforma – soffia, riservandomi una occhiata intenerita e che mi accarezza delicatamente i lineamenti del viso.

Confusa, non comprendo all'istante a cosa si stia riferendo, rimanendo ammutolita e stordita.

A cosa allude? Mi domando scombussolata, non capendolo.

La risposta arriva subito dopo, non appena anche lui intuisce il mio essere interdetta, spiegandosi meglio e più limpidamente.

- Se la riforma sanitaria passa al Congresso avrò dei finanziamenti dallo Stato – afferma deciso e pacato al tempo stesso, continuando a coccolarmi mentre gesticola appena con la mano libera – Inutile nascondere che mi aiuterebbe molto – mi dice sincero ed onesto, umile, guadagnandosi all'istante la mia totale ammirazione.

Non si vergogna, infatti, di dirmi senza alcuna remora che ha bisogno di aiuto, che  liquidità in più potrebbero che fargli comodo. Si mette semplicemente nuovamente a nudo, non celandomi nulla.

Una immediata voglia di aiutarlo in prima persona, di portargli giovamento e di poter semplificare il suo lavoro nel modo più diretto possibile mi perfora istantaneamente, una stilettata invisibile che mi trafigge il cuore senza alcuna pietà.

Piacevole ed intensa come non mai risulta quasi una necessità, un bisogno intrinseco e ancestrale di farlo stare bene, di essere premurosamente complice in questa cosa.

- Mio  padre me ne ha parlato molte volte – mormoro al suo indirizzo mentre simultaneamente riemergono dalla mia memoria tutti i ricordi di quei momenti, le sue parole a riguardo e il modo appassionato con cui me ne ha parlato – E' un argomento che sta molto a cuore anche a lui – continua con un sussurro mentre una idea si fa lentamente strada tra tutti questi pensieri, sorprendendomi.

Frizzante ed elettrizzante, mi tende piacevolmente mentre mi rendo unicamente ora conto di quanto mio papà potrebbe essergli utile, consigliandolo su alcune scelte o tenendolo anche solamente informato sugli sviluppi.

Il respiro mi si spezza in gola davanti a questa possibilità, lasciandomi basita e compiaciuta al tempo stesso.

Potrei davvero esserlo davvero, realizzo mentre una fitta di sorda euforia mi attanaglia, stringendomi lo stomaco in una morsa positivamente nervosa.

Agitata e fremente non riesco quasi a trattenermi dal dirglielo, muovendomi leggermente sul materasso mentre ricerco testardamente il suo sguardo, desiderosa di incontrarlo e di specchiarmici.

- Potreste parlarne – gli propongo quasi timidamente,  le guance che avvampano arrossandosi del tutto mentre il mio cuore continua a sbattere scalmanato nella mia cassa toracica.

Sconvolto quanto me dalla mia proposta arresta improvvisamente le sue carezze, bloccando i polpastrelli proprio in mezzo alle mie scapole.

Irrigidendosi appena non ribatte nulla, chiudendosi in un criptico mutismo che mi allarma terribilmente. Ancora.

Ansiosa ed inquieta davanti alla sua reazione mi tendo specularmente, quasi di riflesso, ritrovandomi a trattenere il respiro, che finisce per graffiarmi dolorosamente la gola.

Per una manciata di lunghissimi secondi persiste nel non dirmi niente e il dubbio che , in qualche modo, possa sentirsi insultato o violato da questa mia proposta mi sconvolge, soffocandomi tra le sue spire intossicanti e velenose.

Ed è proprio questo spontaneo ed istintivo nervosismo che mi porta a parlare ancora, quasi affannosamente nel tentativo di spiegarmi, di rimediare.

- E' molto sensibile a questi temi – affermo ancora, quasi per giustificare le mie parole mentre sbarro gli occhi, il terrore di far apparire il mio semplificargli il lavoro come una mancanza di rispetto – Te l'ho detto solo perchè sono sicura che troverebbe molto... interessante il tuo progetto – annaspo ancora, quasi boccheggiante, finendo, però, per rendere più profonda la fossa che mi sto praticamente scavando da sola.

Non ho, tuttavia, il tempo di prendere nuovamente respiro per continuare a sommergerlo di frasi e giustificazioni dal momento che lui fa scontrare improvvisamente le nostre bocche, strappandomi un gemito strozzato mentre il suo corpo piomba parzialmente sul mio.

Spingendosi in avanti, infatti, avvicina il mio viso al suo, rubandomi un bacio intenso e carico di dolcezza che mi lascia totalmente sconvolta mentre mi grava parzialmente addosso, schiacciandomi contro il materasso.

A causa della stupefacente celerità con cui mi ha preso in contropiede ricambio con un attimo di ritardo, la scomodità della posizione in cui siamo che non ci permette di approfondirlo come vorremmo ma che passa velocemente in secondo piano, diventando solo un semplice sottofondo.

Senza esitare inclino appena il capo, muovendomi  nel tentativo di girarmi su un fianco per poterlo toccare totalmente, il suo calore che si mischia col mio mentre delle sorde palpitazioni mi sconvolgono, ora più piacevoli.

Istantaneamente le sue braccia muscolose si chiudono intorno ai miei fianchi, attirandomi contro di se con impeto e voracità, la sua lingua che incontra la mia.

Ed è proprio nel momento stesso in cui realizzo che questa sua reazione travolgente è dovuta al piacere che le mie parole gli hanno suscitato che un pensiero più diretto mi coglie, pulsando così forte da annientare ogni briciolo di razionalità.

Il mio cercare di farlo star bene, la voglia di aiutarlo o renderlo sereno non  è dovuta unicamente all'effetto che nutro nei suoi confronti.

Semplicemente,  è scatenato dal fatto che è così importante per me da aver superato la labile linea tra passione e qualcosa di più forte, profondo e violento nonostante io faccia fatica a definirlo.

Ed è proprio questo sentimento che mi fa capire una dolce verità: voglio giocarmi tutto  per lui.

 

Note:

Buonasera! Puntuali come sempre eccoci qui con l'aggiornamento:)

Questa volta, però, vorrei dire un po' meno e lasciare a voi la parola, realmente curiosa di sapere cosa avete tratto da questo capitolo, decisamente molto importante per la storia.

Andrew, infatti, compie un altro importantissimo passo verso Emma, mostrandole forse il lato più intimo e profondo del suo essere.

Mi fermo qui, però. Non voglio dire inavvertitamente altro nel spiegare questo capitolo;)

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi siano errori.

In ogni caso, mi appresterò a rileggerlo nuovamente per verificarlo io stessa.

Spero vivamente che mi farete sapere cosa ne pensate, ci tengo moltissimo!!

Il prossimo aggiornamento avverrà Mercoledì 18 dicembre.

 

Un bacio,

 

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