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Autore: GirlWithTheGun    13/12/2013    2 recensioni
Sirius è sulla soglia della fuga ma ancora non lo sa: per il momento è un adolescente dall’umorismo caustico preda di maremoti emotivi inimmaginabili;
Andromeda si fa regalare il fumo dal Nato Babbano Ted Tonks, e lo trova curiosamente tenero;
Bellatrix e i suoi avambracci sono intonsi, per ora, ma i suoi legami con l’Oscurità esistono già da un pezzo, e anche il contratto matrimoniale con Rodolphus Lestrange - ahinoi -;
Narcissa annovera i petali delle margherite e i rampolli delle famiglie Purosangue, classificandoli secondo il suo - discutibile? - personalissimo ideale di avvenenza: primo per gradimento, Lucius Malfoy;
Regulus, imprigionato nei suoi cravattini, è la grottesca mascotte delle cugine, l’incompleta replica del fratello maggiore, perfetto per le esigenze di Walburga, disastroso per quelle della vita mondana: in una parola, inadatto.
Nessuno immagina che questa sarà la loro ultima estate insieme. Non immaginano che, dopo, tutto precipiterà nel baratro; che, un giorno, a legarli ci saranno solo addii, patti maledetti, tradimenti, guerre, morte e, alla fine di ogni cosa, l'estinzione.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Sirius Black/Bellatrix Black, Ted/Andromeda
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 6

Unsayable

 

 

 

Il suo errore più grande.

Dopo di lui, Bella aveva promesso a se stessa che non avrebbe mai permesso a nessun altro di ingannarla così. Perché questo era stato: un terribile inganno.

Un errore che aveva tentato di cancellare.

 

Bella si incantò a osservare le volute di vapore che emergevano dalla sua tazza di the. Si stagliavano contro il bagliore del fuoco e poi sparivano nel buio, proprio come i suoi pensieri: lampi opachi persi nel silenzio della notte. La casa degli zii appariva desolata, con i suoi occupanti immersi nel sonno. Poche ore prima erano tutti riuniti a quello stesso tavolo.

Dirigendosi ai piani superiori, mentalmente esausta per le continue osservazioni di sua madre riguardo al taglio di capelli che avrebbe esaltato i suoi lineamenti, Bella aveva superato lo studio dello zio. La porta semiaperta le era sembrata un richiamo irresistibile: suo padre e Orion erano rinchiusi lì da un’eternità.

“Devo ammetterlo: è stato un duro colpo anche per me e Druella. Le ragazze sono sconvolte” sentì dire da suo padre.

“Non riesco a comprendere quale sia stato il mio errore. L’ho allevato come un vero Black e ora mi ritrovo un primogenito Grifondoro. Gli faranno il lavaggio del cervello, come a tutti quelli della sua Casa, e tra qualche anno sarà invischiato nelle peggiori schiere di Babbanofili del Regno Unito”sibilò lo zio “I nostri poveri padri sarebbero inorriditi”.

“Prego che non faccia la fine di Cedrella. Tanto talento gettato alle ortiche…”.

“Non ripetere quel nome davanti a Walburga. È fuori di sé. Ero tentato di impedire al ragazzo di tornare, per questo Natale”.

Il tintinnio dei cristalli e l’odore di Ogden’s Old arrivarono fino a lei.

“Abbiamo sempre dovuto lottare per la purezza del nostro sangue, Orion. Hai fatto tutto ciò che era in tuo potere, il ragazzo è ovviamente un’anomalia. Neppure io ho di che rallegrarmi: con tre figlie femmine sono destinato a perdere il nostro nome”.

“Le tue figlie sono l’orgoglio dei Black. I Purosangue non vedevano tre bellezze simili da lungo tempo”.

“Mi lusinghi, Orion. Non fraintendermi, amo le mie figlie, ma sono donne e l’unico orgoglio che mi daranno sarà frutto della scelta del pretendente… contavo molto su Sirius. Era davvero… brillante. Un autentico primogenito Black”.

Sono donne. Suo padre lo aveva detto con una nota di disprezzo, una punta di delusione, un profondo senso di rassegnazione. Erano passate le ore più buie della notte e Bella sentiva ancora quelle parole deflagrarle nella mente, ripetersi, rimbalzare.

Nessuno avrebbe mai ricordato quanto capace o intelligente fosse Bellatrix Black. Un giorno avrebbero ricordato la sontuosità del suo abito da sposa, la raffinatezza del ricevimento, ma non una parola sarebbe stata spesa riguardo al giorno in cui aveva imparato, prima tra una schiera di eredi maschi, a Incantare con il pensiero. Non una parola sulla sua devastante potenza, il suo immenso talento. Riconoscere questo le faceva mancare il respiro. Accettare che un giorno qualcuno l’avrebbe oscurata, cancellata e rinchiusa in una prigione di incontri mondani e chiacchiere, proprio come sua madre… Non poteva permetterlo.

Abbandonò il the ormai freddo sul tavolo, risalì le scale in punta di piedi.

Nella stanza degli ospiti dormiva pacifica Dromeda, accoccolata come una bambina.

Avrebbe dovuto svegliarla, salutarla, forse. Esitò, fermandosi ai piedi del suo letto. Guardandola, le parve di star abbandonando una parte di se stessa, così simile eppure differente. La parte buona e pulita del suo cuore.

Indietreggiò, spaventata. Il grande specchio appeso al fondo del baldacchino rispose con il suo riflesso, l’immagine di una giovane donna terrorizzata dall’idea di quello che stava per fare.

Fuggire. Lasciare indietro ogni cosa, anche il suo nome. Poteva davvero farlo?

E chi si sarebbe preso cura di Dromeda? Chi l’avrebbe protetta dalle smanie della loro madre? Se fosse diventata come lei, un giorno? Dura. Dura e fredda.

Con le dita gelide, recuperò un angolo di pergamena dallo scrittoio e vi impresse un messaggio per la sorella.

Infilò gli stivali e raccolse i capelli in un nastro, prima di tornare giù silenziosamente.

Non le piaceva dover strisciare via, ma era certa che non avrebbe saputo affrontare una discussione. Confrontarsi con gli occhi di suo padre e riconoscervi l’amarezza, l’insoddisfazione di aver generato una figlia incapace di essere all’altezza, di renderlo orgoglioso come avrebbe voluto... sarebbe stato anche peggio del sentirsi costretta a sparire.

Recuperò il suo mantello nel sottoscala, prima di imboccare il corridoio che portava all’uscita.

Mormorò il controincantesimo e l’Incanto che proteggeva la porta si dissolse.

“Bella”.

Il richiamo fu debole, sussurrato, ma sufficiente a farla trasalire.

Si voltò lentamente e non del tutto, esponendo solo un profilo allo sguardo penetrante che l’aveva colta in fallo.

Non aveva bisogno di guardare in faccia il proprietario di quella voce, perché le era bastato il tono, la connotazione precisa che aveva preso il suo nome, pronunciato in quel modo.

“Dove vai?”.

Non rispose. Sapeva che avrebbe dovuto varcare la soglia e chiudere la porta dietro di sé, senza esitare, senza pensare. In quella notte era la seconda volta che i suoi sentimenti le tendevano trappole diaboliche.

Una mano si posò sulla sua spalla e Bella non poté più fingere di essere impassibile.

“Sirius” disse, controllando la voce, spegnendo il tremito “Torna a dormire”.

“Perché te ne vai?”.

La fece voltare gentilmente, spingendola con la sua mano ancora piccola eppure non più infantile, una sorta di miniatura perfetta della mano di un uomo.

Bella indugiò con lo sguardo tra le sue dita lunghe, prima di incrociare i suoi occhi. Erano grandi e profondi, ed erano tremendamente simili ai suoi. Erano i suoi occhi piantati in un’altra persona, il suo spirito innestato in un essere diverso e complementare, con le stesse atroci paure e le stesse imperfezioni. Pensare a quello che aveva perso, con Sirius, le fece dolere la gola, come se fosse sull’orlo del pianto.

Per Salazar, avrebbero potuto essere… avrebbero potuto essere, insieme, un giorno…

“Non ti riguarda” rispose con rabbia.

“È per colpa mia?” chiese Sirius, sincero e limpido “Cosa è successo?”.

Per un istante nella mente di Bella balenò il desiderio di crollare, abbracciarlo e cancellare la realtà, fingere che nulla fosse accaduto. Invece qualcosa era già successo, insinuò una voce dentro di lei, qualcosa stava già succedendo e sarebbe stato sempre peggio. Stavano diventando tutti adulti e i loro sentieri erano destinati a unirsi, legarsi o dividersi per sempre.

Ma era solo un bambino…

“Sì, è per colpa tua” mentì, con voce ferma.

La tristezza che riempì lo sguardo di Sirius la fece vacillare, come se qualcuno stesse tentando di spingerla oltre un dirupo.

“Credevo che avresti voluto essere come me. Hai sempre detto questo, no? Che saresti cresciuto e saremmo stati dei Maghi invincibili. Non è così?” continuò “Invece hai preferito rinnegarmi. Sai cosa dicono della nostra famiglia, nella tua Casa? Dicono che siamo malati. Credi che non sappia cosa ti dicono di me, Sirius?”.

La mano di Sirius scivolò lungo il suo braccio, come morta, e le sue guance impallidirono.

“Io ti ho difesa, con chiunque. Ho fatto a botte, per voi” rispose “Anche se non mi hai mai scritto, io ti ho difesa, ho litigato con i miei amici per te”.

“I tuoi amici?” ringhiò Bella, sentendo il suo cuore iniziare a battere sempre più veloce “I tuoi amici sono la tua famiglia. Io sono tua amica. Come hai potuto rifiutarci così? Per quale motivo l’hai fatto, Sirius? Noi ti amiamo come nessun altro potrà mai fare”.

Sentì qualcosa di bagnato colarle lungo le guance. Sfiorò la pelle con le dita, incredula, e si riscoprì in lacrime.

Sirius allungò le braccia magre verso di lei ma Bella lo spinse via con energia, facendolo inciampare. Eppure lui non si arrese, le afferrò i polsi e tentò disperatamente di riconquistare il suo sguardo.

“Sai che non è così, Bella. Sai che non lo è. Lo vedi, come ci trattano. Vedi che non pensano a cosa vogliamo e a cosa desideriamo. Mia madre e mio padre non mi hanno mai amato davvero. Questo non è amore” Sirius la bloccò in un angolo, tenendo bassa la voce e allo stesso tempo quasi supplicandola.

Bella sentì venire meno il controllo. Suo padre, sua madre, Dromeda, Sirius…

Io ti amo” singhiozzò, soffocando la voce “Io avrei potuto amarti anche di più di così. Questo… questo non puoi capirlo”.

Si lasciò scivolare, affondando nel suo stesso vestito.

Sirius si inginocchiò ai suoi piedi e, improvvisamente, non fu più un bambino.

“Io lo so” sussurrò “Lo so. Ti prego, non te ne andare. Possiamo continuare a essere noi, anche se qualcosa cambierà? Ti prego, Bella, puoi farlo, almeno tu?”.

Bella scosse la testa.

“Un giorno mi disprezzerai. Crescendo, mi odierai” rispose “Arriverà un giorno in cui le persone come noi e le persone come voi si scontreranno, Sirius. Accade sempre. E allora da che parte sarai schierato?”.

“Non ci deve per forza essere una guerra. Perché sei così?” mormorò affranto Sirius.

Era talmente vicino. Poteva contare le sue ciglia, una a una.

“Perché succederà. Ci sarà la guerra” disse Bella “Da che parte sarai schierato? Chi sceglierai?”.

“Io non voglio una guerra. Nessuno la vuole” rispose lui, e sul suo volto si manifestò la paura.

“Io farò quello che sarà giusto fare, Sirius. E anche tu lo farai. Se dovrò ucciderti, cosa credi che farò?” aggiunse imperterrita Bella.

Una consapevolezza spietata si fece largo negli occhi di Sirius. Una parte di lui, si vedeva, non voleva ancora credere. Una parte di lui desiderava ancora sperare.

“Tu mi uccideresti?” chiese, diretto “Mi uccideresti davvero?”.

Ecco, pensò Bella, questo momento traccerà la linea tra il prima e il dopo. Questo momento significherà dirgli addio. Non si concesse il tempo di pensare.

“Sì” disse.

Sentì le lacrime scavare più a fondo.

“Sì” disse ancora.

Sirius smise di respirare. La guardò a lungo, negli occhi, e cercò la conferma di quelle parole vagliando la sua anima angolo per angolo.

Quando la ricerca fu conclusa, le prese la mano che stringeva la bacchetta e, piano, la puntò contro la sua stessa fronte. Bella non capì immediatamente.

“Cancella” disse Sirius, abbassò lo sguardo e la sua voce tremò “Cancella tutto”.

“Cosa…?” disse Bella.

“Non voglio ricordare più niente. Più niente di me e te” non alzò gli occhi ma la voce si fece ferma “Io non posso odiarti, Bella, se non lo fai soffrirò e basta”.

Il terrore le si irradiò fino alla punta delle dita.

“Non…”.

“So che lo sai fare” disse Sirius “Fallo e basta. Solo tu sai cosa cancellare. Ti prego, è l’ultima cosa che ti chiedo. Non voglio più stare così male”.

“N-no” sussurrò Bella.

“Dannazione, fallo. Sarà più facile anche per te” disse Sirius “Ti prego”.

Cancellare tutto.

“Adesso”.

Sirius strinse più forte la sua mano.

Nella memoria di Bella il ricordo appannato di un Sirius minuscolo, piccolo, avvolto in un panno bianco, passò come un lampo. Poi il giorno in cui avevano fatto il bagno al tramonto, nel lago. Lui non sapeva ancora nuotare, le si era stretto addosso. Gli sguardi complici a tavola. Le sue infinite sciocchezze. Le risate sguaiate. Ogni ricordo tracciava una ferita lancinante.

La mano di Bella divenne immobile all’improvviso.

Fu il momento in cui Sirius, il Sirius appena undicenne che ricordava ancora ogni cosa, la guardò per l’ultima volta.

Io ti amo”.

“Oblivion”.

 

Nei successivi cinque anni aveva tentato, con tutti i mezzi a sua disposizione, di rinnegare il rimorso. Ma incontrarlo, rivederlo, non faceva altro che riportare a galla i ricordi. I ricordi la facevano sentire debole, insicura. Lei non era questo.

Lo sguardo inciampò sul volto di Sirius, ancora addormentato. Era l’alba e dalla stanza di Dromeda si poteva vedere il sorgere del sole: qualche raggio pallido già si insinuava tra le pieghe delle cortine, colorando d’oro il profilo delle lenzuola.

Aveva dormito con lui. O, almeno, ci aveva provato. Non aveva avuto il coraggio di rivelarsi, aveva preferito lasciargli credere di essere qualcun altro, pur di sentirsi amata. Dove era arrivata la sua disperazione? In quale fondo buio stava scavando?

Era stato così strano, spaventoso, lasciarsi abbracciare. Proprio da lui che la odiava.

Osservandolo, incredibilmente pacifico e rilassato, i pugni stretti attorno all’angolo martoriato di un guanciale, si pentì. I momenti più terribili erano simili a quello: gli istanti razionalmente rifiutati in cui la parte più istintiva del suo essere reclamava indietro tutto l’amore che era andato perso, spazzato via insieme alla sua memoria.

E allora quale, quale era stato il suo errore più grande?

La sua mente non registrò subito il rumore, o meglio lo colse ma lo eliminò dalla sfera dei sensi. Quando, finalmente, Bella scostò lo sguardo da Sirius, trovò Andromeda a pochi passi da lei, intenta a osservarla con un’espressione confusa in volto. Gli occhi di sua sorella erano incorniciati da un paio di occhiaie profonde e livide, segno rivelatore dell’insonnia; aveva i capelli scarmigliati, come se fosse di ritorno da una corsa tra i cespugli. O, peggio, da una notte di bagordi.

“Cosa ci fai qui?” mormorò, spostando lo sguardo da lei a Sirius e viceversa.

Bella, esausta, abbandonò qualsiasi tentativo di schermaglia. Scosse la testa.

“Non voglio parlarne, ora” rispose, tenendo la voce bassissima.

Sirius avrebbe potuto svegliarsi in qualsiasi momento, trovarla lì e riconoscerla. Questo la preoccupava meno del dover spiegare quanto era accaduto.

Lentamente, scivolò giù dal letto, curando di non urtarlo per errore.

Uscì dalla stanza e, a un suo cenno, Dromeda la seguì.

 

“Perché?”.

La voce di Dromeda era ferma e gelida.

“Non voglio che lo sappia. Crede di aver dormito con te”.

“Perché sei così, Bella?”.

Ancora quella domanda.

“Per Salazar…” rispose, esausta “Lui mi detesta, Meda. Smettila di far finta di non vedere”.

Il tavolo della colazione era ancora deserto ma già traboccava di croissant, succo freddo e cheesecake ai frutti di bosco.

Bella non aveva toccato cibo, proprio come sua sorella. Si erano limitate ad accomodarsi, una di fronte all’altra, prima di cominciare lo scontro.

“Non è così. Devi credermi” disse Dromeda, decisa “E’ ancora un ragazzo, per lui è tutto bianco o nero, non capisce che può esserci una via di mezzo… ma ti vuole bene, si preoccupa per te”.

Bella ignorò e soffocò il pensiero delle parole di Sirius, sussurrate a pochi centimetri dal suo orecchio nell’oscurità.

Ho paura per Bella. Aiutala.

“Alcune cose lo sono davvero, bianche o nere. Quando anche tu dovrai fare la scelta giusta, te ne accorgerai” disse.

Sua sorella accusò il colpo, le tremarono le mani.

“Dimmi, Bella, è questa?” disse, estraendo dalla sua borsa una busta verde bottiglia “E’ questa la scelta giusta?”.

Gliela allungò sul tavolo. Prima di afferrarla, Bella la scrutò. Era quadrata, la carta impreziosita da fili d’argento. La aprì e la fece scivolare via, liberando il contenuto. Quello che sembrava un pesante invito le cadde tra le mani. Guardò Dromeda senza capire.

“Leggilo” le disse sua sorella, improvvisamente triste.

Bella spalancò le due facciate e ritrovò il suo nome impresso, d’argento anche quello.

La sensazione fu quella di ricevere un pugno dritto nello stomaco. Bella sapeva, quanto male facesse, perché l’aveva provato. Forse, forse era peggio di un pugno. Uno schiaffo, uno schiaffo in pieno volto di fronte a una folla di sconosciuti. Era quel genere di punizioni che a sua madre piacevano tanto e, anche questa volta, non si era smentita.

Il nome di Rodolphus brillava accanto al suo, in un tripudio di fronzoli e luci.

“È l’invito per la tua festa di fidanzamento. È per sabato. Questo sabato” disse Dromeda.

Bella rimase in silenzio a osservare l’abominio di pergamena che aveva tra le mani.

“Le ha spedite a mezzo Mondo Magico. Sono state invitate tutte le famiglie Purosangue della Gran Bretagna e dell’Oltremanica. Lei non te l’ha detto, Bella”.

Tentò di nascondere il moto di rabbia che le esplose nel sangue.

“Le chiederò spiegazioni” disse, alzandosi di scatto.

Andromeda la imitò e si sporse sul tavolo, afferrandole un polso.

“È vero. Sirius ha ragione” disse, costringendola con prepotenza a guardarla negli occhi “Questa non è la scelta giusta. Lo sai, Bella. Non lo devi fare. Non devi per forza essere infelice”.

“Io non sarò infelice” disse, tentando di divincolarsi.

Gli occhi di Dromeda brillarono di lacrime.

“Tu lo sei già. Sei già infelice da così tanto tempo…” disse “Bella, fermati prima che sia troppo tardi. Non lasciarti piegare. Sarai tu che dovrai vivere con quest’uomo per il resto della tua vita, non loro”.

“Tu non capisci” alzò la voce Bella “E’ per questo che siamo migliori degli altri! Sappiamo a cosa dobbiamo rinunciare. È questo che ci rende superiori: fare la cosa giusta, obbedire alle regole dei nostri Padri. Solo così si è davvero dei Sanguepuro. Tu lo sei, Meda?”.

“Sono tua sorella, prima di ogni altra cosa, anche del sangue. Io ti vorrò bene, sempre, anche se deciderai di distruggerti. Anche se lo farai, io ti vorrò bene” disse Dromeda, continuando a guardarla negli occhi.

“Spero di poter fare lo stesso con te, Meda. Spero che le tue sciocche abitudini non me lo impediranno, un giorno. I Black non tollerano i tradimenti” disse Bella, sfuggendo al suo sguardo e indugiando di proposito sui suoi abiti, così fuori luogo.

“I tradimenti non sono questi. I tradimenti peggiori sono quelli che facciamo verso noi stessi. Stai attenta a quello a cui rinunci” disse Andromeda, prima di lasciarla andare “Certi errori non si possono cancellare.”

Neppure il suo errore più grande?

   
 
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