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Autore: Mistful    13/05/2008    5 recensioni
“Kingsley Shacklebolt sta cercando di uccidermi,” annunciò Draco mentre si levava il mantello, marciava in cucina e sorprendeva Tiger e Goyle a pomiciare di nuovo contro il ripiano. I primi 5 capitoli di Drop Dead Gorgeous dal punto di vista di Draco ♥ (tradotta da Vale)
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo avanti)

Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo avanti)

Autrice: Maya (Mistful)

Traduttrice: Vale

Beta: Luciana, Lori

Pairing: Draco/Harry

Rating: R

Disclaimer: Harry Potter, Draco Malfoy e tutti gli altri personaggi dell’universo di Harry Potter sono di proprietà di J.K. Rowling e di coloro i quali sono stati autorizzati a usarli, inclusi senza limitazioni Bloomsbury Books, Scholastic Books, Raincoat Books e Warner Bros. Non si intende violare nessun copyright.

Riassunto della Trama: “Kingsley Shacklebolt sta cercando di uccidermi,” annunciò Draco mentre si levava il mantello, marciava in cucina e sorprendeva Tiger e Goyle a pomiciare di nuovo contro il ripiano.

Note della traduttrice: Rieccomi qui, finalmente! ^_^ Non avete davvero idea di quanto non vedessi l’ora di pubblicare questo piccolo capolavoro, una spin-off di Drop Dead Gorgeous in quattro capitoli raccontata dal punto di vista di Draco! Ovviamente, non c’è bisogno di dirvi che sto saltellando di gioia alla prospettiva di poter finalmente leggere le vostre reazioni a riguardo, visto che è l’unica cosa che mi salva dalle sempre più frequenti crisi di astinenza da DDG!!! ;-P Ultimissimo avvertimento per chi fosse capitato qui per caso: anche se probabilmente Maya riuscirebbe a rendere divertente anche la sua lista della spesa (provare il suo lj per credere!), consiglio caldamente di iniziare The Way We Get By dopo aver letto i primi cinque capitoli (e solo quelli!) di DDG, che potete trovare qui, perché le due storie sono assolutamente complementari e costituiscono l’una parte integrante dell’altra! Aggiungo un ringraziamento speciale speciale speciale a Lori e a Luciana, che stanno facendo i salti mortali per incastrare tutti i loro impegni e riuscire a rimandarmi in tempo i capitoli. Se gli aggiornamenti dovessero subire qualche ritardo (nel qual caso provvederò tempestivamente ad informarvi della sciagurata notizia! ^_^), siate clementi: è un periodo piuttosto intenso per tutte e tre, e noi per prime moriamo dalla voglia di vedere la traduzione ultimata e pubblicata! Un bacio a tutte e grazie mille per l’entusiasmo, è una gioia condividere con voi questa meraviglia! Enjoy it!

Potete trovare l’originale sul lj di Maya.

Come tiriamo avanti

Capitolo uno


“Kingsley Shacklebolt sta cercando di uccidermi,” annunciò Draco mentre si levava il mantello, marciava in cucina e sorprendeva Tiger e Goyle a pomiciare di nuovo contro il ripiano.

Fece un sospiro da martire, incrociò le braccia la petto e si appoggiò contro al muro. “Avvisatemi quando avete fatto. Non affrettatevi a causa mia,” aggiunse. “Sto solo per morire nel fiore della gioventù, crudelmente abbandonato dai miei migliori amici. Ma non pensateci troppo.”

“Abbiamo fatto,” disse Tiger.

Draco aprì gli occhi con cautela, e vide Goyle che lo scrutava con aria critica.

“Non eri a casa la notte scorsa,” commentò lui. “Di nuovo.”

“Ieri sera le gemelle Patil mi hanno mandato un Gufo mentre stavo tornando a casa,” gli raccontò Draco. “Diceva ‘Abbiamo delle bibite ghiacciate e dobbiamo averti.’ Dovevo andare. Sono un Auror. Devo aiutare i cittadini in difficoltà.”

“Non penso che ti faccia bene lavorare tutta la notte,” commentò Goyle. “Vado a prepararti qualcosa da mangiare.”

Draco aprì la bocca per protestare contro il fatto che lo coccolassero come un bimbo di cinque anni, e poi si ricordò di chi era lo chef di casa. Chiuse la bocca e sprofondò infelicemente su una sedia vicino al tavolo della cucina, in una posa di pura disperazione.

Dopo cinque minuti in cui gli altri due non sembrarono notare la sua posa di pura disperazione sbottò irritato: “Non volete sapere cos’è successo?”

“Hai detto che Kingsley Shacklebolt sta cercando di ucciderti,” cominciò Tiger. “Ha tentato di nuovo di razionare il caffè?”

“No,” rispose Draco in tono tragico. “Molto peggio. Mi ha assegnato un nuovo compagno.”

“Non ci avevi detto che quello di prima ti aveva scaricato,” rimarcò Goyle mentre cominciava a tagliare delle verdure.

“Jenkins non mi ha scaricato!” esclamò Draco indignato. “È stato reciproco. Più o meno. Comunque, ha del budino di riso al posto del cervello e se avessi dovuto sopportarlo per un altro istante gli avrei dato fuoco.”

“Chi è il tuo nuovo compagno?” chiese Tiger, che era un uomo veramente tenace.

Improvvisamente nella memoria di Draco l’immagine di Jenkins si ricoprì di un dolce bagliore dorato.

Non era nemmeno dell’umore giusto per fare una pausa ad effetto. Disse solo in tono miserabile: “Potter,” e rimase in attesa dell’esplosione che sarebbe seguita.

“Oh, cielo,” commentò Goyle, e continuò a cercare la salsa di soia.

“Oh, cielo?” ripeté Draco alzando la voce. “Harry Potter. Vi ricordate questo nome, non è vero?”

“Sì, lo nominavi tutti i giorni quando andavamo a scuola,” rispose Tiger.

“Non credo proprio,” ribatté Draco con orgoglio. “E comunque se anche lo facevo era solo perché era insopportabile, e indovinate un po’, non è migliorato. È sempre il solito, si pavoneggia per l’ufficio proprio come si pavoneggiava sempre a scuola, con sciami di donne pervertite e con evidenti problemi di vista che lo seguono, e pensa di essere del tutto speciale. Ed è ancora pazzo. E ha ancora un caratteraccio orribile.”

“Scusa, stiamo ancora parlando di Potter?” chiese Goyle da sopra la spalla.

Draco fece una smorfia tremenda alla sua schiena. “Si lancia in missioni suicide,” aggiunse con forza. “Probabilmente solo per mettersi in mostra, quel gran pezzo di deficiente. Il che significa che dovrò partecipare anche io a missioni suicide. Verrò ucciso. Spero che questo renderà felice Kingsley Shacklebolt.”

“Probabilmente sì, se sta cercando di ammazzarti,” concordò sarcasticamente Tiger.

“Vi pentirete di queste parole senza cuore quando Harry Potter mi avrà ucciso,” disse Draco in tono sinistro, e si mise la testa fra le braccia. “Ho elaborato un piano per adescare e intrappolare un mostro marino, oggi,” continuò. “E Shacklebolt mi ha guardato come se fossi pazzo. Lo fa sempre, perché è circondato da Grifondoro dementi e Tassorosso cretini, giuro che nel nostro ufficio ci sono più graffette che pensieri originali-”

“I tuoi piani sono sempre buoni, Draco,” lo tranquillizzò Goyle. “Sono sicuro che avrebbe funzionato.”

Draco sollevò la testa dal tavolo. “E infatti funzionerà,” dichiarò. “Lo metteremo in atto. Potter ha detto che era d’accordo. Cosa che, lo ammetto, mi ha dato un attimo di falsa speranza prima che mi rendessi conto che probabilmente stava progettando di gettarmi giù dalla banchina.”

“Forse no,” rifletté Goyle.

Goyle era quello ottimista. Draco gli rivolse una lunga occhiata per comunicargli cosa ne pensava dell’ottimismo.

“L’unica ragione per cui gli piace il piano è che prevede che lui parli in Serpentese a quel grande, grosso serpente sottomarino,” strascicò Draco. “Cosa che subito dopo lo renderà – per l’ennesima volta – il grande eroe della situazione.” Si arruffò i capelli con entrambe le mani, guardando nel vuoto con aria assente, e disse con voce profonda e annoiata: “Ciao, sono Harry Potter. Non ho mai voluto tutte queste attenzioni, ma visto che ci siamo, questo è il mio lato migliore. Sono così oppresso… dai corpi dei miei fan isterici con gli ormoni in subbuglio. Cosa significa che dovrei proprio fare il capitano della squadra di Quidditch? Piccola, io sono la squadra di Quidditch.”

Goyle emise un versetto d’apprezzamento. “Mi mancavano le imitazioni di Potter,” confessò. “Sono sempre state le mie preferite.”

Draco si guardò attorno con aria caustica nella grande cucina. Quando si erano ritrovati tutti insieme a cercare una casa a Londra Goyle aveva insistito per una cucina davvero spaziosa, che in quel momento era inondata dalla luce del sole di agosto. Era un ambiente caldo e piacevole. Draco si chiese se Goyle lo avrebbe lasciato dormire sul tavolo.

Tiger gli diede una pacca su una spalla incurvata. “Sono sicuro che non ti getterà in un canale, Malfoy.”

“Ci scommetto qualsiasi cosa,” disse Draco. “Pensa a tutte le cose orribili che mi ha fatto a scuola. Pensa a quell’aggressione folle con il fango, e a quell’aggressione folle al campo da Quidditch e a quell’aggressione folle nel bagno. Erano aggressioni, Tiger, ed erano folli. In effetti, Tiger, adesso che ci penso – Potter mi perseguitava, quando eravamo a scuola.”

Tiger fece un verso divertito col retro della gola. “No, non è vero.”

“Invece sì,” insistette Draco, ringalluzzito da questa nuova idea. “Mi sentivo una vittima. Le angherie scolastiche possono rovinarti la vita, Tiger, ti lasciano delle cicatrici che non se ne andranno mai più. Degli studi psicologici hanno dimostrato che-”

“Se lui ti perseguitava, allora tu lo ricambiavi esattamente allo stesso modo,” gli fece notare lui.

“Benissimo,” sbottò Draco. “Fa’ come ti pare. Ignora pure l’angoscia e i tormenti del mio passato. Non m’importa.”

“E comunque in qualche modo si è riscattato quando ha ucciso il Signore Oscuro e ha salvato il mondo,” intervenne allegramente Goyle. “In quel caso se l’è cavata bene, direi.”

“Oh no,” gli spiegò Draco. “No, vedi, perché in realtà quella è solo un’altra delle cose che Potter ha fatto per mettersi in mostra.”

Tiger grugnì e lasciò la stanza, dirigendosi al piano di sopra. Goyle mise un piatto di cibo davanti a Draco e si attardò per cinque minuti nello sforzo di fingere che non avrebbe seguito Tiger su per le scale il più presto possibile.

Draco si vendicò trafiggendo il suo cibo. “Mi sento perseguitato da Potter che salva il mondo,” disse a Goyle. “Dico davvero.”

*

Stagliati contro il bigio orizzonte del mattino c’erano il molo di Brighton, un’enorme gabbia con dentro un mostro marino e circa un centinaio di persone.

Draco percorse la banchina con tutto il fanciullesco entusiasmo di un uomo che si dirige alla propria esecuzione. Sgomitò con forza alcune persone per farle uscire dalla sua traiettoria mentre si affannava verso il fronte della folla dove aveva visto Shacklebolt, che fissava impassibile il vuoto, e Potter, che rilasciava interviste ai paparazzi.

Tipico.

“Ehm,” disse Potter, fissandosi le scarpe e mettendo in scena la sua timida routine, come se le attenzioni non gli piacessero affatto. “Beh…”

Alzò lo sguardo dalle sue scarpe e a quel punto vide Draco.

“È Malfoy che ha progettato tutto,” esclamò all’improvviso. “Può spiegarvelo lui.”

“Io – cosa?” chiese Draco.

Potter gli rivolse un sorriso allegro e spietato, afferrò la giornalista per le spalle e la voltò in modo che fronteggiasse Malfoy, e poi fece un passo indietro con l’aria eroica di uno che è appena riuscito a gettare qualcun altro in pasto alle belve.

“Non sono esattamente al mio meglio, di mattina,” dichiarò Draco.

Anche la reporter sembrava alquanto insoddisfatta. Le doveva essere piaciuto parlare con Potter. Alle donne piaceva sempre. Draco attribuiva la cosa all’interferenza di un dio malvagio, o alla possibilità che Potter usasse un Filtro d’Amore come acqua di colonia.

“Si sente ispirato dal coraggio di Potter?” domandò finalmente lei.

“Non poi così tanto,” rispose Draco. “Però mi sto chiedendo perché non si dà una mossa,” aggiunse a voce più alta. “Quella gabbia reggerà per un paio d’ore. Approssimativamente. E poi il mostro marino ricomincerà a divorare villaggi di pescatori e non gli andrà più di chiacchierare.”

“Stavamo aspettando te, Malfoy,” sbottò Potter. “Sei in ritardo.”

Draco non trovò nulla da ribattere a quell’osservazione, ma non si sarebbe certo scusato, non con Potter che pronunciava la parola ‘Malfoy’ come se concentrasse svariati insulti in uno solo, e comunque era sempre in ritardo perché odiava il suo lavoro. E adesso grazie a Potter lo odiava ancora di più. Per cui davvero, a pensarci bene, era sempre colpa di Potter.

Draco si limitò a sogghignare. “Beh, adesso sono qui.”

“Beh, fantastico,” esclamò Potter, e si levò la camicia.

Il grido di una donna fece voltare la testa cavalleresca di Draco, e lui vide che la giornalista era arrossita come un peperone.

“…mi si è seccata la bocca,” disse lei in un sussurro ansimante.

Draco la fissò.

Lei tirò fuori la sua piuma e cominciò a scribacchiare. “Descriverebbe la sua schiena come liscia e dorata?”

“No!” esclamò Draco, inorridito.

Potter si guardò attorno e non diede segno di aver notato l’ondata di epilessia da desiderio che aveva colpito i giornalisti. Si slacciò la cintura e dei versetti da svenimento imminente si propagarono per la folla come una folata di vento attraverso un campo di grano.

“Vieni o no, Malfoy?” chiese, scalciando via le scarpe. I suoi jeans atterrarono sulla banchina.

La giornalista emise un verso straziato che andava oltre ogni umana comprensione.

“Oh, per l’amor del cielo, donna,” esplose Draco. “Un po’ di contegno.” Scusa, Potter, cosa stavi dicendo? Venire dove?”

Potter si tuffò dalla banchina.

Riemerse gettandosi all’indietro i capelli ormai piatti e neri come il mantello di una foca proprio mentre Draco diceva: “Lì? In acqua col mostro marino? Oh no, no, no, Potter, penso che tu non abbia capito bene qual è il mio ruolo. Io elaboro i piani geniali, capisci, e poi non metto a repentaglio il mio cervello geniale in acque infestate da mostri marini.”

Potter scosse di nuovo la testa. “Ho le orecchie piene d’acqua,” gridò a Draco. “Cos’hai detto?”

“Non ho intenzione di unirmi a te, Potter,” rispose Draco. “Comportati da uomo.”

Potter lo guardò di traverso, ovviamente senza riuscire a vedere bene, visto che non aveva gli occhiali. Quel deficiente miope riusciva a metterlo a fuoco abbastanza bene da rivolgergli un ghigno, però.

“Benissimo,” replicò incurvando le labbra. “Se hai paura.”

“Prego?” chiese Draco, ritrovando la voce dopo un lungo, oltraggiato momento. “Io non ho-”

Potter scrollò una spalla bagnata e si voltò, nuotando contro un’onda in arrivo. Draco perse la presa sui suoi pensieri razionali e sul suo istinto di autoconservazione, sentendoli gridare mentre gli sfuggivano via, e disse in tono minaccioso alla brezza marina: “Bene.”

Ebbe il presentimento che la folla non avrebbe apprezzato un suo spogliarello dopo il piccolo show di Potter – Draco sospettava che si fosse fatto tutti quei muscoli grazie agli steroidi, aveva letto qualcosa a proposito in un manuale di medicina, e in effetti si sarebbe spiegato un sacco di cose se avesse scoperto che gli stupefacenti attacchi d’ira di Potter fossero molto più letterali di quanto avesse pensato.– ma si tolse le scarpe e gettò un’occhiataccia a Kingsley Shacklebolt prima di tuffarsi.

“Spero che le dispiacerà quando sprofonderò nelle profondità marine.”

“Non particolarmente,” replicò Shacklebolt, e ritornò a contemplare pacificamente l’orizzonte.

Draco gli lanciò uno sguardo pieno di odio e di rimprovero, e poi si gettò in mare. L’acqua era gelata e sgradevole proprio come si era aspettato, ma non aveva tempo per pensarci perché doveva raggiungere lo stupido Harry ‘Se-hai-paura’ Potter. Chiuse gli occhi, tagliò a nuoto le onde e riemerse solo per scoprire che Potter era decine di metri dietro di lui.

“Ehi!” urlò attraverso la distesa d’acqua. “A che gioco stai giocando?”

“Di cosa stai parlando?” domandò Potter. “Io – non sono tanto bravo a nuotare, ok? Cristo,” aggiunse.

Draco lo guardò con sospetto, socchiudendo quasi del tutto gli occhi contro gli spruzzi sferzanti per poterlo osservare bene, e si accorse che aveva detto la verità. Stava nuotando goffamente a cagnolino. Nell’oceano. Verso un mostro marino.

Si chiese perché Potter non avesse menzionato quel piccolo particolare il giorno prima, quando avevano discusso del modo in cui intrappolare il mostro. Poi si ricordò che Potter era un pazzo, e anche un idiota arrogante che probabilmente pensava che gli sarebbero spuntati dei superpoteri da nuotatore in caso di bisogno.

Draco imprecò, chinò la testa e tornò indietro. Nuotare era facile, una volta che ci si era abituati all’intirizzimento del freddo e al pensiero di venire divorati di lì a poco da un mostro proveniente dalle più oscure profondità dell’oceano.

“Va bene, andiamo,” disse irritato. “Mettimi un braccio attorno al collo.”

“No,” ribatté categoricamente Potter, con aria infastidita e sorpresa. “Ce la faccio da solo.”

“I mostri marini hanno una magia po-ten-te,” sillabò Draco, come se stesse spiegando la cosa a un bambino. “Quella gabbia – la vedi la gabbia? – non reggerà a lungo. Se il mostro scappa, ci mangerà. Non mi farò mangiare perché i Babbani non insegnano ai loro bambini a nuotare come si deve.”

“La maggior parte dei Babbani lo fa,” rispose Potter con un tono ancora più infastidito. Però non ribatté quando Draco gli afferrò il braccio, se lo passò attorno al collo e cominciò a trainarlo con bracciate vigorose verso il mostro. Probabilmente stava morendo dalla voglia di ritrovarsi sotto la luce dei riflettori. “Non fare illazioni sui-”

“Non me ne frega niente!” disse Draco ad alta voce, e rimise la testa sott’acqua. Un paio di bracciate in beato silenzio, e riemerse dalle onde. “Visto?” chiese a Potter. “Non è stato più facile? Adesso siamo qui, ed ecco il delizioso-”

Poi Draco vide per la prima volta da vicino il mostro marino.

Era enorme e terrificante. Aveva occhi grandi come caverne e pieni di fame pura, e zanne grandi come colonne. Il suo grande corpo verde era ripiegato dozzine di volte dentro alla gabbia, e le sbarre scricchiolavano quando si muoveva.

Di colpo Draco ebbe la certezza di non aver considerato alcune cose fondamentali quando aveva progettato il suo piano, tipo che la gabbia non sarebbe riuscita a trattenere il mostro nemmeno per due minuti.

Per affrontare quella cosa ci sarebbe voluto un battaglione. Anzi, un esercito.

Invece c’erano solo loro due, e Potter, pensò Draco istericamente, non aveva nemmeno i vestiti addosso.

“Tutto bene, Malfoy?” domandò Potter.

Una folle, spavalda parte della mente di Draco si risvegliò dal quel terrore paralizzante per rispondere subito: “Assolutamente a meraviglia! Mai stato meglio!”

“Ok,” disse Potter scettico, poi fece un respiro profondo, guardò il mostro ed emise un lungo sibilo grave.

Il suono si trasmetteva orribilmente bene attraverso l’acqua, e in più Potter gli stava praticamente parlando nell’orecchio. Draco fece dei respiri profondi per calmarsi e cercò di non pensare a un paio di occhi rossi nell’oscurità. Non era lui. Era soltanto quello scemo di Potter. Se Draco avesse potuto capire cosa stava dicendo, probabilmente lo avrebbe sentito farfugliare ‘Ehm’ nel suo stupido linguaggio dei serpenti.

La tranquillizzante familiarità delle sue riflessioni su quanto fosse fastidioso Potter riuscì a calmare Draco. Venne anche distratto dal fatto che Potter si appoggiò ancora di più su di lui mentre parlava al serpente, e gli stupidi muscoli che probabilmente si era sforzato di farsi crescere per impressionare ragazzine troppo impressionabili pesavano una tonnellata.

Draco cercò di sorreggerlo meglio, e poi il mostro marino rispose, il suo fiato caldo che soffiava via l’aria fredda dalla faccia di Draco. L’alito del mostro puzzava tremendamente di pesce marcio.

Draco cercò con tutte le sue forze di non respirare, e cercò anche di non immaginare che il mostro avesse appena detto ‘Vi mangerò e sgranocchierò le vostre ossa’ e che Potter stesse rispondendo ‘Mangia il biondo, il Marchio Nero gli dà un tocco di sapore in più.”

Dopo un momento, Potter smise di sibilare e imprecò. “È sotto Imperio,” spiegò succintamente. “È stato Dolohov.”

“Figlio di puttana,” esclamò Draco. “Sapevo che Dolohov era una merda. Non avrebbe mai dovuto ottenere quell’amnistia.”

“Non ne otterrà un’altra,” promise Potter con un tono particolarmente sinistro.

Il mostro sibilò ancora, e il senso dell’odorato di Draco si bloccò.

“Cosa sta dicendo adesso questo coso?” chiese con voce soffocata.

“Questa cosa,” lo corresse distrattamente Potter. “Sta solo ringraziando.”

“Oh, ora capisco,” disse Draco. “È un mostro femmina. Che stupido, non avrei proprio dovuto preoccuparmi. Sta solo agitando le branchie con fare civettuolo e dicendo ‘oh come potrò mai ringraziarti? Harry Potter, sei il mio eroe!’”

Potter ingoiò una risata, e Draco ne fu piuttosto compiaciuto.

“Piantala di vaneggiare, Malfoy,” ribatté Potter, e Draco ne fu considerevolmente meno compiaciuto. Meditò di lasciarlo annegare, ma c’erano centinaia di testimoni sul molo e comunque era probabile che sarebbe affondato con lui.

Salirono i gradini del molo e cercarono di andare a fare rapporto a Kingsley Shacklebolt. La giornalista eseguì una danza piuttosto complicata nel tentativo di impedire a Potter di rimettersi i vestiti e Draco perse ogni speranza nelle donne.

“Scusi,” disse Potter. “Potrebbe – mi è un po’ tra i piedi.”

“Muoviti,” strascicò Draco. “Mi sto prendendo un malanno con questi vestiti fradici. Riesco a sentire il freddo che mi penetra nei polmoni. Poi arriverà la polmonite. E morirò.”

“Magari ti saresti dovuto togliere i vestiti prima di tuffarti nell’oceano,” borbottò Potter, strappando via i suoi jeans da sotto un calcagno ballerino.

“Potter,” chiese Draco in tono innocente e colloquiale. “Come si dice ‘Fottiti’ in Serpentese?”

Potter alzò lo sguardo dall’allacciatura dei suoi jeans, ghignò appena e gli fece un sibilo.

“… oh mio Dio,” esclamò la giornalista.

Draco fece un sibilo di prova e Potter scosse la testa.

“Mi hai appena fatto una specie di… starnuto in Serpentese,” spiegò, allargando il ghigno.

Draco stava ancora sibilando silenziosamente quando Shacklebolt arrivò e chiese che gli facessero rapporto, con gran sollievo di Draco. Nondimeno, sembrò compiaciuto del resoconto e diede loro perfino il permesso di interrogare Dolohov.

“A condizione che non cerchi di dare di nuovo del Veritaserum al prigioniero,” avvertì Draco in tono piatto.

“Non l’ho mai fatto!” protestò lui. “Non era Veritaserum! Era una tattica diversiva. Stavo solo cercando di fare della pressione psicologica.”

“E a condizione che non prendi di nuovo a pugni il prigioniero,” continuò Shacklebolt rivolto a Potter.

“Signore,” rispose Potter, e Draco notò che non era né un sì né un no. Quasi quasi approvava la risposta: era subdola.

La giornalista cercò freneticamente di intervistare Potter mentre Draco scrutava la banchina alla ricerca di Katie Bell. Non era lì.

“- Senti,” stava dicendo la donna. “Ecco il mio indirizzo. Mandami un Gufo se dovessi aver voglia di concedermi – un’intervista privata. In qualsiasi momento. Giorno e notte.”

Potter buttò il bigliettino in un cestino mentre tutti tornavano alla Passaporta.

“Dio,” esclamò. “Farebbero proprio qualsiasi cosa per un’intervista, giusto?”

Draco scrutò incredulo la sua faccia alla ricerca di un segno di sarcasmo, ma non ne trovò nessuno. Poi capì: ovviamente, Potter non l’aveva notato. Dopotutto, ogni donna che gli passava davanti gli si gettava addosso con versi ululanti da quando Potter aveva sedici anni. Perché mai avrebbe dovuto accorgersi che qualcuno flirtava con lui? Era chiaro che faceva come Blaise Zabini, che di quando in quando lanciava un’occhiata alla folla in delirio e sceglieva qualcuno che non riusciva a credere alla propria fortuna.

Strinse gli occhi in direzione della testa arruffata di Potter, disgustato dalla sfacciata ingiustizia della vita. Almeno Zabini aveva dei lineamenti classici ed era impeccabilmente curato, pensò. E poi c’era sempre la faccenda dell’essere in parte Veela.

Con Potter era soltanto una questione di celebrità, ovviamente. E forse di steroidi ingrossa-muscoli. E probabilmente di un Filtro d’Amore usato come colonia.

Queste riflessioni non lo fecero sentire affatto meglio, visto che era evidente che Potter veniva assalito ogni notte da un’orda di donne pazze di desiderio, mentre lui non riusciva a trovare il modo di farsi fare un sorriso da Katie Bell.

*

Quella notte, quando Draco tornò a casa, strisciò sul divano, gemette, si gettò un braccio sugli occhi e ordinò a Tiger e a Goyle di lasciarlo solo se non volevano vedere un vero uomo piangere.

“Tirati via la camicia,” gli ordinò Tiger, guaritore fin nel midollo. “Cos’è successo?”

“Beh, abbiamo interrogato un mostro marino e poi abbiamo catturato il cattivo e gli abbiamo estorto una confessione,” raccontò Draco trionfante.

“Oggi al lavoro ho fatto un risotto proprio buono,” offrì spontaneamente Goyle, e poi si fece pensieroso. “La tua giornata probabilmente è stata migliore, però. Ma perché sei coperto di lividi? Il cattivo ha fatto… così tanta resistenza all’arresto? O è stato il mostro marino?”

“Beh, no,” spiegò Draco. “Queste me le ha fatte Potter. Stai attento, Tiger, temo di avere delle emorragie interne.”

“Questo è troppo,” tuonò Tiger. “No. Non se ne parla proprio. Se adesso ti prende a pugni, tempo lunedì e ti farà a pezzetti nel bagno degli Auror. Andrò a parlare con Shacklebolt.”

“Cosa?” intervenne Draco, raddrizzandosi di scatto e ignorando il dolore lancinante, terrorizzato al pensiero di Tiger che andava nell’ufficio del suo capo a lamentarsi che Harry Potter era stato cattivo con il suo piccolo Draco. “No, non lo farai. No, senti, non è come – non stavamo litigando. Ci stavamo allenando,” spiegò con calma. “In palestra. Gli Auror lo fanno sempre. Sapete, per testare i riflessi e incrementare la forza, e dopo si guariscono a vicenda.”

“Sì, ma lui non l’ha fatto,” ringhiò Tiger infuriato.

“Ah beh,” ribatté Draco. “Quello. Mi ha aggiustato il naso rotto. Avrebbe potuto – non essere a conoscenza dei lividi e di tutto il resto.”

“Malfoy,” cominciò Tiger nel suo lento, intenso tono da questa-me-la-spieghi-per-bene. “Perché non gliel’hai detto?”

“Non potevo,” gli rispose Draco, scandalizzato. “Avrebbe significato ammettere che aveva vinto!”

“Sono abbastanza sicuro che l’abbia capito lo stesso!” strillò Tiger.

“Adesso, Vince,” lo rimproverò Goyle. “Malfoy è ferito. Per favore, abbassa un po’ la voce.”

Draco cercò una via di fuga, ma sia Goyle che Tiger erano del tutto capaci di bloccare qualsiasi porta e finestra, e in quel momento i suoi riflessi da scattista non erano proprio al massimo.

“Ho assestato un paio di bei pugni,” obiettò Draco. “Non sa di aver vinto di tanto. E la prossima volta vincerò io!”

Sopraffatto dalla forza (suppose Draco) delle sue argomentazioni, Tiger barcollò verso una sedia e si prese la faccia tra le mani. “Sto avendo questi terribili flashback della scuola,” disse loro con voce cupa. “E un’emicrania.”

“Dovresti andare a letto, Malfoy,” intervenne gentilmente Goyle. “Ti porterò su qualcosa da mangiare.”

Tiger sollevò la testa. “Malfoy,” cominciò con voce riluttante.

“Vince, non quando è in queste condizioni,” sibilò Goyle.

Draco si mise di nuovo a sedere, questa volta con più attenzione. Ne aveva avuto abbastanza di sibili per quel giorno. “Cosa?” domandò. “Cosa c’è?”

“C’è un Gufo da Azkaban,” rispose Tiger.

Draco si alzò senza aggiungere una parola e prese il Gufo, e poi si mise a sedere sulle scale a leggerlo. Era solo un normale Gufo, che diceva che Lucius Malfoy aveva chiesto e ottenuto il permesso per una visita da parte di suo figlio. Draco si rigirò innumerevoli volte la pergamena fra le mani, la carta pallida alla luce fioca.

Non poteva andare. Non poteva.

C’era andato una volta, proprio dopo la fine della guerra. Suo padre si era seduto lì, scheletrico e con addosso una logora divisa della prigione, e aveva parlato con una fragile voce da politicante di come si sarebbe potuto manipolare e corrompere Caramel per farlo uscire, e aveva chiesto come stava la madre di Draco, e aveva tratteggiato minuziosamente i suoi piani per il futuro.

Draco aveva tremato e sudato, e aveva detto molto poco, e di certo non che ormai c’era Scrimgeour al potere e che non avrebbe intrattenuto nessun rapporto con i Mangiamorte, che Lucius non avrebbe mai lasciato la prigione e che la mamma era morta da anni.

Era stato quasi sicuro che in realtà suo padre sapesse tutto, ma non abbastanza da dirglielo. Così era rimasto semplicemente seduto lì e aveva lasciato che papà gli dicesse cosa fare.

Non era riuscito a ritornare.

C’era uno specchio appeso al muro del loro ingresso, che brillava debolmente alla luce fioca. Draco vi vide il suo riflesso, curvo e disperato sulle scale.

Non gli era mai importato molto del suo aspetto – sapeva di non essere nulla di straordinario e non gli interessava particolarmente. Non trovava l’avvenenza così interessante. Sapeva di assomigliare a suo padre e quella era l’unica cosa che contava, ma era sempre stato la sua versione più piccola, più pallida, meno importante.

Quando era andato a trovare suo padre ad Azkaban, aveva trovato il suo volto affilato dalla fame, pallido perché non usciva mai, con un’aria di disperazione addosso a dispetto del modo in cui si sforzava di esibire sicurezza. Draco non l’aveva mai visto più simile a lui.

Guardò lo specchio, e poi distolse lo sguardo dal fantasma affamato che vi vide dentro.

Bruciò il Gufo.

Il giorno dopo rotolò fuori dal letto disgustosamente presto e uscì a fare una corsa. Avrebbe anche cominciato a fare ginnastica con Tiger, stabilì mentre correva sotto la pioggia gelata. Doveva diventare più veloce e più forte. Non riusciva ad andare a trovare suo padre e sembrava che non riuscisse a convincere Katie, ma poteva fare questo. Pensò che avrebbe potuto farcela.

Potter aveva detto: “Bel combattimento,” quando avevano finito il giorno prima.

Ovviamente, aveva anche lottato con furia sistematica e concentrata, che in certi momenti era arrivata a sfiorare il terrificante. Draco si sarebbe spaventato se non avesse saputo fin nel midollo che, qualsiasi altra cosa potesse essere, Potter era un completo buono a nulla ed era suo sacro dovere mostrarlo a tutti.

Si era chiesto perché Potter, che aveva tutto, sembrava sempre così arrabbiato con il mondo. Aveva dato la colpa all’aggressività da steroidi.

*

La prima volta che uscì di pattugliamento con Potter, si portò un grosso thermos di caffè e più o meno un centinaio di dolcetti. Era molto importante che rimanesse sveglio.

Non molti dei suoi compagni lo avevano voluto con loro di pattugliamento, cosa che a lui era andata benissimo, ma sapeva che aveva un tipo di sonno piuttosto irregolare e tutto quel correre e sollevare pesi non lo aiutava a rimare sveglio di notte. Non aveva proprio bisogno di addormentarsi sul lavoro di fronte a Potter: tanto per dirne una, gli avevano raccontato che mormorava quasi sempre nel sonno e Potter non gliel’avrebbe mai fatta passare liscia.

Venne distratto dal fatto che avevano una vera automobile gabbana, incantata per diventare invisibile. dove stare seduti. Normalmente gli Auror dovevano rannicchiarsi nei loro mantelli.

“È grandiosa,” dichiarò, facendo scorrere un dito su quello che Potter gli aveva spiegato chiamarsi ‘cruscotto.’

“Non è male,” rispose Potter. “Me l’ha venduta Ron. È una cosa che sta facendo – sai, giusto mentre aspetta di superare gli esami per entrare negli Auror.”

Diede un’occhiata a Draco sfidandolo a dire qualcosa, ma a dir la verità Draco aveva smesso di gongolare la prima volta che Weasley aveva fatto fiasco agli esami. Comunque, era fuori al buio da solo con Potter, che avrebbe potuto ucciderlo e non ci sarebbero stati testimoni.

“Scommetto che un sacco di gente vorrebbe una macchina invisibile,” cominciò Draco invece di gongolare. “Dovrebbe farsi pubblicità. Pansy è nella pubblicità,” aggiunse con un certo orgoglio. “È bravissima. In questi giorni è in Bulgaria a occuparsi di pellicce parlanti, ma potrei mandarle un Gufo quando ritorna.”

“Pansy,” ripeté Potter con cautela, come se trovasse piuttosto difficile ricordarsi di qualcuno che era stato suo compagno di scuola per sette spaventosi anni. “Pansy Parkinson. La tua ragazza.”

“Sì, quando avevamo sedici anni,” convenne Draco con prudenza.

Fu tentato di replicare ‘Ginny Weasley. La tua ragazza’ ma non lo fece per via della questione soli-al-buio-ucciso-senza-testimoni. Per non parlare del fatto che non potevano proprio mettersi a litigare, perché dovevano rimare seduti in macchina a guardare la casa di quel tipo. Ore e ore da solo con Potter senza poter nemmeno litigare. Draco lo trovava innaturale e perverso.

Ginny Weasley, come tutto il pubblico dei pettegolezzi degli Auror sapeva, se ne era andata a Parigi in modo sospetto. Draco credeva alla voce che diceva che aveva scoperto Potter a letto con le gemelle Patil. Queste cose succedono, in guerra. Così aveva sentito Draco.

La maggior parte di ciò che era successo a lui in guerra erano state terrificanti udienze col Signore Oscuro, un sacco di tempo passato a nascondersi nella casa del professor Piton e persino un periodo rintanato nella vecchia dimora dei Black, riuscendo a evitare di dover uccidere persone ancora vive dissezionando i corpi delle vittime di guerra per le pozioni del professor Piton. Draco non faceva tesoro di questi particolari ricordi.

“Così, ehm, che ne è stato di Tiger e Goyle?” chiese all’improvviso Potter. Vedere Potter che tentava di fare intrattenere una conversazione civile era come vedere un orso in una sala da tè.

“Vivono con me,” rispose Draco. “Dividiamo una casa a Knightsbridge. Goyle lavora come cuoco in un ristorante nel West End dove dicono che il cibo è magico,” Draco si concesse un ghigno, “e Tiger lavora al San Mungo. Fa l’infermiere.”

“L’infermiere,” ripeté Potter.

“È una vocazione davvero nobile e permette un’interazione molto più personale con i pazienti,” affermò duramente Draco. Non aveva gongolato per Weasley ma oh, avrebbe potuto. Che Potter si azzardasse a dire una sola parola sui suoi amici, era tutto quello che chiedeva.

Potter sbatté le palpebre. “Ehm. Ne sono certo.”

Draco si rilassò un po’. Potter studiò la casa, che mancò totalmente di commettere qualche azione criminale.

“Non esco molto di pattugliamento,” svelò Potter alla fine. “I miei compagni di solito mi dicono che va tutto bene e che mi annoierò e di andarmene a casa. Non che stia dicendo – voglio dire, resterò qui.”

“Mandano a casa anche te?” chiese Draco. “Huh.”

Potter si accigliò, e il profilo stagliato nella luce fioca in qualche modo si fece meno perfetto. “Cosa intendi con mandano a casa anche me?”

Draco sollevò il braccio sinistro, che aveva la manica della camicia aperta. Potter voltò la testa e vide il Marchio Nero. I suoi occhi verdi erano penetranti, ma non tradivano molto. Un sacco di persone rabbrividivano e spostavano lo sguardo quando lo vedevano. Non c’erano molti uomini vivi e liberi che portassero quel Marchio, di quei tempi.

Draco non si era aspettato che Potter rabbrividisse o distogliesse lo sguardo. Aveva visto un sacco di Marchi ai suoi tempi.

“Soli al buio con un Mangiamorte,” spiegò Draco con un sorrisino. “Di solito alla gente fa un po’ paura.”

“Oh, davvero?” chiese Potter con fare casuale.

“Certo,” rispose Draco, e sogghignò ancora di più. “Perché, tu non sei spaventato?”

Potter gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. “Sì, Malfoy. Sono terrorizzato,” disse con voce pigra e divertita, e reclinò il suo sedile.

“Fammi vedere come si fa,” gli ordinò Draco. Dopo qualche difficoltà riuscì a reclinare anche il suo, e fu ancora più compiaciuto della macchina. “Mi ricorda i film che ho visto sugli Auror babbani,” raccontò a Potter, il che era un gran complimento.

“Uhm – film polizieschi?” chiese Potter.

“Vado al cinema a vederli,” lo informò Draco. “Mi mimetizzo tra i Babbani come un serpente tra l’erba. Ci riesco perché ho preso il massimo dei voti in Babbanologia e conosco i loro modi babbani. È una questione di ricerca, sai.”

“Giusto,” concordò Potter. “Certo.”

“Ecco perché mi piace questa macchina,” continuò Draco. “Vorrei anche una pistola, ma Shacklebolt dice che non posso averne una.” Meditò sulla cosa per un momento. “Penso che Shacklebolt potrebbe essere un robot malvagio mandato in segreto dal futuro per distruggermi.”

Potter sbatté le palpebre. “Cosa?”

“Sai cos’è un robot?” domandò Draco.

“Io – sì,” rispose lentamente Potter, come se avesse paura di incoraggiarlo. Draco interpretò la risposta proprio in quel modo.

“Beh, pensaci,” disse. “L’inumana immobilità della sua faccia. Quel tono di voce piatto e monotono. L’evidente intento malvagio di distruggermi in modo che non potrò dare il mio contributo alle generazioni future.”

“Malfoy,” intervenne Potter, ricacciando indietro una risata nel bel mezzo del nome di Draco. “Stai scherzando?”

“Per lo più,” replicò Draco in tono pensieroso. “Prima della mia prima tazza di caffè, però, ci credo davvero.”

Potter rise ancora, leggermente incredulo. “Mi stai terrorizzando un po’, a dir la verità,” disse. “Pensi di aprire quella bustina di marshmallow?” aggiunse dopo un momento, e Draco lo fece.

Il giorno dopo al lavoro Draco gironzolò con la sua tazza di caffè canticchiando canzoni babbane per infastidire le persone e cercare di origliare pettegolezzi come suo solito, e pensò a quello che aveva detto Potter. Anche lui era stato mandato a casa prima dagli appostamenti. Draco non riusciva a capire il perché.

Non potevano avere paura di lui. Era il loro grande eroe dall’armatura scintillante che aveva salvato il mondo.

Dopo una minuziosa ispezione della stanza giunse alla conclusione che in effetti ne avevano, ed ecco il perché.

Draco appoggiò la sua tazza di caffè sul dispenser d’acqua gorgogliante e guardò i suoi colleghi. Non pensava che gli altri Auror si considerassero spaventati – non era proprio così. Probabilmente loro si sentivano solo intimiditi, o molto rispettosi.

Un paio di quelli che erano stati compagni di Potter in precedenza, e che di conseguenza si erano presumibilmente allenati con lui, avevano paura di lui e ne erano consapevoli.

Non era che – tutti avevano fatto delle cose in guerra, ma quasi tutti i loro coetanei avevano avuto dei genitori che li avevano protetti, e andavano ancora a scuola quando erano accadute le cose peggiori. Nessuno era stato nell’occhio del ciclone come Potter, perché c’era una profezia e non c’era nessun altro.

Draco non era stato al centro della guerra, ma c’era stato abbastanza vicino da sapere cosa avevano dovuto fare le persone al centro, e come questo le aveva cambiate.

Probabilmente riusciva a capire perché la gente potesse aver paura di Potter.

Ma lui era un tale idiota, gridò tutta la sua essenza, e dovette ricordare a se stesso che per qualche ragione la gente non se ne accorgeva. La gente era così cieca.

Le gente evitava persino di toccare Potter, come aveva notato. Manteneva sempre la sua prudente, rispettosa distanza.

Draco rimproverò mentalmente la gente e raggiunse la stupida scrivania da-due-persone-grazie-a-un-divisorio che dovevano spartire. Urtò la spalla di Potter lungo il percorso a mo’ di saluto. Potter si immobilizzò per un momento tanto breve che subito dopo Draco non fu più sicuro di non esserselo immaginato.

“Sei di nuovo in ritardo,” disse, e continuò a scarabocchiare il suo rapporto.

Draco prese la nuova tazza di caffè dalla sua scrivania e la prosciugò prima di pensare al perché fosse lì, e da dove venisse esattamente. Poi fissò la tazza vuota, sperando di trovarvi un’epifania sul fondo. La tazza lo tradì.

Lanciò un’occhiata in direzione di Potter, vide un caos di inchiostro e pessima grammatica, si dimenticò delle epifanie e afferrò con forza il suo rapporto. “Dallo a me,” disse. “Non scriverai più rapporti del genere. Oh mio Dio, e questo cosa dovrebbe voler dire? Sei uno di quegli analfabeti funzionali di cui parlano sui giornali?”

*

Come ricompensa per il successo col mostro marino, il caso successivo che Shacklebolt aveva affidato loro era magnifico.

Come da copione, questo significava che Potter doveva fare del suo meglio per rovinare tutto.

“No,” disse, e arrossì. “No, no, no.”

Sì,” lo interruppe Draco. “Lo perdoni, signore, è pazzo, sono le sue ferite di guerra che parlano. Non sa quello che dice. Saremmo felicissimi di andare in quel club. Prometto che rimarremo lì fino al mattino, notte dopo notte, finché il nefando traffico di droga non sarà stato completamente sventato.”

A quanto pareva Potter aveva voglia di fare il ribelle. “Dovrei essere là fuori a combattere.”

“Essere un Auror significa di più che combattere,” gli ricordò Shacklebolt. “Non che qualcuno riuscirebbe mai a desumerlo dalla tua scheda, signor Potter.”

La dita di Potter si chiusero attorno a una lampada.

Draco gli rifilò uno schiaffo sulla mano. “Non pensarci neanche, Potter,” intervenne. “Non farai una scenata nell’ufficio del capo. Abbi un po’ di dignità, per l’amor di Dio.”

Potter fece un verso ringhioso e incrociò le braccia al petto.

Shacklebolt si schiarì la voce. “E signor Malfoy,” aggiunse. “Se potessi trattenerti dal prendere bustarelle o comportarti in una qualsiasi maniera inappropriata per un Auror...”

“Non stavo prendendo bustarelle, quella volta,” sbottò Draco. “Si dà il caso che sia già ricco per i fatti miei, grazie tante. Stavo fingendo di essere un Auror corruttibile per potermi infiltrare -”

“Non avresti dovuto fingere così bene da farti denunciare dal tuo compagno,” lo interruppe Shacklebolt con la sua voce bassa e priva di emozioni.

“È colpa mia se quel Jenkins ha l’intelligenza di uno scoiattolo eccezionalmente ritardato?” domandò Draco. “No. Non è colpa mia. Dovrebbe essere colpa di chiunque abbia assunto questi disgraziati, che sono un pericolo per se stessi e per gli altri e che, potrei aggiun-”

“Adesso chi è che sta facendo una scenata nell’ufficio del capo?” chiese Potter, sotto voce.

Draco si rinchiuse in un silenzio infuriato e incrociò le braccia al petto. Shacklebolt diede ad entrambi un’occhiata strana e poi disse loro di uscire dal suo ufficio. Draco sospettò che avesse in programma qualche bel giro attorno alla scrivania.

“Ci stava guardando in modo strano,” dichiarò cupamente una volta che furono tornati alla loro scrivania, mentre mostrava a Potter come redigere un buon rapporto iniziale. “Te l’avevo detto che era un robot malvagio.”

“Sì,” convenne Potter in tono serio. “Adesso tutto ha un senso.”

Draco rise e poi si morse la lingua. “Smettila,” lo sgridò. “Non hai il permesso di essere divertente. Non eri mai divertente a scuola.”

“Potrei dire la stessa cosa di te,” borbottò Potter.

Draco sollevò uno sguardo oltraggiato dal suo rapporto. “Chiedo scusa?” disse con freddezza. “Sappi che ero divertentissimo a scuola. Lo pensavano tutti.”

“Io no,” ribatté allegramente Potter.

“E tu che ne sai?” chiese Draco ad occhi stretti. “Facevo morire dal ridere tutto il tavolo dei Serpeverde ogni giorno. Ero il re della risata.”

“Forse gli facevi solo pena,” suggerì Potter con la bocca incurvata.

“I Serpeverde riconoscono qualcosa di buono quando lo vedono,” ribattè Draco. “Comunque, se non ero divertente, perché Ginny Weasley mi ha rubato il repertorio?”

“Ha fatto cosa?” domandò Potter. “Il tuo cosa?”

“Me l’ha rubato,” spiegò Draco, che non avrebbe mai dimenticato né perdonato. “Proprio da sotto il naso. Tutto il repertorio, tranne la tua imitazione, visto che all’epoca ti stava corteggiando e, lasciamelo dire, non era una cosa su cui contare. Ovviamente da quando ha iniziato a usare le mie imitazioni io non le ho più potute usare. Erano tutte contaminate di Grifondoraggine.”

“Mi ricordo le imitazioni di Ginny,” dichiarò lentamente Potter.

“Le faceva al sesto anno,” lo informò Draco con amarezza. “Le mie. In quel periodo ero un po’ distratto da altre cose, e poi un giorno mi sono girato e l’ho beccata a copiare le mie imitazioni come parte della sua, non saprei come chiamarla, grande rinascita come fulcro e anima della squadra di Quidditch. Non chiedermi perché. Le donne sono incomprensibili. E anche ladre.

Potter si schiarì la gola, si accigliò e disse: “Non parlare di Ginny in quel modo.”

Si chinò di nuovo sul suo rapporto, il viso solcato da linee dure e stanche. Forse, pensò Draco, una di quelle voci sulla grande rottura fra Potter e la Weasley era vera. Forse Ginny era davvero scappata a Parigi per mettersi con Gabrielle Delacour, e aveva spezzato il cuore a Potter.

Oh, bene, pensò Draco. Lo strip club avrebbe risollevato il morale a entrambi.

*

Lo strip club si trovava in un seminterrato illuminato solo da faretti rosa e viola, concentrati soprattutto sul palcoscenico. Sembrava più un posto per ballare che uno strip club – c’era gente sulla pista da ballo vestita proprio come la gente sul palcoscenico, solo molto meno illuminata. Sembrava che i barman servissero al buio. I Babbani erano gente strana.

Era un posto meraviglioso.

Francamente, erano quattro anni che Draco non vedeva delle tette, a parte una manciata di brillanti occasioni che avevano a che fare con Pansy e il bagno dei prefetti. Iniziava a preoccuparsi di aver dimenticato come fossero fatte.

Era il miglior incarico di sempre.

“Questo è il peggior incarico di sempre,” brontolò Potter. Stava fissando il pavimento.

Ovvio, pensò Draco. Naturalmente Potter non era per niente impressionato: era probabile che vedesse delle tette migliori di quelle tutte le sere.

Proprio mentre Draco pensava a quanto fosse ingiusto l’universo, si rese conto che il club stava gravitando attorno a loro: le gente sulla pista e al bar aveva individuato Potter e adesso, gentilmente ma implacabilmente, come onde verso una riva occhialuta, si stava facendo strada verso di lui.

Non c’è proprio giustizia, pensò Draco. Nemmeno lo sapevano che era famoso.

Per non parlare del fatto che sarebbe stato piuttosto difficile tastare il terreno cercando di non farsi schiacciare dall’ondata incombente delle ammiratrici pervertite di Potter. A meno che il tipo che aveva contatti con il mondo magico, e di conseguenza accesso a certe sostanze decisamente pericolose, non si istupidisse al punto da deporre tutte le scorte magiche ai piedi di Potter, Draco avrebbe dovuto fare tutto da solo.

Diede a Potter una pacca sulla schiena. “Me ne vado per un minuto,” disse. “Divertiti. E non farti stuprare, siamo in servizio.”

Scusami?” domandò Potter, scandalizzato. Dette un’occhiata alla folla incombente, fece un passo indietro e aggiunse: “Vengo con te.”

“Mi rovineresti solo l’immagine,” lo informò Draco, e sparì. Vide che Potter cercava di seguirlo, ma fu intercettato da tre donne.

La vita di certa gente era così difficile.

Draco andò al bar.

Stava posando il suo quarto cicchetto quando si accorse, con una certa sorpresa, che gli sguardi provocanti che aveva lanciato avevano funzionato e la donna che stava guardando si stava avvicinando.

“Ciao,” lo salutò lei. “Sono Susan.”

Draco le rivolse un sorriso pigro e affascinante. “Ciao, Susan. Io sono Draco.”

“Che nome fico,” gli disse Susan, ricambiando lentamente il sorriso. “Non ti ho mai visto qui.”

“Ho sentito che in questo posto si può trovare un sacco di – divertimento,” rispose Draco.

Susan alzò gli occhi al cielo. “Di solito sì. Stasera nessuno può scendere, perché -” abbassò la voce con discrezione. “Vedi quella meraviglia laggiù?”

Draco guardò verso Potter, che non stava nuotando, bensì affogando in un mare di donne. “Suppongo di sì,” rispose a malincuore.

“Potrebbe essere più ovvio che è un poliziotto?” chiese Susan.

Draco si rallegrò della chiara evidenza che Potter era uno schifo nelle operazioni in incognito e che era il peggior Auror del mondo. Fece a Susan un sorriso molto più sentito e Susan ricambiò di nuovo, facendo scivolare i denti sul labbro inferiore in un gesto ovviamente calcolato.

“Cosa fai, Draco?”

Draco ripensò freneticamente agli studi di Babbanologia e alle cose che rappresentavano la loro cultura: gli venne in mente Braccio di Ferro

“Il marinaio,” decise, e poi sorrise di nuovo compiaciuto di se stesso. “Sono un marinaio.”

Susan rise, gettando all’indietro la testa. “Bene, marinaio,” disse. “Ti va di ballare?”

Draco sorrise con aria furba e le prese la mano, poi l’attirò vicino a sé sulla pista da ballo. Lei era alta quasi quanto lui, ma lui riuscì lo stesso a sorriderle dall’alto in basso, sollevando la mano per scostarle i capelli dalla fronte.

“Mi piace il tuo tatuaggio,” sussurrò Susan. Lo sguardo di Draco scattò al suo braccio sinistro come se un allarme fosse appena scattato istintivamente dentro di lui. Una strega si sarebbe messa ad urlare, vedendolo. Susan si schiacciò ancora più vicina e sussurrò: “Dove te lo sei fatto?”

“In una caverna con un uomo davvero malvagio,” le rispose Draco sempre in un sussurro, sfiorandole le labbra con il suo respiro. Lei piegò la testa per catturare l’angolo della sua bocca mentre lui continuava: “La mia è una vita selvaggia, Susan.”

“Sta per diventalo ancora di più,” gli sussurrò lei, e lo attirò per quei pochi centimetri verso di sé, in modo da premere la bocca – e tutto il resto del corpo – contro la sua.

Lo baciò con forza e Draco sorrise trionfante, la bocca curvata contro la sua, e ricambiò il bacio, placandolo e rendendolo lungo, lento e dolce. Susan si fermò sorpresa, e poi sorrise a sua volta e Draco le fece scivolare la lingua sulla curva lucida di rossetto della sua bocca. Lei si sciolse sotto le sue mani, e lui le accarezzò la schiena sopra al vestito rosso scintillante, con ampie carezze rilassanti, e poi disse: “Scusami – devo andare in bagno.”

Susan si spinse contro di lui e suggerì: “Potrei venire con te.”

“Idea interessante,” rispose Draco, e sorrise. “Ma no. Torno subito.”

“Ok,” sussurrò Susan.

Draco si assicurò di perdersi tra la folla prima di raggiungere Potter. Dovette sgomitare un sacco di donne alla schiena per raggiungere la sua meta.

Sembrava che la carica fosse guidata da una rossa dall’aria predatrice, e Potter si trovava con le spalle al muro. Draco non era sicuro del motivo: di certo le rosse dall’aria predatrice erano il tipo di Potter.

“Va’ via,” esclamò Potter con voce smozzicata, guardando oltre la sua testa.

“Le tue abilità oratorie non finiscono mai di sorprendermi,” strascicò Draco, e a quel punto Potter spinse via di peso la rossa. Sembrava davvero irritato ed era diventato tutto rosso.

“Eccoti,” sbottò. “Cosa credevi di fare? Dovremmo essere -”

“Vieni via subito,” ordinò Draco, e afferrò il polso di Potter e lo trascinò fuori prima che potesse palesare la loro missione a un’intera armata di donne.

“Torna presto,” gridò sconsolatamente la rossa nella loro direzione.

Una volta che furono nella strada deserta alla fredda luce lunare, Draco gli lasciò andare il polso e Potter si voltò verso di lui.

“Sei completamente ubriaco o solo pazzo?” chiese. “Perché eri – cosa stavi – Siamo in servizio! E tu ti stavi facendo un uomo!”

Meraviglioso, pensò Draco. Come se non ci fossero già abbastanza problemi evidenti nella personalità di Potter. Doveva essere anche un omofobo.

“Oh, non è vero,” sbottò.

“Io -” Potter si fermò e apparve vagamente atterrito. “Ok, sei ubriaco,” disse. “Ma quello – quello era un uomo. Un uomo, senza ombra di dubbio. Con un vestito. Ovviamente non sapevi che -”

“Se stai parlando del fatto che Susan è biologicamente un maschio,” intervenne Draco, “certo che lo sapevo. Dopotutto, ho avuto l’opportunità di osservarla molto più da vicino di te. Ma penso che sia piuttosto di cattivo gusto da parte tua menzionare la cosa.”

La bocca di Potter si aprì leggermente e poi si richiuse per un paio di volte.

“Era vestita come una donna e si comportava come una donna,” spiegò Draco. “Per cui è evidente che dovrebbe essere trattata come una donna. Non è facile per i Babbani,” aggiunse in tono di rimprovero. “Quando uno di loro nasce con la percezione di essere del sesso sbagliato, non può semplicemente prendere una Pozione per cambiarlo.”

“Ci sono Pozioni per cambiare – cosa?” borbottò Potter, fissandolo con sguardo assente.

“Poveri piccoli Babbani,” disse Draco, sentendosi molto più virtuoso e comprensivo di Potter. “Ho sentito che hanno bisogno di un intervento chirurgico orribile ed invasivo. Dev’essere davvero dura per loro.” Potter lo stava ancora guardando fisso, così aggiunse in tono irritato: “Andiamo, Potter, come se non fosse successo anche ad una persona del nostro anno.”

Davvero?” chiese Potter, e continuò a guardarlo fisso.

“Il sesto anno,” rispose Draco, e ricambiò lo sguardo. “Non te ne sei accorto? Come hai fatto a non accorgertene?”

“Ero occupato il sesto anno,” replicò Potter sulla difensiva.

“No, io ero occupato il sesto anno,” scattò Draco. “Ma mi sono comunque accorto di quando uno dei Tassorosso ha cominciato a dormire nell’altro dormitorio!”

“Uno dei Tassorosso,” ripeté Potter. “Ehm – quale? Ernie Macmillan?”

“No,” rispose Draco.

“Beh, so che non era Smith,” disse Potter, con uno strano sorriso amaro. “Uhm,” continuò. “Non conosco i nomi di tutti.”

Forse Ginny Weasley era scappata a Parigi con Zacharias Smith, ipotizzò Draco. Che caduta di stile da parte di Smith: a Draco piaceva abbastanza ai tempi della scuola.

Poi registrò quello che aveva appena detto Potter.

“Cosa? Dio, non ci posso credere. Come puoi non conoscere tutti i loro nomi?” domandò Draco. “Siamo stati a scuola insieme per sette anni! Hai fatto lezione con loro! C’era un appello!”

“Non c’è bisogno che urli,” ribatté Potter con freddezza.

“Parte del tuo lavoro consiste nel raccogliere informazioni! Sai chi è Stephen Cornfoot?”

“No,” rispose Potter. “È quello che è diventato donna?”

“No, quello era Finch-Fletchley,” replicò distrattamente Draco. Dio, Potter era più pazzo di quanto non avesse realizzato, e questo era strano forte.

“Cosa?” strillò Potter. “Justin Finch-Fletchley?”

Draco lo squadrò con disapprovazione. “Justine.” Rifletté per un minuto e poi si mise a ridere. “Non posso credere che quello fosse l’unico nome che ti ricordavi, e lei l’ha cambiato.”

“Oh mio Dio,” esclamò Potter con aria atterrita. Tuttavia, visto che era testardo come un mulo, scosse la testa e per il momento sembrò mettere da parte quegli importanti dati sul loro mondo e tutti i nomi dei loro compagni di scuola. “Comunque non dovresti ubriacarti e farti le persone,” insistette. “Non è per niente profess-”

“Chi è che è ubriaco?” chiese Draco con calma. “Ti sembro ubriaco?”

“Mi sembri pazzo,” rispose Potter dopo una pausa. “Ma -”

“Ho messo la barista sotto Imperio di modo che mi servisse acqua in bicchieri da liquore,” lo informò Draco. “E ho fatto gli occhi dolci a qualcuno che era evidentemente a conoscenza del giro di droga stava di vedetta in caso arrivassero degli di Auror. Cioè, poliziotti,” aggiunse, compiaciuto della parola. “E…” pescò qualcosa dentro una tasca, e invitò Potter ad avvicinarsi con un dito. “Guarda questo.”

Potter si chinò per guardare, e Draco aprì la mano per mostrargli una piccola chiave.

“Era legata all’allacciatura del suo reggiseno,” spiegò Draco con pudico orgoglio. “Ha accennato all’andare di sotto. Scommetto che c’è qualcosa di interessante chiuso a chiave laggiù.”

La faccia di Potter era impassibile, e a quel punto Draco si rese conto di quello che aveva appena detto. Aveva ammesso di aver usato l’Imperio, e anche di essersi comportato in maniera non professionale con un sospettato e, oddio, sarebbe stato un altro di quei casi in cui avrebbe dovuto stilare rapporti e Giustificare Le Sue Azioni e – no, non lo sarebbe stato, perché quella era la sua ultima possibilità e lo avrebbero semplicemente licenziato -

Poi si accorse che Potter che sulle labbra di Potter stava spuntando un sorrisetto perfido.

“Wow, Malfoy,” esclamò, e si mise a ridere sul serio. “Eccellente.” Prese in mano la chiave. “Andiamo a fare irruzione.”

“Davvero?” chiese Draco, e suonò incredulo persino a se stesso. “Sì,” si corresse. “Ovviamente. Non c’è bisogno che tu mi dica che sono un genio,” aggiunse. “Lo so già da anni.”

“Hai del rossetto sulla bocca, genio,” gli fece notare Potter alzando gli occhi al cielo. Gettò in aria la chiave, che luccicò alla luce del lampione, e la riprese.

Sentendosi il petto stranamente leggero, Draco si strofinò la bocca con il dorso della mano. “Tolto?”

“No.” Potter si girò e lo guardò, poi fece un passo rapido verso di lui. Esitò, con le ciglia nere abbassate, poi stese una mano e sfregò in modo brusco l’angolo della bocca di Draco. “Ecco,” disse, distogliendo lo sguardo e facendo un passo indietro.

“A questo punto forse starai pensando, ma Malfoy, come faremo a fare irruzione lì dentro?” riprese allegramente Draco dopo un momento. “Bene. Ho un piano.”

L’angolo della bocca di Potter si incurvò. “Lo sospettavo.”

*

Draco aveva ovviamente vinto il caso del club, e decise che in realtà aveva vinto anche il caso del mostro marino.

“A proposito dei punti,” spiegò. “Ho pensato io alla gabbia e l’ho aiutato io a nuotare. Per cui sono in testa sei a quattro.”

“Malfoy, nessuno sa del sistema dei punti a parte te,” gli fece notare Tiger. “Non vale se lui non ne sa niente.”

Valeva eccome: Tiger e Goyle si sbagliavano di grosso. Per di più in quei giorni avevano preso a comportarsi in maniera strana e nervosa. Quando arrivò la notizia che Potter era andato a sconfiggere alcuni mangiacadaveri tutto da solo Draco sentì i suoi occhi assottigliarsi e vide i suoi due coinquilini scambiarsi degli sguardi da una parte all’altra del tavolo da pranzo.

“Scusatemi,” disse in un tono stranamente calmo, appellandosi al suo Kingsley Shacklebolt interiore. “Devo andare.”

Quando tornò, Tiger chiese subito: “Malfoy, cos’hai fatto?”

“L’ho ammanettato,” rispose Draco. “Era l’unico modo. Doveva essere frenato con urgenza, quindi – freni!”

“Non l’hai fatto davvero,” disse Tiger.

Draco gli rivolse un sorriso smagliante. “Oh, sì.”

“Non puoi continuare a comportarti così, è da pazzi,” riprovò Tiger. “Devi cambiare compagno.”

“Non voglio cambiare compagno,” scattò Draco, e si accaparrò l’ultimo pezzo di pane.

Non aveva raccontato a Tiger e a Goyle di quanto andavano male le cose al lavoro: non aveva detto che era la sua ultima possibilità con gli Auror. Non aveva mai avuto intenzione di rovinare le cose a quel modo, ma erano tutti così stupidi e per la maggior parte non lo sopportavano, e lui non reagiva bene quando non piaceva alle persone e aveva cominciato ad arrivare in ritardo, e le regole erano così stupide che aveva iniziato a infrangerle solo per fare dispetto agli altri, e prima ancora che se ne fosse accorto la situazione gli era sfuggita di mano e si era sentito troppo intrappolato e infelice per preoccuparsene.

Non poteva dirglielo, perché loro gli avrebbero consigliato di andarsene, e lui non poteva andarsene perché quello era ciò che voleva Katie.

Ricordava perfettamente che c’era stato un tempo in cui quello che voleva Katie non era la cosa più importante del mondo. Lei era solo una ragazza Grifondoro che conosceva a malapena. Poi l’aveva quasi uccisa e non era più riuscito a smettere di correrle dietro, terrorizzato che lei si potesse in qualche modo rompere e che alla fine l’avrebbe uccisa davvero.

Le portava i libri a lezione e la osservava tutto il tempo con gelido terrore, e ci aveva messo un po’ a rendersi conto che Katie pensava che lui avesse una cotta per lei. Non gli importava, davvero: in quel modo Katie era gentile con lui, e gli permetteva di girarle attorno e lui doveva girarle attorno e sorvegliarla nel caso morisse. La sua libido era stata piuttosto spenta all’epoca, con quegli incubi sulla morte dei suoi genitori che scalzavano sogni più piacevoli.

Poi non aveva ucciso Silente ed era dovuto fuggire da scuola e Piton lo aveva salvato e i suoi incubi erano diventati tutti realtà.

Ricordava quando gli avevano detto senza troppi problemi che sua madre era morta, sui gradini della casa dei Black. “Queste cose succedono, in guerra,” aveva detto Moody, guardandolo con disgusto, e Draco avrebbe voluto urlargli: non a mia madre, non a me.

Ma era successo: a sua madre, a lui. Aveva aperto la porta ed era quasi caduto nell’atrio ma qualcuno l’aveva afferrato, quasi automaticamente, e poi Potter aveva detto in tono schifato: “Oh, sei tu,” e piuttosto seccato: “Stai bene?”

“Sto a meraviglia. Levami le mani di dosso,” era scattato Draco mentre l’orgoglio riemergeva in qualche modo da quel dolore terribile e senza fine. Stava per crollare, lo sapeva benissimo, ma si sarebbe sforzato di mantenere il controllo ancora per un istante e Potter non l’avrebbe visto.. Poteva farcela.

Era salito su per le scale esibendo una calma assoluta, e poi si era infilato nella stanza più vicina e si era messo a piangere come un bimbo di quattro anni, uno stupido esserino desolato e strillante che voleva che tutto finisse, che se ne voleva andare, che voleva sua madre.

Si era svegliato e aveva trovato Katie nella stanza, seduta vicino alla finestra che lo guardava con silenziosa preoccupazione. Aveva sbattuto le palpebre gonfie e lei gli aveva detto di riposare e che le dispiaceva tanto, e i suoi occhi blu erano colmi di compassione e i suoi capelli erano illuminati d’oro dalla luce del sole e lei era la cosa più bella al mondo e lui l’amava perdutamente.

E l’aveva quasi uccisa, aveva pensato, sia allora che dopo, nauseato al pensiero di cosa avrebbe potuto distruggere senza pensarci. Avrebbe voluto salvarla, in un modo o nell’altro, salvarla cento volte e compensare tutto, ma non ci era riuscito, era stato lasciato a salvare degli estranei di cui non gli importava nulla e non riusciva a capirne il motivo.

Però lei aveva detto: “Ho sentito che dopo la guerra Harry entrerà negli Auror. Penso che sia una cosa così coraggiosa – è davvero… è ammirevole, sai, che dopo che tutto questo sarà finito voglia ancora aiutare la gente.”

Con chiunque altro Draco avrebbe congedato l’argomento come un vaneggiamento, ma lei era Katie e lui l’amava, e aveva ascoltato attentamente. Bene, aveva pensato, poteva farlo anche lui. Proprio come Potter. Anzi, meglio. Sarebbe stata orgogliosa di lui.

Fu molto meno sicuro della cosa quando venne fuori che i mangiacadaveri affamati che Potter aveva sconfitto erano solo l’avanguardia di un’invasione di mangiacadaveri affamati.

Potter quella volta lo portò al cimitero con sé. Draco era contento che Potter avesse imparato la lezione.

Fu meno contento quando si ritrovò a camminare per un nebbioso cimitero gelato e quattro mangiacadaveri gli balzarono addosso, i denti pronti ad azzannare e i musi insanguinati, e lui ne uccise uno con la spada di fuoco d’ordinanza e poi inciampò su una lapide nella nebbia e fece cadere la spada in una pozzanghera vischiosa.

Cercò a tentoni la spada mentre la fiamma moriva, alzò gli occhi sui denti dei mangiacadaveri e maledisse la sua sorte.

A quel punto Potter gli strappò di dosso il mangiacadavere più vicino tirandolo per i capelli e gli mozzò la testa. Gli altri mangiacadaveri ringhiarono e si girarono verso di lui e Potter ringhiò a sua volta, illuminandosi, come se fronteggiare mangiacadaveri assetati di sangue fosse il più grande divertimento che gli fosse capitato da settimane. Gli si gettarono addosso e lui roteò la spada ancora e ancora, con la lama che brillava nell’oscurità e la nebbia resa di un bianco scintillante dalla luce che gli incoronava i capelli neri.

Morirono tutti nel giro di pochi secondi. Un po’ del loro sangue finì addosso a Draco, e puzzava in una maniera terribile.

Potter aveva ancora l’aria euforica, come se si sentisse nel suo elemento, il petto che si sollevava e abbassava con forza, mentre offriva a Draco la mano. Lui la prese e gli lanciò un’occhiataccia assassina.

“Oh, puoi aver vinto la battaglia, Potter,” disse mentre si lavavano le mani. “Ammetto che sei in vantaggio con i punti. Ma non hai vinto la guerra.”

“Punti?” ripeté Potter in tono interrogativo, e Draco glielo spiegò. “Oh,” disse Potter, appoggiando il mento sul pomolo della sua spada di fuoco con aria pensierosa. “Quindi ho ottenuto dieci punti per questo.”

“No, nove punti, perché io ho organizzato il lavoro e ho previsto in quale cimitero sarebbero andati. Un punto va a me,” contestò inflessibilmente Draco.

“Ma ho comunque vinto io,” puntualizzò Potter. “Dovrei ricevere un premio. Per la vittoria.”

“Forse hai ragione. Dovrò pensarci su,” ammise Draco. “Il sistema dei punti ha bisogno di essere affinato.”

Tornò a casa trionfante per comunicare a Tiger e a Goyle che adesso Potter conosceva il sistema dei punti e quindi valeva eccome, e trovò Pansy che stava prendendo il tè con loro.

Era bellissima, splendidamente vestita ed estremamente infelice. Goyle incombeva con aria preoccupata su di lei, offrendole delle focaccine. Tiger sembrava imbarazzato.

Draco la raggiunse all’istante e si appoggiò allo schienale della sua sedia, intrecciandosi i capelli neri attorno alle dita e ai polsi come dei nastri. “Qual è il problema?”

“Viktor mi ha lasciata,” lo informò Pansy, e calciò la sedia con la sua scarpa nera a punta.

“Che idiota,” commentò Draco. “Dovremmo farlo uccidere.”

Pansy tirò su col naso. “No. Gli ho lanciato una fattura complicatissima, e voglio che viva per poterne soffrire a pieno gli effetti.”

Draco giocò con i suoi capelli come un gatto con un gomitolo, sollevandoglieli per baciarle l’orecchio. “Beh, se proprio insisti a lasciarlo in vita,” disse. “E noi, come tuoi amici, cosa possiamo fare per te?”

Pansy tirò di nuovo su col naso. “Stavo pensando che potreste sbronzarvi con me.”

“Sicuro,” rispose Draco. “Questo possiamo farlo senz’altro.”

Pansy tirò fuori della vodka bulgara e tutti si ubriacarono con efficienza. Pansy raccontò in dettaglio le prodezze – o meglio la mancanza di tali –di Viktor Krum in camera da letto, e Draco fece una maligna imitazione dell’accento di Krum.

“Pefchè mi dici qveste kose?” stava dicendo mentre Tiger e Goyle salivano le scale per andare a fare cose innominabili. “Tutte le rakazze bulgare ammirano il mio virile maniko di scopa.”

Pansy sbuffò e lo picchiò sul petto, le gambe intrecciate alle sue. Si tolse le scarpe a punta e soffocò uno sbadiglio contro la sua spalla. “Posso rimanere qui?” chiese con un altro sbadiglio. “Non penso di riuscire a muovermi.”

“Non ce n’è bisogno,” le rispose dolcemente Draco. “Ti porto io.”

“Non essere ridi-” cominciò Pansy, e strillò, avvolgendogli le braccia attorno al collo, quando lui la sollevò e si avviò su per le scale.

Fu considerevolmente più facile dell’ultima volta che ci aveva provato: sospettava che il sollevamento pesi stesse dando buoni risultati. Adesso arrivava a un punteggio di due a otto nei combattimenti di allenamento con Potter, che non era un granché, ma era comunque molto meglio del mezzo punto (per un dettaglio tecnico) a nove punti e mezzo (molto meno tecnici) da cui era partito.

Una volta che l’ebbe sistemata nel suo letto, però, le cose diventarono un po’ scomode, visto che si ricordò che adesso lei era una donna libera.

“Mi metterò sul divano,” disse non appena la sua testa toccò il cuscino.

Lei lo attirò giù di fianco a sé. “Non fare l’idiota,” mormorò, e si accoccolò vicino a lui.

Aveva un profumo delizioso, e il suo seno era schiacciato contro il suo petto. Draco cercò di fare il gentiluomo e di ignorarlo, proprio come cercava di ignorare la sua bocca calda ad un respiro di distanza dal suo mento.

Poi lei posò quella bocca calda nel punto tra l’orecchio e la mascella, e la fece scivolare giù fino a mordergli il collo. Draco si congelò.

Che donna infida, pensò malinconicamente ma con una certa dose di orgoglio affettuoso. Sapeva benissimo che lui aveva un debole per il collo.

Pansy non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere ai trucchi che aveva imparato durante le loro pomiciate dai quattordici ai sedici anni, perché Draco era disperato. Adesso che il lavoro era meno oppressivo e sgradevole e di gran lunga più carico di adrenalina e di dura attività fisica, adesso che aveva baciato qualcuno per la prima volta in due anni… Prima di Susan l’ultima volta era stata con Mandy Brocklehurst quando aveva diciott’anni. Lei lo aveva agguantato in un rifugio con le bombe-pozioni che gli cadevano attorno e lo aveva baciato selvaggiamente finché non era stato chiaro che sarebbero sopravissuti, e da allora non gli aveva mai più rivolto la parola.

Sollevò il mento di Pansy e la baciò, accarezzandole i capelli, e lei rotolò agevolmente sopra di lui, allungandosi finché i loro corpi non aderirono in ogni punto, e rise quando lui gemette. Lui si protese alla cieca e le tracciò la curva delle spalle, la linea della clavicola con un tocco lento e leggerissimo, interrompendosi ogni pochi minuti per farle riprendere fiato, e quando arrivò con la mano al suo seno lei gemette senza volerlo e gli morse il labbro.

Draco la baciò e lei baciò lui, e si schiacciò contro il suo corpo e ricambiò avidamente il bacio, le mani di entrambi che vagavano dappertutto, finché quelle di Pansy non trovarono la sua cintura e la slacciarono.

Il tintinnio metallico lo bloccò per un momento, costringendolo a fermarsi e a guardarla negli occhi.

“Cosa c’è?” sussurrò lei, con la bocca arrossata. “Non vuoi?”

Lui la guardò incredulo. Certo che voleva, stava morendo dalla voglia, aveva vent’anni e qualche volta si era preoccupato che nessuno al mondo avrebbe mai voluto farlo con lui. Era così stanco della sua purezza virile. Lo voleva lì e adesso.

Solo che-

“La amo,” disse a bassa voce, e si odiò.

Guardò il volto di Pansy trasformarsi, e per un momento desiderò ardentemente avere di nuovo sedici anni e non aver mai nemmeno pensato ad un'altra ragazza a parte lei.

“Non sarebbe – una gran cosa,” mormorò alla fine Pansy.

Oh, in questo caso, suggerì la libido di Draco, e lui quasi si gettò su di lei. Ma era Pansy, e lui la conosceva: si conoscevano a vicenda da tanto tempo. Le toccò il viso invece di qualsiasi altra cosa. “Dici?”

Pansy spostò lo sguardo, e poi rotolò via da lui, crollando sul cuscino accanto al suo.

Draco temette che ci sarebbe stata una lunga, terribile attesa durante la notte, in cui non sarebbero riusciti a parlarsi, ma aveva dimenticato quanto aveva bevuto Pansy. Lei allungò un braccio sul suo petto in un gesto di pace e si addormentò quasi all’istante.

Draco rimase disteso sulla schiena fissando il soffitto, ovviamente impossibilitato ad andarsi a fare una doccia fredda o qualsiasi altra cosa gli venisse in mente, visto che lei lo stava tenendo stretto, e pensò con disperazione alla sua vita amorosa. Doveva dimostrare a Katie quanto valeva, doveva dimostrarle che poteva essere abbastanza bravo e che poteva farla felice, ecco tutto. Poteva farcela. Le cose erano migliorate, ultimamente. Non avrebbe fallito di nuovo.

Chiuse la mano sul braccio di Pansy contro il suo petto, cercando di addormentarsi ma senza aspettarsi che sarebbe successo molto presto, e storse la bocca tra sé e sé al ricordo che da qualche parte là fuori, in quel mondo profondamente ingiusto, Potter stava senza alcun dubbio facendo sesso selvaggio con le gemelle Patil. O qualcosa del genere.

Non è giusto, disse Draco al soffitto. Il soffitto non mostrò alcun segno di comprensione.










E' o non è assolutamente meravigliosa? E come al solito, questo è solo l'inizio! ^_^




  
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